Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano

Talebani a Herat, anno 2001 - foto tratta da commons.wikimedia.org




Abbiamo Talebani nella nostra Chiesa?


di Dario Culot

I musulmani non si sentono rispettati dal mondo occidentale. Sono convinti che abbiamo prodotto una civiltà corrotta e fiacca, che conduce alla morte; facciamo pochi figli ma poi abbiamo bisogno di loro per i lavori più umili. Ci vedono perciò come ricchi, democratici, tecnicizzati, istruiti, ma anche come atei, aridi, cinici, vuoti dentro, senza ideali, senza regole di morale. A loro interessa la nostra tecnologia, non i nostri valori. In molti paesi musulmani i testi scolastici sono conseguentemente di chiara impostazione antioccidentale, e ritengono di avere come missione da compiere quella di venire qui in Occidente per dare un'anima alla nostra civiltà, convertendoci all'Islam[1]. Per molti musulmani, in effetti, l’unica risposta per migliorare e cambiare il mondo, ancora prevalentemente in mano degli occidentali, sta nel ritorno all’islam, alle sue radici creando uno Stato basato sulla religione. Un esempio recente lo vediamo in Afghanistan, con i talebani[2].

E noi oggi abbiamo paura dei talebani. Prima dell’11 settembre 2001 eravamo convinti di essere l'avanguardia della civiltà umana e dello sviluppo nel mondo, si guardava quegli che erano indietro dicendo: «Presto arriverete anche voi». Oggi non abbiamo più il coraggio di dirlo. Oggi diciamo: «Speriamo che non arriviate anche voi qui da noi!». Ma a parte questa crescente paura, noi occidentali siamo ancora convinti di sapere cosa è meglio per tutte le altre popolazioni del mondo, e non abbiamo remore a calare dall’alto sul resto del mondo i nostri programmi e le nostre convinzioni, senza mai chiederci perché mai questi nostri programmi e convinzioni dovrebbero coincidere con quelli di tutte le altre popolazioni del mondo: come minimo manchiamo di umiltà. Forse, magari non consciamente, noi occidentali oggi temiamo che i musulmani vengano a conquistarci imponendoci la loro religione perché loro credono in Dio, mentre noi non ci crediamo più[3]. Ha scritto Nicolas de Clamanges: "Passati i bei tempi in cui nella Chiesa erano fiorite la pietà, la santità, la povertà, ora è cresciuta la ricchezza, l'abbondanza di beni superflui; la superbia si è insinuata nella Chiesa, la disciplina si è allentata, la pietà raffreddata; si è invece intensificata la cupidigia...ormai non ci si accontenta più di quello che si ha, e tutte le forze si danno da fare per rubare ...e i pastori della Chiesa sono più avidi dei laici. Che bell'esempio che si dà ai laici! Ma ormai il grande giudizio è alle porte, e ne è prova l'avanzare dei musulmani, fatti esecutori della vendetta divina...". Non è questo un pensiero piuttosto comune al giorno d’oggi? [4] Per questo ci sono anche molti cristiani che chiedono un ritorno al Vangelo, alle sue radici: così non si può più andare avanti[5].

Qui è opportuno un chiarimento. Noi occidentali siamo più deboli biologicamente di tante altre popolazioni, ma siamo più forti tecnologicamente: però, nonostante la superiore tecnologia, siamo noi che ci sentiamo assediati, abbiamo paura e pensiamo di doverci difendere. Come ripete spesso padre Alex Zanotelli, la tribù bianca si sente minacciata dal resto del mondo dopo averlo schiacciato per 450 anni. E probabilmente questa sensazione si può spiegare col fatto che, se come occidentali siamo il 20% e consumiamo l’80% delle risorse del mondo, siamo ormai tutti consapevoli che nessun sistema può durare a lungo con queste sproporzioni; ma l’idea di rinunciarci non ci piace[6]. Facciamo una fatica boia a rinunciare al nostro consolidato stile di vita, pur sapendo che devasta il mondo e che tutte le popolazioni del pianeta stanno sopportando i costi. Ora, è vero che nessuno è colpevole se nasce in occidente, ma se vive a spese degli altri, ogni adulto lo diventa, chi più chi meno. Ecco perché le encicliche di papa Francesco (Laudato si e Fratelli tutti) dovrebbero farci riflettere e indurci a cambiare rotta. Soprattutto dovremmo smettere di pensare che noi siamo i buoni, e gli altri sono i cattivi solo perché vogliono una fetta del nostro benessere, e ora cominciano a farsi sentire. Disprezziamo i talebani che non hanno dubbi e impongono a tutti semplicemente di obbedire: che religione oscurantista! Ma da noi quanti si pongono con spirito critico davanti alla nostra religione? Non è forse vero che anche da noi la maggioranza ancora preferisce liberarsi dal peso del dubbio in maniera assai semplice: credendo e obbedendo?[7] Tutta questa gente vivrebbe bene anche sotto i talebani.

Dovremmo ad esempio chiedere a coloro che non vogliono nessun contatto con questi oscurantisti di talebani afghani: quanti italiani hanno apertamente elogiato, in un non lontano passato, i regimi totalitari, disprezzando la democrazia in cui vivevano e che pur permetteva loro di esprimere questo disprezzo? Quanti hanno ammirato l’Urss di Stalin o del cinese Mao?[8] Quanti hanno espresso ammirazione per i regimi nazi-fascisti?[9] Probabilmente gli ammiratori di questi regimi, non pensando che la democrazia sia la soluzione migliore per il mondo intero, non vedono neanche i talebani come totalitari oscurantisti, ma solo come portatori di ordine e sicurezza.

Dovremmo poi renderci conto di quanto poco sappiamo in realtà dell’islam, e l’ignoranza di sicuro alimenta la nostra paura. Sapendo poco abbiamo molti pregiudizi, e viviamo convinti che noi siamo molto più avanzati dei musulmani oscurantisti, i quali maltrattano le donne (come se noi qui non avessimo un numero impressionante di femminicidi all’anno,[10] perché chi ammazza il proprio partner lo considera evidentemente oggetto di sua proprietà e non una persona libera), sono incapaci di qualsiasi dialogo con altre religioni, e cercano di convertire alla propria religione con la forza. Siamo cioè convinti che il Dio cristiano propone, lascia l’uomo libero di usare la sua ragione e lo lascia perfino libero di rifiutarlo o di scegliere anche un’altra religione, mentre il Dio musulmano impone e non lascia il suo fedele libero di andarsene.

