Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano


Non indurci in tentazione



di Dario Culot


Unde malum? ‘Da dove arriva il male’ si chiedevano già gli antichi? Sicuramente una risposta abbastanza semplice poteva darla il politeismo: c’è un dio del bene, ma anche uno del male. E il bene e il male arrivano da loro. Il male arriva solo dal dio cattivo. Però nel monoteismo il problema del male non è stato ancora oggi risolto. Lo stesso Catechismo della Chiesa cattolica (n.395) riconosce espressamente che resta un mistero il motivo per cui Dio permette il male, anche se in altre parti tenta di dare delle risposte e, al pari della Bibbia, sembra privilegiare il peccato per spiegare l’origine del male. Ma proprio perché il male colpisce anche neonati innocenti, che non possono aver ancora commesso volontariamente dei peccati, si è forse dovuto aggiungere il peccato originale per chiudere il cerchio. Poi, per dare qualche speranza, si aggiunge che è stata proprio la presenza del peccato a far scattare la reazione salvatrice di Dio[1]: l’uomo, per il solo fatto di nascere, è già caduto nel vortice che l’ha risucchiato in basso e solo l’azione salvifica divina ci fa risalire perché l’uomo da solo sarebbe troppo debole per farlo (n.389 Catechismo)[2]. Insomma, mettendo al centro il peccato la religione ha tentato di razionalizzare il male.

Anche gli autori della Bibbia hanno fatto un lungo cammino cercando di spiegare l’origine del male: all’inizio lo stesso unico Dio appare autore sia del bene che del male, essendo diretto creatore di entrambi (Is 45, 7: “faccio il bene e provoco la sciagura”). Nell’Ecclesiastico o Siracide (Sir 11,14) si legge che tutto proviene dal Signore: bene o male, vita o morte. Anche in Amos (Am 3, 6) si legge che nessuna disgrazia si abbatte su una città senza che Dio lo voglia. Quindi in Israele non essendoci un dio buono e un altro dio malvagio, tutto si concentra e proviene dalla stessa divinità. Pertanto, tutto quello che succede nel mondo, capita perché l’ha voluto Dio, e l’uomo non può fare altro che rassegnarsi ad accettare quello che il Dio gli manda.

Questa idea, secondo cui anche il male viene da Dio, è giunta anche nel cristianesimo, e non solo attraverso Paolo (2Tes 2, 11; Rm 9, 18). Anche gli evangelisti Matteo e Luca sembrano di quest’idea, attribuendola direttamente a Gesù, ad esempio quando insegna a pregare Dio chiedendogli di non indurci in tentazione (Mt 6, 13 e Lc 11, 4). Eppure simile idea era da subito troppo disturbante, tanto che già gli ebrei si erano chiesti: come può il Dio del bene mandare anche il male? No, non è possibile; sarebbe troppo contraddittorio che un Dio che vuole il bene mandi anche il male o ci spinga verso il male. E allora, visto che non si può incolpare Dio, chi causa il male deve essere un altro: quest’altro è stato identificato con Satana, l’avversario di Dio.

Di questa idea innovativa si trova conferma nella Bibbia, ad esempio nell’assurdo e contraddittorio episodio del censimento: Dio, geloso del suo popolo aveva proibito di fare il censimento, ma poi ordina a Davide di farlo. Davide obbedisce, e a quel punto Dio dà fuori da matto e scatena contro il suo popolo una peste tremenda che fa strage di israeliti (2Sam 24,1-25). Qualche secolo più tardi, rendendosi conto che una storia simile proprio non stava in piedi perché non faceva fare una gran bella figura al loro Dio, ma anzi lo metteva in una luce sinistra (1Cr 21, 1), si ripete lo stesso episodio, ma questa volta chi scrive mette Satana al posto di Yhwh; e questa è l’unica volta che nell’Antico Testamento compare Satana come nome proprio di un essere spirituale maligno (perché il satana – è bene ricordarlo - è in ebraico il nome generico per diavolo, come adam è il nome generico per uomo, e non è il primo uomo apparso concretamente sulla terra), ma è chiaramente in sostituzione di Yhwh,[3] essendo ormai del tutto indigeribile l’idea che Dio avesse comandato di fare una cosa che aveva appena proibito di fare, e poi uccida una marea di gente che non c’entra assolutamente nulla solo perché Davide gli ha obbedito. Anche il Siracide ammoniva che il male non poteva venire da Dio: “Non dire: a causa del Signore sono venuto meno! Perché egli non fa quello che detesta. Non dire: è lui che mi ha tratto in errore! Perché egli non ha bisogno di un peccatore” (Sir 15, 11-12).

