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A scuola si va per saperne di più, non di meno

di Silvano Magnelli

già docente e dirigente scolastico


Se non si educa sempre tutti già da piccoli alla pace e  al dialogo rispettoso, come formeremo cittadini costruttori di pace  e portatori  di un pensiero libero e aperto? Questo era l’assillo di una grande educatrice come Maria Montessori, ma lo era anche di altri educatori, pensatori o uomini pubblici. come don Lorenzo Milani, Aldo Capitini, Danilo Dolci, Nelson Mandela, Martin Luther King, oggi Papa Francesco. 

E quindi qual’è il luogo pubblico deputato per primo a far scorrere l’acqua benefica della pacificazione, dell’altruismo rispettoso delle diversità, della solidarietà posta al centro dell’ispirazione della nostra Costituzione? 

Risposta facile: la scuola a tutti i livelli. Una scuola in contatto con la società di oggi, non avulsa dentro teorie astratte, stereotipi, paure indotte, una scuola di questo mondo e dentro questo mondo, dove non si teme di ascoltare più voci provenienti da ambienti e culture lontane da noi, ma a noi ormai sempre più vicine.

 Se si dovesse rispondere perciò quale sia il nucleo fondante della nuova educazione a vivere, convivere  e crescere, tutti gli educatori, anche non scolastici, in coro,  insieme a pedagogisti, psicologi o sociologi ad ogni latitudine, direbbero una verità elementare, ovvero che quel nucleo fondante sta nella capacità di accendere nei ragazzi il fuoco della curiosità conoscitiva, dell’aggiornamento, delle esperienze relazionali senza confini o muri, che bloccano il pensiero libero, e dell’importanza dell’amicizia sociale.

Agli occhi di chi a scuola ci ha vissuto e ci vive, appare evidente anche il diritto delle comunità scolastiche ad una autonomia di scelte, pur nell’ambito delle nostre leggi, e chi ci vive perciò non riesce a capire l’intervento di autorità politiche nel dare disposizioni ai dirigenti scolastici su questioni e programmi, su cui non possono avere conoscenza precisa e diretta. Interventi del genere, come l’episodio della richiesta di sospensione, da parte di due amministratori regionali, di un incontro per sentire la storia di vita di un migrante nella scuola Svevo di Trieste, appaiono del tutto fuori luogo. Immagino che, appunto, quegli assessori non condividano la consolidata e positiva esperienza educativa, per cui il nucleo fondante dell’educazione, ieri, oggi e domani, passava e passa per la presa di coscienza di queste dinamiche conoscitive e relazionali a stretto contatto con il mondo esterno, esperienza ormai assodata da decenni nelle nostre scuole. Non ci sarebbe neppure alcun bisogno che tali incontri siano previsti dal progetto formativo, anche se tutte le scuole ormai lo prevedono da tempo nei loro documenti collegiali, perché tale prassi educativa si accompagna allo stesso “battito cardiaco” delle scuole e della loro finalità. 

A scuola si va per saperne di più, non certo per saperne di meno.