Ecco un bel pregiudizio perché non è proprio così. Una giornalista che è stata in Afghanistan negli anni 2000 ha scritto che nella provincia di Paktya aveva interpellato un giudice sul fatto che un musulmano aveva abbandonato l’islam per passare al cristianesimo, e questi le aveva risposto che ogni murtad (l’apostata) deve essere messo a morte perché così vuole la Sharia[11]. In un’altra provincia (quella di Logar) la stessa domanda ha avuto però una risposta diametralmente opposta: “quando sarà davanti a Dio sarà l’apostata a dover spiegare solo a Lui perché lo ha rinnegato. I credenti sulla terra non lo devono toccare”[12]. Eppure siamo sempre in Afghanistan, che noi consideriamo uno Stato, mentre in realtà è composto da varie etnie che hanno grandi rivalità storiche fra di loro: i pashtun (cui appartengono i talebani), sono da sempre in lotta con tagiki (24% della popolazione), hazara (15% della popolazione),[13] uzbeki (9% della popolazione), ecc.

Sappiamo poi che nell’Islam religione e politica sono inscindibili, mentre il Dio cristiano non s’interessa di politica[14]. Ma questo intreccio fra religione e politica, che ha radici antichissime, c’è stato e a volte ritorna anche da noi.

Ad es., il fatto che Bruto e Cassio, assieme a Giuda, siano masticati niente po’ po’ di meno che da Lucifero in persona (Dante, Inferno XXXIV, 61-68), dimostra non solo la fine orrenda dei traditori dei propri benefattori, ma anche il fatto che, nel pieno della mentalità medioevale, anche in Occidente l’imperium politico era attribuito per volere di Dio sì che il tradire chi lo deteneva equivaleva a tradire Dio, il che costituiva in primis lesione della maestà divina[15]. A dire il vero, a questa conclusione si era arrivati già con Teodosio (imperatore romano dal 379 al 395 d.C.) che aveva imposto il cristianesimo come unica religione ammessa; ma ancor prima di lui, Giulio Cesare, assommando nella sua persona attribuzioni politiche e religiose, aveva posto le basi di quello che sarebbe in seguito stato definito come cesarismo, e anche cesaro-papismo[16]. E, a ben pensarci, siamo così sicuri che noi non mischiamo ormai più religione e politica? La Chiesa cattolica negli USA non si sta spaccando proprio sul tema dell’aborto, e una buona fetta di vescovi americani non vuole delegittimare il presidente Biden impedendogli di accedere alla comunione perché come politico non vieta l’aborto? E da noi, è di quest’anno l’intervento dello Stato del Vaticano presso il Governo italiano perché non accetti ad occhi chiusi il ddl Zan sulle persone Lgbt. E chi non ricorda i vari interventi a gamba tesa del cardinal Ruini, presidente della CEI fino al 2007? Per questo cardinale la fede è viva solo se mediata dall’autorità della Chiesa, solo accettando l’autorità della Chiesa; al di fuori del recinto della Chiesa la fede è morta[17] e non si credenti: ne consegue che bisogna obbedire sempre al magistero anche quando lo Stato vorrebbe legiferare su questioni etiche in modo diverso da come pensa la Chiesa. E stiamo parlando di fatti accaduti in Italia nel XXI secolo.

Anche quando il potere religioso non riesce a impadronirsi del potere politico (come oggi in Italia o negli USA), essendo comunque abituato a pensare in base a schemi assolutistici e autoritari, pretende comunque di imporre i propri principi non negoziabili[18] di verità divina nella leggi laiche degli altri, perché per lui è ovvio che l’unica Verità con la “V” maiuscola debba valere assolutamente per tutti, ed è la sua. Non riesce a concepire una pacifica convivenza fra idee diverse[19]. Non vedo grande differenza con l’impostazione talebana.

Boko Haram - organizzazione di ispirazione musulmana operante in Nigeria, che noi consideriamo terroristica, e che di quando in quando finisce sui nostri quotidiani, come quando rapisce giovani liceali per indurre i genitori a non mandare più le loro figlie a scuola,- può essere tradotto anche con "libro proibito". Ciò significa che quel gruppo manifesta un odio per la cultura occidentale e per i libri in genere, temuti perché capaci di aprire la mente delle persone. Ma come non ricordare che è stata la Chiesa cattolica ad opporsi all’istruzione dei giovani in Italia: basta ricordare che ancora nel 1870 Papa Pio IX sosteneva che l’istruzione scolastica obbligatoria imposta dal Regno d’Italia avrebbe scristianizzato il mondo[20]. Molto diverso dal pensiero dei positivisti laici i quali affermavano che ogni scuola che si apre è una prigione che si chiude[21]. E pensare che Maria Teresa d’Austria aveva reso obbligatoria la scuola elementare già per maschi e femmine più di cento anni prima dell’Italia, senza per questo che l’Austria si fosse scristianizzata[22].

Ancora nel 1888 papa Leone XIII, nell’enciclica Libertas[23] condannava la libertà di coscienza e di stampa: «concessa a chiunque illimitata libertà di parola e di stampa, nulla rimarrà d’intatto e d’inviolato; non saranno neppure risparmiati quei supremi e veritieri principi di natura che sono da considerare come un comune e nobilissimo patrimonio del genere umano. Così oscurata a poco a poco la verità dalla tenebre, come spesso accade, facilmente prenderà il sopravvento il regno dell’errore dannoso e proteiforme». Questo papa avrebbe sicuramente applaudito i talebani afghani sentendo che stanno dando un bel giro di vite alla stampa indipendente e non allineata.