Pure nel cristianesimo Satana (che secondo alcuni si chiamava Lucifero prima di ribellarsi) ha avuto un grande successo: è comunemente riconosciuto come il capo di tutti gli angeli decaduti, cioè di tutti i diavoli,[4] ed è quindi il diavolo di grado più alto che comanda all’inferno, essendo stato la creatura che il Signore aveva creato come la più intelligente e potente[5]. Ma visto che ci hanno sempre detto che Dio è onnipotente, fin dagli inizi del cristianesimo era stato obiettato che appare assurdo sostenere che Dio, l’Assoluto, mentre vuole venire in soccorso agli uomini, trova un diavolo che gli si oppone in maniera talmente decisa da riuscire a paralizzarlo[6]. Una volta bloccato, questo Dio è costretto a ricorrere al piano di riserva, farsi uomo e mandare suo Figlio sulla terra; ma se Lui stesso è stato prima responsabile della creazione del diavolo che al di là del tempo e dello spazio interferisce nel comportamento dell’uomo inducendolo al male, com’è che non riesce a tener sotto controllo la situazione? Se la situazione gli è scappata di mano vuol dire che non è onnipotente[7]. Se poi è veramente il diavolo a indurci al peccato, non era più semplice e più ovvio che Dio distruggesse l’angelo decaduto che gli si era ribellato, oppure che lo lasciasse incatenato all’inferno invece di lasciarlo libero di uscire liberamente per trascinare la maggior parte dell’umanità all’inferno, senza alcuna possibilità per l’uomo di uscirne? Perché questa differenza di trattamento? Che logica e che amore c’è nel sacrificare il proprio figlio per tentare di salvare almeno in parte questa stessa umanità che, se viene trascinata all’inferno da Satana e dai suoi sottoposti, è solo perché Dio li ha lasciati liberi di scorrazzare e fare il male?

Allora, di fronte a obiezioni del genere, pur senza eliminare satana lo si è un po’ accantonato, quasi in silenzio, e si è detto che la colpa è direttamente degli uomini. Il responsabile del male è l’uomo peccatore, direttamente se il male è causato dall’uomo ad un altro uomo, indirettamente per i mali esterni (es. malattie, terremoti) che sono semplicemente il meritato castigo divino per le colpe degli uomini. Col peccato originale, poi, che chiudeva il cerchio, tutto il male finisce sulle spalle dell’uomo[8]. Ovviamente incolpando il diavolo o colpevolizzando gli uomini malvagi si pensava di assolvere Dio che è sempre buono, ma odia i malvagi: «L’Altissimo detesta i peccatori e agli empi darà quello che meritano» (Sir 12, 6).

Sennonché è più difficile rispondere alla seconda domanda: perché Dio – con questi castighi terreni,- non fa perire solo i malvagi, visto che muoiono anche i buoni? E quale colpa possono avere i bambini piccoli, ancora incapaci di commettere il male e quindi innocenti, che però sono colpiti dal male (ad es. una grave malattia)? La prima spiegazione biblica era che questo Dio piuttosto vendicativo punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione (Es 34, 7: «non lascio senza punizione chi pecca, e lo castigo sui suoi figli fino alla terza e alla quarta generazione»)[9].

Ma neanche quest’idea di colpa pagata di generazione dopo generazione era molto soddisfacente, perché ovviamente il nipote poteva essere una santa persona e non si capiva perché dovesse pagare per i peccati del nonno (o del padre o del bisnonno). Perciò nella Bibbia si è cambiato ancora una volta opinione. Ecco il profeta Ezechiele che sostiene che ciascuno di noi è responsabile del proprio comportamento, per cui se il male gli arriva addosso può essere solo perché è lui ad aver peccato: «solo chi pecca morirà» (Ez 18, 4-20). Il Signore richiede amore e obbedienza, e in tal caso ricompensa con la felicità (Dt 11, 13-17; 28, 1 ss.); chi non obbedisce sarà punito (Dt 28, 15 ss.), ma il figlio non pagherà più per l’iniquità del padre o di altri ascendenti. In quest’ottica il salmo 103 (102) afferma che Dio sempre buono ricolma l’uomo di beni e perdona tutte le sue colpe.

Inutile aggiungere che anche questa teologia trova ancora consensi nella nostra epoca: c’è ancora chi pensa che, se si comporta da buon cristiano, ecco che deve arrivare puntuale ed inevitabile la giusta ricompensa. Ad esempio, in questo periodo di covid, c’è chi sostiene che non si comporta male, che fa la comunione tutti i giorni, per cui di sicuro che avrà lo scudo protettivo da parte di Dio, e non si prenderà il covid anche senza fare il vaccino.

Ma anche qui è stata sollevata subito un’ovvia obiezione: la realtà è purtroppo diversa e soprattutto come mai vengono castigati anche tanti buoni che non hanno commesso peccato? Lo si mette bene in evidenza nel libro di Giobbe, il quale viene presentato come l’uomo che più santo e più pio non si può, eppure gli capitano tutte le disgrazie di questo mondo. Ovviamente il libro è eccessivo, ma ben chiarisce che non è affatto vero che il male è in relazione al peccato commesso da chi poi è colpito dal male, anche se si continua a sostenere che se Dio è onnipotente il male non può verificarsi senza il suo permesso (Gb 1, 11 s.; 2, 5 s.; 42, 11). In effetti conosciamo la rassegnazione di Giobbe. Alla moglie che lo rimprovera per aver benedetto il Signore nonostante tutte le disgrazie, Giobbe risponde: «Tu parli da insensata. Abbiamo accettato da Dio le cose buone. Perché ora non dovremmo accettare le cose cattive?» (Gb 2, 10).

