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La nuova teologia di papa Francesco


di Dario Culot

 Francesco papa durante la visita pastorale in Corea del 2014 - foto tratta da commons.wikimedia.org

Come sappiamo, il pontificato di papa Francesco è stato da alcuni ritenuto memorabile per i cambiamenti, da altri assai doloroso per l’identico motivo. Come sappiamo, possiamo anche dire che questo papa ha più consensi fuori dalla Chiesa che dentro. 

I feroci critici di papa Francesco gli rimproverano una scarsa competenza teologica, soprattutto nel campo della teologia morale dove ha aperto le porte ai peccatori (es. ai divorziati e omosessuali). Gli rimproverano di fare teologia dalla sua vita pastorale, ma intestardirsi sulla pastorale porta a pericolosi cedimenti con la scusa della misericordia: questo dà fastidio perché è in contrasto con la tradizionale dottrina. Dà fastidio anche che il papa sostenga che la Chiesa dev’essere povera,[1] sempre in uscita verso le periferie, che i pastori debbano sentire l’odore delle pecore;[2] che abbia eliminato tanti corpi intermedi di governo della Chiesa, riducendo anche i poteri della potente Segreteria di Stato. Dà fastidio che dica che non si devono costruire muri contro i rifugiati ma ponti di dialogo e di ospitalità. Lo si taccia di terzomondismo quando contesta la nostra economia fondata sul profitto e sull’esclusione, e quindi sulla disuguaglianza. Disturba perfino che parli tanto della tutela dell’ambiente, quando dovrebbe occuparsi di cose più religiose[3]. Da fastidio che insista sulla necessità del dialogo interreligioso[4]. E in particolare dà fastidio a tanti prelati che si indichi il clericalismo come il primo male della Chiesa.

Questi fedeli ostili a papa Francesco ricordano con nostalgia papa Benedetto XVI, quello sì un vero papa per i tradizionalisti, il quale - a differenza di Francesco - parlava di principi non negoziabili, della “necessità” della Chiesa Cattolica per la salvezza dell’umanità e del suo cruccio per il pluralismo religioso, visto come un fenomeno di per sé solo capace di destabilizzare la Chiesa, provocando l’irradiazione di un relativismo minaccioso per la sua stessa identità. Come detto da Claude Geffré, «il magistero romano ha orrore del pluralismo, che viene inteso soprattutto come un’ideologia che dispera di ogni verità e che conduce al relativismo»[5]. Lo stesso primato del papa che viene continuamente messo in dubbio dalla collegialità (papa Francesco ha convocato vari sinodi durante il suo pontificato), è chiaro indice di relativismo.

Messe così insieme tutte queste cose, si capisce perché molte persone soffrano[6] e siano ostili a questo papa che vuole cambiare la Chiesa. In realtà sono ostili ad ogni idea di cambiamento, temendo che ogni piccolo cambiamento sia l’inizio di una valanga che travolgerà tutta la Chiesa e la sua secolare dottrina. È la storia infinita della contrapposizione fra conservatori e progressisti. Qual è la differenza? I conservatori sperano che nulla cambi; i progressisti sperano nei cambiamenti[7]. Per i primi, papa Francesco cambia troppo; per i secondi, cambia troppo poco[8].

Personalmente penso che dovremmo preoccuparci se tutti lodassero ed esaltassero papa Francesco. Se in tanti criticano il papa forse vuol dire che Francesco sta facendo bene il suo mestiere. Infatti, anche nella Bibbia, i profeti[9] che riportavano alla gente la Parola di Dio erano malvisti, ostacolati e spesso maltrattati se non uccisi. Ed è bene ricordare che lo stesso Gesù ha detto: «beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia» (Mt 5, 11). Dobbiamo anche renderci conto che il primo tentativo (difficile) che deve fare un papa è quello di tenere unita la Chiesa, mentre una presa di posizione radicale facilmente la spaccherebbe portando a un nuovo scisma. Questo papa preferisce gettare semi e lasciare il resto alla Provvidenza; e come risulta dalla parabola del seme, il processo di trasformazione avviene nel mistero (Mc 4, 27: «senza che nessuno sappia come») e nell’inviolabile santuario della coscienza e della libertà dell’uomo, dove ogni intervento estraneo può solo produrre danni[10].