E perché non ricordare che fino al concilio Vaticano II (1962-1965), la lettura della Bibbia era stata ostacolata dalla Chiesa:[24] ufficialmente ogni traduzione volgare venne localmente proibita al popolo dal Sinodo di Tolosa (nel 1299), nel Sud della Francia. Il divieto dell’uso di versioni non autorizzate venne poi formalmente sancito, per tutti i cattolici,[25] quando papa Paolo IV, spaventato dall’avanzata del protestantesimo in Europa[26] che approfittando dell’invenzione della stampa aveva cominciato a diffondere la Bibbia in versione volgare, istituì l’Indice dei libri proibiti, nel quale vennero subito vietate ben 45 versioni della Bibbia in lingua volgare, tradotte al di fuori del controllo romano. Col tempo, tutte le varie società bibliche, che avevano per scopo quello di effettuare studi approfonditi e traduzioni delle Sacre Scritture, vennero condannate senza appello con una serie di encicliche e lettere papali, a cominciare da Pio VII (1816) in poi; Pio VIII nella Traditi humilitati (1829) si espresse contro «quelle Società che pubblicano nuove traduzioni dei libri santi»; analogamente fece Leone XII (Ubi primum, 1824); Gregorio XVI nell’enciclica Inter praecipuas machinationes (1844) scriveva: «condanniamo nuovamente con autorità apostolica tutte le Società bibliche […] si fanno rei di gravissima colpa innanzi a Dio e alla Chiesa tutti coloro che ardiscono iscriversi a qualcuna di queste Società o collaborare con esse o favorirle. Confermiamo inoltre e rinnoviamo con autorità apostolica le già antecedenti prescrizioni circa lo stampare, divulgare, leggere o tenere i libri delle sacre Scritture tradotti in volgare»[27]. Fra il 1846 e il 1863 le società bibliche vennero ripetutamente riprovate da ben cinque documenti pontifici[28].

Ancora oggi, a propria difesa, la Chiesa sostiene di aver giustamente proibito, in tempi di preoccupante superstizione,[29] non già la lettura della Bibbia vera, ma la lettura della Bibbia falsa, cioè delle traduzioni dei protestanti, degli eretici e dei nemici della Chiesa, visto il rischio di travisarne il significato in tempi di ignoranza, eresia e di scismi era enorme; in assenza di controlli, temeva infatti che qualsiasi tipografo o libero pensatore avrebbe potuto manomettere le scritture e spacciare Bibbie contraffatte, diffondendo tra il popolo errori, dubbi ed eresie. A riprova sostiene che la lettura della Vulgata latina non fu mai vietata; ma c'è da dire che quest’unica traduzione della Chiesa cattolica, lungi dall'essere esente da errori come è stato pacificamente riconosciuto in seguito, non evitò certamente di diffondere errori, anche madornali[30]. Era poi la stessa Chiesa cattolica che, con il suo testo latino, contraffaceva quanto era scritto negli originali greci dei vangeli. Questo l’avevano scoperto i protestanti, non i cattolici ai quali era proibito leggere i testi greci originali. Per fare un solo qualche esempio:

- oggi, finalmente è stata sostanzialmente cancellata la parola “miracolo” che si trovava nelle passate traduzioni[31] e che non è mai esistita nell’originale testo greco dove c’era la parola semeion, segno, e non thauma, miracolo (che pur esisteva in greco). Cioè gli evangelisti, per indicare le azioni di Gesù, non hanno usato la parola ‘miracolo’, che invece serviva alla Chiesa per confermare la divinità di Gesù[32].

- Gesù, durante la sua missione, non ha mai detto di essere Dio. Ha invece detto di essere uomo. Basta leggere Gv 8, 40: «voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità…». Tuttavia, se leggete le vecchie edizioni ufficiali dei vangeli cattolici la parola “uomo” (ándropon) – presente nel testo originale greco,- di solito non si trova nei testi italiani[33]. Allo stesso modo la parola ‘uomo’ (anér), con cui Giovanni Battista espressamente identifica Gesù (Gv 1, 30), è stata di solito cancellata in quasi tutte le vecchie edizioni italiane. La parola ‘uomo’ si trova di nuovo nell’ultima edizione della CEI del 2008: ‘meglio tardi che mai’ dirà qualcuno; ma – come diceva Andreotti,- a pensar male forse si fa peccato, ma normalmente si azzecca. Dover spiegare come mai Gesù non si fosse mai definito Dio, ma solo uomo, non aiutava a far accettare il dogma della doppia natura di Cristo.

Comunque, il problema è che la Chiesa non si è limitata a vietare solo la lettura della Bibbia su cui era convinta di avere il monopolio interpretativo, ma anche un numero impressionante di altri autori, avendo evidentemente terrore che idee contrarie al suo insegnamento potessero circolare liberamente. Quindi, con l’Indice dei libri, iniziato con papa Paolo IV nel 1558 e abolito da papa Paolo VI, appena nel 1966, la Santa Sede ha favorito per oltre 400 anni questa mentalità, vietando ai cattolici di leggere una buona parte degli autori universalmente oggi riconosciuti come decisivi per la formazione della coscienza europea:[34] molto più sicuro avere sotto di sé delle pecorelle ignoranti ed ubbidienti, mai in grado di contestare alcunché, in base al principio che se i libri concordano con l’insegnamento della Chiesa sono inutili, se lo confutano sono pericolosamente nocivi. Quindi avevamo i talebani anche fra di noi.

Nelle madrasse dell’Afghanistan insegnano che, quando giungerà la fine del mondo solo i veri musulmani si salveranno. Tutti gli altri, gli infedeli, bruceranno tra le fiamme dell’inferno[35]. E la nostra Chiesa non ha insegnato per secoli la stessa cosa, col dogma extra ecclesiam nulla salus[36] ribadendolo fino all’ultimo concilio?[37] Il concilio di Firenze, nel 1442, aveva affermato che se uno è fuori della Chiesa cattolica è destinato all’inferno. I vescovi di allora, cioè, certi dell’assistenza dello Spirito Santo, avevano affermato di «fermamente credere, professare e insegnare che nessuno di quelli che si trovano fuori della Chiesa cattolica, non solo i pagani ma anche gli ebrei, gli eretici e gli scismatici, potrà aver parte alla vita eterna. Andranno nel fuoco eterno che è stato preparato per il diavolo e i suoi angeli, a meno che prima del termine della loro vita vengano incorporati alla Chiesa…Nessuno, per grandi che siano le loro elemosine, o quand’anche versi il suo sangue per Cristo, potrà salvarsi se non rimane nel seno e nell’unità della Chiesa cattolica»[38]. Non vedo grande differenza con la dottrina dei talebani dell’Afghanistan.