Ma siccome i più la pensano come la moglie di Giobbe, si è cercata un’ulteriore spiegazione: se anche l’uomo incolpevole viene colpito dalle disgrazie, vuol dire che, come il fuoco purifica l’oro, così l’uomo caro a Dio viene provato nel dolore (Sir 2, 5). Com’è buono questo Dio! che bei regali ci fa! Ma non sarebbe bastato il solo gentile pensiero, senza la consegna del pacchetto di dolore?

Per tentar di aggirare l’ostacolo si è spiegato che noi uomini in realtà siamo in questo mondo per prova[10] (in vista della vita futura nell’aldilà), e veniamo qui messi alla prova come Dio aveva provato Abramo intimandogli di sacrificare il proprio figlio Isacco. Però anche qui si può facilmente obiettare che sarebbe sciocco da parte di Dio volerci provare, visto che si prova solo quello che non si conosce, mentre Dio sa già tutto di noi, per cui sapeva già perfettamente anche qual era il livello di fedeltà di Abramo, e lo stesso vale per noi. Per di più, come si può pensare che il bambino piccolo venga provato? In effetti fin papa Francesco ha ragionevolmente riconosciuto che non ha una spiegazione per la sofferenza dei bambini[11]. Si deve notare che neanche Gesù si è mai preoccupato di dare una spiegazione razionale del male, né tanto meno della sofferenza; invece si è occupato concretamente di chi soffre e si è dato da fare per alleviare le sofferenze[12] della gente. Soprattutto ha cercato di chiarire che non dobbiamo offrire né i nostri sacrifici, né la nostra sofferenza al Signore (misericordia voglio, non sacrifici - Mt 9, 13; Mt 12, 7). In effetti, è illogico offrire a Dio le nostre sofferenze: che se ne fa Dio delle nostre sofferenze?[13]

Allora visto che neanche questa spiegazione può soddisfare, si è finito col dire che la Giustizia divina interverrà in seguito: “Tranquilli, perché i cattivi finiranno comunque all’inferno dopo morti”. Sai che soddisfazione per chi subisce qui in terra ingiustizie o altre disgrazie, e vede il cattivo che se la spassa su questa terra.

Però Gesù, tanto per cambiare, ha scombussolato tutti questi annaspanti tentativi di giustificare il male, perché ha escluso che Dio odi i peccatori. Sappiamo che anche la malattia, in allora, era vista come un castigo di Dio per i peccati[14]. Ancora ai tempi di Gesù quest’idea era largamente condivisa fra la gente, visto che di fronte al cieco nato gli apostoli chiedono se ha peccato lui o i suoi genitori, in base alle loro reminiscenze bibliche. Gesù lo esclude categoricamente, dicendo agli apostoli che né il cieco, né i suoi genitori avevano peccato. Col che dovremmo pensare che da allora si sia definitivamente escluso ogni collegamento fra peccato e malattia[15] e ogni possibilità di collegare il castigo a colpe dei propri ascendenti (Gv 9, 2). E questa esclusione si trova anche in Mc 1, 40-45 (la guarigione del lebbroso). Nella convinzione che la lebbra fosse una punizione per i peccati dell'uomo ci si avvitava in un circolo vizioso. L'unico che poteva aiutare il lebbroso era Dio, ma il lebbroso non si poteva rivolgere perché Dio, il puro per eccellenza, non ascolta gli impuri. La risposta di Gesù, invece, che ancora una volta smentisce che la Bibbia abbia Dio per autore, è fuori delle righe: “Commossosi...”. Ma come “commossosi”? Se sappiamo perfettamente che Dio odia i peccatori (Sir 12, 6), che Dio detesta chi vive nel male: e quest'uomo è un peccatore che è vissuto nel male! E invece Gesù, che è Dio secondo la Chiesa, quando vede un lebbroso, anziché fuggire inorridito dal peccatore, si commuove. Ma peggio: questo lebbroso peccatore trasgredisce ulteriormente la Legge in quanto in queste condizioni osa avvicinarsi. Gesù, di fronte alla patente trasgressione della disposizione divina, se fosse stato veramente una persona religiosa, un vero credente, avrebbe dovuto gridare: "Allontanati da me brutto sozzone, con quella schifosa malattia! Come osi toccare il santo di Dio? Ma non ti basta il castigo che il Signore ti ha dato per i tuoi peccati, e continui ancora a trasgredire la legge?”[16] Invece Gesù, quando un peccatore trasgredisce la legge che la gente crede divina, si commuove. Poi, peggio ancora, Gesù tocca il lebbroso. Ma Gesù non sa che così si contamina a sua volta?[17] E per di più che bisogno aveva di toccarlo? Quante volte, leggiamo nei vangeli, che Gesù guarisce le persone soltanto con la sua parola! Ricordate nell'episodio del figlio del centurione? Dice: «Vai, tuo figlio è guarito» (Mt 8,13; Gv 4,50). E anche il profeta Eliseo, nell’unico caso biblico in cui un uomo aveva guarito un lebbroso (niente po’ po’ di meno che il capo dell'esercito della Siria: 2 Re 5, 14) non lo aveva toccato, ma lo aveva fatto andare nel fiume: sapeva benissimo che se lo avesse toccato sarebbe rimasto contaminato. E dulcis in fundo, Gesù, dopo essersi commosso, dopo aver toccato e guarito il lebbroso, rimproverandolo lo condusse fuori. Fuori da dove? Non lo si dice. Evidentemente quel fuori sta per fuori dell’istituzione religiosa che insegnava stupidaggini come quelle sopravviste. Infatti, perché Gesù lo rimprovera? Perché costui è uno che aveva accettato e credeva che la propria condizione di emarginato religioso fosse voluta da Dio in persona. Gesù lo rimprovera per aver creduto a queste verità assolute sostenute dal clero, lo rimprovera per aver accettato questa immagine di Dio deformata dalla religione, e lo conduce fuori dell’istituzione religiosa, incompatibile con la visione e la presenza del vero Dio. Perché il Dio di Gesù non fa distinzione fra imputi peccatori e puri osservanti della legge divina, come il sole non fa distinzione nell’illuminare le persone, splendendo sui peccatori e sui non peccatori (Mt 5, 45).