Comunque, anche nell’anno appena concluso, papa Francesco ha fatto più di un passo importante per preoccupare ulteriormente gli ambienti più conservatori e farsi criticare.

A prescindere dal recente storico passo in avanti sull’inclusione, con la possibilità di benedire le coppie omosessuali e di fatto,[11]  volendo fare un esempio meno conosciuto, la Pontificia Accademia di Teologia, fondata nel 1718 da papa Clemente XI,[12] con lo scopo di porre la teologia al servizio della Chiesa, è stata rivista e risistemata da papa Francesco col Motu proprio Ad Theologiam promovendam del 1° novembre 2023[13], con cui ha dotato l’Accademia nuovi statuti (§§1 e 3). Il papa si è reso perfettamente conto che per promuovere oggi la teologia non ci si può limitare a riproporre astrattamente formule e schemi del passato, sì che a teologia dovrà confrontarsi con le profonde trasformazioni culturali, nella consapevolezza che: «Quello che stiamo vivendo non è semplicemente un’epoca di cambiamenti, ma è un cambiamento d’epoca» [14]. Se la Chiesa deve essere missionaria “in uscita” anche la teologia deve essere “in uscita” e non ci si può più accontentare di una teologia da tavolino, perché anche i buoni teologi[15] – come i buoni pastori - devono odorare di popolo e di strada[16].

Ma cosa cambia in concreto? Cambia tanto. In un documento vaticano entra un’innovazione veramente incredibile (o almeno a me sembra così), perché l’Accademia, da oggi in poi, è chiamata a sviluppare la teologia nella costante attenzione alla scientificità, per cui deve curare il dialogo transdisciplinare con gli altri saperi: innanzitutto scientifici, ma anche filosofici, umanistici e artistici, con credenti e non credenti, con uomini e donne di differenti confessioni cristiane e differenti religioni (§9).

In altre parole, si dispone in maniera chiara l’abolizione di quell’incerto confine fra materia (campo d’azione della scienza) e spirito (riservato alla religione)[17] che è stato costruito dalla Chiesa dopo Galileo: da oggi si deve collaborare e non ci si può più scontrare o cercar di operare separatamente senza confrontarsi. Ma, tanto per cambiare, questa innovazione che non piace ai tradizionalisti non è un’idea di papa Francesco, il quale ha semplicemente dato attuazione a quanto aveva già affermato il concilio Vaticano II[18] sul quale, per cinquant’anni, i due papi precedenti avevano gettato palate di sabbia nel tentativo di seppellirlo. Tanto che quasi tutti se n’erano dimenticati, perché è indubbio che l’Accademia avrebbe potuto decidere autonomamente di imboccare questa nuova strada semplicemente richiamandosi al concilio. Ma è ovvio che, con papi che la pensavano diversamente e usavano con facilità il cartellino giallo di ammonizione, e quello rosso di espulsone, pochi hanno avuto il coraggio di prendere iniziative non gradite a Roma. E molti di quei pochi che l’hanno fatto hanno dovuto subire la repressione romana[19].

È ovvio che, per poter percorrere questa strada che si sarebbe già potuta intraprendere il secolo scorso, dovrà necessariamente svilupparsi sempre di più una cultura del dialogo[20] e dell’incontro tra diverse tradizioni e diversi saperi, tra diverse confessioni cristiane e diverse religioni, confrontandosi apertamente con tutti, credenti e non credenti. Già questo significa leggere e interpretare il Vangelo nelle condizioni in cui gli uomini e le donne quotidianamente vivono, nei diversi ambienti geografici, sociali e culturali, e quindi a creare una nuova teologia fondamentalmente contestuale (§4). Insomma, la teologia è tutta da ricostruire.

