Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano

Occidente contro resto del mondo

di Dario Culot


Pubblicato il volume di Dario Culot che ripropone in una nuova veste editoriale, ed in un unico libro, molti dei suoi contributi apparsi sul nostro settimanale: https://www.ilpozzodigiacobbe.it/equilibri-precari/gesu-questo-sconosciuto/


Sicuramente l’Occidente sta vivendo un momento difficile. Mai come oggi in tanti gli si sono rivoltati contro, contestando non solo la sua politica, la sua religione, ma anche la sua cultura (che con supponenza noi occidentali abbiamo spesso ritenuto superiore alle altre)[1].

Per fare qualche esempio, in quasi tutte le culture dell’antichità (anche nella cultura celtica europea), la natura aveva un carattere sacro, perché il divino si manifestava nella natura. Con l’avvento del cristianesimo, però, la natura considerata puramente materiale e profana, è stata progressivamente del tutto de-sacralizzata.

Se guardiamo agli aborigeni delle Americhe, dell’Africa, dell’Australia, prima di essere contaminati dal cristianesimo, essi guardavano alla natura con profondo rispetto spirituale. Nella nostra cultura occidentale, invece, col cristianesimo si è privata la natura di ogni spiritualità. Per noi la spiritualità può essere solo una relazione personale, un dialogo diretto tra l’essere umano e Dio. Solo l’essere umano, il culmine della creazione divina (nn. 358, 377 Catechismo), merita attenzione,[2] mentre la natura è un terzo incomodo che non trova uno spazio proprio[3]. Sicuramente la natura si può sfruttare e soggiogare, perché così a lungo è stata interpretata la Bibbia (in particolare Gn 1,26: l’uomo dominerà su tutto), dimenticando però che, in altra parte, la stessa Bibbia afferma che l’uomo deve custodire la terra (Gn 2, 18).

È molto recente la rivalutazione che noi cristiani abbiamo cominciato a fare della spiritualità profonda di tante popolazioni a lungo bollate come pagane[4]. Ad esempio anche noi occidentali oggi cominciamo a condividere il pensiero della stretta relazione fra essere umano e natura che avevano i pellerossa: essi sapevano cioè che il cuore di ogni essere umano che si allontana dalla natura si inasprisce. Sapevano che la mancanza di profondo rispetto per gli altri esseri viventi che si trovano in natura, e per tutto ciò che cresce, conduce in fretta alla mancanza di rispetto anche verso gli uomini. Per questa ragione il contatto con la natura, che rende i giovani capaci di sentimenti profondi, era un elemento importante della loro formazione.

La maggior parte di noi, ancora oggi, continua invece a seguire sostanzialmente il pensiero di Cartesio e Galileo, i quali ci hanno inculcato l’idea che la natura è costituita da materia, e la materia è del tutto inerte, per cui possiamo farne ciò che vogliamo.

Il pensiero del filosofo Plotino (del III secolo d.C.), il quale aveva suggerito che la natura fosse pensiero, e quindi intelligenza in continua evoluzione, non è riuscito a sfondare da noi. L’idea di questo filosofo era che all’inizio, alla base di tutto, c’è il pensiero, e la natura è il risultato di un continuo processo di scambio di dati e d’informazioni.

Oggi – a livello scientifico - c’è un nuovo interesse per questa intuizione di Plotino[5]. È ormai assodato che la materia visibile (quella che per noi e passiva e inerte) è sola la parte più piccola della struttura dell’universo[6]. E poi la scienza sta scoprendo sempre di più che, alla base della vita, non c’è solo l’energia e la materia inerte, ma è basilare anche l’informazione. E per avere informazioni non è indispensabile la parola o la scrittura: l’informazione fra le cellule può essere trasmessa anche solo attraverso vibrazioni. Perciò quando delle cellule staminali sono alterate, nel senso che attivandosi riescono solo a moltiplicarsi e non più a differenziarsi perché il programma di differenziazione cellulare è rimasto bloccato, vuol dire che i geni responsabili della moltiplicazione delle cellule staminali, in assenza dell’attività dei geni responsabili del differenziamento che servono a frenare la moltiplicazione, hanno perso l’informazione che li doveva far funzionare in modo corretto. Quando l’informazione giunge alterata, quando c’è patologia nell’informazione, c’è la malattia[7].

Oggi anche noi occidentali ci rendiamo conto che senza vita non ci può essere pensiero, e cominciamo allora a pensare che anche la materia forse non è del tutto inerte e passiva, perché ha a che fare molto con la vita.

