I racconti di Rodafà


7. Il mercato che non c’è


di Stefano Agnelli

La prima volta che sono stato al mercato che non c’è, e capirete poi perché l’ho ribattezzato così, fu dieci anni fa, nel mio quartiere. Non mi sembrava vero che fra i palazzi fatiscenti di periferia, tutti in file sparsi come balene spiaggiate in decomposizione, vi fossero d’improvviso, a contrasto, così tante bancarelle colorate, colme delle merci più svariate, dalle olive allo zenzero, dai guanti ai cappelli, fino al pesce fresco ed a montagnole di ogni tipo di verdura dall’equilibrio instabile. Mi immersi subito in quel via vai di signore e signori di mezz’età che facevano la spesa beati, lontano dal grigio e dal nero del cemento e dell’asfalto dei centri commerciali. Nessuna musica era diffusa in sottofondo, nessuna pavimentazione di marmo extralucido, ma soltanto banchi e ombrelloni, immersi nel vocio pressoché continuo dei venditori che, in tutti i dialetti della penisola, promuovevano la loro mercanzia. Naturalmente comprai anch’io: un melone retinato e profumatissimo, del prosciutto dolce di Parma, un cartoccio enorme di carta oleata zeppo di olive ripiene, e persino una pasmina verde acqua, abbastanza lunga, in cotone leggero. Svuotai il portafoglio in poco tempo, tanto il turbinio di voci e colori mi aveva eccitato, portandomi ad uno stato di esaltazione. Notai con piacere che, attorno a me tutti sorridevano. Una vecchina, curva e baffuta, aveva acquistato un’enorme anguria e la portava tra le braccia senza sforzo apparente. Lasciai soddisfatto la zona del mercato, e mi accinsi a rientrare nel mio minuscolo appartamento – con vista sul canale di scolo, cementato e inquinato - quando, controllando il portafoglio per contare i pochi spiccioli che mi erano rimasti, mi accorsi che conteneva esattamente la stessa cifra di quando ero uscito di casa quella mattina. Ebbi un sussulto di meraviglia, eppure ero sicuro di aver pagato tutta la merce acquistata. Ero quasi arrivato a casa, ma tornai immediatamente sui miei passi, e quasi correndo tornai al mercato. Girai l’angolo, entrando nella via dove poco fa avevo fatto la spesa e... Niente! Non c’era più nessun mercato! La strada era come sempre un andirivieni di tram e di automobili, con due file delle stesse parcheggiate ai lati della strada. Guardai per terra, in cerca degli inevitabili rifiuti che un mercato rionale lascia quando tutti se ne vanno; niente, neanche un pezzo di carta. Del resto era impossibile che in soli cinque minuti d’orologio un intero mercato, con almeno cinquanta bancarelle, fosse scomparso nel nulla.

Rimasi a lungo incerto sul da farsi, eppure stringevo ancora in mano le varie buste di plastica contenenti i miei recentissimi acquisti, non poteva trattarsi di un’allucinazione. Nel dubbio assaggiai le olive, favolose, poi il prosciutto, dolcissimo e saporito. Mentre masticavo dubbioso e un po’ spaventato, l’occhio mi cadde su di un foglietto colorato, per terra, proprio accanto ai miei piedi. Lo raccolsi, iniziai a leggerlo e diceva così:

C O M P L I M E N T I!

Lei è stato scelto fra milioni di persone per diventare cliente fisso del mercato di Humilitate. Ecco le date e i luoghi di questo evento, dove chi è di buon cuore come lei, sarà sempre benvenuto.


Seguiva un elenco di date e luoghi, dal quale si capiva che il mercato era itinerante, e si svolgeva soltanto due volte a settimana nei quartieri di Roma.

Inutile dirlo, grazie al prezioso depliant, iniziai a frequentare assiduamente il mercato e, in effetti, dopo alcune volte, notai che vi era sempre la stessa gente: tutti prescelti dunque. L’unico svantaggio, come appresi quasi subito, è che ti era concesso un giro soltanto, poi l’intero mercato spariva.

Come questo avvenga non lo so. Ho provato diverse volte a girare la domanda, con le dovute cautele, ai gestori delle bancarelle, ma ho avuto in cambio soltanto enigmatici sorrisi, nessuna risposta. Domani sarà giorno di mercato, questa volta a San Lorenzo fuori le mura, ma a dire il vero non mi preoccupo più dell’estrema stranezza dell’avvenimento, anzi, è divenuto uno dei due giorni più belli della settimana, visto che oramai ci conosciamo tutti, e trascorriamo ore piacevoli in chiacchiere leggere e rinfrancanti. È come ritrovare vecchi amici, tutte persone straordinarie con le quali esiste già un legame. Quale sia e perché, credo non stia a me scoprirlo, per cui lascio volentieri a Voi gli Ipermercati ed i centri commerciali, dove le persone non si guardano nemmeno, e, se possono, si passano pure davanti l’un l’altro, a noi – misteriosi eletti involontari – il vantaggio di ritrovarci fra cari amici e soprattutto di non spendere più quasi nulla delle nostre misere pensioni.


Mappa di Murano - Benedetto Bordone (1450-1530) - Isolario di Benedetto Bordone nel qual si ragiona di tutte l'isole del mondo, con li lor nomi antichi & moderni, historie, favole, & modi del loro vivere, Venezia 1547 - immagine tratta da commons.wikimedia.org