Possiamo anche immaginare che finalmente, magari a poco a poco, potranno sparire “le tendenze disumanizzanti che si sono viste per tanto tempo anche nella Chiesa”, di cui ha parlato il papa in un suo discorso dell’anno passato[21]. In quello stesso discorso il papa anche aveva espresso profonda preoccupazione per il “paradigma tecnocratico dominante”[22], citando la sua Enciclica ‘Laudato si’, sottolineando gli effetti negativi di una comprensione distorta della libertà, che spinge le persone ad esercitare controllo su persone e natura, piuttosto che ad averne cura responsabile.

Poi, sempre per restare nel 2023 appena concluso, nominando Victor Manuel Fernández come nuovo prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, papa Francesco ha accompagnato la nomina con una sua lettera resa pubblica contestualmente all’annuncio dell’incarico. In questa lettera si legge, a un certo punto: «El Dicasterio que presidirás en otras épocas (il corsivo è mio) llegó a utilizar métodos inmorales» (Il Dicastero che andrai a presiedere, in altre epoche è arrivato ad usare metodi immorali). L’inciso ha sollevato l’ennesimo scandalo fra i tradizionalisti, perché l’accusa di immoralità, lanciata da un papa ad un organo supremo della Santa Sede, non ha precedenti[23]. Personalmente mi sembra solo che la Pontificia Accademia, che spesso si aggancia a cosa afferma quel Dicastero, viene invitata a discernere con particolare attenzione quello che deciderà di dire. Non mi sembra invece scandaloso il fatto che, così scrivendo, il papa abbia semplicemente manifestato una cruda verità. Sono stati ormai scritti volumi sui comportamenti non proprio cristiani del Sant’Uffizio, e solo per fare un esempio, richiamo un caso che oggi ci fa orripilare: ancora il 20.6.1866, il Sant’Uffizio[24] aveva scritto questo responso che oggi leggiamo con sgomento: “ tamen servitus ipsa per se et absolute considerata iuri naturali et divino minime repugnat, pluresque adesse possunt iusti servitutis tituli… Dominium enim illud, quod domino in servum competit non aliud esse intelligitur quam ius perpetuum de servi operis in proprium commodum disponendo, quas quidem homini ab homine praestari  fas est… Christiani igitur  licite possunt  servos emere, atque in debiti solutionem, vel in donum recipere [Si può tradurre così: La schiavitù, di per sé, non ripugna affatto al diritto naturale né al diritto divino, e possono darsi a essa molti giusti motivi… Infatti, il possesso del padrone sullo schiavo non è altro che il diritto di disporre in perpetuo dell’opera del servo per la propria comodità, che è giusto che un uomo fornisca a un altro uomo… Pertanto i cristiani possono lecitamente comprare schiavi, o darli in pagamento di debito o riceverli in dono][25]. Non è forse appropriato in questo caso parlare oggi di vera e propria immoralità? Certo che i conservatori hanno paura che la Chiesa perda l’autorità quando ammette di aver sbagliato. Se ha sbagliato una volta, potrebbe sbagliare di nuovo, per cui – di fronte a un problema che può coinvolgere l’autorità della Chiesa - questi signori vorrebbero veder applicato il famoso consiglio riportato nel cap. 19 dei ‘Promessi Sposi’, quando il conte zio consiglia al padre provinciale: «Sopire, troncare, padre molto reverendo; troncare, sopire». Gli errori passati non devono esser riportati alla luce, ma nascosti sotto la sabbia. Il gregge dei fedeli ha la memoria corta e dimentica presto.

