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Gesù è ebreo e lo è per sempre



di Stefano Sodaro


Nel 1985 la Commissione per i rapporti religiosi con l’Ebraismo del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani (e non – come invece qualcuno potrebbe pensare – dell’allora “Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso”, trasformato oggi in “Dicastero” dalla recente Costituzione Apostolica “Praedicate Evangelium”, che riforma completamente la Curia Romana), scrisse i Sussidi per una corretta presentazione dell’Ebraismo nella predicazione e nella catechesi della Chiesa Cattolica (http://www.christianunity.va/content/unitacristiani/it/commissione-per-i-rapporti-religiosi-con-l-ebraismo/commissione-per-i-rapporti-religiosi-con-l-ebraismo-crre/documenti-della-commissione/sussidi-per-una-corretta-presentazione-degli-ebrei-ed-ebraismo.html). Al n. 1 del capitolo III di tale documento, si legge testualmente: «Gesù è ebreo e lo per sempre», proseguendo con la spiegazione che «il suo ministero si è volontariamente limitato «alle pecore perdute nella casa d’Israele» (Mt 15,24). Gesù è pienamente un uomo del suo tempo e del suo ambiente ebraico palestinese del I secolo, di cui ha condiviso gioie e speranze. Ciò sottolinea, come ci è stato rivelato nella Bibbia (Cf RM 1,3-4; Gal 4,4-5), sia la realtà dell’incarnazione che il significato stesso della storia della salvezza.»

A questa domenica di Pasqua per i Cristiani che seguono il calendario gregoriano (per gli altri, soprattutto appartenenti alle Chiese d’Oriente, sarà Pasqua domenica prossima) si uniscono le celebrazioni della Pasqua Ebraica iniziate venerdì sera scorso.

L’ebraicità di Gesù di Nazaret – per quanto paradossale possa sembrare, ma sarebbe appunto considerazione assai superficiale – è attestazione, nella fede, per chi ci crede cioè, della sua contemporaneità alle nostre storie delle nostre vite, adesso.

Fa sorridere la constatazione di come gli insegnamenti scolastici presentino gli Ebrei nei corsi di Storia allorché si tratti degli antichi popoli del Medio Oriente, come gli Egiziani e gli Assiri e i Babilonesi, e poi si vedano improvvisamente ricomparire, dopo millenni e millenni, solo nel momento in cui si espone e si studia l’immane tragedia della Shoah durante la Seconda Guerra Mondiale. E nel mezzo? È come se gli Ebrei sparissero: delle loro vicende medievali, rinascimentali, moderne, risorgimentali, non viene insegnato nulla di nulla. Invece Ebree ed Ebrei sono presenti – grazie a Dio – in ogni momento della nostra storia, sia “universale” (come si dice) che “personale”.

Dunque, anche a 54 anni, per chi fosse nato ad esempio il 17 o il 18 aprile del 1968 – è solo un esempio, (“smile”, con relativo emoticon) -, volendo, il rabbi Yeshua-Ha-Nosri diventa interlocutore contemporaneo.

E, tuttavia, la riflessione può estendersi ad una contemporaneità “gesuana” – i teologi esperti di cristologia non inarchino le ciglia – rispetto alle sofferenze indicibili di queste nostre ore in Ucraina. Ed è una contemporaneità che neppure può essere costretta dentro identità di genere escludenti. E neppure dentro ben definite appartenenze religiose. Se Gesù è ebreo e lo è per sempre, vuol dire che è uomo di tutte e di tutti, così come l’elezione del Popolo d’Israele non è privilegio che separa, ma servizio al mondo intero perché l’alleanza con Dio sia conosciuta, venga – come si dice – “rivelata”.

Tuttavia quei medesimi Sussidi, al n. 7, secondo paragrafo, del capitolo 1, giungono ad affermare: «Chiesa ed ebraismo non possono essere presentati (…) come due vie parallele di salvezza», ma simile affermazione, solenne e molto problematica dal punto di vista teologico allo stesso tempo, viene superata da un altro Documento della medesima Commissione citata sopra. Nelle Riflessioni su questioni teologiche attinenti alle relazioni cattolico-ebraiche in occasione del 50° anniversario di Nostra ætate (n. 4), documento del 2015 specificamente intitolato “Perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili (Rm 11, 29)” (http://www.christianunity.va/content/unitacristiani/it/commissione-per-i-rapporti-religiosi-con-l-ebraismo/commissione-per-i-rapporti-religiosi-con-l-ebraismo-crre/documenti-della-commissione/_perche-i-doni-e-la-chiamata-di-dio-sono-irrevocabili--rm-11-29-.html), al n. 36 si legge: «Il fatto che gli ebrei abbiano parte alla salvezza di Dio è teologicamente fuori discussione, ma come questo sia possibile senza una confessione esplicita di Cristo è e rimane un mistero divino insondabile. Non è dunque un caso che le riflessioni soteriologiche di Paolo in Romani 9-11 circa la salvezza definitiva degli ebrei sullo sfondo del mistero di Cristo culminino in una magnifica dossologia: “O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!” (Rm 11,33). Bernardo di Chiaravalle (De consideratione III/I,3) dice che per gli ebrei “è stato fissato un tempo che non può essere anticipato”.» L’impossibile compresenza di due parallele vie di salvezza diventa così possibile, dopo 30 anni dal surriferito diverso pronunciamento della Santa Sede. Evolve e si chiarisce la riflessione teologica cattolica sulla comprensione della realtà odierna del Popolo d’Israele, sulla sua attualità e vitalità.

Il nostro giornale, in questo giorno di Pasqua, sente di poter fare una promessa alle sue lettrici ed ai suoi lettori. Vale a dire: ci impegniamo ad organizzare - non necessariamente a Trieste - quello “Shabbath di tutti”, di cui è regista la studiosa Miriam Camerini, evento intorno al quale si dipana la riflessione su Adriana Zarri, contenuta – a firma del sottoscritto – nel volume collettaneo Guardare alla teologia del futuro. Dalle spalle dei nostri giganti, a cura di Marinella Perroni e Brunetto Salvarani, in libreria con Claudiana (https://www.claudiana.it/scheda-libro/marinella-perroni-brunetto-salvarani/guardare-alla-teologia-del-futuro-9788868983499-2250.html). Una riflessione che segna un po’ – anche senza un po’ - un’effettiva svolta di vita e di ricerca per il direttore di questo nostro settimanale.

Una svolta, mi viene da dire così, realmente pasquale, che sia risurrezione, che sia liberazione.

Buona Pasqua, di tutto cuore!