E la Chiesa? (continua)
di Dario Culot
Il celebre Tempio a forma di fiore di loto, eretto a Nuova Delhi, è forse il Tempio baha’i più conosciuto al mondo.
Come ogni Tempio baha’i è aperto ai fedeli di ogni religione che intendono raccogliersi in preghiera,
anche perché al suo interno non si celebrano riti di alcun tipo, né ci sono immagini di alcun tipo.
Nei templi baha’i ognuno può sentirsi perciò come a casa sua.
12. - Gesù ci ha fatto intendere col suo modo di vivere e con i suoi insegnamenti che il mezzo per incontrare Dio e relazionarci con Lui non è la religione tradizionale, ma seguire le indicazioni del suo Vangelo. Vale a dire, il mezzo per incontrare Dio e mantenere con Lui la miglior relazione possibile non sta nei rituali sacri di una determinata religione, ma nel progetto di vita profano, così come è stato vissuto da Gesù ed è stato trasmesso dal Vangelo.
A Gesù interessavano i poveri, gli emarginati, gli esclusi, non i luoghi sacri. “Fate fatica ad accettare questa idea?” Ebbene, che Dio si identifichi con gli affamati, gli assetati, i pezzenti lo dice chiaramente, ad es., il racconto del giudizio finale di Matteo 25. Quindi nessuno di noi ha mai conosciuto Dio ma, senza saperlo, il vangelo di Matteo ci dice che tutti lo abbiamo incontrato, e certamente non assistendo a una sfarzosa celebrazione in chiesa, o baciando l’anello del proprio vescovo, rappresentante visibile di un Dio invisibile. E poi, voi ve lo immaginate Gesù Cristo vestito come un vescovo di oggi, o con le scarpette rosse di papa Benedetto XVI?
La religione, ogni religione, è la materializzazione di una spiritualità. È una barca che porta per un certo periodo verso un certo fine. Il problema è cha la gente spesso confonde la religione insegnata dal magistero con Dio. Perciò calza l’esempio con colui che prende il treno per Roma e non scende mai dal treno. Forse il poveraccio che si comportasse così si troverebbe assai bene in quel treno. Però resterebbe lì senza vedere Roma, ossia non arriverebbe mai là dove deve arrivare[1].
La religione cristiana è un’esperienza salvifica,[2] ma è pur sempre uno strumento temporale in cui si vive la salvezza. Non è il fine. È come il dito che indica la luna. L’essenziale è ben oltre il cristianesimo, per cui Dio è ben oltre il cristianesimo che non può pretendere di avere in sé il monopolio della salvezza. È semplicemente una fra le varie possibilità storiche per andare verso la salvezza. Ma sia ben chiaro che non ci si salva perché, col battesimo, si fa parte di un popolo eletto, o perché si è detto tante volte: “Signore! Signore!” Ci si salva solo se abbiamo adottato uno stile di vita analogo a quello vissuto da Gesù.
Ma allora la Chiesa, con i suoi legittimi pastori, è necessaria, o ancor meglio indispensabile?
È umanamente necessaria perché, visto che ci si ritrova in grandi gruppi bisogna pur trovare il modo di coordinarsi, armonizzarsi e andare d’accordo se s’intende andare verso un determinato obiettivo. Non credo invece sia indispensabile per comunicare una verità evangelica. In 1Gv 2, 27 l’apostolo dice che non abbiamo bisogno che qualcuno ci istruisca, basta rimanere nello Spirito che ci condurrà alla verità. Cosa vuol dire? Vuol dire che l’importante è essere aperti: ognuno di noi riceve il dono dello Spirito, e accogliendo questa forza di vita anche ciascuno di noi può uscire dal proprio male; questa stessa accoglienza, inoltre, permette poi a ciascuno di noi di consegnare energia vitale ai fratelli che incrociamo, così che possano anch’essi uscire dal loro male, (Gv 20, 22-23)[3]. Incrementare la vita, rimettere in piedi le persone: questo è il compito per ogni cristiano. Gesù è stato ucciso dal clero di allora e Dio lo ha rimesso in piedi. La Chiesa di oggi sa rimettere in piedi le persone?
Sinceramente non credo che Gesù abbia voluto questa Chiesa che abbiamo, perché non risulta che Gesù abbia affidato al gruppo dei suoi discepoli un ruolo pastorale gerarchizzato[4]. I cristiani delle prime comunità si sentivano prima di tutto 'seguaci' di Gesù. Per loro, credere in Gesù Cristo consisteva nel seguirlo lungo il suo cammino, seguendo i suoi passi, non una gerarchia che mirava a staccarsi dal gregge e porsi al comando delle pecore. Per questo, come ha detto il teologo José Arregi,[5] ancora oggi è la gerarchia che sceglie sé stessa e poi considera sé stessa come scelta da Dio, senza mettere in discussione il modello gerarchico clericale, che quindi tende a rimanere intatto. Ma da dove risulta che Gesù avrebbe voluto che il papa andasse per il mondo come per secoli sono andati i vari papi, cioè come “grandi signori”? Se guardiamo a una bella cerimonia in una cattedrale, ai quei paramenti strani, siamo capaci di dire in che anno siamo? Potremmo essere tranquillamente anche nel ‘700 o ‘800, il che vuol dire che la Chiesa è fuori del mondo. Come ha detto l’amico Silvano Magnelli, oggi è per molti imbarazzante vedere le assemblee decisionali ecclesiastiche infoltite di uomini, peraltro vestiti con abiti che, da soli, danno l'impressione di una separatezza e di una superiorità non solo verso le donne, ma anche verso gli altri laici maschi.