Da tutto questo possiamo trarre qualche conclusione? Penso più di qualcuna. E tutto questo grazie al nuovo indirizzo teologico prospettato da papa Francesco, che fin dall’inizio del suo pontificato ha messo al primo posto il Vangelo e non l’autorità della Chiesa:

1) L’autoritarismo dispotico, che spegne ogni capacità di innovazione e quindi impoverisce la comunità, che esclude e rifiuta chi non si adegua al suo insegnamento, dovrebbe scomparire. Se l’autoritarismo non è più accettabile, tutta la materia religiosa deve poter essere sottoponibile a critica avvalendosi di argomenti di ragione. Pretendere l’opposto in nome dell’autorità che ha imposto la dottrina, come fanno ancora i tradizionalisti più ortodossi,[26] che cioè si debba credere ciecamente al magistero e obbedirgli perché è lui a dire che quello che sta insegnando è vero, oggi non è più accettabile: nella nostra cultura la gente non accetta più l’autorità sulla sola base dell’autorità formale, che consiste nel solo pretendere di essere autorità; la gente accetta solo l’autorità che, nel suo fare e agire, si dimostra come autorità. La Verità non può più essere calata dall’alto e accettata supinamente.

Coglie così perfettamente nel segno l’affermazione del teologo americano Paul Knitter:[27]«non c’è dubbio che una teologia, per quanto “vera” appaia e per quanto risulti “ortodossa”, se poi, al momento della verità, quel che produce è divisioni tra la gente e tra i gruppi umani, sottomissione umiliante degli uni agli altri, aggressioni a coloro che non la pensano come me o umiliazioni per coloro che sono considerati avversari e, soprattutto, quel che genera è indifferenza di fronte a tanta sofferenza e tanta miseria come vediamo dappertutto, una simile teologia (con tutta la sua “verità” e la sua “fedeltà”) non è se non l’espressione della menzogna e dell’inganno, l’ “errore” insediato nella più stretta “ortodossia”».  In altre parole, quando tutta la Verità sta nella dottrina ortodossa che si deve obbligatoriamente accettare è inevitabile che si finisce in un gioco perverso tra chi emette la verità e chi la subisce[28].

2) I famosi principi non negoziabili, al pari dei dogmi e delle dottrine, tutti imposti sotto minaccia (altro metodo tipicamente immorale) potranno essere confutati e smentiti, accogliendo quanto la scienza sostiene da tempo[29]. Pensiamo solo alla teoria dell’evoluzione[30] che ci porta a dire che noi uomini (come tutto l’universo che non è statico, visto che si stanno formando sempre nuove galassie, visto che tante stelle muoiono mentre altre nascono[31]), siamo ancora incompiuti, imperfetti e quindi in evoluzione. Non siamo dunque nati perfetti, il che implica che dobbiamo darci da fare per migliorare e raggiungere quella perfezione che sta davanti a noi, e non dietro di noi. Conseguentemente verrà a cadere il peccato originale, come sosteneva Pelagio, perché all’inizio non c’era alcuna perfezione dalla quale siamo decaduti. E, se cade il peccato originale, non ha più senso il dogma dell’Immacolata Concezione. Come sempre, quando si toglie un mattone alla base della costruzione, i crolli seguono a catena.

Verrà anche a cadere il principio che l’uomo sta al centro dell’universo, il quale esiste solo per l’uomo[32]. Dobbiamo invece agire con responsabilità, considerandoci momentanei custodi della nostra Terra, senza mai adagiarci su schemi pensati da altri. Dobbiamo cioè ricordarci, mentre agiamo, che siamo responsabili di chi vive accanto a noi e verrà dopo di noi, per cui dobbiamo sempre ricordarci che i nostri atti ci seguono. Quindi acquisterà sempre più spazio l’etica della responsabilità propugnata da Max Weber, secondo cui bisogna sempre pensare alle conseguenze del proprio agire[33] e assumersi le conseguenze future delle scelte presenti.