Oggi, pian pianino cominciamo a renderci conto che ci sono molti segni per cui noi occidentali corriamo il rischio di esaurire la nostra forza della vita, perché l’abbiamo incanalata troppo a lungo in sentieri senza sbocco, sentieri di potere, di ricerca di dominio e sfruttamento su tutto e su tutti[8]. Finalmente oggi cominciamo a renderci conto che il creato, la natura tutta, lungi dall’essere un avversario, sono preziosi collaboratori per realizzare il progetto di Dio sull’umanità.

Ma mentre cominciamo ad apprezzare le spiritualità dei popoli primitivi, siamo ancora ai ferri corti con l’Islam. I musulmani, a loro volta, non si sentono rispettati dal mondo occidentale. Mentre noi siamo convinti di aver prodotto la miglior civiltà possibile, essi sono convinti che abbiamo prodotto una civiltà corrotta e fiacca, che conduce alla morte;[9] facciamo pochi figli ma poi abbiamo bisogno di loro per i lavori più umili. Perciò ci vedono come ricchi, tecnicizzati, istruiti, ma anche come atei, aridi, cinici, vuoti dentro, senza ideali, senza regole di morale. A loro interessa la nostra tecnologia, non i nostri valori[10]. Anzi, spesso c’è fra i musulmani un’intolleranza verso la nostra civiltà e i nostri valori alternativi, ripagata da noi con pari moneta e con un’aggravante: spesso, assai spesso, gli stessi occidentali disprezzano la propria cultura, si cospargono il capo di cenere perché si sentono in colpa per come si sono comportati i nostri predecessori col colonialismo, e non si rendono conto che – comunque,- le nostre odierne democrazie offrono agli immigranti che arrivano qui da noi opportunità impensabili nei loro Paesi di provenienza.

Oggi, in occidente, si parla forse eccessivamente dei diritti individuali della persona, e ormai sembra che da noi non esistano più neanche doveri, ma solo diritti. Si fa fatica ad accettare che, per fare posto agli altri, occorre comunque ridurre il nostro spazio di libertà. Chi si considera padrone non è facilmente disposto a riconoscere i diritti degli altri: vede solo sé stesso e gli altri solo in funzione di sé stesso; ma è anche vero che, a furia di chiedere sempre più diritti, si dimenticano i doveri, e un dovere è ciò che in un individuo corrisponde ai diritti di un altro. C’importa poco anche sapere che i 4/5 dell’umanità non hanno i nostri diritti, per cui - solo a vedere i numeri matematici - sarebbe saggio cercar di riequilibrare la situazione.

Noi italiani ci vantiamo di avere la più bella Costituzione del mondo. Sicuramente, tutti i giovani sanno che la Costituzione dà loro il diritto di radunarsi e manifestare il proprio pensiero. Ma provate a chiedere a questi giovani quali sono i limiti, previsti nella stessa Costituzione, a questo diritto. Credo che i più non lo sappiano; sanno di avere diritti ma ignorano i limiti, per cui non li accettano. Del resto la maggior parte di loro non ha mai ricevuto neanche un “no” dai propri genitori[11]. La cultura di costante rivendicazione dei diritti individuali è stata condotta spesso in maniera martellante, eclissando così il senso di solidarietà sociale che di essi costituisce necessario complemento come dimostra la riuscita (ma dimenticata) formulazione dell’art. 2 della nostra Costituzione[12].

Ricordo invece che, quand’ero alle medie (siamo negli anni ’50 del secolo scorso), la nostra professoressa, nell’ora di Educazione civica, batteva molto più sui doveri che sui diritti, dicendo che non ci può essere libertà senza responsabilità, per cui – quando ci battiamo per le nostre pretese - dobbiamo sempre tenere in considerazione quelle degli altri. Dovevamo essere ben consapevoli che, per fare posto agli altri, occorreva ridurre il nostro spazio di libertà per permettere anche all’altro di godere dei diritti. Strano, perché la Costituzione è sempre la stessa: quella che studiavamo noi e quella che non studiano più i giovani di oggi, i quali difficilmente accetterebbero l’insegnamento di allora, secondo cui la libertà non è un diritto, ma è un dovere verso gli altri, oltre ad essere soprattutto una necessità interiore.

La nostra democrazia presuppone la libertà di pensiero, di espressione, di religione, di dissenso della singola persona. La sharia non ammette questi diritti individuali che possono minare il bene della comunità. L’islam non conosce la parola persona nel senso che intendiamo noi; conosce l’individuo (fard) che è una cellula parte integrante della comunità titolare di diritti. La sharia protegge la comunità, non l’individuo, e il bene della comunità prevale sul bene della singola persona[13].

