Albero dei cachi, Magnano - Foto tratta da commmons.wikimedia.org

OMNIA PROBATE


(Vagliate tutto / Ritenete il buono)







Rubrica quindicinale a cura di Guido Dotti, monaco di Bose



n° 25 – per il n° 700 de Il Giornale di Rodafà

 

UNA VERA COMUNITÀ





di Guido Dotti

 

Thich Nhat Hanh a Vught, Paesi Bassi (2006) - foto tratta da commons.wikimedia.org


Per sostenere il nostro lavoro di compassione, abbiamo tutti bisogno di una comunità spirituale che ci sostenga e ci protegga: una vera comunità, dove ci sia autentica fratellanza e sorellanza, compassione e comprensione. Non dobbiamo fare questo lavoro come cavalieri solitari.

Dall’intervento di Thich Nath Hanh al Summit dei Leader religiosi contro la moderna schiavitù e la tratta degli esseri umani, Vaticano 2 dicembre 2014.

 

Riflettere sul “bisogno di una comunità spirituale che ci sostenga e ci protegga” mi pare una modalità adeguata per celebrare il 700° numero de Il Giornale di Rodafà perché è proprio a “una vera comunità” che questo periodico ha dato vita, sostenendo e proteggendo sia i collaboratori che i lettori. E riflettere a partire da un intervento di un monaco buddista pacifista – che seppe dapprima creare una “comunità spirituale” con un monaco trappista pacifista come Thomas Merton e il cerchio di artigiani di pace legati al movimento Catholic Worker di Dorothy Day e, successivamente, dar vita a un’esperienza di vita comune di monaci e laici – mi pare ancor più appropriato.

Questo appello a un “lavoro di compassione” svolto in comune era indirizzato ai leader religiosi riuniti per trovare insieme vie concrete per combattere la recrudescenza della schiavitù nella nostra epoca, vissuta soprattutto attraverso il traffico di essere umani: antichissima forma di dominio dell’uomo sull’uomo, capace perfino di stravolgere i rapporti fraterni. Cosa infatti hanno perpetrato i fratelli di Giuseppe, gelosi della preferenza che il padre Giacobbe nutriva per uno dei suoi figli più giovani – se non un commercio della carne della loro carne (cf. Gen 37,17b-28.36)? Che poi il Signore abbia volto in benedizione l’abominio compiuto dai fratelli di Giuseppe è, purtroppo, caso più unico che raro nel dramma del traffico degli esseri umani. Ed è significativo che l’intera vicenda di Giuseppe, tradito dai fratelli e divenuto sovrintendente di Faraone in Egitto, sia segnata da quelle che oggi chiameremmo “migrazioni economiche”: lo spostamento forzato della fame che va verso il pane, dato che non acconsentiamo mai a che il pane vada verso la fame.

Ecco, di fronte alle antiche eppur ancora attualissime politiche antimigratorie, che negano alle loro vittime la qualità e la dignità di essere umani, è più che mai necessaria quella “vera comunità” auspicata, ma anche messa in pratica, da Thich Nath Hahn: un luogo non solo ideale, ma anche fisico, dove sia custodita e coltivata una “autentica fratellanza e sorellanza”, un luogo dove si alimenti la cura gli uni delle altre con “compassione e comprensione”. Compassione, perché patiamo insieme i limiti e i mali della nostra comune natura umana, ma anche perché condividiamo le nostre “passioni”, le nostre speranze, ciò che ci arde nel cuore. Comprensione, perché prendiamo su di noi, assumiamo, capiamo il dolore dell’altro – così simile al nostro, per poco che siamo sinceri con noi stessi – ma anche perché facciamo spazio nelle nostre vite a chi non ha più spazio vitale.

Davvero in questo quotidiano impegno nonviolento per la pace, la giustizia, la dignità di ogni essere umano, nessuno può agire da “cavaliere solitario”, da eroe singolare: solo una “vera comunità” farà fiorire la nostra più profonda umanità.

 

 

 

Thich Nath Hanh (Hué, Vietnam 11.10.1926 – Hué 21.01.2022). A sedici anni Nguyễn Xuân Bảo entra nel monastero thiền di Tu Hiếu e viene ordinato monaco nel 1949, assumendo il nome di Thich Nhat Hanh. Lascia presto il suo monastero e si stabilisce in un tempio abbandonato a Saigon. Dopo aver studiato religioni comparate all’Università di Princeton (USA), nel 1964 rientra in Vietnam, fonda l’Università buddista di Vạn Hạnh e al contempo dà vita alla “Scuola dei giovani per il servizio sociale”, un  movimento di resistenza nonviolenta formato da laici e monaci che andavano nelle campagne per creare scuole, ospedali e per ricostruire i villaggi bombardati, nonostante l’ostilità patita da parte di entrambi gli schieramenti: vietcong e governo di Saigon sostenuto dagli USA, infatti, li ritenevano alleati del nemico.

In esilio in Occidente dal 1966, approfondisce la sua riflessione sul “buddhismo impegnato” e diviene la guida più autorevole del buddhismo thiền. Nel contempo dà vita alla “Delegazione di Pace Buddhista”, che prenderà parte alle trattative di pace di Parigi. Dopo la firma di quegli accordi, tuttavia, il governo comunista del Vietnam gli rifiuta il permesso di rientrare nel suo Paese. Si stabilisce quindi in Francia dove fonda Plum Village, un’esperienza di vita comune di monaci e laici di entrambi i sessi, che avrà presto gemmazioni in vari paesi del mondo e contribuirà alla diffusione del suo insegnamento sull’arte di vivere in consapevolezza. Il rientro definitivo in Vietnam avviene solo a fine 2018, ormai provato dalla conseguenza di un pesante ictus avuto quattro anni prima.


Chiesa monastica di Bose - foto tratta da commons.wikimedia.org