3) Si presenterà sempre più impellente la soluzione di questo problema: «a partire dal sec. III fino al sec. VIII il cristianesimo ha vissuto e gestito la Chiesa in maniera tale da creare una confusione irrisolta dopo tanti secoli. La confusione è consistita nel fatto che ha mescolato e fuso il Vangelo di Gesù con la religione che proveniva dal giudaismo e come si viveva nell’impero. Ebbene, questa fusione di “religione” e di “Vangelo” non è stata ancora risolta. Ecco perché la Chiesa, in modo del tutto naturale, vive un gran numero di cose che contraddicono ciò che Gesù, la Parola di Dio e il Figlio di Dio, ha detto e fatto. E Gesù ha dato tanta importanza a queste cose da perderci la vita. A cosa sto facendo riferimento? Al “potere” ed alla sua maniera concreta di esercitarlo. Al “denaro” e ai rapporti oscuri che la Chiesa ha con questa questione capitale[34]. E alle “relazioni umane” che la Chiesa consente e mantiene, che non sono proprio relazioni di “uguaglianza” e “bontà” nell’amore reciproco, e che la Chiesa non risolve»[35].

Questa immoralità di fondo forse è ancora oggi il più grande problema su cui occorre lavorare, che porta alla più grande divisione all’interno della Chiesa: una parte si ritiene credente perché privilegia il culto, crede a una determinata dottrina, tiene nettamente separato il sacro dal profano senza vedere alcun problema nel come la gerarchia esercita il potere e usa il denaro. Un’altra parte si ritiene credente, a prescindere dalla dottrina e dal culto, perché fuori della chiesa, e quindi nel profano, nel quotidiano, cerca di comportarsi in una maniera tale da imitare il comportamento di Gesù, che ha sempre aborrito potere e denaro.

In conclusione, chi ancora sostiene che la Chiesa non cambia mai, si sbaglia. Forse siamo finalmente all’inizio di una «coraggiosa rivoluzione culturale» (§ 4 Motu proprio Ad Theologiam promovendam ), come auspicato da papa Francesco.



NOTE

[1] Ma la questione era già stata risolta secoli fa da sant’Ambrogio, che aveva fatto dichiarare eretico Pelagio. A dire il vero è opportuno sapere come sant’Agostino si è mosso contro Pelagio. Agostino combatteva le idee di Pelagio (secondo cui i ricchi non potevano salvarsi se non rinunciavano del tutto ai loro averi, e proclamando l’idea che non esisteva il peccato originale, il che minava la pratica del battesimo ai neonati perorata da Agostino). Con assoluta novità, l’intero corpo ecclesiastico africano si riunì in concilio per condannare le opinioni di Pelagio, che era comunque un pensatore isolato, decidendo di affossarlo solo sul tema del peccato originale, più tecnico. Quando nel 416 il sinodo condannò Pelagio le conclusioni vennero inviate al vescovo di Roma e all’imperatore, per essere validate. Ma l’anno seguente, papa Zosimo (poi anche santo) assolse Pelagio e con lettera rimproverò i vescovi africani sui pericoli di una speculazione teologica eccessivamente rigida. A Cartagine si riunirono nuovamente gli stessi vescovi che questa volta mandarono in Italia una delegazione: però, saltarono Roma e andarono direttamente alla corte imperiale di Ravenna, dove si assicurarono la condanna di Pelagio (i seguaci di Pelagio accusarono gli africani di aver corrotto i dignitari di corte col dono di ottanta stalloni della Numidia).

Sta di fatto che, condannato per la questione del peccato originale e del battesimo, la questione della povertà propugnata da Pelagio uscì rapidamente dall’agenda della Chiesa.

[2] Papa Francesco, in una delle sue prime prediche, ha invitato il clero ad andare in mezzo alla gente, nel gregge, e non a stare nelle chiese monumentali: «siate pastori con l’odore delle pecore» (“Avvenire” 28.3.2013).