Perciò la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (CEDU del 1950, ratificata in Italia con L. 4.8.1955, n.848), da noi tanto osannata, è ritenuta in gran parte del mondo un documento prettamente occidentale: un musulmano nigeriano o afghano vive inserito in una rete di relazioni e rapporti completamente diversi da quelli di un occidentale. Riconoscere a queste popolazioni i diritti dell’uomo in quanto singola persona significa privarli di un’esistenza nella collettività o, addirittura, contrapporli a essa. In altre parole: il conferire diritti indipendenti alla singola persona non rientra nella tradizione di quelle culture, che vedono nell’individualismo non la possibilità di diventare pienamente sé stessi (come pensiamo noi), ma, forse in conseguenza delle esperienze di vita in condizioni desertiche assai difficili, solo la certezza di perire[14]. Non per niente, i musulmani hanno sottoscritto una propria Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo nell’Islam nel 1990[15]. In molti paesi musulmani i testi scolastici sono conseguentemente di chiara impostazione antioccidentale, e alcuni ritengono di avere come missione da compiere quella di venire qui in Occidente per dare un’anima alla nostra civiltà degenerata, convertendoci all’Islam[16]. Per molti musulmani, in effetti, l’unica risposta per migliorare e cambiare il mondo, ancora prevalentemente in mano agli occidentali, sta nel ritorno all’islam, alle sue radici creando uno Stato basato sulla religione. Un esempio recente lo vediamo in Afghanistan, con i talebani[17].

E a noi, oggi, i talebani fanno una certa paura. Prima dell’11 settembre 2001 eravamo convinti di essere l'avanguardia della civiltà umana e dello sviluppo nel mondo, si guardava quegli che erano indietro dicendo: «Presto arriverete anche voi dove siamo noi». Oggi non abbiamo più neanche il coraggio di dirlo perché abbiamo paura di essere sommersi dalle immigrazioni. Oggi diciamo: «Speriamo che non arriviate anche voi qui da noi! Siete già in tanti», e ci rendiamo sempre più conto che in parti sempre più vaste del mondo la gente è semplicemente antioccidentale. Questo ci turba, perché noi occidentali siamo ancora convinti di sapere cosa è meglio per tutte le altre popolazioni del mondo, e non abbiamo remore a calare dall’alto sul resto del mondo i nostri programmi e le nostre convinzioni, senza mai chiederci perché mai questi nostri programmi e convinzioni dovrebbero coincidere con quelli di tutte le altre popolazioni del mondo: come minimo manchiamo di umiltà, e non ci rendiamo conto che moltissime popolazioni non vogliono, ad esempio, vivere di economia come facciamo noi in Occidente.

A noi occidentali del XXI secolo importa vivere bene. Il punto focale, per noi è la qualità della vita. Se la nostra economia entra in difficoltà, noi entriamo in difficoltà. Ma nel mondo ci sono altre nazioni (pensiamo al governo dell’Iran musulmano, per fare un esempio) che preferiscono campare di potenza e di gloria piuttosto che di economia. È più importante per loro che i posteri ricordino indimenticabilmente come sono vissute a livello storico le generazioni attuali, in modo da avere fama e potenza, anche se a livello economico e sociale hanno vissuto maluccio.

Un’altra ragione per cui noi occidentali, magari non consciamente, oggi temiamo i musulmani è che vengano a conquistarci imponendoci la loro religione perché loro credono in Dio, mentre noi non ci crediamo più[18]. In effetti, “Il problema non è tanto nella forza dell’islam, quanto nella debolezza del cristianesimo in Europa”[19]. Ha scritto un certo Nicolas de Clamanges: “Passati i bei tempi in cui nella Chiesa erano fiorite la pietà, la santità, la povertà, ora è cresciuta la ricchezza, l’abbondanza di beni superflui; la superbia si è insinuata nella Chiesa, la disciplina si è allentata, la pietà raffreddata; si è invece intensificata la cupidigia... ormai non ci si accontenta più di quello che si ha, e tutte le forze si danno da fare per rubare ...e i pastori della Chiesa sono più avidi dei laici. Che bell’esempio che si dà ai laici! Ma ormai il grande giudizio è alle porte, e ne è prova l’avanzare dei musulmani, fatti esecutori della vendetta divina...”. Non è questo un pensiero piuttosto comune che circola oggi fra di noi?[20] Peccato che Nicolas de Clamanges sia vissuto fra il quattordicesimo e il quindicesimo secolo. Allora, forse già ai tempi della dura Inquisizione cattolica non eravamo poi così cristiani come oggi si pensa.