Sappiamo che i talebani non ammettono l’uguaglianza fra tutti gli uomini. Ma anche papa Leone XIII, nella enciclica Quod Apostolici[39] del 28.12.1878 considerava un vero e proprio attentato all’ordine costituito sostenere l’aberrante tesi socialista secondo cui tutti gli uomini sono uguali per natura, visto che Dio stesso ha disposto che siano disuguali. Perché allora inorridire se i talebani considerano le donne inferiori agli uomini e i non credenti inferiori ai musulmani? Bisogna riconoscere che anche la Chiesa ha accettato con grande difficoltà le idee illuministiche, che pur erano già presenti nel vangelo visto che Gesù aveva rivelato che ogni uomo ha un valore assoluto, per quanto piccolo ed emarginato egli sia.

Oggi, in occidente, si parla in continuazione dei diritti individuali della persona, e ormai sembra che non esistano più neanche doveri, ma solo diritti. Però la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (CEDU del 1950, ratificata in Italia con l. 4.8.1955, n.848), da noi tanto decantata, è ritenuta in gran parte del mondo un documento prettamente occidentale: un musulmano nigeriano o afghano vive inserito in una rete di relazioni e rapporti completamente diversi da quelli di un occidentale. Riconoscere a queste popolazioni i diritti dell’uomo in quanto singola persona[40] significa privarli di un’esistenza nella collettività o, addirittura, contrapporli a essa. In altre parole: il conferire diritti indipendenti alla singola persona non rientra nella tradizione di quelle culture, che vedono nell’individualismo non la possibilità di diventare pienamente sé stessi ma, forse in conseguenza delle esperienze di vita in condizioni desertiche assai difficili, solo la certezza di perire[41]. Non per niente, i musulmani hanno sottoscritto una propria Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo nell’Islam nel 1990[42]. Del resto, neanche lo Stato del Vaticano ha sottoscritto la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo del 4.11.1950[43]. Formalmente è perché non fa parte dei 47 Paesi membri del Consiglio d’Europa (è solo Stato osservatore), e solo gli Stati membri possono aderire e firmare la convenzione; ma anche se fosse membro effettivo non la potrebbe comunque firmare perché essendo l’istituzione vaticana maschilista, non accetta il principio di piena uguaglianza uomo-donna, che invece è uno dei cardini della convenzione (art.14 che vieta ogni discriminazione fondata sul sesso). Chiedete ancora oggi alle suore se si sentono uguali ai preti.

Sicuramente i talebani in Afghanistan operano anche per la sottomissione delle donne[44]. La prima sottomissione è, nella nostra ottica, il velo. Se però scaviamo nel nostro passato, vediamo che nel canto XXIV del Purgatorio dantesco, parlando col poeta lucchese Orbicciani, questi gli parla di una giovane non ancora sposata che quindi non porta il velo “Femmina è nata, e non porta ancor benda”. Nel mondo di Dante una donna sposata non si sarebbe mai fatta vedere per strada senza velo (benda) con i capelli sciolti[45]. Quindi anche noi abbiamo percorso la stessa strada, e ancora oggi alcuni ordini di suore usano il velo, senza che nessuno veda tale usanza come un’imposizione maschilista. Quanto ad altri casi di sottomissione della donna, proviamo a leggere questo passo di un noto testo cristiano che viene definito “Parola di Dio”: “le mogli siano sottomesse ai mariti…in tutto…il marito infatti è capo della moglie” (Ef 5, 22-24).

L’idea di Paolo, fariseo, nasce probabilmente dal fatto che Dio è capo della popolazione, e la stessa Bibbia riconosce che la sposa (popolazione) si è rivelata una donna infedele, adultera (Ger 2, 23-24; 3, 2-3; Ez 16, 1ss.), mentre lo sposo (Dio) è sempre fedele, cioè giusto. L’immagine è tuttora accattivante, “ma attenzione” osserva correttamente una voce critica “ad usare oggi una metafora nuziale per parlare dell’Alleanza”: siamo davanti a un rapporto d’amore non paritario, oggi difficilmente accettabile nel nostro ambiente culturale; siamo davanti a una Scrittura pensata al maschile dove Dio è la controfigura dello sposo, mentre Israele, popolo amato ma infedele, è la figura della sposa; ma se Dio diventa maschio, lo sposo è la controfigura di Dio, e il maschio diventa Dio; lo sposo (il maschio) diventa santo, diventa onnipotente, diventa lontano e quando si fa prossimo incute timore,[46] diventa superiore;[47] e in questa disparità insidiosa cade anche Paolo che oggi sarebbe un pessimo consulente matrimoniale.

C’è da chiedersi quante volte la predicazione di Paolo abbia preso nella Chiesa il posto del messaggio di Gesù storico. Per questo, più che Paolo, fa impressione constatare che ancora nel 1880, papa Leone XIII, nell’enciclica Arcanum divinae sapientiae[48] affermava, seguendo per l’appunto Paolo, che il marito è il principe della famiglia e il capo della moglie, la quale, pertanto, deve essere soggetta ed obbediente al marito. E ancora nel 1930 (solo poco dopo si sono sposati i miei genitori), papa Pio XI, nell’enciclica Casti connubii,[49] avvertiva i fedeli del pericolo dei maestri di errori, i quali offuscavano il candore della fede e della castità coniugale, scalzando la fedele ed onesta soggezione della moglie al marito, e ancor più audacemente affermando con leggerezza essere indegna la servitù della moglie al marito, con invece la pretesa che i diritti tra i coniugi debbano essere tutti uguali[50]. Sicuramente i talebani dell’Afghanistan accoglierebbero oggi queste affermazioni papali con grida di giubilo, e siccome vari credenti cattolici ancora pensano che questi papi avevano certamente ragione, vuol dire che abbiamo ancora tanti talebani fra di noi[51].

