Albero dei cachi, Magnano - Foto tratta da commmons.wikimedia.org

OMNIA PROBATE


(Vagliate tutto / Ritenete il buono)







Rubrica quindicinale a cura di Guido Dotti, monaco di Bose


n° 13


CURARE IL SISTEMA


Antonio Megalizzi




di Guido Dotti

Fotografia di Antonio Megalizzi tratta dalla rete; al riguardo il nostro settimanale è disponibile a riconoscere eventuali diritti di autore


Il sistema sarà anche malato, ma se invece di curarlo lo aggrediamo ancora di più, la guarigione si fa sempre più lontana.

Antonio Megalizzi citato da Paolo Borrometi, Il sogno di Antonio. Storia di un ragazzo europeo, Solferino Milano 2019, p. 72.


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La retorica secondo la quale “i giovani sono il futuro del paese” (o della società, o della chiesa…) rappresenta il più delle volte un modo per esorcizzare il dato che essi sono parte del presente e come tali andrebbero ascoltati, presi in considerazione, trattati come cittadini a pieno titolo. Qui e ora, non in un ipotetico futuro che, se e quando arrivasse, non troverebbe più questi uomini e donne nella loro condizione di “giovani”, nonostante il fatto che abbiamo esteso a dismisura la durata della stagione di vita chiamata “giovinezza” e l’estensione della categoria di “gioventù”.

Fortunatamente però accade che irrompano nel nostro presente persone come Malala o Greta, punte di un iceberg che danno voce, visibilità, efficacia a un’intera generazione.

Antonio Megalizzi era una di queste figure, divenuto presto adulto senza perdere la passione e la capacità di comunicare e dialogare con i due mondi, quello dei suoi coetanei universitari e quello della società europea nel suo complesso. Viveva a pieni polmoni in un sistema – quello occidentale, europeo in primis – che gli stava talmente a cuore da dedicargli tutta la sua esistenza: non solo le capacità professionali – davvero rare, non solo in rapporto all’età – ma anche l’intensità delle relazioni, il tempo, gli studi… Una società che aveva riconosciuto come bisognosa di cura e non di rigetto o aggressione: cura che per lui significava conoscenza del corpo malato, ascolto attento delle sue sofferenze, diagnosi delle malattie, ricerca di terapie a base di fiducia e di speranza, ma anche di interventi coraggiosi.

La sollecitudine di Antonio per la cura da prestare al sistema europeo malato attraverso un’accresciuta consapevolezza si è infranta contro un’aggressione casuale che tuttavia, paradossalmente, ha dilatato le ricadute dell’impegno di Megalizzi dall’ambito delle comunicazioni radiofoniche – un mezzo di sempre sorprendente “giovinezza” – alla società nel suo complesso, ha fatto risuonare quella voce appassionata in ambiti inattesi, ha conferito autorevolezza all’opera quotidiana di tanti suoi coetanei, donne e uomini arricchitisi del passato di quanti li hanno preceduti e proprio per questo capaci di leggere il presente e di progettare il futuro di una società sulla via della guarigione.


Antonio Megalizzi (Trento 1989 – Strasburgo 2018), cittadino europeo, italiano, trentino e calabrese, giornalista radiofonico, esprime il meglio delle sue doti di comunicatore lavorando nella redazione italiana di Europhonica, progetto europeo sostenuto da RadUni, rete di oltre trenta radio universitarie italiane, volto a raccontare l’Unione Europea ai giovani. Muore vittima di un attentato terroristico a Strasburgo assieme al collega e amico Bartek Orent-Niedzielski, proprio mentre stanno coprendo giornalisticamente la seduta plenaria del Parlamento europeo.


Chiesa monastica di Bose - foto tratta da commons.wikimedia.org