Ma allora, cosa ci sta succedendo oggi? Cosa è cambiato rispetto al 1400? Oggi noi occidentali siamo più deboli biologicamente di tante altre popolazioni (anche perché nell’insieme siamo più vecchi), ma siamo più forti tecnologicamente. Ci sono stati periodi nei tempi passati, invece, in cui l’islam era più avanzato di noi tecnologicamente e culturalmente. Ma negli ultimi secoli, avendo una superiore tecnologia, siamo andati in giro per il mondo per colonizzarlo e sfruttarlo, disinteressandoci – assai poco cristianamente - delle popolazioni che già abitavano quelle terre. Tuttavia oggi, nonostante la superiore tecnologia, siamo noi a sentirci sotto assedio, abbiamo paura e pensiamo di doverci difendere, erigendo muri di confine che non servono a niente. Come ripete spesso padre Alex Zanotelli, la tribù bianca si sente minacciata dal resto del mondo dopo averlo schiacciato per oltre 400 anni. E probabilmente questa sensazione si può spiegare col fatto che, se come occidentali non superiamo il 20% della popolazione mondiale ma consumiamo l’80% delle risorse del mondo, siamo ormai tutti consapevoli che nessun sistema può durare ancora a lungo con queste sproporzioni[21]. Sennonché l’idea di rinunciare al nostro elevato tenore di vita non ci piace[22]. Perciò o facciamo resistenza o facciamo finta di nulla, pur sapendo che il nostro stile di vita devasta il mondo e che tutte le popolazioni del pianeta stanno pagando i costi. Questi costi vengono scaricati prevalentemente sugli altri, che però sono tagliati fuori dai nostri benefici. Ora, è vero che nessuno è colpevole se nasce in occidente, ma se vive a spese degli altri, ogni adulto lo diventa, chi più chi meno. Ecco perché le encicliche di papa Francesco (Laudato si’ e Fratelli tutti) dovrebbero farci riflettere e indurci a cambiare rotta. Soprattutto dovremmo smettere di pensare che noi siamo i buoni, e gli altri sono i cattivi solo perché ora cominciano a farsi sentire con forza pretendendo anch’essi di partecipare al nostro banchetto, mentre invece noi non li vogliamo alla nostra tavola. L’unica cosa che mi sembra chiara è che, pur dichiarandoci cristiani, non ci siamo comportati verso gli altri come veri seguaci di Gesù.

In ogni caso dovremmo renderci conto di quanto poco sappiamo in realtà dell’islam, e l’ignoranza di sicuro alimenta la nostra paura. Sapendo poco abbiamo molti pregiudizi, e viviamo convinti che noi siamo molto più avanzati dei musulmani oscurantisti, i quali maltrattano le donne (come se noi qui non avessimo un numero impressionante di femminicidi all’anno,[23] perché chi ammazza la propria partner la considera evidentemente oggetto di sua proprietà e non una persona libera), possono anche sposare più donne,[24] sono incapaci di qualsiasi dialogo con altre religioni, e cercano di convertire alla propria religione con la forza. Siamo cioè convinti che oggi il Dio cristiano propone, lascia l’uomo libero di usare la sua ragione e lo lascia perfino libero di rifiutarlo o di scegliere anche un’altra religione, mentre il Dio musulmano impone, anche con la forza, e non lascia il suo fedele libero di andarsene. Il fatto è che neanche l’Islam è una realtà monolitica, ma l’occidente non appoggia la tendenza riformista, anzi la ignora perché non compie gesti violenti come fa l’ala tradizionalista[25].

Ecco un bel esempio di pregiudizio sull’Islam. Una giornalista che è stata in Afghanistan negli anni 2000 ha scritto che nella provincia di Paktya aveva interpellato un giudice sul fatto che un musulmano aveva abbandonato l’islam per passare al cristianesimo, e questi le aveva risposto che ogni murtad (l’apostata) deve essere messo a morte perché così vuole la sharia[26]. In un’altra provincia (quella di Logar) la stessa domanda ha avuto però una risposta diametralmente opposta: “quando sarà davanti a Dio sarà l’apostata a dover spiegare solo a Lui perché lo ha rinnegato. I credenti sulla terra non lo devono toccare”[27]. Eppure siamo sempre davanti a giudici musulmani, sempre in Afghanistan, che noi consideriamo uno Stato, mentre in realtà è composto da varie etnie che hanno grandi rivalità storiche fra di loro: i pashtun sunniti (cui appartengono i talebani), sono da sempre in lotta con tagiki (24% della popolazione), hazara sciti (15% della popolazione),[28] uzbeki (9% della popolazione), ecc.