[3] Noi occidentali, in particolare, non siamo disposti a mettere in discussione il nostro tenore di vita, e questo per i cristiani, che di cambiamento non ne vogliono parlare, è ancora più grave, visto che dovrebbero dare l’esempio… .

[4] La ragione fondamentale del dialogo - che oggi è avvertita, almeno in linea di principio, anche dalla Chiesa e dalla cultura in generale - deriva dalla percezione che c’è sempre un’altra verità che ci può completare, un’altra prospettiva che può aggiungersi alla nostra (Molari C., Quando Dio viene nasce un uomo, Gabrielli editori, San Pietro in Cariano (VR), 2023, 89).

[5] Geffré C., La crisi dell'identità cristiana nell'era del pluralismo religioso, in Concilium 3/2005, 31.

[6] Soffrono per la crisi in cui versa la Chiesa perché la rottura dei valori che avevano assorbito come verità definitive non permette loro di accettare le novità, ma al contempo si rendono conto che in ogni caso non si tornerà ad essere e vivere come prima. Il modo normale di funzionare della religione, durato per secoli, non funziona più, perché è cambiata la cosmologia, l’antropologia, la storia, la morale, in altre parole la cultura su cui si costruiva e articolava la religione (lo scriveva già vent’anni fa, prima dell’arrivo di papa Francesco, Robles Robles A., Repensar la religión, in «Cuadernos de Realidades Sociales» 59/60, gennaio 2002, 187ss., dell’Instituto de Sociología Aplicada, Madrid).

[7] Se qualcuno volesse approfondire, è da poco uscito un intero libro in proposito: Monica Simeoni, I gesti e la filigrana. La trama del pensiero teologico e sociale di Francesco, Gabrielli editori, San Pietro in Cariano (VR), 2023.

[8] Alcuni lo vedono come il classico “sor Tentenna” o, per dirla con Dante, sembra “… quei che disvuol ciò che volle/e per novi pensier cangia proposta,/sì che dal cominciar tutto si tolle”: da una parte continua a ripetere che la donna ha una marcia in più del maschio e che si devono coinvolgere le donne ai vertici dei dicasteri curiali, ma dall’altra non ha mai risposto a donne che gli hanno chiesto udienza per parlare di diaconesse e presbitere; aveva detto che il celibato dei preti era nella sua agenda, ma poi ha detto che Gesù non era sposato e sembra aver chiuso lì la questione. Dopo il famoso “chi sono io per giudicare un gay?” ha acconsentito a che la Congregazione per la Dottrina della Fede negasse loro la benedizione (Articolo pubblicato il 2.12.2023 nel Blog dell’Autore (www.ernestomiragoli.webnode.it/celibi-per-legge/)

[9] I profeti erano coloro che prestavano la voce perché la Parola di Dio risuonasse (Molari C., Quando Dio viene nasce un uomo, Gabrielli editori, San Pietro in Cairano (VR), 2023, 39).

[10] Maggi A., Parabole come pietre, ed. Cittadella, Assisi, 2007, 29.

[11] Dichiarazione del Dicastero della dottrina per la fede Fiducia supplicans, del 18.12.2023, che ha modificato il Responsum dello stesso Dicastero del 22.2.2021 (entrambi in www.vatican.va). Il chiaro obiettivo di papa Francesco è di integrare tutti, perché – come scritto nel § 297 di Amoris Laetitia - nessuno può essere condannato per sempre, non essendo questa la logica del Vangelo.

[12] L’ultima modifica risaliva a papa Giovanni Paolo II nel 1999.

[13] In www.vatican.va, Lettera Apostolica in forma di «Motu Proprio» Ad theologiam promovendam, con la quale vengono approvati nuovi statuti della Pontificia Accademia di Teologia (1° novembre 2023).

[14] In  www.vatican.va.

