Albero dei cachi, Magnano - Foto tratta da commmons.wikimedia.org

OMNIA PROBATE


(Ritenete il buono)

n° 6


I fratelli melanesiani


Dar vita alla pace



di Guido Dotti

Icona dei fratelli melanesiani martiri nella Cattedrale di Canterbury - foto tratta da commons.wikimedia.org

Siamo diventati una cosa sola con un gruppo di umili fratelli che hanno viaggiato sconosciuti e indifesi alla ricerca del loro fratello disperso, che sono stati torturati e umiliati e hanno offerto le loro vite nell’oscurità, ma che sono ancora viventi. La loro offerta è divenuta il seme il cui raccolto sarà la pace di questo paese. Le loro tombe non sono luoghi di tenebra ma di luce, non simboli di morte ma la celebrazione della resurrezione e della speranza.

Richard A. Carter, In Search of the Lost. The death and life of seven peacemakers of the Melanesian Brotherhood, Canterbury Press, London 2006, p. 242



Un giovane religioso si incammina solo e disarmato per incontrare il capo dell’etnia da anni in guerra contro la sua. Si conoscono da tempo, è convinto che l’altro nonostante tutto gli sia rimasto amico e che quindi possano ragionare di pace. Del resto, al cuore di questo conflitto sanguinoso, Nathaniel e i suoi fratelli si sono prodigati per alleviare le sofferenze di tutti, senza distinzione di appartenenza etnica. Di lui però nessuno ha più notizie. Sei suoi confratelli partono allora in cerca del disperso, anch’essi armati solo del Vangelo e della speranza di dare pace alle popolazioni delle due etnie. Non troveranno il fratello, bensì la tortura e la morte. Ma come un seme caduto a terra e sepolto, anni dopo, quasi miracolosamente, il loro sacrificio produrrà il frutto della pace, quella pace che le armi non erano state capaci di generare, perché la guerra non genera mai la pace.

Un insegnamento, quello dei fratelli melanesiani, particolarmente attuale per i cristiani di un Occidente e un’Europa che sembrano aver smarrito ogni legame con le proprie radici cristiane. E che addirittura usano la religione per giustificare l’ingiustificabile. Come in tante “terre di missione”, anche nelle isole del Pacifico il Vangelo è arrivato assieme ai colonizzatori, rivestito e sovente anche sfigurato da una cultura e da comportamenti che di evangelico avevano perso il sapore, il colore, la sostanza. Eppure il comandamento nuovo dell’amore del prossimo, spinto fino all’amore per il nemico, il perdono offerto senza attendere reciprocità hanno trovato cuori, menti e corpi così accoglienti da vincere la paura del diverso, l’odio per chi ci ha fatto del male, il risentimento verso chi predicava amore ma viveva il disprezzo e la sopraffazione.

Da lì, dal Vangelo spogliato di una cultura che ne ha abusato, può rinascere una nuova vita per l’umanità, di cui la Chiesa può essere strumento.



Nathaniel Sado, Robin Lindsay, Francis Tofi, Alfred Hill, Ini Paratabatu, Patteson Gatu, Tony Sirihi (+ 2003), membri della Fraternità Melanesiana, dediti a una vita comune di lavoro e preghiera, noti per la loro opera di pace in tutto il Pacifico meridionale, sono rapiti nel corso di un conflitto etnico nelle Isole Salomone. Dopo quattro mesi in cui cristiani di tutto il mondo avevano sperato e pregato per il loro rilascio arriva la notizia che sono stati brutalmente assassinati subito dopo la loro cattura.


Chiesa monastica di Bose - foto tratta da commons.wikimedia.org

Numero 661 - 15 maggio 2022