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Viaggio in Italia


di Stefano Agnelli


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25. Luoghi francescani

Qualche anno fa, con la mia compagna, abbiamo seguito un breve itinerario di pochi giorni che ci ha condotto in alcuni dei principali luoghi francescani. Era una sorta di pellegrinaggio alla memoria del Santo e dell’uomo, che entrambi ammiriamo sopra ogni altro, partendo dal santuario della Verna, dove Francesco avrebbe ricevuto le stimmate, per poi sostare un giorno a Gubbio ed infine dirigere su Assisi, vero centro pulsante della memoria di Francesco.

Il santuario della Verna è accessibile in auto, almeno fino ad un piccolo ma capiente parcheggio situato alla base della breve salita che arriva fino in cima al colle. Qui esisteva, e non so davvero se ancora vi si trovi, un chiosco ristorante, dove, al termine della visita, abbiamo gustato ottimi pici (o tagliolini, non ricordo), al tartufo e goduto della vista su di una porzione ristretta ma verdissima di bosco. Salendo a piedi lungo la strada sterrata, immersa tra gli alberi, ma piuttosto larga, una carrabile insomma, si giunge d’improvviso nel luogo dove quest’imponente fabbricato se ne sta disteso comodamente, sfruttando ogni balzo o asperità del terreno per comparire, dopo una curva, davanti al visitatore o pellegrino che sia, quale grande sipario di sasso alle costruzioni, realizzate con la stessa materia, che si dipanano formando cortili interni comunicanti. All’interno i due oratori: di Sant’Antonio da Padova e di San Bonaventura, entrambi duecenteschi, che assieme alla cappella delle Stimmate (poi affrescata da Taddeo Gaddi), e a quella della Croce – seconda cella del santo – costituiscono il nucleo originario del monumentale complesso di edifici, che comprende anche il monastero, la Chiesa maggiore - quattrocentesca, luogo in cui venne collocata la prima delle opere in terracotta invetriata di Andrea della Robbia e bottega: l’Annunciazione – e la Chiesa “minore”. 

La mia compagna era in un’estasi quasi mistica. Immaginatevi quando, aprendo una piccola porta, lungo un corridoio del monastero, ha scoperto un minuscolo sentiero a scendere che portava alla grotta dove Francesco dormiva. Ha voluto immediatamente scendere lungo i rudimentali gradini di roccia, senza mai staccare le mani dalle pareti, nella speranza di toccare punti che il Santo aveva toccato Secoli prima. Luoghi sacri e reliquie, non hanno su di me lo stesso fascino, ma devo ammettere che la vista del saio di Francesco, conservato in una teca, mi ha davvero permesso di immaginarlo meglio, anche se, nello stesso istante, ho ricordato una frase di Martin Lutero: “Ci sono più chiodi della croce a Roma di quelli che servirebbero per ferrare i cavalli di tutta la Baviera”. 

Terminata la visita del santuario, ci siamo diretti verso Gubbio, per scoprire con estremo divertimento, che l’hotel in cui avevo prenotato, affacciava sulla piazza della chiesa del Don Matteo televisivo. Così come nella celebre serie statunitense de La signora in giallo (Murder, She Wrote), gli sceneggiatori non hanno trovato di meglio che ammazzare almeno una persona a settimana, proprio qui, nella piccola cittadina umbra, che vanta oramai più omicidi di Cabbot Cove, il paesino di pescatori dove vive l’attempata Signora impersonata da Angela Landsbury, e dove lo sceriffo è anche il padre del regista di Apollo 13, ed ha un negozio di ferramenta a Milwakee... 

Dite che sto facendo un po’ di confusione? Non importa, mi piace immaginare che sia proprio così. Una volta saliti in camera, ci prepariamo per uscire a cena – riposino e doccia – ma sbagliamo la scelta del locale, così rimaniamo seduti ad un tavolino all’aperto per più di un’ora, prima di vedere il coperto. Nel frattempo commentiamo ridendo l’uscita dei rari avventori, immaginando che fossero entrati settimane, mesi o addirittura anni prima (con frasi del tipo: “ho fretta, è possibile mangiare qualcosa al volo?”; “ha un figlio di 12 anni e non lo sa ancora.”; “ha detto alla moglie: esco un attimo a prendere una pizza, sono nove anni che manca da casa e la povera donna si è fatta monaca.”). Finiamo di mangiare alle 11 di sera e, sempre ridendo, ce ne torniamo in hotel a dormire.

Il giorno successivo, dopo colazione, iniziamo a vagare per Gubbio, fino a che, tra la gente, mi sembra di vedere un mio compagno di Università. È davvero lui, avevo dimenticato che ha i nonni eugubini. Un colpo di fortuna. Fabio – questo è il suo nome –, oltre ad essere persona squisita, ha una formazione storica, come il sottoscritto, conosce ogni luogo o vicenda interessante di questo antico Comune, e si offre subito di farci da Cicerone. 

Terminata la visita, con il racconto di Francesco ed il lupo, e due magnifiche chiacchiere al parco, preferiamo rifiutare un invito della nostra guida per il pranzo in famiglia – abbiamo voglia di stare soli – ingoiamo un panino e ci mettiamo in viaggio per Assisi, chiacchierando piacevolmente per tutto il tragitto lungo l’E45. 

Mentre guido penso che il nostro viaggio sulle orme di S. Francesco, ha contemplato sin qui poca preghiera, ed evitato accuratamente il digiuno, anzi. Poi ricordo, durante gli anni della GI.FRA, con quanta gioia e letizia si pranzava nei conventi francescani che ci ospitavano - cibi semplici, ma gustosi – e l’accenno di colpa presente nel mio animo, pessima eredità del catechismo, svanisce completamente. Una volta ad Assisi, decido di fare una sorpresa alla mia compagna, che non sa dell’esistenza della Porziuncola, all’interno della Basilica di Santa Maria degli Angeli. Le parlo d’un famoso roseto all’esterno della stessa, convincendola così alla visita. 

Visto il roseto, entriamo. “Ma cosé?”, chiede lei piena di meraviglia. “È la prima chiesa di S.Francesco!”, rispondo. Subito un sorriso a cuore aperto la ricopre tutta, ed avvicinatasi inizia a toccare le pareti con deferenza, proprio come aveva fatto alla Verna, con la grotta, provocando così l’intervento immediato del custode. Poco male. All’interno della Porziuncola, vista l’ora, siamo soli. Poche panche ed una semplice croce, ci spediscono direttamente nel XII Secolo. Un minuto ancora, un minuto ancora, finisce che restiamo seduti su di una panca per più di un’ora, mentre i pensieri si fanno radi, puri e sublimi. Usciamo, con la consapevolezza che domattina torneremo a Ferrara, e un po’ ci uccide. Allora doccia, lunga camminata in salita a traversare Assisi nel fresco della sera, e cena in un ristorante all’aperto, circondati da gatti che lucravano avanzi. 

Ultimo giorno e gran finale. La Basilica Inferiore e quella Superiore, da Cimabue a Giotto, in una mattina assolata e caldissima. Dopo aver goduto degli affreschi, vediamo un frate molto anziano, ma in gran forma, dal saio bianco. Parla con alcuni turisti, ci guarda appena, di traverso, sorride e si incammina per la salita laterale. Ci voltiamo entrambi a guardare il porticato, un istante soltanto, poi cerchiamo dietro di noi il saio candido del frate: scomparso. Ridiamo molto: sarà stato il caldo che creava visioni, oppure 'sto frate a salire, era più veloce di Messner.