Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano

Eremo di Santa Rosalia - foto tratta da commons.wikimedia.org

Finalmente a casa: quasi una proposta programmatica

di Stefano Sodaro



Scriveva fratel Guido Dotti in occasione del n. 700 di questo nostro settimanale: «Riflettere sul “bisogno di una comunità spirituale che ci sostenga e ci protegga” mi pare una modalità adeguata per celebrare il 700° numero de Il Giornale di Rodafà perché è proprio a “una vera comunità” che questo periodico ha dato vita, sostenendo e proteggendo sia i collaboratori che i lettori.»

Usciamo con il presente numero 727, quest’oggi, questa domenica, poco dopo il Culto di Apertura del Sinodo delle Chiese Valdesi e Metodiste che si celebrerà a Torre Pellice fino a venerdì prossimo. E le parole “Finalmente a casa” – riprodotte nel titolo di queste righe - sono tolte dal sermone del Pastore Sergio Manna, che ha definito con tale espressione il senso profondo che dovrebbe caratterizzare la stessa esistenza, peraltro per volontà divina (per chi ci crede), della Chiesa, di ogni Chiesa.

Don Pierluigi Di Piazza disse, un giorno – il sottoscritto era lì ad ascoltarlo –, che la Chiesa dovrebbe essere il luogo in cui ci si fa una sola domanda: di cosa hai bisogno?

Veniamo subito al punto – anche perché il caldo sfianca ogni attenzione -: vorremmo proporre di creare attorno a questo nostro giornale una vera e propria “comunità eremitica”, ispirata agli Orientamenti sulla forma di vita eremitica nella Chiesa particolare intitolati “Ponam in deserto viam (Is 43, 19)”, emanati il 14 settembre 2021 a cura dell’allora – oggi Dicastero – Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica.

All’interno, infatti, di tale documento, al n. 27, allorché si descrivono le vere e proprie “Tipologie di eremiti”, si può leggere, alla lett. c): “fedeli (chierici/laici), che conducono la vita eremitica senza professare i consigli evangelici”. Senza. Merita sottolinearlo ancora: senza. Che vuol dire: in modo laico.

Un eremo è una casa. Non è un luogo di culto. E neppure un convento.

Una casa, molto prossima a “Il giornale di Rodafà”, esiste già ed è l’associazione culturale “Casa Alta”, che intende sviluppare una particolare articolazione della propria attività a partire dal prossimo settembre sino all’estate 2024.

Certo, un’associazione (ammesso e non concesso che ritenga di potersi fare ospitale nei confronti di una proposta di tal genere) non è prima di tutto né una casa di muratura, né – tanto meno – un eremo. Tuttavia, lo si accennava sopra, la vita eremitica del tutto laica, cui pensa chi qui sta scrivendo ora queste righe, sarebbe una realtà comunque comunitaria, e non individuale: con un proprio “Synodus”, composto di donne che si incarichino di seguire passo passo l’eventuale eremita (verosimilmente maschio, ma chissà); un proprio “Collegium”, che autorevolmente riconosca l’esistenza di una simile realtà ed un “Ministerium”, da svolgere secondo forme e modalità concordate ed approvate.

Due altri testi fondamentali di riferimento – che magari possono anche stimolare qualche lettura estiva - al riguardo: le “Riflessioni su questioni teologiche attinenti alle relazioni cattolico-ebraiche in occasione del 50° anniversario di Nostra Aetate (n. 4)” della Commissione per i Rapporti Religiosi con l’Ebraismo, intitolate «Perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili» (Rm 11,29), del 21 dicembre 2015; ed una pubblicazione del lontano 1969, autore Aldo Bergamaschi, intitolata Primo Mazzolari: un contestatore per tutte le stagioni, per le Edizioni Dehoniane Bologna.

Ho fatto sopra un veloce riferimento anche alla programmazione delle attività dell’Associazione Culturale “Casa Alta”, che mi onoro di presiedere, benché molto indegnamente.

La memoria di Alice Weiss – madre triestina di don Lorenzo Milani e sulla cui figura si è svolto al Monastero di Bose un Convegno lo scorso 1 luglio con la partecipazione di Stefania Di Pasquale e Gianni Criveller; quella di don Primo Mazzolari, non escludendo il suo profondo desiderio di conoscere sempre meglio i motivi ispiratori del movimento comunista (a dicembre ricorreranno quarant’anni dalla morte di Umberto Terracini, Presidente dell’Assemblea Costituente, uno dei fondatori del Partito Comunista d’Italia a Livorno il 21 gennaio 1921, marito di Maria Laura Rocca – famosa attrice nata a Pasian di Prato, e dunque dalle nostre parti, nel 1917 -, e convinto appartenente all’ebraismo italiano); la testimonianza originale di vita religiosa accanto alla gente normale, e viene ancora in mente il carisma delle Suore Operaie; la considerazione del valore teologico della pratica di ordinazione ministeriale delle donne presso le Chiese diverse da quella Cattolica; il carattere pluri-ordinamentale della stessa Chiesa Cattolica considerate le più di venti Chiese rituali di diritto proprio al suo interno, sono tutte traiettorie su cui “Casa Alta” intende impegnarsi. Fin da subito.

Il volume Guardare alla teologia del futuro. Dalle spalle dei nostri giganti, edito da Claudiana, a cura di Marinella Perroni e Brunetto Salvarani, contiene inoltre un piccolo saggio sul significato teologico dello “Shabbat di tutti” che Miriam Camerini, socia onoraria di “Casa Alta”, continua a proporre in diverse località italiane - e che si vorrebbe poter continuare a valorizzare -, a confronto con la scelta di vita eremitica di Adriana Zarri e le sue originali liturgie, decisamente del quotidiano

Così come il Presidente di “Casa Alta” ha, peralto assai modestamente, contribuito all’uscita del volume, curato da Carlo Ridolfi ed edito da Cittadella, su Paulo Freire che raccoglie gli atti del Convegno a lui dedicato ad Assisi nel settembre 2021, intitolato “Educare alla partecipazione, praticare la libertà”.

Insomma: contenuti per riempire di senso quest’eventuale – molto, speriamo non troppo, utopistica - “comunità eremitica” ve ne sono, e tanti.

Addì domenica 20 agosto 2023, festa di San Bernardo di Chiaravalle fondatore dei Cistercensi, lanciamo l’idea. Ed ora vedremo.

Una comunità, non un individuo.

Uno stare insieme, nessun solipsismo.

Vedremo.

Intanto: buona domenica!

E buona settimana.