Sappiamo poi che nell’Islam religione e politica sono inscindibili, mentre il Dio cristiano non s’interessa di politica[29]. Ma questo intreccio fra religione e politica, che ha radici antichissime, c’è stato in passato anche da noi. E, a ben pensarci, siamo così sicuri che noi non mischiamo ormai più religione e politica? La Chiesa cattolica negli USA non si sta spaccando proprio sul tema dell’aborto, e una buona fetta di vescovi americani non vuole delegittimare il presidente Biden impedendogli di accedere alla comunione perché come politico non ha vietato l’aborto? E da noi, non è abbastanza recente l’intervento della Santa Sede presso il Governo italiano perché non accettasse ad occhi chiusi il ddl Zan sulle persone Lgbt? E chi non ricorda i vari interventi a gamba tesa del cardinal Ruini, presidente della CEI fino al 2007? Per questo cardinale la fede è viva solo se mediata dall’autorità della Chiesa, solo accettando l’autorità della Chiesa; al di fuori del recinto della Chiesa la fede è morta[30] e non si credenti: ne consegue che bisogna obbedire sempre al magistero anche quando lo Stato vorrebbe legiferare su questioni etiche in modo diverso da come pensa il cardinal Ruini. E stiamo parlando di fatti accaduti in Italia nel XXI secolo.

Anche quando il potere religioso non riesce a impadronirsi del potere politico (come oggi in Italia o negli USA), essendo comunque abituato a pensare in base a schemi assolutistici e autoritari, vorrebbe comunque imporre i propri principi non negoziabili[31] di verità divina nelle leggi laiche degli altri, perché per lui è ovvio che l’unica Verità con la “V” maiuscola debba valere assolutamente per tutti, ed è la sua. Non riesce a concepire una pacifica convivenza fra idee diverse. Non vedo perciò grande differenza con l’impostazione talebana. La differenza è che i talebani hanno la forza bruta per imporre ai civili le loro idee, i cattolici più ortodossi, non più. Ma se lo potessero, lo farebbero volentieri, come i talebani. Quando si è convinti di essere strumenti eletti nelle mani di Dio si è disposti a servirlo nell'obbedienza cieca fino a infliggere la morte. Se da noi questo non succede più, è perché abbiamo – per fortuna - separato nettamente, almeno in astratto, la religione dalla politica, e lo Stato è sufficientemente forte per impedire di diventare il braccio armato della religione, ma subordinato ad essa.

Penso che oggi, in occidente, tutti concordino nel ritenere che la teocrazia sia una disgrazia per tutti. Ogniqualvolta nel mondo una teocrazia riesce a impossessarsi del potere politico, gli effetti sono devastanti per il semplice fatto che ogni teocrazia difende innanzitutto i diritti di Dio; questo basta a farla diventare violenta in quanto reputa questi diritti più importanti dei diritti degli uomini. In nome di Dio non si esita ad ammazzare anche gli uomini. Anzi, mai si ammazza con tanto gusto come quando si uccide in nome del proprio Dio unico: che si chiami Adonai, o Allah, o Signore, non fa alcuna differenza[32]. Lo si è visto in passato nell’ebraismo, nel cristianesimo e lo si vede ancora oggi in varie parti dell’islam.

Ma penso che anche nel cristianesimo odierno ci sia ancora un pericolo, perché  c’è molta gente religiosa che crede in Dio, ma il Dio in cui crede è sostanzialmente un Dio malvagio: un Dio che vuole sacrifici, digiuni, al quale piace vedere la gente che soffre. Per questo, i fedeli di questo Dio perverso si mortificano, si auto-infliggono privazioni, si sacrificano. E fanno queste cose non perché servano a qualcuno per qualcosa, ma perché questi ‘fedeli’ particolari sono persuasi che, privandosi di ciò che è piacevole e soprattutto soffrendo, questo li rende graditi a Dio, e così Dio vuole loro più bene. Sinceramente fanno paura i talebani, ma fa paura anche questo tipo di credenti cristiani molto simili ai talebani. Perché è proprio questo – in buona misura – a spiegare con precisione come emergono i terroristi che, in nome di Dio, uccidono la gente e perfino si suicidano pensando che così andranno diritti in cielo da quel loro Dio che hanno onorato con i propri sacrifici; è sempre lo stesso Dio a causa del quale in passato noi cristiani bruciavamo vivi gli eretici, uccidevamo gli infedeli; lo stesso Dio a causa del quale oggi i talebani sono un pericolo mondiale.

Non è un’esagerazione. Come ha ben detto il prof. Castillo, colui che crede in un Dio al quale avvicinarsi soffrendo, tormentandosi, privandosi di quello che ci piace, proprio colui che crede a un simile Dio non avrà tentennamenti nel tormentare, offendere, far male ad altri, se questo gli sembra bene nella sua peculiare idea di intendere la religione. In fin dei conti, coloro che credono nella religione della sofferenza non hanno tentennamenti nel causare sofferenza, proprio affinché prosperi la religione[33].

