Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano




Mancano due settimane al n. 600



di Stefano Sodaro



Da sabato scorso l’ufficio di Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, vale a dire il Dicastero della Curia Romana che si occupa di liturgia, è vacante.

Il Card. Robert Sarah ha infatti presentato le proprie dimissioni che il Papa ha accettato.

Sino ad oggi non risulta alcuna nomina di un successore.

Ed allora viene una suggestione, potente, per nulla provocatoria, molto congeniale invece – almeno così si può presumere – allo stile della “Chiesa in uscita”: pensare, cioè, ad una guida collegiale della suddetta Congregazione, chiamandovi un liturgista laico (avremmo pronto nome e cognome), un’ecclesiologa donna (di cui pure potremmo declinare subito le generalità), una giornalista (ed anche qui ci verrebbe in mente immediatamente una persona precisa), una talmudista (e la ricerca in Italia porterebbe subito ad un’unica ed univoca identificazione), una monaca (sarebbe facilmente producibile al riguardo un elenco) e due ragazzi che vivano con profonda angoscia la condizione emergenziale che ormai si protrae da un anno e che frustra ogni loro sguardo sul futuro.

Una “prefettura” collegiale a sei. Perché la liturgia sia funzionale a svelare il senso della vita e non il contrario.

Dopo il Card. Sarah – che tanto ha avuto a cuore la tradizione più antica della Chiesa -, sei persone che abbiano a cuore la realtà vivente della nostra storia attuale, innamorate tutte e sei, al contempo, della poesia, della musica, della danza, della parola e del silenzio, della montagna e del mare, dell’infinito e del finitissimo, della totalità e della parzialità, del margine e del limite, dell’amare e del non escludere, del coinvolgersi e del non esitare, del sorridere e non dell’urlare, del cercare, del chiedere e non dell’accontentarsi e del fermarsi.

Chi è vicina e vicino alla storia di questo nostro settimanale che, con nostra somma sorpresa, si sta avvicinando al suo numero 600 – corrispondente a quasi 12 anni di pubblicazione online – non avrà difficoltà a comprendere a chi ci riferiamo. Ed anche chi segue l’attività dell’Associazione Culturale “Casa Alta” starà forse ridacchiando al facile comporsi dei nomi dei sei.

Ridere fa bene, molto.

Ma che cosa vogliamo dire con questa “messa in scena” – nel senso più alto, bello e vero, dacché molto ci piace il teatro -?

Intanto che “questa è Chiesa”, cioè che l’assemblea, l’ekklesía, dei credenti non è definita dal culto, ma è vero il contrario: è il culto ad essere definito dalla storia di un popolo, tanto più tormentata e dolorosa quanto più il culto resta distante dalla concretezza della vita di quel popolo, impermeabile alle sue urgenze.

Poi che è la stessa nozione di “Chiesa” a dover essere ripensata. Perché altro è la Chiesa, altro è il Regno, cui segue un genitivo soggettivo: “di Dio”.

E la questione allora diventa ancora più ingombrante, forse imbarazzante, od anzi importante, seria, decisiva: vale a dire che coincide con il contenuto delle tre parole che formano la parola “Dio”. Che significa? Deve significare necessariamente “Qualcosa”? È nome proprio di “Qualcuno”? O di “Qualcuna”? Potrebbe anche non avere alcun nome, rimanere un Silenzio ripieno di armonia e di pienezza significante, significativa.

Naturalmente lungi da noi suggerire al Santo Padre come procedere nelle determinazioni delle nomine di Curia, ci mancherebbe.

È solo una suggestione, appunto. Un brivido di entusiasmo ed anche una speranza.

Sabato prossimo, alle ore 18, sulla piattaforma Zoom, avremo ospite la teologa Serena Noceti, ad un anno dall’Esortazione apostolica post-sinodale Querida Amazonía e da due mesi dal Motu Proprio Spiritus Domini. L’incontro è aperto a tutte e a tutti e le modalità di partecipazione sono riportate sul depliant che compare nell’immagine di accompagnamento a queste nostre righe. Le credenziali per il collegamento possono essere gratuitamente richieste all’indirizzo email casa.alta@virgilio.it

Serena Noceti è socia ad honorem dell’Associazione “Casa Alta”, è stata Vicepresidente dell’Associazione Teologica Italiana (ATI) e tra le fondatrici del Coordinamento Teologhe Italiane (CTI), il suo profilo accademico non abbisogna di presentazioni.

Ci confronteremo intorno al suo volume Chiesa, casa comune. Dal Sinodo per l’Amazzonia una parola profetica (https://www.dehoniane.it/9788810559673-chiesa-casa-comune), uscito con le Edizioni Dehoniane di Bologna nel maggio 2020 e ristampato a settembre scorso.

È un momento importante per il nostro percorso giornalistico e associativo, ma la prospettiva si amplia di molto, si dilata, e l’idea che ci accompagna è di poter fare della nostra ricerca una communitas, o forse una societas, non in senso istituzionale, bensì nel tentativo di “accompagnarsi” gli uni agli altri, le une alle altre ed incrociando pure le diverse alterità (gli uni alle altre, le une agli altri).

Del resto il nostro settimanale si sottotitola, per così dire, “Rivista online di liturgia del quotidiano”. La dimensione liturgica ci ha dunque contrassegnato fin dagli inizi, ma si tratta di una liturgia che faccia corpo con la vita, che sia un tutt’uno celebrativo con la densità effettiva, reale, tattile, materiale, corporea, di ogni nostra giornata.

Fra due settimane si aprirà per Rodafà, ancora, una nuova stagione; sarà, ancora, una svolta, un tornante.

E poi – già lo sappiamo – sarà salita e sarà discesa.

Ma ci piacerebbe che fosse una storia fatta assieme.

Buona domenica.