Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano


Se il direttore avesse scritto per me il suo editoriale



di Dafne Rosa Toso

La Bibbia che appartenne a Umberto Saba - foto di Stefano Sodaro

Forse mi arrabbierei molto.

E direi che è impazzito a dare pubblico sfoggio di evidente innamoramento. E non si salva, il nostro esimio direttore, semplicemente associandosi alla platonica contemplazione di Concita De Gregorio. Troppo facile, troppo comodo.

Forse, dunque, farei squillare tutti gli allarmi delle varie centrali neo-moralistiche, cattoliche e non cattoliche, per avvisare che qui il segnale intermittente - od ormai fisso, affari suoi - si sta illuminando di rosso, pericolo, vietato, andare fuori, seguire le istruzioni anti-incendio, uscire dalla zona interdetta al più presto.

Ma forse, poi, pensandoci bene, mi fermerei, mi placherei.

E penserei che il nostro, da buon consulente legale “canonista bancario” si sta forse lanciando verso nuove forme di investimento, non in denaro, ma in cultura e in persone, e persone precise con nome e cognome.

Investire in persone e in sentimenti. È possibile?

Si è parlato a lungo, no?, di “capitale umano”. E cosa sarebbe se non quel patrimonio unico ed irripetibile che ognuna di noi, donne, conserva e porta con sé?

Il nostro direttore studia – o dice di studiare – teologie femministe e di genere, racconta di (voler) circumnavigare i continenti della teologia della liberazione e ripete alquanto spesso di essere rimasto folgorato dall’incontro con l’Ebraismo vivo, non quello delle accademie di teologia o delle polverose biblioteche.

Sarà. Da donna mi piacerebbe, piuttosto, pensarmi Beatrice di un qualsivoglia Dante, magari modesto, anziano e malandato, ed anche moralmente – e giuridicamente – assai impedito nei suoi spazi di manovra. Eppure finalmente libero e liberato da ogni pastoia di perbenismo. Fosse pure culturale.

Dante vedeva in Beatrice una specie di “Incarnazione Femminile”. La “Parola”, unica benché declinata in miliardi di grafemi, prende(va) forma e volto di una donna, neppure così tanto angelicata e diafana come si potrebbe credere.

L’editoriale odierno, di questo numero 702 de “Il giornale di Rodafà”, a me sembra un investimento bello e buono in quella stessa Parola, che basta e non è mai sufficiente, che parla, ma spesso in modo assai velato, che esige ma sa anche accarezzare e consolare.

Insomma, se l’editoriale di oggi fosse stato dedicato a me, me ne fregherei altamente del turbamento di ogni compostezza sussiegosa, che anzi mi allieterebbe, e mi aprirei in un sorriso, anche di sfida, certo – perché no? – da novella Beatrice.

Ah: naturalmente mi associo agli auguri. Meritatissimi.

E non sono gelosa.