[15] Allora aveva ben detto anni fa l’autorevole José María Castillo (che spesso diceva cose che non piacevano alla gerarchia) che si può essere un rinomato teologo senza avere la minima idea di chi è stato veramente Gesù. Dovremmo infatti domandarci: che tipo di Vangelo può trasmettere quel teologo che si limita a studiare, sempre rinchiuso in biblioteca, lontano dalla vita degli altri? Quale cristologia può insegnare?

[16] O di pecore, come aveva detto papa Francesco all’inizio del suo pontificato

[17] Di cui si è parlato nell’articolo Religione e scienza al n. 732, del 24.9.2023 di questo giornale (https://sites.google.com/view/rodafa/home-n-732-24-settembre-2023/dario-culot-religione-e-scienza).

[18] La Costituzione pastorale sulla Chiesa - Gaudium et Spes § 62 – del 7.12.1965 aveva già detto: “Coloro che si applicano alle scienze teologiche nei seminari e nelle università si studino di collaborare con gli uomini che eccellono nelle altre scienze, mettendo in comune le loro forze e opinioni. La ricerca teologica, mentre persegue la conoscenza profonda della verità rivelata, non trascuri il contatto con il proprio tempo, per poter aiutare gli uomini competenti nelle varie branche del sapere ad acquistare una più piena conoscenza della fede. Questa collaborazione gioverà grandemente alla formazione dei sacri ministri, che potranno presentare ai nostri contemporanei la dottrina della Chiesa intorno a Dio, all'uomo e al mondo in maniera più adatta, così da farla anche da essi più volentieri accettare”.

[19] Papa Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, da soli, hanno silenziato oltre cinquanta teologi. Un elenco incompleto dei tanti teologi colpiti da censura si trova in Gumersindo Lorenzo Salas, Una fede incredibile nel secolo XXI, Massari, Bolsena, 2008, 196.

[20] Vedi gli articoli di novembre 2023 sul dialogo interreligioso, su questo giornale.

[21] Discorso del 26.8.2023 ai partecipanti del 14° incontro dell’International Catholic Legislator Network, in www.vatican.va.

[22] La promessa del mondo nuovo si rivolse alla scienza e alla tecnica; ma non sarà l’umano a guidare la tecnica, bensì la tecnica a condurre l’umano (Veneziani M., Dispera bene, Marsilio, Venezia, 2020, 79).

[23] Non trattandosi di una prassi abituale, è stato giustamente osservato che questa lettera, indirizzata al neoeletto prefetto, ma per conoscenza a tutti, è un atto ufficiale, che il papa ha specificamente voluto compiere per spiegare il senso che ha inteso dare alla scelta di mons. Fernández ed esplicitare la missione che affida al nuovo prefetto. Nulla di ciò che contiene può dunque essere considerato alla stregua di un obiter dictum e tantomeno come un’espressione “dal sen fuggita” nel corso di una conversazione, come si potrebbe sostenere, ad esempio, per le tante interviste che il papa ha concesso in questi ultimi tempi. Per questo motivo qualcuno ha ritenuto scandaloso, il riferimento all’immoralità – in altre epoche - dei metodi e delle procedure del Dicastero (già Congregazione, e prima ancora Sant’Uffizio). Ma come detto più volte, la prassi curiale è sempre stata quella di cambiare senza dire che si era cambiato, anzi, affermando ipocritamente, che non si cambiava nulla. Questo papa ha avuto il coraggio di dire apertamente che si deve cambiare.

[24] In Collectanea S. Congregationis de Propaganda Fide seu Decreta Instructiones Rescripta pro apostolicis Missionibus, vol. I, n.1293, ed. Typographia Polyglotta, Roma, 1907.

[25] Vedi come si è mossa la Chiesa sulla schiavitù, nell’articolo del n. 711del 30.4.2023, di questo giornale (https://sites.google.com/view/rodafa/home-n-711-30-aprile-2023/dario-culot-chiesa-e-schiavit%C3%B9).