Del resto anche gli apostoli erano talebani. Quando Gesù spiega che l’uomo non ha il potere discrezionale di ripudiare unilateralmente la propria moglie, anche senza alcuna giusta causa (Mt 19, 3), non siamo davanti a un apprezzamento del celibato o a un divieto di divorzio consensuale – come è stato inteso dalla Chiesa – ma piuttosto davanti a una fuga di responsabilità dal matrimonio: il maschio ha precise responsabilità verso la donna che ha sposato. L’idea innovativa di Gesù non piace neanche ai suoi discepoli, perché se il matrimonio richiede responsabilità e non è un mezzo egocentrico per procurarsi la propria discendenza e scaricare la propria tensione sessuale, per i maschi non conviene più sposarsi (Mt 19,10), visto che comunque potevano trovare legittimamente altre donne[52]. Quando alcune donne vanno da loro a dire che Gesù era risorto dai morti, gli apostoli le liquidano in quanto appunto sono donne, capaci solo di racconti assurdi (Lc 24,11). Andrebbe loro dato il premio “il talebano d’oro”, non certo il premio per “il modello di vero cristiano”.

Qualche anno fa lo scrittore Tahar Ben Jelloun[53] ha sollevato un bruciante interrogativo: «La violenza è insita nell'Islam? Si potrebbe rispondere ricordando la storia del cattolicesimo; ma sarebbe un modo per eludere una domanda imbarazzante. Evidentemente, l'Islam predica la pace e la tolleranza e coltiva valori dell'umanesimo; ma al tempo stesso parla anche di jihad, di lotta contro i miscredenti, di apostasia e di molte altre cose, interpretate tutte in maniere anche diverse. Tutto quindi è relativo, tutto dipende dall'interpretazione che viene data di questo o quel versetto». Infatti l'ambiguità delle scritture considerate sacre è tale da consentire interpretazioni spesso anche molto diverse e addirittura opposte. Esattamente come è avvenuto e avviene nel cristianesimo. Ad esempio Bernardo di Chiaravalle, riconosciuto pure santo, nel contesto delle Crociate, quando aveva predicato con convinzione di essere interprete della volontà di Dio,[54] aveva sostenuto – senza trovare alcuna opposizione da parte del papa - che non è peccato ammazzare i nemici, perché ammazzare il malfattore è malicidio, non omicidio[55]. Non vedo grandi differenze con l’insegnamento che viene dato ancora oggi in Afghanistan: “Uccidere un infedele è cosa gradita a Dio. Dio è sempre disposto a perdonare gli errori di un credente, se questi combatte contro gli infedeli, sterminandoli”[56].

L’unica differenza è che il cristianesimo ha 750 anni in più di storia rispetto all’islam. E se noi abbiamo fatto più cambiamenti negli ultimi 70 anni che nei precedenti 1900, possiamo sperare che lo stesso accadrà con l’Islam in Afghanistan.



NOTE


[1] Gheddo P., La sfida dell'Islam all'Occidente, ed. San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2007, 87, 155 e 142s.. Va anche detto che l'Islam non è una realtà monolitica, ma l'occidente non appoggia la tendenza riformista, anzi la ignora perché non compie gesti violenti come l'ala più tradizionalista. Così ci sono quasi ogni giorno sulla stampa articoli sull'islam radicale e sul terrorismo di matrice islamica. Pochi gli articoli che parlano di esperienze di dialogo o di collaborazione fra cristiani e musulmani (Gheddo cit., 90s. e 115).

[2] Mentre in passato “con orgogliosa sicurezza” eravamo andati a cacciare quei musulmani oscurantisti e a esportare la democrazia, oggi siamo noi che stiamo “risalendo in disordine le valli”, con minore fiducia nella nostra cultura, più spaventati, tanto da chiudere i confini dimenticando che non sono gli afghani gli invasori, ma siamo stati noi a invaderli per primi. Ora temiamo che in troppi vogliano venir a mangiare nei nostri piatti.

[3] In effetti, “Il problema non è tanto nella forza dell’islam, quanto nella debolezza del cristianesimo in Europa”. A dirlo è stato il cardinale svizzero Kurt Koch, presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, in http://www.ilfoglio.it/chiesa/2016/07/20/islam-europa-religione-cristiana-koch-schonborn___1-v-144632-rubriche_c227.htm.

[4] Peccato che Nicolas de Clamanges sia vissuto fra il 1365 e il 1437 (come riportato da Delumeau J., Il peccato e la paura, ed. Il Mulino, Bologna, 1987, 209s.), a dimostrazione che non dobbiamo guardare al passato come a un tempo migliore e dorato. Le paure di ieri sono ancora quelle di oggi.

[5] Per fare un esempio, sembra che oggi la Chiesa non possa fare a meno del denaro, tanto denaro: pensiamo solo all'otto per mille; i vescovi ritengono che per evangelizzare ci sia bisogno di molto denaro. Ricordate che l'arcivescovo Marcinkus, quando dirigeva lo IOR, sosteneva che la Chiesa non si può mandare avanti con le "Ave Marie"? Nessuno gli ha fatto presente che secondo Gesù non si può servire contemporaneamente Dio e mammona (Mt 6, 24), e che mandando a due a due gli apostoli, proibì loro espressamente di portare con sé denaro per annunciare il Regno di Dio (Mt 10, 9): ciò vuol dire che - secondo il Gesù storico - il denaro è un intralcio all'evangelizzazione; anzi, questo viene indicato come il primo degli intralci. Gesù invita a mettere la propria sicurezza non in quello che uno ha e trattiene per sé, ma in quello che uno dà e condivide con gli altri. Siamo davanti a uno dei tanti rovesciamenti radicali di Gesù, perché chi di noi si mette in viaggio senza denaro? Neanche la maggior parte dei vescovi lo fa. Forse per Gesù evangelizzare non è allora insegnare dottrine, ma far vedere un modo diverso di vivere. Ecco la richiesta di ritorno al Vangelo originario.

[6] Oltre un decennio fa, il giornalista Pearce Fred, il quale a lungo si è occupato di distruzione ambientali e ingiustizie nel mondo, aveva scritto (Pearce F., Peccati verdi, “Espresso,”n. 37/2009, 157) che ogni “casalinga occidentale possiede una tale varietà di cibo, vestiti ed elettrodomestici che al tempo dei romani, per riprodurre lo stesso stile di vita, sarebbero stati necessari 6 mila schiavi. “Oggi questi schiavi sono sparsi per il mondo a coltivare per noi, costruire macchinari e cucire i nostri vestiti. La nostra impronta è gigantesca, ma non ne sappiamo nulla”. Ci stanno accusando che è come se tutti noi occidentali fossimo proprietari di schiavi senza saperlo? Non ci crediamo, e dopo un rapido esame di coscienza ci autoassolviamo pensando che, in fin dei conti, non abbiamo mai fatto volontariamente del male a nessuno. Anche se al momento restiamo colpiti da questo tipo di notizie, poi nessuno di noi si sente neanche in colpa per il tenore di vita che conduce, e nessuno di noi pensa di cambiare di una virgola il proprio stile di vita; anzi, si lamenta perché di anno in anno esso sta peggiorando.