Se crediamo al Dio di Gesù, la cosa più logica è escludere che il male possa venire da Dio visto che il Dio di Gesù è solo Amore[18]. Un Dio che ci induce in tentazione è allora l’esatto contrario del Dio amorevole e misericordioso manifestato da Gesù. Dunque, unde malum?

Purtroppo qualche piccolo dubbio resta ancora oggi, perché nella preghiera del Padre Nostro, attribuita direttamente a Gesù, c’è quel «non indurci in tentazione» (Mt 6, 13) (da pochissimo cambiata nel più aggiornato ed accettabile “non abbandonarci nel momento della tentazione”[19]) in cui sembrava che sia proprio Dio a spingerci a peccare, e quindi a commettere il male, sì che lo si deve pregare che non ci spinga in tentazione: l’orante prega affinché Dio non faccia qualcosa che gli si ritorce in danno. Ma va osservato che, durante la sua passione, Gesù invita i suoi a pregare “per non entrare in tentazione” (Lc 22, 40.46), senza alcun riferimento al Padre. Inoltre, se fosse Dio a spingerci al male, chiaramente nessun uomo potrebbe resistergli, e quindi non si potrebbe attribuire all’uomo nessuna colpa, perché è stato sempre Dio a crearci così fragili, e Dio resterebbe l’autore male. E poi resta comunque inevasa qualche domanda ulteriore: se l’evoluzione fa tanti danni prima di trovare la via giusta, se per strada distrugge tante vite, se introduce il dolore, come si fa a dire che Dio è esclusivamente Amore? Se Dio è Amore, come si spiega il dolore dei bambini che, di certo, non hanno neanche peccato? Non credo ci siano risposte a queste domande.

In passato ci si accontentava delle spiegazioni del magistero. Sono convinto che, nella nostra cultura e per la nostra sensibilità attuale, sia ormai inaccettabile l’idea che esista una personalità onnipotente, la cui volontà assoluta si determina in base al proprio discrezionale arbitrio, che da essa dipendono il bene e il male del mondo, la sofferenza degli esseri umani e di tutti i viventi, che potrebbe eliminare il male con un battito di ciglia, ma lo lascia fare per scopi a noi ignoti. Quindi, bene si è fatto a cambiare la formula, senz’altro più accettabile nella nostra mentalità odierna. Del resto già sant’Ambrogio – richiamandosi a san Paolo - leggeva il passo in maniera più restrittiva: “Non permettere che siamo indotti (da chi non si sa! Manca il soggetto) in una tentazione che non possiamo sostenere”[20]. In questo senso, per l’appunto, san Paolo (1Cor 10, 13) ci conforta sostenendo che Dio non permetterà di essere tentati oltre le nostre forze,[21] e ci darà sempre una via d’uscita.

È bene sapere che su questa interpretazione paolina è tornato anche papa Benedetto XVI[22]. Anche il papa emerito ha infatti scritto[23] che le parole “E non c’indurre in tentazione” sono di scandalo per molti. Dio non ci induce certo in tentazione. Infatti, san Giacomo affermava: «Nessuno, quando è tentato dal male, dica: ‘Sono tentato da Dio’; perché Dio non può essere tentato dal male, né tenta alcuno al male» (Gc 1, 13). Come Gesù nel deserto è stato tentato dal diavolo, anche noi siamo tentati solo dal diavolo. Questo è il pericolo per noi. E come Gesù è stato capace di superare tutte le prove nel deserto, nella missione-vita e poi nell’ora della crocifissione, noi preghiamo il Padre che ci permetta di fare altrettanto nel deserto del nostro mondo.

