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Pranzo natalizio tradizionale serbo - foto tratta da commons.wikimedia.org



Le bambine, la Comunità, Gesù di Nazaret

di Stefano Sodaro



 

È di questi giorni, anzi di queste ore, un’associazione di terribili notizie: una bambina morta ieri, mentre era in automobile con la sua famiglia, a causa dello schianto di uno degli aerei della Pattuglia Acrobatica dell’Aviazione Militare Italiana vicino a Torino; una bambina morta a Lampedusa, pochi momenti dopo la sua nascita, a causa del terribile viaggio in mare per sfuggire a guerre, fame, ad una soccombenza avvertita come altrettanta certa.

La Comunità – civile, statale, ecclesiale, religiosa, qualunque sia la confessione – forse dovrebbe non evitare di chiedersi: perché? 

Non: perché tutto questo avviene, secondo un’interrogazione quasi metafisica, bensì proprio domandarsi quali siano le cause concrete, precise, indubitabili, di tali morti. 

Ad esempio: abbiamo bisogno delle Frecce Tricolori? Sinceramente, senza polemica.

Ancora: abbiamo davvero paura di un’invasione di genti del Sud del Mondo di cui dobbiamo impedire ad ogni costo la partenza, invece che disegnare i canali leciti di fuga dall’invivibile?

Ma capiamoci bene: sono domande inammissibili, che non si possono porre. Vietatissime.

La comunità plaude alla conservazione dell’esistente, non alla conversione culturale, interpretativa, verso il futuro. 

Non ci vuole poi molto a rendersi conto che un anno fa vinse le elezioni, a man bassa, la forza politica che – unica nella sua splendida solitudine – più si era fieramente opposta ai divieti sanitari necessitati dall’epidemia del Covid. Teniamo tutto com’è, malattia o non malattia, militari o non militari, fame nel mondo oppure no.

La Comunità Ecclesiale – quella che meglio conosciamo, delle altre dovrebbe dire chi in esse vive – sceglie la strada dell’accorta prudenza. Agiamo pure, anche con enorme dedizione e passione, ma sulle conseguenze, non sulle cause, che, in quanto inevitabilmente d’ordine politico, creerebbero qualche imbarazzo. Quando il Papa, piangendo, parla dell’ecatombe del Mediterraneo, riconosciamolo, non si capisce bene a chi si stia rivolgendo.

C’è anche altro: il movimento di opposizione ad ogni pratica e legge abortiva appartiene quasi ad un dogma di fede per la Chiesa Cattolica, ma – come purtroppo attestano le tragedie di queste ore – nascere non basta affatto, se poi solo la morte offre abbracci alle nuove vite. La vita è una, può davvero essere sezionata, nella sua dignità e necessità di cura, in momenti diversi e successivi?

Adesso una notizia.

A maggio prossimo, domenica 12 per l’esattezza, assieme a due amici – di cui, in particolare, uno promotore in primis ed autorevole membro della locale Comunità Israelitica –, proporremo un Convegno a Trieste, aperto a tutti e a tutte, sulla figura storica di Gesù di Nazaret, sul “Gesù storico”, come si dice.

Perché?

Perché è l’intera nostra cultura occidentale a ruotare da millenni intorno a tale nome, senza però che oggi venga più resa critica l’attitudine storica, cioè lapproccio veritativo, nei suoi confronti. Dogma cristiano e limitata certezza delle evidenze storiche sono diventate - a livello di cultura popolare e diffusa - una specie di amalgama che non distingue più nulla, una melassa culturale dal sapore alquanto dolciastro e indigesto.

In altri termini: Gesù non è, non dovrebbe essere, primariamente, oggettivamente – per tutti e tutte, per quella medesima comunità civile e statale e cittadina e nazionale e internazionale – “il Cristo”, bensì “Gesù di Nazaret”: personaggio storico, dunque. Si fa persino fatica a pensarci su. Eppure.

Certo, intorno a questa figura storica si coagula un’appartenenza religiosa che ne riconosce l’imprescindibile primato in termini teologici, che confessa cioè lo stesso Gesù non solo come un personaggio storico, ma molto di più. E tuttavia dalla storia si deve partire, perché altro è la storia ed altro il mito, o comunque il consolidamento di una dottrina. Anni fa, al Consiglio Comunale di Trieste, qualcuno addirittura protestò - diciamo così, politicamente - davanti all’ovvia, di per sé perfino banale, considerazione che Gesù fosse ebreo.

Si tratta, allora, di verificare se appartenga alla sua storia di uomo ebreo – e non alla dottrina cristiana su di lui – la predilezione per chi stava ai margini della compagine sociale, ma anche per chi stava, molto semplicemente, male, malissimo, in tutti i sensi possibili.

Ci sembrava opportuno e doveroso iniziare ad annunciare da oggi, con questo nostro numero 731, lappuntamento della prossima primavera, dove non ascolteremo – tendenzialmente – esponenti religiosi, ma studiosi e studiose, di assoluto primo piano, competenti nelle cosiddette “scienze materiali”, oggettive appunto, come l’epigrafia, l’archeologia, la storia dell’ebraismo degli anni di Yeshua (l’ebreo Gesù, appunto).

C’è qualcosa, intorno a Gesù di Nazaret, che ancora non è stato detto, non sembri presunzione affermarlo.

Se la sua memoria “religiosa” è appannaggio delle diverse fedi (che ovviamente lo possono accogliere o rifiutare), la sua vicenda storica è però patrimonio dell’intera Umanità e ad Essa va riconsegnata. Diventa un compito urgentissimo.

Buona domenica.