[7] Da noi gode di ampio consenso la categoria dei sottomessi persuasi, convinti da chi esercita il potere che la situazione in cui vivono è in assoluto la migliore delle situazioni possibili: coloro che sono convinti di entrare in comunione con Dio perché obbediscono all’autorità ecclesiastica fanno parte di questa categoria. Mentre chi viene dominato per paura, in un sussulto di coraggio, potrebbe spontaneamente ribellarsi; mentre chi viene dominato per l’ambizione, in un sussulto di orgoglio, potrebbe spontaneamente ribellarsi, la terza categoria, formata da quelli che credono che per loro è un bene essere sottomessi, vedrà l’offerta di libertà di Gesù come un attentato mortale alla propria sicurezza (Maggi A., E non era neanche sacerdote, relazione tenuta a Palermo, 2009, 29, in www.studibiblici/Scritti/ conferenze). Qual è la sicurezza che il potere (anche quello religioso) offre alle folle (al gregge)? È la sicurezza di non dover pensare, di non essere responsabili delle proprie azioni e questo specialmente nella vita religiosa è piuttosto frequente. Persone che rinunciano a pensare con la propria testa, ma ragionano con la testa di chi li comanda, del superiore o qualunque persona sia sopra loro: “Tu cosa pensi di questo?” “Ah! Non lo so; io penso (o faccio) come dice il mio vescovo”, oppure come dice il partito, o come dice il mio superiore: il potere non si esercita solo a livello religioso. Costoro non desiderano la propria libertà, non vogliono assumere le proprie responsabilità (cfr. la 3^ tentazione di Cristo).

[8] È ormai assodato che questi regimi hanno fatto milioni di morti, perché il singolo non contava.

[9] E oggi, galvanizzati dal disastroso ritiro dall’Afghanistan organizzato dagli USA senza interpellare nessun alleato occidentale, e dall’immediato disordinato ritiro degli altri Stati occidentali intervenuti, incapaci di organizzare alcunché senza la rassicurante presenza degli Stati Uniti, non emergeranno nuovamente queste forze illiberali, grandi ammiratrici dei regimi autoritari?

[10] A questo proposito, è bene ricordare che in Italia, l’omicidio per causa d’onore commesso dal parente stretto (maschio) nei confronti della donna fedifraga (moglie, sorella, figlia) è stato abolito appena con legge 5 agosto 1981, n.442, e senza che la Chiesa avesse mai avuto nulla da obiettare per la perdita delle vite di tante donne, che evidentemente non erano sacre quanto, oggi, quelle dei feti.

[11] Sharia, però, significa non tanto una legge univoca, quanto l’apertura di una strada in una situazione non chiara, per cui non esiste neanche una sharia pura. Non esistono codici musulmani che indichino con precisione in cosa consiste la sharia (Gheddo P., La sfida dell'Islam all'Occidente, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2007, 41).

[12] Stasio D., I diritti umani e la Sharia, “La Stampa”, 23.8.2021, 3.

Del resto anche questa posizione più malleabile trova la sua fonte nel Corano:

- sura della vacca (Corano 2, 256): “Non via sia costrizione alcuna per la religione”

- sura di Giona (Corano 5, 99): "Se volesse il Signore, tutti quelli che sono sulla terra crederebbero. Ma tu non puoi prendere la gente per il collo perché creda".

[13] Secondo il nostro Alberto Cairo, delegato del comitato internazionale della Croce Rossa a Kabul, gli hazara sono lavoratori sempre seri e affidabili.

[14] Certo, se avessimo guardato questo aspetto solo cento anni fa, le due religioni sarebbero state molto più vicine, perché quello che pensa oggi l’Islam (che ha 750 anni di storia meno del cristianesimo) valeva anche nel cristianesimo. Probabilmente l’unica vera differenza sarebbe stata che entrambe ritenevano di essere le uniche religioni rivelate da Dio, e quindi entrambe ritenevano di essere le uniche vere religioni disprezzando tutte le altre.

[15] Con Costantino la religione cristiana era lecita; con Teodosio diventa l’unica possibile. Teodosio aveva messo la spada al servizio della Chiesa, sì che il delitto di lesa maestà nei confronti di Dio, sovrano divino, andava punito con la morte, come si vede fare oggi fra certi musulmani, in ritardo di qualche secolo sul cristianesimo: vedremo come la penseranno fra sette secoli, la distanza che separa le due religioni.

[16] Biscotti B., Giulio Cesare, RCS, Milano, 2020, 149s.

[17] Mancuso V. Io e Dio, ed. Garzanti, Milano, 2011, 197.

[18] Il termine venne usato per la prima volta dalla Congregazione per la dottrina della fede, in data 24.11.2002, con la nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici (così D’Agostino F., Quali valori sono non negoziabili, “Avvenire” 7.12.2012, 33).

[19] Vedi invece nell’articolo della settimana scorsa come la nostra Corte Suprema ha risolto il conflitto insanabile fra chi vuole il crocifisso in classe e chi non lo vuole.

[20] Mancuso V., Io e Dio, ed. Garzanti, Milano, 2011, 201, che si richiama a un saggio di Alessandro Galante Garrone.

[21] Valori P., Il libero arbitrio, ed. Rizzoli, Milano, 1987, 17.

[22] Questo ha avuto grande influenza anche nella prima guerra mondiale, perché mentre il tasso di analfabetismo in Austria e Germania variava fra l’1e il 10%, in Italia si aggirava intorno al 50% (al momento della proclamazione del Regno, prima dell’istruzione obbligatoria, si aggirava intorno al 77% con punte del 90% nel Mezzogiorno). Quindi la maggior parte dei soldati italiani non era, ad es., in grado di leggere una cartina topografica, e se l’ufficiale di riferimento moriva, i soldati non sapevano più come muoversi, e si trovavano allo sbando.