Se però andiamo a leggere l’originario testo greco del Padre Nostro, “non c’indurre in tentazione” sembra sicuramente la traduzione più esatta dal punto di vista letterale della parola greca eisferei e della latina inducere, a meno di non sostenere che questi vocaboli abbiano sfumature diverse, permissive (tipo: “non lasciar entrare” oppure “non lasciare che rimaniamo nella prova”)[24]. Confesso che non ho la competenza linguistica per poter affermare se certe sfumature esistono o meno in quelle lingue antiche. Quindi, non mi pronuncio.

In ogni caso, non mi sembra oggi accettabile l’idea che essendosi, il primo uomo reso inadempiente attraverso il peccato, questo rapporto sia stato unilateralmente e definitivamente risolto da Dio, sì che l’uomo – privato della grazia soprannaturale, - scivola automaticamente e necessariamente nel peccato. Innanzitutto in tal modo il peccato di Adamo ed Eva non si sarebbe protratto fino alla terza o quarta generazione, come diceva la Bibbia, ma all’infinito. Inoltre il rapporto con Dio verrebbe equiparato a un freddo rapporto giuridico contrattuale, a una partita doppia contabile: dare-avere, premio per aver obbedito alla legge divina, castigo per aver disobbedito;[25] ma un simile rapporto non può essere mai visto in termini di slancio filiale o di fedeltà per amore. Quindi, fra Dio e l’uomo non potrebbe esistere alcun legame d’amore, ma solo un freddo rapporto contabile di dare-avere. Invece basta guardare Gesù per capire che la Giustizia divina è gratuità, e non ha nulla a che vedere con i contratti, nulla a che vedere con la contabilità o con i meriti, come risulta dalla parabola del grande debitore (Mt 18, 27-33).

Faccio poi notare come non sia accettabile neanche l’idea che Dio semplicemente permetta il male: con la teoria di una dimensione provvidenziale della storia in base alla quale tutto trova spiegazione, si è affermato che Dio vede il male ed essendo onnipotente lo potrebbe anche impedire, ma non lo fa per trarne poi misteriosamente un bene maggiore. Ancora gli artt. 311, 395 e 412 del Catechismo vigente (e la Chiesa ha sempre voluto avere le risposte a tutte le domande) continuano a sostenere che Dio permette il male per trarne maggior bene. Forse, prima di azzardare una simile tesi che appare oggi eticamente inaccettabile, il Catechismo avrebbe fatto meglio a spiegare quale bene più grande avrebbe tratto Dio dallo sterminio di milioni di ebrei durante l’ultima guerra. Oppure, qual è il bene più grande tratto dalla quotidiana nascita di bambini handicappati?[26] La risposta secondo cui le disgrazie servono per aumentare la sensibilità della gente è peggio di una toppa. Mi sembra infatti giustissima l’obiezione di un rabbino americano[27]: «Sono offeso da quelli che dicono che Dio crea bambini ritardati perché quelli attorno a lui imparino la compassione. Perché mai Dio dovrebbe distorcere la vita di qualcun altro solo per rafforzare la mia sensibilità?».

Perfino papa Giovanni Paolo II[28] era dell’idea che il male rientrava nel progetto divino ed è voluto come parte di quel progetto, anche se dal male Dio ricava un bene maggiore. Insomma, sotto lo stimolo del male si pone in essere un bene più grande.

Ora, è vero che, come dicevano i latini, quod licet Iovi non licet bovi (ciò che è lecito a Dio non è lecito per l’uomo comune), ma è sempre lo stesso Catechismo (nn.1756, 1761, 1789) e anche §14 della Humanae Vitae di papa Paolo VI ad affermare categoricamente che non è lecito compiere il male anche al fine di farne derivare un bene, neanche in presenza di gravissime ragioni. E allora, con questa spiegazione, siamo in presenza di una nuova contraddizione visto che la religione vieta all’uomo di fare proprio quello che il Dio di papa Giovanni Paolo II sembra fare in continuazione.

Per questo, il successore di Giovanni Paolo II, papa Benedetto XVI[29] aveva invece negato che il male potesse essere interpretato dialetticamente in funzione del bene, confutando così radicalmente il papa che l’aveva preceduto. Ma per far questo, per negare che il male possa venire (seppur indirettamente) da Dio, ha dovuto puntare tutto sul peccato dell’uomo, sostenendo che, se si scardina la visione del peccato non si riesce a dare una spiegazione ragionevole del male, che pure c’è come è facilmente constatabile. Nel cristianesimo di questo pontefice è rimasta dunque la centralità del peccato dell’uomo[30].

