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Guarigione del cieco nato - Gioacchino Assereto, 1640, Carnegie Museum of Art, Pittsburgh, USA - immagine tratta da commons.wikimedia.org


Il profano viene prima del sacro



di Dario Culot




Come ai tempi di Gesù, molte persone sono ancora oggi dell’idea che l’incontro con Dio possa avvenire solo nel ‘sacro Tempio’, cioè in una chiesa, in una cappella, in un luogo «santo», o nelle cerimonie sacre. Stando in effetti alla lettera dell’Esodo, Dio prende la dimora in una tenda (Es 26) in mezzo al suo popolo, e in seguito nel famoso Tempio di Gerusalemme. Così l’uomo ha sacralizzato Dio. Ma Gesù ha cambiato le regole di quaggiù, avendo portato a un nuovo esodo: importanti per lui sono la salute, il cibo, le relazioni umane e soprattutto alleviare la sofferenza della gente, e da qui nasce un nuovo rapporto con Dio.

La grande rivoluzione religiosa compiuta da Gesù è quella di aver aperto un’altra via di accesso a Dio, diversa da quella del sacro: l’aiuto al fratello bisognoso, previa necessità dell’apertura agli altri e quindi della cura e dell’amore per tutte le creature (Mori B.). La religione di sempre non ha più il monopolio della salvezza attraverso i suoi sacerdoti: il cammino più sicuro è quello dell’aiuto al bisognoso (Pagola J.), perché ciò che più distingue il Dio di Gesù è l’umanità. Con questo intendo dire che il Dio che si è fatto conoscere in Gesù, lo troviamo innanzitutto nell’umano, prima che nel sacro, prima che nel religioso. Dunque l’esperienza di Dio la si fa innanzitutto nell’ambito profano, non nel sacro o nel religioso. Alla samaritana al pozzo Gesù dice chiaramente che, da quel momento, la vera religione, il vero tempio, il centro di tutto non sta né in un luogo né in un altro, né in questa religione né in quella, ma “nel cuore dell’uomo”, nell’incontro con l’altro. Cioè, dove si riproduce quello che è avvenuto nell’incontro di Gesù con la samaritana. Gesù realizza così il passaggio dalla religione esteriore alla spiritualità interiore. E qui, in questo sta “il sacro” (Castillo J.M.). Il profano cioè diventa sacro. Con buona pace dei preti, siamo davanti alla relativizzazione di tutte le strutture religiose. Però chi afferma una cosa del genere è sempre stato considerato dalla Chiesa un pericoloso eretico, e questo è il motivo per cui il potere ecclesiastico ha ucciso anche Gesù. Invece, a ben vedere, questo significa che Dio ha un rispetto totale dell’umano, per cui tutto quello che va contro l’uomo, e tutto quello che si fa nel mondo per soggiogare gli altri, o per costringerli all’obbedienza, non viene da Dio.

Va ribadito che la Buona Notizia raccontata dai vangeli non inizia nel Tempio e non è venuta dai suoi funzionari e dalle sue cerimonie sacre, ma viene dal deserto, da un profeta che vive spartanamente nel deserto (Mc 1, 6ss.) e non è neanche un sacerdote. Il Vangelo non inizia con l’aspetto religioso, ma con quello laico. Pensiamo anche a come l’annunciazione avviene in una casa privata (Lc 1, 26ss.), a come l’incontro fra Maria ed Elisabetta avviene parimenti in una casa privata (Lc 1, 40ss.), e vediamo subito che lo Spirito Santo non scende sulla persona che sta pregando in chiesa, ma si manifesta nelle relazioni umane, dove c’è una comunicazione di vita: infatti Elisabetta fu subito colmata di Spirito Santo (Lc 1, 41).

Se in Lc 10, 30-35 Gesù afferma che chi si è occupato dell’urgente necessità umana è stato un samaritano miscredente, un infedele destinato alla perdizione secondo l’insegnamento del santo magistero, e non il pio sacerdote ebreo che è passato girandosi dall’altra parte, ciò che Gesù realmente insegna è che la necessità umana viene prima dell’osservanza divina, e che il professionista della religione non è in grado di risolvere i problemi perché anziché soccorrere chi è nel bisogno voleva restare puro per Dio, e questo gl’impediva di toccare il ferito che l’avrebbe contagiato con la sua impurità. E, in definitiva, ciò che la parabola del samaritano segnala, è che la religione può diventare perfino una minaccia, un pericolo per la misericordia che unisce le persone. Come pure può diventare una forza di scontro e divisione che separa le persone, i popoli, e i gruppi umani (pensiamo solo all’attuale guerra fra cristiani, fra russi e ucraini, dove il patriarca di Mosca, duro e puro, condanna i decadenti costumi cristiani degli ucraini che guardano troppo ad occidente).