Teniamoci allora stretta la nostra democrazia laica, e siccome essa non è un dono che possiamo godere per sempre per diritto divino, vediamo di prendercene cura, e di non vivere passivamente in attesa che qualcun altro decida per noi. Tra poco ci saranno le elezioni europee: ricordiamoci che la democrazia richiede responsabilità perché è un bene fragile, cioè non si ottiene gratis e per sempre. Non credo che i cortei aiutino molto a difenderla, se poi non esercitiamo neanche il diritto di voto.

 



NOTE

[1] Perfino la Russia ortodossa, una volta finita la lotta di classe, ha recentemente iniziato una guerra culturale nei confronti dell’Occidente considerato degenere, sostenendo di battersi per i valori tradizionali del cristianesimo: contro i gay e le idee sessuali occidentali, contro gli ambientalisti, contro lo strapotere delle donne che dovrebbero rientrare nei ranghi (non a caso sono state attenuate le sanzioni in caso di violenza domestica).

[2] Ad esempio il generale Vannacci (nel suo libro Il mondo al contrario, che esprime chiaramente l’opinione comune di tanti occidentali) scrive che solo l’uomo ha diritti, non gli animali, non la terra, per cui l’uomo ha anche il diritto d’inquinare. Evidentemente non si sente toccato dalle alluvioni che solo l’anno passato hanno colpito Toscana, Romagna, Marche; tutti disastri rapidamente dimenticati anche dai media e dal governo. Non riusciamo evidentemente a capire che la terra, i mari, i fiumi e le montagne ci stanno chiedendo rispetto. Lo fanno con l’unica voce che hanno, e quando lo fanno ci fanno paura. Non avranno forse diritti. Ma noi sicuramente abbiamo obblighi verso di loro.

Invece in Nuova Zelanda, è stato stabilito che la foresta Te Urewera ha una propria esclusiva identità, sì che è un essere vivente con tutti i diritti e doveri e responsabilità di una persona giuridica. Sulla stessa linea, i nativi Zuni del New Mexico (USA) cercano di far riconoscere lo status di persona giuridica  al Monte Taylor, che ha attirato l'interesse di compagnie minerarie, affermando che la montagna non è una cosa inanimata, ma un essere vivente che dà vita e sostegno a molti altri esseri, per cui è importante per sé stessa, non per i metalli che nasconde nel suo ventre (Nadotti C., Quella montagna cara ai nativi è una persona giuridica, Il Venerdì di Repubblica, n. 1495 dell11.11.2016, 30).

E strabilianti sono i recenti studi sulle piante, che non solo rendono possibile la vita dell’umanità sul nostro pianeta ma, come hanno dimostrato gli studi di neurologia vegetale di Stefano Mancuso, - direttore del Laboratorio Internazionale di neurobiologia vegetale -  sono anche intelligenti, perché sono capaci di comunicare tra loro per cercare le sostanze nutritive, riprodursi e difendersi dai predatori.  Forse tra non molto i vegetariani dovranno arrendersi e non mangiare nemmeno vegetali (dopo aver escluso le carni di animali), perché quando li uccidiamo anch’essi soffrono.

[3] Secoli di pensiero unico dominante – iniziati con l’imperatore romano Teodosio che nel 390 d.C.  aveva dichiarato il cristianesimo monoteista unica e obbligatoria religione dell’impero - hanno portato alla sistematica distruzione di tutti i testi antichi che non si accordavano col pensiero cristiano: Platone e Aristotele che parlavano dell’anima immortale si sono salvati; Democrito che parlava della materialità degli atomi, è stato cancellato. Allo stesso modo sono state distrutte le copie dei vangeli apocrifi, che oggi pagheremmo oro per poterle riavere.

Dopo la casuale scoperta, agli inizi del 1400, del De rerum natura di Lucrezio (che seguiva la scuola iniziata da Democrito), nel 1551 il Concilio di Trento mise al bando quest’opera, ma era ormai troppo tardi: il materialismo e il razionalismo che si riproponevano s’imponeva sul cosmo medioevale meravigliosamente cantato da Dante, il quale aveva posto poca attenzione alla natura pensando solo a una perfetta organizzazione spirituale e gerarchica (Rovelli C., La realtà non è come appare, Raffaello Cortina editore, Milano 2014, 32ss.).

[4] Si racconta, ad esempio, che gli anziani pellerossa, quando dovevano prendere una decisione, si domandavano se la decisione che stavano per prendere sarebbe andata a beneficio della settima generazione. Se la risposta era no, rinunciavano.

[5] Rovelli C., La realtà non è come ci appare, Raffaello Cortina, Milano, 2014, 211fa questo bell’esempio d’informazione: “mentre leggi queste mie righe ricevi informazione su quello che io sto pensando, su ciò che avviene nel mio cervello nel momento in cui scrivo. Quello che avviene negli atomi del tuo cervello non è più del tutto indipendente da quello che avviene negli atomi del mio cervello. Il mondo non è quindi solo rete di atomi”.