[26] È vero che ognuno è obbligato a seguire la propria coscienza, ma una persona con una coscienza mal formata, se la segue, compie un’azione cattiva. Quindi, per ben formarsi, la coscienza deve aderire con religioso ossequio agli insegnamenti del magistero (McInerny R., Vaticano II, che cosa è andato storto?, Fede&Cultura, Verona, 2009, 80).

[27] Riportata da Castillo J.M., Fuori dalle righe, ed. Cittadella, Assisi, 2010, 119.

[28] Come sta scritto nell’esergo del sito www.scuolafilosofia.it, vorremmo una verità assoluta e oggettiva, la vorremmo “tutta”, ma ne abbiamo solo delle briciole. E se questa esigenza di possederla fosse proprio la malattia da cui dovremmo guarire?

[29] Resta comunque assodato che la scienza riesce a spostare i confini dell’ignoto ma non a risolvere il problema su Dio. Resta irrisolto il mistero di vivere e di essere al mondo. La scienza spiega il come, ma non il perché, sì che non dice nulla sull’Essere (Veneziani M., Dispera bene, Marsilio, Venezia, 2020, 73ss.).

[30] Anche la Bibbia riconosce che l’uomo non è esistito da sempre: è arrivato appena al sesto giorno. La scienza conferma che è uno dei tanti prodotti dell’evoluzione, piuttosto recente anche nella storia della Terra, ed è altrettanto sicuro che con l’uomo o senza l’uomo nulla sarebbe cambiato nel funzionamento dell’universo. La nostra stessa razza non ha certezza di essere eterna, visto come abbiamo massacrato la terra. E la vita può proseguire in altre forme anche senza l’homo sapiens. Nulla neanche esclude che nell’immensità dell’universo non vi siano altre realtà intelligenti, forse anche molto più di noi.

[31] Come ha detto il filosofo Marcello Veneziani, le stelle non stanno a guardare ma sono in moto perpetuo (Veneziani M., Dispera bene, Marsilio, Venezia, 2020, 73).

[32] Cfr. Il mio articolo L’uomo apice della creazione? al n. 705/marzo 2023 di questa rivista (https://sites.google.com/view/rodafa/home-n-705-19-marzo-2023/dario-culot-luomo-apice-della-creazione).

[33] Come ha chiarito Max Weber, c’è un’etica della convinzione (che può degenerare nel fanatismo impermeabile a tutto) e c’è un’etica della responsabilità (che può sfociare nella giustificazione di ogni tipo di compresso). La prima impone di agire secondo principi assoluti, indiscutibili. La seconda di agire pensando alle conseguenze.

Chi segue l’etica delle convinzioni (dei principi non negoziabili) spesso solletica la più grave delle tentazioni perché cerca di mettere alla prova Dio (ma non si ricorda che è stato detto: «Non tenterai il Signore Dio tuo» - Mt 4, 7), esigendo che intervenga in situazioni compromesse create dall’irresponsabilità dell’uomo: ad es. la coppia, che pur sapendo di correre il gravissimo rischio di mettere al mondo un figlio ammalato, non prende alcuna precauzione convinta che tanto, se Dio non vuole, provvederà Lui a che la donna non resti incinta, e così facendo è convinta di obbedire al chiaro ordine Siate fecondi e moltiplicatevi (Gen  9, 1), e al precetto religioso che la sessualità deve esprimersi nel matrimonio sempre e solo a fini procreativi (artt. 2363, 2366 Catechismo). Chi agisce così segue l’etica della convinzione e non della responsabilità.

[34] Tornerà in auge quanto sosteneva Pelagio. Vedi precedente nota 1.

[35] Castillo J.M., Il disinteresse per l’elemento religioso, pubblicato in spagnolo il 25.07.2020 nel Blog dell’Autore in Religión Digital - www.religiondigital.com.