[23] Enciclica del 20.6.1888, reperibile in www.vatican.va.

[24]Relazione tenuta dalla teologa Serena Noceti del 17.12.2016 a Trieste in https://www.youtube.com/watch?v=buwNu1MABhw.

[25] Ritengo che la vera ragione della proibizione si possa leggere ancora oggi chiaramente nel Catechismo di Papa Pio X del 1905, che almeno quanto a chiarezza non ha rivali neanche oggidì: la Chiesa ha sempre preteso il controllo assoluto della religione e sul gregge dei propri fedeli, ritenendosi unica tenutaria della vera fede:

- n. 883 D. È necessaria a tutti i cristiani la lettura della Bibbia? R. La lettura della Bibbia non è necessaria a tutti i cristiani, ammaestrati come sono dalla Chiesa, ma però è molto utile e raccomandata a tutti.

- n.884 D. Si può leggere qualunque traduzione volgare della Bibbia? R. Si possono leggere quelle traduzioni volgari della Bibbia, che sono riconosciute fedeli dalla Chiesa cattolica, e sono accompagnate da spiegazioni approvate dalla Chiesa medesima.

- n. 885 D. Perché si possono leggere le sole traduzioni della Bibbia, che sono approvate dalla Chiesa? R. Si possono leggere le sole traduzioni della Bibbia che sono approvate dalla Chiesa, perché essa sola è legittima custode della Bibbia (ndr: forse gli ebrei avrebbero qualcosa da ridire).

- n. 886 D. Per mezzo di chi possiamo noi conoscere il vero senso delle Sacre Scritture? R. Il vero senso delle Sacre Scritture noi possiamo conoscerlo solo per mezzo della Chiesa, perché solo la Chiesa non può errare nell’interpretarle.

- n. 887 D. Che dovrebbe fare il cristiano se gli venisse offerta la Bibbia da un protestante o da qualche emissario dei protestanti? R. Se ad un cristiano venisse offerta la Bibbia da un protestante, o da qualche emissario dei protestanti, egli dovrebbe rigettarla con orrore, perché proibita dalla Chiesa; che se l’avesse ricevuta senza badarvi, dovrebbe tosto gettarla alle fiamme, o consegnarla al proprio parroco.

- n. 888 D. Perché la Chiesa proibisce le Bibbie protestanti? R. La Chiesa proibisce la Bibbie protestanti perché o sono alterate e contengono errori, oppure, mancando della sua approvazione e delle note dichiarative dei sensi oscuri, possono nuocere alla Fede. Per questo la Chiesa proibisce eziandio le traduzioni della Sacra Scrittura già approvate da essa, ma ristampate senza le spiegazioni dalla medesima approvate.

[26] Nel 1560 il 60% della popolazione europea era passata alla Riforma (relazione del prof. Cassese Michele tenuta a Trieste, presso il centro studi Albert Schweitzer il 20.1.2017).

[27] In www.treccani.it/enciclopedia/bibbia-la-diffusione.

[28] Sillabo di Pio IX, cap.IV, reperibile in internet in diversi siti: Socialismo, comunismo, società segrete, società bibliche, società clerico-liberali: Tali pestilenze, spesso, e con gravissime espressioni, sono riprovate nella Epist. Encicl. Qui pluribus, 9 novembre 1846; nella Alloc. Quibus quantisque, 20 aprile 1849: nella Epist. Encicl. Nostis et Nobiscum, 8 dicembre 1849; nella Alloc. Singulari quadam, 9 dicembre 1854; nell’Epist. Quanto conficiamur, 10 agosto 1863.

[29] Ma non era forse causa anche sua la superstizione, visto che vietava l’istruzione?

[30] Per una carrellata su vari errori si rinvia a Culot D., E se Dio fosse contrario alla religione?, ed. Vertigo, Roma, vol.I, 2014, 270ss. Quello forse più conosciuto, anche se non certamente il più grave, è quello del Mosè “cornuto” (conosciuto appunto per la famosa statua di Michelangelo), anziché "risplendente".

È stato in altre occasioni detto che siamo davanti a un’organica incapacità di rendersi conto che il pensiero degli altri esiste, e che forse “Riconoscere la parte di verità di cui l’altro è portatore può aiutarci a risolvere certe sfide del nostro tempo” (Irigaray L., Condividere con il mondo, Bollati Boringhieri, Torino 2009, 129).

[31] Ancora in quella ufficiale della CEI del 1974.

[32] È curioso notare come Paolo, il primo a scrivere di Gesù, non abbia mai parlato di lui come di un operatore di miracoli. Neanche la famosa fonte “Q” lo fa. Quindi il Gesù che fa miracoli sembra essere il tardivo sviluppo di un ritratto che all’inizio non aveva seguìto il ragionamento: Gesù fa miracoli tipo risuscitare i morti, sfamare con niente migliaia di persone? Allora deve concludersi per la sua divinità (J.S. Spong, Incredibile, Mimesis, Milano-Udine, 2020, 9s.).

[33] Ad es.: “ora cercate di uccidermi, perché vi ho detto la verità” (La Bibbia-Nuovo testamento, Piemme, Casale Monferrato, 1988; Il Nuovo Testamento, The Gideons International, Ginevra,1996); idem per la Bibbia Interconfessionale, Elledici, Torino-Roma, 2007.

[34] Per controllare la fondatezza di questa affermazione basta andare a vedere quali libri erano contenuti nell’Indice. L’ultimo Indice dei libri proibiti è ancora consultabile in rete su vari siti, ed è piuttosto interessante da leggere; erano proibiti, fra gli altri, Guicciardini, Monti, Leopardi, Beccaria (proprio quello che fu il primo ad opporsi alla pena di morte, cancellata appena da papa Francesco), Copernico, Galileo, Erasmo da Rotterdam, Bacone, Hume, Locke, Rousseau, Montesquieu, tutti i romanzi d’amore di Balzac, Dumas, ecc. ecc.