Anche in Lc 17, 11-19, dopo essere stati guariti dalla lebbra, i giudei «religiosi» vanno subito ad adempiere le osservanze imposte dalla religione. Solo il miscredente samaritano, appena si è reso conto di essere guarito, non pensa alla religione. Pensa a chi lo ha realmente guarito, e per questo torna a ringraziare Gesù. Cosa significa tutto questo? Nella misura in cui la religione non pone l’umano al suo centro, bensì una realtà infinitamente superiore all’umano, in questa stessa misura la religione disumanizza, indurisce il cuore e fa pensare ai credenti che ottemperando agli obblighi religiosi hanno con questo esaurito ciò che si deve fare, hanno fatto la cosa più encomiabile e importante che si possa fare. Invece non è così: il «sacro», il «religioso» e lo «spirituale» sono accettabili, e possono diventare mezzi per incontrare Dio, solo nella misura in cui ci umanizzano, ci fanno più profondamente umani. La grande novità di Gesù è che ha spostato il concetto di ‘sacro’ dalla religione e dal Tempio all’essere umano e al creato (Mori B.; Lopez Vigil M.).

Anche Matteo, con il giudizio universale (Mt 25, 31ss.), indica gli elementi in base ai quali Dio giudicherà, e sono tutti elementi della quotidianità profana. Alla fine dei tempi cosa succederà? Lo trovate scritto nel vangelo; leggete bene, e mettete da parte il foglietto su cui avete segnato puntigliosamente le ore di preghiera, le messe, le adorazioni dell’ostia, le confessioni sopportate con cristiana rassegnazione e le eventuali giustificazioni da tirare fuori nel caso Dio fosse più esigente di quanto i preti ci hanno raccontato. Il Signore ci chiederà se lo avremo riconosciuto nel povero, nel debole, nell’affamato, nell’anziano abbandonato, nel parente scomodo, nello straniero. Sì, avete capito bene. Il giudizio sarà tutto su ciò che avremo fatto, e sul cuore con cui lo avremo fatto (Castillo J.M.). Allora non è forse un caso se su un’identica linea si pone anche la Bibbia. Quando Abramo nell’ora più calda del giorno siede davanti all’ingresso della tenda e vede arrivare tre forestieri corre loro incontro, li invita a venire a riposarsi e rifocillarsi da lui, offrendo loro il meglio di quello che aveva (Gn 17, 18ss.).

Ora, provate a mettere al posto di Abramo il nostro Salvini e a quello di Sara la Meloni, sapendo che entrambi si proclamano cristiani (uno baciando il rosario, l’altra affermandolo espressamente). V’immaginate questo Salvini correre incontro agli stranieri che arrivano stanchi e affaticati e invitarli a casa sua per riposarsi e rifocillarsi, poi correre a prendere il miglior vitello dalla carne tenera che aveva, poi correre dalla Meloni e sollecitarla a impastare la miglior farina? Eppure la Bibbia fa subito dopo intendere – con la promessa ad Abramo che avrà un figlio fra un anno (Gn 17, 10) - che l’ospitalità produce futuro e vita. Oggi invece per coloro che si proclamano cristiani sembra che l’accoglienza non conti affatto; conta la sicurezza, la nostra identità di italiani che non deve essere contaminata. Ma se è vero quello che ci dice la Bibbia, più confini si mettono e meno futuro e meno vita avremo (Marmorini G.).

Ancora di più: tutti e quattro i vangeli riportano l’episodio della cacciata dal Tempio (Mt 21, 12ss.; Mc 11, 15ss.; Lc 19, 45ss.; Gv 2, 13ss.), e vedono nel comportamento di Gesù un «attacco» al Tempio e a tutto ciò che il luogo sacro rappresentava. Portando questo atteggiamento all'estremo, nel Vangelo di Giovanni, Gesù arriva a dire che già siamo nel tempo in cui i veri adoratori non adoreranno Dio in nessun tempio concreto («né su questo monte, né a Gerusalemme»), ma che chi dà vero culto al Padre, lo adorerà in spirito e verità (Gv 4, 20-24). In breve, ci viene detto che lo spazio sacro non è più il luogo appropriato per incontrare Dio. Neanche le cerimonie religiose che si celebrano nel Tempio (oggi in chiesa) sono il mezzo che Dio chiede per relazionarsi con Lui. Perché, sia quello che sia il senso dell'espressione «adorare in spirito e verità», ciò che risulta assolutamente pacifico è che in questo testo Gesù afferma che il vero culto a Dio non è più limitato né circoscritto a un luogo determinato, per quanto santo e sacro che esso sia.

Le persone pie e religiose di allora hanno ammazzato Gesù proprio per questa sua contestazione del sacro e per questa innovativa immagine di Dio che offriva. Se Gesù si fosse presentato oggi, avrebbe probabilmente fatto ancora la stessa fine, in nome sempre della religione, che mette i diritti di Dio prima dei diritti dell’uomo, ed essendo solo questo tipo di religiosi i veri credenti tutti gli altri devono essere esclusi.