In tutto questo groviglio, l’unica cosa certa e sicura è che il magistero cattolico non ha sempre tutte le risposte, e che non avendo trovato adeguata soluzione al problema del male, perfino gli ultimi papi sono in disaccordo fra di loro sul punto. C’è solo da sperare che nessuno dei due abbia parlato ex cathedra: altrimenti, addio anche all’infallibilità!

Riassumendo: l'origine del male è stata collocata a volte:

• in Dio (Dt 32, 39; Is 45, 7; Amos 3, 6; lo stesso vale anche per i musulmani: Corano Sura VI, 39; XIII, 11; XIV, 4). Così si esaltata l’onnipotenza di Dio, ma a scapito della bontà e della giustizia.

• nel diavolo (Sap 2, 24; art.391 Catechismo), persona sovrannaturale inferiore a Dio ma più potente dell’uomo. Anche così Dio resta sempre il principale responsabile del male avendo creato il diavolo e avendogli permesso di insidiare l’uomo. Vedi anche quanto detto alla nota 7.

• nell'uomo che ha peccato (Rm 5, 12; art.401 Catechismo). Adamo ed Eva sono indicati come la causa di tutto, perché storicizzando il racconto mitico si interpreta il fatto ritenuto realmente accaduto come causa-effetto, mentre dovrebbe avere solo valore simbolico e non storico[31]. Se infatti fosse storico, che c’entrano poi le persone giuste e timorose di Dio che restano coinvolte nel male, e perché la sofferenza degli innocenti?

Insomma, nel mondo ci sono troppe domande senza risposta. L’origine del male è sicuramente una di queste. E se neanche Gesù è stato in grado di offrirci una spiegazione plausibile, non siamo forse davanti a un’ulteriore dimostrazione che era umano e limitato come noi, e non aveva conoscenza divina e completa?

Far domande senza ottenere risposte esaurienti può anche dimostrare che la Chiesa è fatta da uomini come noi e non da super-uomini; anche gli uomini di Chiesa, come gli altri, sono in continua ricerca, proiettata verso un orizzonte lontano. E di questo dovremmo per ora accontentarci.


NOTE

[1] Benedetto XVI, La gioia della fede, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2012, 36.

[2] Senza colpa, senza peccato non si spiega la redenzione (che però si attua attraverso l’istituzione ecclesiastica), non si spiega il programma divino di salvezza. Si potrebbe subito obiettare che, se Dio ha fatto eccezione per Maria, vuol dire che non era così difficile farlo per tutti gli uomini, e quindi poteva farlo per tutti: così avrebbe anche potuto risparmiare le sofferenze del Figlio.

Sulla difficoltà di accettare oggi il peccato originale rinvio comunque a quanto scritto nell’articolo Il peccato originale, al n. 456 di questo giornale (https://sites.google.com/site/numerigiugnoluglio2018/numero-256---10-giugno-2018/il-peccato-originale).

[3] Theological Dictionary of the New Testament, a cura di Kittel G. e Friedrich G., ed. Edrdmans Publishing Company, Grand Rapids (USA), 1993, Vol. II, 74: è chiaro che satana non appartiene alla storia originale, ma è stato introdotto nella versione come emendamento. Era troppo grave attribuire a Dio il male.

[4] «Da noi infatti il capo dei demoni malvagi è chiamato serpente e satana e diavolo» (Giustino, Apologia I, XXVIII, 1, in www.documentacatholicaomnia.eu, sotto voce Iustinus).

[5] Gnerre C., Apologetica, ed. Il settimanale di padre Pio, Castelpetroso (IS), 2004, 145.

Nell’Islam, invece, l’angelo è inferiore all’uomo. Iblis (il Satana), fatto di fuoco, non vuole prosternarsi davanti ad Adamo fatto di terra; non vuole riconoscere Adamo superiore a sé, anche se Dio ha insegnato solo ad Adamo il nome di tutte le cose, che lui invece non conosce, per cui è relegato in una posizione inferiore; Iblis viene allora cacciato perché orgogliosamente disobbediente e diventa avversario di Adamo, non di Dio (Corano, La sura della vacca, II, 28- 32) che non può avere avversari. E questo sembra sinceramente già un po’ più logico di quanto sostiene il cristianesimo.

[6] Celso, Contro i cristiani, VI 42, ed. Rizzoli, Milano, 2008, 221.

[7] Ma in tal caso viene giustamente obiettato: se Dio è onnipotente, se Dio è anche buono perché vuole solo il bene, eppure le tentazioni esistono, significa che c'è una zona in cui il suo controllo viene meno. Se si vuol evitare di ricondurre a Dio la tentazione, occorre coerentemente escludere la sua onnipotenza (Mancuso V. Dio e il suo destino, Garzanti, Milano, 2015, 208).

Si obietta che, anche se sembra che il male prevalga, tutti questi elementi negativi restano sempre sotto il pieno controllo di Dio. Si richiama l’esempio delle cattedrali gotiche, dove i demoni alla fine servono all’opera di Dio (nelle cattedrali servono per raccogliere l’acqua piovana dalle grondaie, quindi servono alla cattedrale), che tutto controlla.