Visto che la Chiesa si auto-proclama maestra ed esperta in umanità (intervista al presidente del Pontificio consiglio per la famiglia monsignor Paglia Vincenzo, “Famiglia Cristiana” n.53/2012, 35), che papa Benedetto XVI attribuisce alla Chiesa il merito della ricezione in Europa dei principi di libertà e responsabilità (cfr. note 5-6 dell’articolo della settimana scorsa), visto che la Chiesa afferma di essere l’unica a conoscere la Verità perché sorretta dallo Spirito Santo, ci si aspetterebbe che per questo sia sempre stata almeno un passo avanti; dovrebbe vedere in lei la locomotiva della società, mentre la storia dimostra che, almeno in passato, l’istituzione si è trovata ad essere spesso l’ultima carrozza del treno che tirava anche disperatamente il freno a mano: nella prima metà del 1800, la locomotiva era il teologo riformato svizzero Alexandre Vinet, il quale sosteneva che libertà di coscienza e libertà di culto sono la stessa cosa, mentre negare la libertà di culto equivaleva a negare la libertà di pensiero.

Prima di invocare le radici cristiane dell’Europa papa Benedetto avrebbe dovuto chiedere scusa anche per tutte queste proibizioni talebane.

[35] Bitani F., L’ultimo lenzuolo bianco, Neri Pozza, Vicenza, 2020, 58.

[36] Cfr. l’articolo al n.589 di questo giornale. In particolare, papa Pio XII, nella Lettera al Sant’Officio 8.8.1949 (in Enchiridion Symbolorum, Dehoniana, Bologna, 1995, n.3866) ha aggiunto che questo è un insegnamento infallibile: quindi è un dogma.

[37] Non potendo neanche la Chiesa revocare un dogma, l’ha lasciato cadere ultimamente in dimenticatoio. Qui posso ricordare che perfino papa Benedetto XVI aveva scritto che, se non abbiamo più concezione simile a quella del concilio di Firenze, è perché possediamo semplicemente un nuovo concetto di umanità (Ratzinger J., Il nuovo popolo di Dio, Queriniana, Brescia, 1971, 358). Ma si è ben guardato dal riconoscere che evidentemente il dogma era sbagliato e lo Spirito Santo non aveva assistito i padri del concilio di Firenze.

[38] Si tratta della Bulla unionis Coptorum Aethiopumque “Cantate Domino”, Decretum pro Iacobitis, da cui si è estratto l’efficace slogan “Extra Ecclesiam nulla salus”, stabilendo autorevolmente che “fuori della Chiesa non esiste salvezza”. Questo principio teologico venne poi consacrato nel Catechismo di Pio X art.169, che ancora io ho studiato da piccolo, con la formula: «No, fuori della Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana nessuno può salvarsi, come niuno poté salvarsi dal diluvio fuori dell'Arca di Noè, che era figura di questa Chiesa».

[39] Enciclica reperibile in www.vatican.va./Sommi pontefici/ Leone XIII/Encicliche.

[40] L'islam non conosce la parola persona come la intendiamo noi; conosce l'individuo (fard) che è una cellula parte integrante della comunità titolare di diritti. La sharia protegge la comunità non l'individuo, e il bene della comunità prevale sul bene della singola persona. La democrazia presuppone la libertà di pensiero, di espressione, di religione, di dissenso della singola persona. La sharia non ammette questi diritti individuali che possono minare il bene della comunità (Gheddo P., La sfida dell'Islam all'Occidente, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2007, 43).

[41] Kapuscinski R. Nel turbine della storia, ed. Feltrinelli, Milano, 2009, 102 s.

[42] Samir Khalil Samir, Cento domande sull'Islam, ed. Marietti 1820, Genova, 2002, 65; Zanghi C., La protezione dei diritti dell’uomo nei Paesi arabi, in A tutti i membri della famiglia umana, ed. Giuffrè, Milano, 2008, 207 ss.

[43] Elenco degli Stati firmatari nella page dell’Ufficio dei Trattati, del Consiglio d’Europa, in www.conventions-coe.int.

[44] Corano, sura della vacca, 2, 228; sura delle donne, 4, 34.

[45] Barbero A., Dante, Laterza, Bari-Roma, 2020, 223.

[46] Maggi L., Altissimo, potentissimo, tremendissimo, “Rocca”, n.6/2012, 56.

[47] Così la teologa Mary Daly, richiamata da Sebastiani L., Coscienza, libertà profezia di fronte alla legge, in A partire dai cocci rotti, ed. Cittadella, Assisi, 2001, 180 s.

[48] Reperibile in www.vatican.va./Sommi pontefici/ Leone XIII/Encicliche.

[49] Reperibile in www.vatican.va./Sommi pontefici/ Pio XI/Encicliche.

[50] Entrambe le encicliche sono reperibili sul sito www.vatican.va/phome.it digitando encicliche sotto il nome dei papi.

[51] Da noi ancora oggi è possibile assistere (non dico partecipare) ad una messa che potremmo tranquillamente definire preconciliare. Quando a messa sentiamo inneggiare alla lettera di Paolo (sui mariti e le mogli), mi sembra che la predica di quel prete non sia lontana dalle posizioni dei talebani afgani, e sentirle ribadire oggi in chiesa dovrebbe farci rabbrividire.

[52] Come si vede, l’idea di san Paolo, appena vista, era un’idea piuttosto comune all’epoca, tanto che l’idea innovativa di Gesù (secondo cui il matrimonio deve essere una scelta d’amore e non un mezzo egocentrico per procurarsi la propria discendenza e scaricare la propria tensione sessuale, per cui l’uomo non può cacciar via a sua discrezione la sposa) non piace neanche ai discepoli.

Per i maschi, adulterio era solo il rapporto con una donna ebrea sposata; per le femmine, invece, era il rapporto con qualunque altro uomo. Dunque l’uomo poteva andare tranquillamente con tutte le pagane che circolavano dalle sue parti, mentre se andava con un’altra ebrea sposata era punibile, ma solo perché giuridicamente ledeva la proprietà di un altro uomo, essendo la donna sposata di proprietà di quell’altro uomo.

[53] "La Repubblica"27.9.2014, 1-17.

[54] Richard J., La grande storia delle crociate, ed. speciale per “Il Giornale” da Newton & Compton, Roma, 1999, 271.

[55]Bernardo di Chiaravalle, Lode alla nuova milizia, III, 4.; testo latino nel sito dell’Ordine del Santo Sepolcro: De laude novae militiae ad Milites Templi, in www.santosepolcro.com.

[56] Bitani F., L’ultimo lenzuolo bianco, Neri Pozza, Vicenza, 2020, 60.