[6] Biava P.M., Il cancro e la ricerca del senso perduto, ed. Springer, Milano, 2008, 75ss.

[7] Idem, 21s.

[8] Molari C., Quando Dio viene nasce un uomo, Gabrielli editori, San Pietro in Cariano (VR), 2023, 372s.

[9] E l’Occidente si trova sotto attacco, su questo punto, anche dai Paesi cristiani orientali. Per il patriarca di Mosca Kirill, l’Occidente è una civiltà materialista, decadente, immorale, nichilista e senza Dio: una minaccia alle tradizioni spirituali e i valori conservatori della Russia. Questa visione religiosa combacia perfettamente con quella di Putin il quale mira a rimediare alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, che è stata una vera e propria “catastrofe geopolitica” per la Russia. Ecco che trono e altare, alleati, cercano perciò di restaurare la Russia come grande potenza e come impero.

[10] Gheddo P., La sfida dellIslam allOccidente, ed. San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2007, 135, 142s., 155.

[11] Il libro I no che aiutano a crescere, del famoso psicoterapeuta infantile Asha Phillips, è stato assai citato ma poco messo in pratica dai genitori delle ultime generazioni nostrane.

[12] Se guardiamo alla pubblicità, vediamo che è normalmente centrata sull’interesse del singolo, raramente a far star meglio la comunità: sei tu, singolarmente, a doverti sentire libero, a dover avere un corpo perfetto, a doverti ritagliare un tempo per sentirti meglio.

[13] Gheddo P., La sfida dellIslam allOccidente, ed. San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2007, 43.

Non molto dissimile era l’ideologia fascista: ricordo che Mussolini (nel 1933) in La dottrina del fascismo proclamò che, se il liberalismo nega lo Stato nell’interesse dell’individuo particolare, il fascismo riafferma lo Stato come realtà vera dell’individuo. Il fascismo è per la libertà, ma la sola libertà seria è la libertà dello Stato e dell’individuo nello Stato.

[14] Kapuscinski R. Nel turbine della storia, ed. Feltrinelli, Milano, 2009, 102 s.

[15] Samir Khalil Samir, Cento domande sullIslam, ed. Marietti 1820, Genova, 2002, 65; Zanghi C., La protezione dei diritti dell’uomo nei Paesi arabi, in A tutti i membri della famiglia umana, ed. Giuffrè, Milano, 2008, 207 ss.

[16] Gheddo P., La sfida dell’Islam allOccidente, ed. San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2007, 87 e 142. Ci sono quasi ogni giorno sulla stampa articoli sull’islam radicale e sul terrorismo di matrice islamica, ma sono pochi gli articoli che parlano di esperienze di dialogo o di collaborazione fra cristiani e musulmani (Gheddo cit., 90s. e 115).

[17] Mentre in passato “con orgogliosa sicurezza” eravamo andati a cacciare quei musulmani oscurantisti e a esportare la democrazia, oggi siamo noi che stiamo “risalendo in disordine le valli”, con minore fiducia nella nostra cultura, più spaventati, tanto da chiudere i confini dimenticando che non sono stati gli afghani ad invaderci, ma siamo stati noi a invaderli per primi a casa loro. Ora temiamo che in troppi vogliano venir qui a mangiare nei nostri piatti.

[18] Il sociologo Luca Diotallevi, in un libro pubblicato da Rubettino sulla “partecipazione ai riti religiosi in Italia dal 1993 al 2019” e intitolato La messa è sbiadita, analizzando i dati Istat dal 1993 al 2019, ha scritto, appunto, che la messa in Italia è “sbiadita”, se non finita. La partecipazione al rito domenicale è passata dal 37,3% della popolazione adulta nel 1993 al 23,7% del 2019 con un “declino” che promette di allargarsi con l’avanzare delle nuove generazioni. Se oggi la maggioranza di chi va a messa è costituita da donne anziane, i dati a disposizione suggeriscono che fra 20/25 anni, quando queste anziane saranno uscite di scena, le loro figlie e le loro nipoti in larga maggioranza avranno già smesso di seguire i modelli di comportamento religioso delle mamme e delle nonne.

E un teologo domenicano ha aggiunto: “il fatto che la pia assemblea domenicale si accontenti di ascoltare svogliatamente il prete, ed è questo il criterio determinante della ‘pratica religiosa’ dice da solo lo straordinario impoverimento del cristianesimo. Dai e ridai, il cristianesimo è diventato la religione dei bambini e degli anziani” (Collin D., Il Cristianesimo non esiste ancora, Queriniana, Brescia, 2020, 22s.).

