Albero dei cachi, Magnano - Foto tratta da commmons.wikimedia.org

OMNIA PROBATE


(Vagliate tutto / Ritenete il buono)







Rubrica quindicinale a cura di Guido Dotti, monaco di Bose


n° 15


SENZA PAURA INSIEME


Jonathan Sacks






di Guido Dotti

Jonathan Sacks, fotografia tratta da commons.wikimedia.org

Fai un’operazione ricerca/sostituisci sul testo della tua mente. Ogni volta che trovi la parola “sé”, sostituiscila con la parola “altro”. Al posto di “auto-aiuto”, “aiuto l’altro”. Al posto di “autostima”, “stima dell’altro”. Se lo farai, inizierai a sentire la potenza di quella che per me è una delle frasi più commoventi di tutta la letteratura religiosa: “Anche se dovessi camminare nella valle dell'ombra della morte, non temerei alcun male, perché tu sei con me”. Possiamo affrontare qualsiasi futuro senza paura, purché sappiamo che non lo affronteremo da soli. Per il bene del futuro “tu”, rafforziamo insieme il futuro “noi”.

Jonathan Sacks, “Come possiamo affrontare il futuro senza paura, insieme”, conferenza tenuta a Vancouver il 24.04.2017 nell’ambito dei TED talks. https://rabbisacks.org/ted2017/ .

“Il debito che ho verso i miei antenati che sono morti a motivo della loro fede è quello di costruire un mondo in cui nessuno debba più morire a motivo della propria fede”. Ecco la sete di Dio che abitava l’anima di questo rabbino capace di conquistare il cuore e la mente di quanti lo incontravano. Che offrisse un pensiero al giorno sulle onde della BBC per traghettare gli ascoltatori dall’ottimismo alla speranza, o che difendesse “la dignità della differenza” di fronte alla minaccia dello scontro di civiltà, o ancora che smascherasse la bestemmia di chi usa Dio per giustificare la propria violenza, l’anelito che muoveva rabbi Sacks era interamente rivolto verso l’Altro e verso gli altri.

La sua frequentazione delle Scritture e della tradizione ebraica da un lato e la sua passione per l’umanità dall’altra, facevano sì che conoscesse il cuore umano come pochi e, soprattutto, che lo sapesse stimolare e consolare. Parlava di Dio agli uomini e alle donne di oggi come solo un amico sa fare: amico di Dio e amico dei suoi interlocutori. Un’amicizia con Dio che gli veniva dalla fiducia di averlo al proprio fianco come guida e compagno di cammino, anche nelle ore più buie dell’esistenza, come quelle attraversate dalla generazione che lo aveva preceduto nella fede. Un’amicizia con ogni essere umano, di qualunque o di nessun credo, che sgorgava naturale dall’incontro con la sua empatia. La dialettica rabbinica e l’humour ebraico anglosassone appianavano scogli di incomprensione e rendevano accessibili anche le istanze più ostiche. Del resto accettare la sfida di dialogare con chi è “altro” da noi e saper sorridere di se stessi e dei propri limiti non è forse strada maestra per quella teshuvà, per quel ritorno/conversione/cambiamento di mentalità che dischiude le porte verso l’alterità di un Dio che desidera solo dissetare chi ha sete di Lui?

È davvero compito dei credenti aiutare i loro contemporanei a un dialogo costante tra il “tu” e il “noi”: prendersi a cuore gli altri è il modo migliore di avere a cuore anche la propria esistenza. Cos’altro indica il comandamento: “amare il prossimo tuo come te stesso”? Rabbi Sacks sapeva farsi prossimo perché restava nell’intimità con Dio e così facendo, ha saputo rafforzare il futuro “noi” che ora stiamo vivendo.

Jonathan Sacks (Londra 8 marzo 1948 – 7 novembre 2020), è stato Rabbino capo della Gran Bretagna e del Commonwealth dal 1991 al 2013. Profondamente radicato nell’ebraismo, Rav Sacks è stato tra le figure più autorevoli e rispettate per lo spessore intellettuale, morale e spirituale, divenendo un protagonista del dialogo tra le religioni e con la cultura contemporanea. Di sé aveva detto: “Spero che un giorno il mio epitaffio suoni più o meno così: ‘La sua anima ha avuto sete di Dio’”.


Chiesa monastica di Bose - foto tratta da commons.wikimedia.org