Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano


Dov’è tuo fratello? 



di Paola Franchina



Sabato 29 Gennaio, l’associazione Casa Alta – di cui sono Vicepresidente - ha organizzato un incontro dal titolo “Noi siamo colloquio”, il quale voleva essere un colloquio informale con due relatrici di grande spessore umano e culturale, Franca Feliziani Kannheiser e Silvia Bicciato. Il titolo, che riprende le parole del poeta Friedrich Hölderlin, risulta provocatorio in un mondo in cui l’individualismo pare essere l’unica soluzione ragionevole.

Ribadire la forza del legame sembra paradossale nel postmoderno, in cui l’importanza della relazione viene misconosciuta; dinnanzi al volto sofferente dell’altro, l’uomo risponde: «Son forse io custode di mio fratello?» Gen 4,10. L’unica legge vigente sembra essere quella dell’indifferentismo. Dio, però, con un atto di amore convoca Caino, provocandolo con la domanda: «Dov’è Abele, tuo fratello?» Gen 4,9. L’ interpellanza di Dio intende riportare l’uomo a sé stesso, conducendolo a riscoprire il luogo ove risiede il senso vita, ovvero il legame.

Chi è Abele? Abele è Mahsa (Zhina) Amini, arrestata a Teheran il 13 settembre 2022 con l’accusa di aver indossato l’hijab nel modo sbagliato e deceduta tre giorni dopo, a causa delle violenze subite nel percorso di “rieducazione” a cui è stata sottoposta. Zhina è Abele: la sua morte, come quella di ogni Abele sulla terra, continua ad interpellare l’umanità.

A seguito del decesso di Mahsa Amini si sono innescate una serie di proteste al grido di «Donna, vita, libertà». Questo diviene lo slogan del movimento indipendentista curdo: un atto di ribellione nei confronti della repubblica islamica dell’Iran. Qual è il motivo della protesta? In un paese, in cui il gruppo etnico dominante è quello persiano, il governo è espressione della minoranza araba – ricordiamo che gli arabi in Iran costituiscono circa il 2% della popolazione - , la quale si contraddistingue per una confessione di fede sunnita. Le cause storiche di questo paradosso sono da ricercare nella rivoluzione iraniana del 1979, in cui prende il potere un governo rivoluzionario nazionalista, sciita islamico, determinando l’avvicendarsi di un’economia capitalistica in direzione di un sistema politico-economico e culturale che vietava le influenze occidentali.

Uno squarcio su questa vicenda ci viene offerto dal regista da Jafar Panahi, il quale è da tempo perseguitato dal regime a causa dei suoi film di denuncia, in cui vengono poste sotto gli occhi della popolazione mondiale le efferate violenze che prendono forma in Iran. In particolare, ricordiamo il film Gli orsi non esistono, il cui titolo intende provocare l’osservatore: gli orsi sono, infatti, segno icastico di tutte le paure che ci costringono all’interno dei nostri confini mentali e che ostacolano il cambiamento.

I film di Jafar Panahi vogliono essere un grido al mondo: gli orsi che ci impediscono di guardare oltre il recinto delle nostre case, che ci confinano nella prigione della nostra indifferenza non devono farci paura, perchè non esistono.

Quello che vi starete chiedendo è: perché ricordare tutte queste vicende in occasione del 700 esimo numero de Il giornale di Rodafa? Il motivo è semplice, il giornale vuole essere un grido lanciato al mondo: “Gli orsi non esistono”. La fatica di informare e di stimolare un pensiero critico è funzionale a corrodere le false paure e il conformismo del pensiero unico, suggerendo percorsi nuovi e forme alternative di stare al mondo. Il cinema, la letteratura, l’arte, la musica e la bellezza, in generale, contengono in sé la forza di convocare l’uomo e di sollecitarlo con la domanda: “Dov’è Abele, tuo fratello?”.