Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano
Il Cristo nella casa di Marta e Maria, Johannes Vermeer (1675), Gallerina Nazionale della Scozia - immagine tratta da commons.wikimedia.org
Il santo denaro
di Stefano Sodaro
In casa cattolica l’atteggiamento verso il denaro è sempre stato ambiguo ed ambivalente: di massima deprecazione teorico-spirituale, di massima valorizzazione pratico-concreta. Ma che il denaro possa essere veicolo e persino segno, strumento, di grazia mai si è osato affermarlo, temendo anzi d’incorrere in qualche impronunciabile blasfemia.
Eppure il vangelo di Luca, al capitolo 16, verso 9, usa espressioni assai diverse, molto precise e, alla luce di quanto appena considerato, persino piuttosto inquietanti: “Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.”
Il greco è forse anche più pregnante, giacché parla di una ricchezza “dell’ingiustizia” (τῆς ἀδικίας, tès adikìas, proprio letteralmente “dell’ingiustizia”): καὶ ἐγὼ ὑμῖν λέγω, ⸂ἑαυτοῖς ποιήσατε⸃ φίλους ἐκ τοῦ μαμωνᾶ τῆς ἀδικίας, ἵνα ὅταν ⸀ἐκλίπῃ δέξωνται ὑμᾶς εἰς τὰς αἰωνίους σκηνάς. Pronuncia: kài egò lègo, heautòis poièsate fìlous èk toù mamonà tès adikìas, hìna hòtan eklìpe dèxontai hymàs èis tàs aionìous skenàs.
“Fatevi amici con la ricchezza ingiusta.”
Da lasciare sbalordito e sbalordita chiunque legga.
Altro che sterco del demonio.
Che significa l’invito ad usare la ricchezza ingiusta per farci degli amici?
Molto semplicemente significa che l’amore è più importante di qualunque moralismo, che sta in cima ad ogni scala valoriale e pertanto polverizza qualsiasi timore d’uso verso ciò - anche il denaro - che ad esso possa portare. Del resto, nelle culture tradizionali, esisteva, esiste, il “prezzo della sposa”, tutt’altro che disdicevole, quantunque – certo – retaggio di pesantissime ipoteche patriarcali.
Il denaro strumento d’amicizia. Anzi, nel passo di Luca, molto di più: denaro come viatico per l’entrata nell’eternità. Gli amici ci accoglieranno “nelle dimore eterne” proprio grazie al denaro che abbiamo adoprato per loro. Abbastanza sconvolgente secondo i nostri parametri così perbenisti, smaniosi di purezza, preoccupati di mai contaminarsi con le presunte bassezze delle nostre necessità.
Avere amici è una necessità? Chi può dubitarne? E Gesù invita ad usare anche il denaro per farci degli amici, costi quel che costi insomma: ci rendiamo conto?
Ora pensiamo alla nostra attualità.
Siamo nel pieno di una deflagrazione del quadro politico, con il pericolo incombente del venir meno della maggioranza di governo.
Giovedì scorso è mancato, a 98 anni, Eugenio Scalfari.
La circolazione di ricchezza nel nostro Paese, che si estenda all’innalzamento della qualità dei servizi a beneficio chi sta peggio, è un valore imprescindibile e fondamentale. Anche l’arte, di cui si nutrono le anime, ha bisogno del denaro. Smettiamola con l’idea, terribile, che l’artista debba considerarsi gratificato da applausi e basta. L’arte ci è necessaria come il cibo ed il lavoro. Ed entrambi, cibo e lavoro, hanno un corrispettivo economico, altrimenti vi è fame e disoccupazione.
Scalfari, padre del giornalismo italiano del dopoguerra, ha vissuto – è noto – un singolare attraversamento degli affetti: marito, padre e compagno di una donna che poi, vedovo della prima moglie, ha sposato. Tutto alla luce del sole, tutto risaputo, anche se nella opportuna, necessaria, riservatezza. Si dice che siano trascorsi 43 anni di compresenza dei suoi due amori. «Ho sempre avuto due amori paralleli. Uno per mia moglie, l’altro per quella che per 43 anni è stata la mia compagna e che poi ho sposato. L’amore per mia moglie non ha subito la minima alterazione da questo rapporto. Erano due parallele. Nessuna delle due era subordinata all’altra. Sapevano l’una dell’altra. Nei primi anni, tentarono ambedue di abolire uno degli angoli di questo triangolo. E ci provai anch’io. Provavo a stare con una sola delle mie due donne. Ma era come se tentassi di tagliarmi una gamba, un braccio e metà cervello. E così in piena coscienza ho vissuto la fatica della bigamia. Sapendo la fatica, ben maggiore, che si sono assunte le mie compagne». (https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/nessuno-scoop-sulle-%C2%ABparallele%C2%BB-di-scalfari). E Avvenire, in quell’articolo del 2011, chiude con queste parole: «Nessuna rivelazione, nessuno scoop, insomma: solo un’appendice di tristezza.» Tristezza? Siamo sicuri? Dove c’è sofferenza, c’è tristezza, senza dubbio, ma sofferenza e tristezza possono anche portare in gestazione tempi nuovi che nemmeno siamo in grado di intravedere.
Il denaro allevia sofferenza e tristezza? Sì, riconosciamolo senza falsi pudori. Le polizze vita a che cosa servirebbero altrimenti? Ed il risarcimento del danno, caposaldo della civiltà giuridica?
Per chi si ama non si teme di spendere in nome dell’amore: ogni dono è un ti amo che, forse, non si è riusciti a pronunciare con le parole.
Ma né l’amicizia, né tanto meno l’amore, si possono comprare. Verissimo, indiscutibile. Eppure nelle mani di chi io trasferisco il mio denaro? Nelle mani di chi apprezzo e stimo e con cui vorrei avviare un rapporto duraturo e significativo o nelle mani di chi disprezzo e da cui vorrei stare ben lontano?
Che cosa conta nella vita? Conta, appunto, farsi amici, amici degni della parola, amici con cui condividere la vita, amici – amiche – persino da sposare.
È importante sapere come sia nata e come si sia alimentata, e tutt’ora – magari – si alimenti simile amicizia? Anche no.
Importante è che ci sia. Che sia vera. Totalizzante, libera, sincera.
A proposito, vista la lettura odierna nelle chiese cattoliche di rito romano del celeberrimo episodio evangelico, sempre secondo Luca, di Marta e Maria: l’originale greco non parla affatto di una parte “migliore”, che avrebbe scelto Maria, bensì “buona”, “optima” nella Vulgata Clementina e nella Neovulgata.
Certamente costava accogliere ospiti in casa, anche solo per fare la spesa. Marta si lamenta, se ben leggiamo il testo, di essere stata lasciata sola. Maria, invece, sola non è, sta con Lui, con l’Ospite. Eppure le donne, oibò, anche in questo caso sono due. Entrambe vorrebbero stare con Gesù? Il denaro utilizzato è servito per poter avere in casa propria il Maestro. Che male mai ci sarebbe? Domande importanti, risposte non scontate.
Una passeggiata, ad esempio nel Giardino Pubblico di Trieste, di due persone delle quali nulla sappiamo, se non che è un Lui e che è una Lei e che Lui sta aprendo il suo cuore a Lei (e non viceversa), e durante la quale, poi, Lui dona un gioiello a Lei, non è radicale opposizione alla violenza d’ogni guerra? Sì, lo è. Costosa? Sì. Ha forse importanza? No.
Buona domenica.