[19] A dirlo è stato il cardinale svizzero Kurt Koch, presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, in http://www.ilfoglio.it/chiesa/2016/07/20/islam-europa-religione-cristiana-koch-schonborn___1-v-144632-rubriche_c227.htm.

Su Il Gazzettino del 18.4.2024 il parroco di Cessalto ha avvertito che fra vent’anni saremo tutti musulmani, e la sua diocesi lo sostiene ammettendo che loro sono più credenti di noi.

[20] Riportato da Delumeau J., Il peccato e la paura, ed. Il Mulino, Bologna, 1987, 209s., a dimostrazione che non dobbiamo guardare al passato come a un tempo migliore e dorato. Le paure di ieri sono ancora quelle di oggi.

[21] Il giornalista Pearce Fred, il quale a lungo si è occupato di distruzione ambientali e ingiustizie nel mondo, ha concluso che ogni casalinga occidentale possiede una tale varietà di cibo, vestiti ed elettrodomestici che al tempo dei romani, per riprodurre lo stesso tenore di vita, sarebbero stati necessari 6 mila schiavi. Oggi questi schiavi sono sparsi per il mondo a coltivare per noi, costruire macchinari e cucire i nostri vestiti. La nostra impronta è gigantesca, ma non ne sappiamo nulla (Pearce F., Peccati verdi, “Espresso,” n. 37/2009, 157).

[22] Ci stanno accusando che è come se tutti noi occidentali fossimo proprietari di schiavi senza saperlo? Ma ormai dovremmo saperlo. Eppure, non ci crediamo, e dopo un rapido esame di coscienza ci autoassolviamo pensando che, in fin dei conti, non abbiamo mai fatto volontariamente del male a nessuno. Anche se al momento restiamo colpiti da questo tipo di notizie, poi nessuno di noi si sente neanche in colpa per il tenore di vita che conduce, e nessuno di noi pensa di cambiare di una virgola il proprio stile di vita; anzi, si lamenta perché di anno in anno esso sta peggiorando.

[23] A questo proposito, è bene ricordare che in Italia, l’omicidio per causa d’onore commesso dal parente stretto (maschio) nei confronti della donna fedifraga (moglie, sorella, figlia) è stato abolito appena con legge 5 agosto 1981, n. 442, e senza che la Chiesa avesse mai avuto nulla da obiettare per la perdita delle vite di tante donne, che evidentemente non erano sacre quanto, oggi, quelle dei feti.

[24] Ricordo che vari anni fa, in Siria, un turista del nostro gruppo fece quest’osservazione alla guida, la quale rispose che noi occidentali siamo ipocriti perché abbiamo una moglie, ma anche una o più amanti; loro almeno se le sposano tutte.

[25] Gheddo P., La sfida dell’Islam all’Occidente, ed. San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2007, 90s.

[26] Sharia, però, significa non tanto una legge univoca, quanto l’apertura di una strada in una situazione non chiara, per cui non esiste neanche una sharia pura. Non esistono codici musulmani che indichino con precisione in cosa consiste la sharia (Gheddo P., La sfida dell’Islam all’Occidente, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2007, 41).

[27] Stasio D., I diritti umani e la Sharia, “La Stampa”, 23.8.2021, 3.

Del resto anche questa posizione più malleabile trova la sua fonte nel Corano:

- sura della vacca (Corano 2, 256): “Non via sia costrizione alcuna per la religione”

- sura di Giona (Corano 5, 99): “Se volesse il Signore, tutti quelli che sono sulla terra crederebbero. Ma tu non puoi prendere la gente per il collo perché creda”.

[28] Secondo il nostro Alberto Cairo, delegato del comitato internazionale della Croce Rossa a Kabul, gli hazara sono lavoratori sempre seri e affidabili.

[29] Certo, se avessimo guardato questo aspetto solo cento anni fa, le due religioni sarebbero state molto più vicine, perché quello che pensa oggi l’Islam (che ha 750 anni di storia meno del cristianesimo) valeva anche nel cristianesimo. Probabilmente l’unica vera differenza sarebbe stata che entrambe ritenevano di essere le uniche religioni rivelate da Dio, e quindi entrambe ritenevano di essere le uniche vere religioni disprezzando tutte le altre.

[30] Mancuso V. Io e Dio, ed. Garzanti, Milano, 2011, 197.

[31] Il termine venne usato per la prima volta dalla Congregazione per la dottrina della fede, in data 24.11.2002, con la nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici (così D’Agostino F., Quali valori sono non negoziabili, “Avvenire” 7.12.2012, 33).

[32] Maggi A., Religione del libro o fede nell’uomo, relazione tenuta in Ancona, 2010, in www.studibiblici.it/scritti/conferenze.

[33] Castillo J.M., Teología popular, II, Desclée De Brouwer, Bilbao (EI), 2013, 90.