Si può contro-replicare che, in seguito, questa idea che Dio aveva tutto sotto controllo è scesa nel cristianesimo a livelli bassissimi, i demoni hanno acquistano più potere, e gli uomini han ritenuto di dover aiutare Dio: così è nata la caccia alla streghe. E si può anche aggiungere: ma quando mai, nella Shoah, si vede che Dio aveva tutto sotto controllo?

[8] A causa del peccato originale siamo tutti peccatori (Cavalcoli G., L’inferno esiste, Fede&Cultura, Verona, 2010, 21).

[9] Ortensio da Spinetoli, L’inutile fardello, Chiarelettere, Milano, 2017, 16 e 224s.: Gesù ha corretto questa immagine corrente di Dio, onnipotente, che fa pagare le colpe degli uomini fino alla terza-quarta generazione (Dt 5, 9), sostituendola con quella di un padre misericordioso, benevolo con tutti i suoi figli, anche se scapestrati (Lc 15, 11-24), o con quella del sovrano che condona somme spropositate (Mt 18, 24-27: diecimila talenti); non gl’interessa essere riverito con sacrifici e culti, ma è interessato alle necessità dei poveri, degli oppressi (Lc 4, 18) degli affamati, dei senzatetto, dei forestieri (Mt 25, 35-36). Eppure, nonostante la predicazione innovativa di Gesù sul padre, nella cristianità è rimasto in scena il terribile Dio, fotocopia dell’iroso Giove olimpico.

[10] Ratzinger J.-Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, Rizzoli, Milano, 2008, 194.

[11] Intervista di Fabio Fazio a papa Francesco, Rai 3, in “Che tempo che fa” del 6.2.2022.

12] Per i protestanti, anche se a volte Dio ci sembra crudele, dobbiamo credere alla parola autorevole di Gesù Cristo, in cui Dio rivela il suo amore per noi. Avendo lo stesso Gesù condiviso la sofferenza, essendosi Dio rivelato nella sua debolezza e nella sofferenza, a questo dobbiamo credere, anche se non capiamo, anche se vediamo un Dio contro Dio (Kampen D., Introduzione alla teologia luterana, ed. Claudiana, Torino, 2011, 80). Molti cattolici pii restano sgomenti quando sono informati che il magistero cattolico non ha tutte le risposte; che, forse, essere credente vuol dire accettare l’idea che la verità, soprattutto quella suprema, ha questo di caratteristico: di essere più grande di qualsiasi pensiero e di qualunque parola umana; che essere credente, forse, è anche saper accettare la finitezza della propria condizione umana, senza voler conoscere ciò che ci è inibito di conoscere. Allora si può essere credenti anche con tanti dubbi, anche con tanti “non so.”

[13] Maggi A., Cos’è il peccato, incontro di Assisi, 2013, in www.studibiblici.it./Multimedia/audioconferenze.

[14] Lo ripeto, ai tempi di Gesù tutti erano ancora convinti che la lebbra (come le altre malattie), fosse una punizione di Dio per i peccati dell'uomo. Infatti, nell'Antico Testamento, era stato proprio raccontato che, quando Maria, l'ambiziosa sorella di Mosè, aveva preteso il posto di Mosè, Dio l’aveva castigata con la lebbra (Nm 12,9-10).

[15] Sotto questo aspetto Gesù era veramente modernissimo e sempre attualissimo; vedasi nel primo capitolo del libro di Conti sul lungo percorso della medicina dai tempi remoti, in cui era comune credere che le malattie fossero conseguenza di cause soprannaturali, a oggi (Conti F., Claude Bernard e la nascita della biomedicina, Raffaello Cortina, Milano, 2013).

[16] Maggi A., Colui che viene a me io non lo caccerò fuori, conferenza tenuta a Cuneo il 10 novembre 2013, in www.studibiblici.it/Scritti/conferenze.

[17] L'impurità era vista come qualcosa di fisico che contagiava: come noi oggi chiediamo all'amico che ha l'influenza di non starci troppo vicino perché abbiamo paura di essere contagiati dai suoi germi, così gli antichi erano convinti di poter essere contagiati dall'impurità degli altri.

[18] La novità portata da Gesù, e per la quale verrà ucciso, è che lui presenta un Dio completamente differente dal dio delle religioni. In tutte le religioni, dio crea l’uomo per essere servito, impone degli obblighi, minaccia dei castighi. Con Gesù, viene presentato un Dio che non solo non chiede agli uomini di servirlo, ma lui, Dio, si mette a servizio degli uomini. Questo è talmente inaudito e sconcertante che neanche dopo duemila anni, noi cristiani, l’abbiamo accettato. Gesù elimina l’idea primitiva di dio caratteristica delle religioni: il premio per la buona condotta e il castigo per la cattiva condotta. Gesù sostiene che Dio è Amore e ama tutti indipendentemente dal loro comportamento. Per questo, il Dio di Gesù non può essere catalogato nella categoria della religione, la quale chiarisce ciò che l’uomo fa per Dio.

[19] Mancuso V. Dio e il suo destino, Garzanti, Milano, 2015, 207s.: l'odierna ‘non abbandonarci alla tentazione’ spiega il desiderio di evitare un Dio eticamente inaccettabile, come già affermava Gc 1, 13: nessuno dica di essere tentato da Dio.

Alla luce del principio secondo cui l’occasione fa l’uomo ladro, il significato della frase potrebbe forse essere riduttivo: non metterci davanti ad occasioni in cui ci trasformiamo da persone per bene in ladri, da agnelli in lupi. Siamo fragili, lo sappiamo, e sappiamo anche che ciascuno di noi è tentato dalle proprie passioni che lo attraggono e lo seducono (Bianchi E., Vigilare e pregare, “Famiglia Cristiana”, n.34/2013, 124). Sapendo che così è il mondo, quando usciamo di casa chiudiamo la porta a chiave, quando scendiamo dall’auto portiamo via le chiavi, e su internet cerchiamo di non scaricare nulla da siti poco affidabili. Insomma, non confidando più di tanto in Dio, cerchiamo già di dargli una mano rendendo le cose un po’ più difficili ai malintenzionati.

[20] Matzuzzi M., L’altro Dio della tentazione, “Il foglio quotidiano” n.278/2018.

[21] Faccio notare che anche nell’islam il diavolo sarà autorizzato da Dio a tentare l’uomo, ma con la garanzia che non riuscirà mai a prevalere sul credente, sull’uomo di fede. Il fatto però che per entrambe le religioni l’inferno sia pieno di condannati (cioè di persone che non hanno superato la prova), mi fa supporre che queste affermazioni siano state smentite da ripensamenti dottrinari posteriori.

[22] Ratzinger J.-Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, Rizzoli, Milano, 2008, 195.

[23] Idem, 192s.

[24] Così Mazza N., Tentati dal Padre nostro, in Vita Nuova 14.12.2018, 5.

[25] L’esistenza dell’inferno comporta una separazione definitiva, stabilita dal giudizio divino, fra buoni e cattivi. Tutti devono presentarsi davanti al tribunale di Cristo per ricevere il premio o il castigo (Cavalcoli G., L’inferno esiste, Fede&Cultura, Verona, 2010, 35s.).

[26] Di fronte alla morte tragica di un bambino, oppure di fronte a un bambino che nasce deforme, la nozione di Padre che veglia sui capelli (Mt 10, 30) è incerta (Vannucci G., Pellegrino dell’assoluto, Cens, Liscate (MI), 1985, 64).

[27] Kushner H.S., When bad things happen to good people, Anchor Books, New York (USA), 2004, 29.

[28] In Memoria e identità. Conversazioni a cavallo del millennio, Rizzoli, Milano, 2005, 27.

[29] Ratzinger J., Fede, verità tolleranza. Il cristianesimo e le religioni del mondo, Cantagalli, Siena, 2003, 48s.

[30] Ad esempio, ancora il cardinale Ratzinger, quand’era prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, con il decreto del 6.8.1984 (in Enchiridion vaticanum, ed. Dehoniane, Bologna, vol.9 – nn. 866-987), aveva stroncato la teologia della liberazione nata in sud America, evidenziando in particolare che la stessa metteva un accento unilaterale sulla schiavitù terrestre temporale, trascurando il peccato e l’importanza che esso ha (n.886). Anche se poi, il timore maggiore sembra riguardare il formarsi un pericoloso magistero parallelo, non obbediente a Roma, dove anzi la struttura sacramentale e gerarchica romana veniva screditata (nn.952 s.) e veniva respinta l’interpretazione autentica del magistero romano con un’interpretazione di classe che si allontanava dalla tradizione (n.960) romana. Dunque il timore più grande riguardava la perdita di autorità (in https://sites.google.com/site/liturgiadelquotidiano/numeri-dal-26-al-68/numeri-speciali/numero-450---29-aprile-2018/la-teologia-della-liberazione).

Vedi anche quanto detto nell’articolo Il peccato non è violazione della legge divina (n. 471 di questo giornale, https://sites.google.com/site/agostosettembre2018rodafa/numero-471---23-settembre-2018/il-peccato-non-e-violazione-della-legge-divina).

[31] Ma oggi i più ritengono che la storia di Adamo ed Eva sia un racconto mitico erroneamente storicizzato dal magistero. Il mito della Genesi semplicemente trasmette il messaggio che l’ordine del cosmo è dato da Dio, e questa era per allora una spiegazione diversa e innovativa rispetto a molte altre religioni. Il sole e la luna, per la Bibbia, non sono più dèi, ma vengono ordinati da Dio. L’uomo e la donna saranno anche somiglianti al Creatore, ma sono sempre molto distanti da Dio. Ognuno deve restare nella sua casella e nessuno può pensare di identificarsi con Dio. Nel vicino Egitto, invece, si pensava che il sole fosse un Dio e che lo fosse anche il faraone.