Nessuno ha chiamato Gesù sacerdote, né egli si è comportato da sacerdote in nessun luogo. Anzi, proprio non poteva essere sacerdote nella religione di Israele perché, in quella religione, potevano essere sacerdoti solo i figli della tribù di Levi; invece Gesù non apparteneva a quella tribù, bensì era discendente del re David. Ma anche ammettendo che Gesù sia veramente il nostro unico sacerdote misericordioso e fidato, come vien detto nella lettera agli Ebrei (Eb 2,17; 5,10), non c’è motivo perché nella Chiesa ci sia il sacerdozio rituale. Gesù non era sacerdote neanche quando ha istituito l’eucaristia, la quale ha avuto origine nei pranzi di Gesù con la gente, specialmente nella condivisione dei pani e non solo nella cena di addio. Ma tutto questo è scomparso, e il cibo condiviso si è trasformato in un cerimoniale religioso presieduto da un sacerdote rituale, come lamenta il teologo Castillo[6]. Purtroppo per questo, ogni giorno, ci sono sempre meno preti e sempre più cristiani che restano senza eucaristia.
Invece, stando ai vangeli, l’unico sacerdozio che unisce gli umani a Dio è il sacerdozio esistenziale, vale a dire il “sacerdozio di servizio” che consiste nel porsi a disposizione degli altri durante la nostra esistenza intera, ossia col nostro modo di vivere, perfino in quelle situazioni o circostanze che potrebbero costarci la nostra stessa vita.
Viceversa la Chiesa, col tempo,[7] si è via via trasformata in una comunità chiusa, in cui la forza della tradizione diventa intoccabile e le decisioni della dirigenza schiacciano le ragioni dei singoli, anonimamente incorporati in un gregge che deve essere obbediente. Il termine Chiesa è rimasto così a identificare preferibilmente il clero, coloro che comandano, e non la comunità che deve obbedire. Personalmente aspiro a una Chiesa dove il singolo individuo sceglie responsabilmente, a una Chiesa che si richiami al confronto critico e al rispetto delle opinioni altrui, a una Chiesa che non combatta più per far prevalere le sue credenze con affanno egemonico (nulla di più lontano dal comportamento tenuto da Gesù). Quante volte Gesù ha affrontato in un dialogo argomentato gli scribi, i farisei, i sacerdoti? Mai ha evitato di rispondere alle loro tesi e alle loro critiche. Solo il clero-Chiesa non vuole sentire critiche.
Il racconto giovanneo del buon pastore (Gv 10, 11-18) ci dice proprio in cosa dovrebbe consistere il compito della Chiesa nel continuare la missione di Gesù:
- continuare a donare vita agli altri. E Gesù ha continuato a donare vita anche morendo. Ma in ogni giorno nella sua esistenza Gesù ha espresso quella potenza di vita per cui consolava chi piangeva, perdonava chi aveva peccato, restituiva energia di vita a chi era ammalato, trasmetteva speranza a chi incontrava. È questa offerta di vita che anche noi siamo chiamati a compiere continuamente.
- Gesù dice che nell’ambito della sua comunità la regola è la conoscenza reciproca. Lo scambio di vita che siamo chiamati a realizzare non è il semplice risultato del nostro impegno di generosità – saremmo ancora centrati su noi stessi –, ma è l’espressione di una Presenza più grande in noi e negli altri. Una Presenza che in noi diventa offerta di vita per gli altri e negli altri diventa offerta di vita per noi, essendo tutti fratelli fra di noi. C’è dunque questo intreccio: quando incontriamo gli altri noi approfondiamo la conoscenza di Dio che è in noi come principio del dono che offriamo, e negli altri come fonte della loro bellezza, del loro fascino, della loro perfezione. Se vediamo le cose così, iniziamo un modo sostanzialmente diverso di vivere i rapporti.
- Gesù parla di pecore di altri recinti. Quando cominciamo a vivere i rapporti secondo lo stile di Gesù non valgono più le strutture esteriori di superficie: la lingua, l’appartenenza religiosa, la cultura.
Se ad esempio prendiamo il vangelo di Matteo, Gerusalemme (equiparabile al Vaticano di oggi) viene sempre presentata sotto una luce sinistra, tanto che Gesù risuscitato non apparirà mai a Gerusalemme; apparirà invece fuori Gerusalemme, ad es. sul monte in Galilea. Gerusalemme, considerata la città santa, in realtà è la città assassina che uccide i profeti in nome di Dio. Anche la stella – come detto nell’articolo di luglio al n.774,- che conduce i maghi venuti dall’oriente non brilla mai sopra Gerusalemme, ma torna a brillare solo quando i maghi escono dalla città: “ed ecco la stella” (Mt 2, 9). L’evangelista ci sta dicendo che proprio lì, dov’è la sede centrale dell’istituzione religiosa (come detto, il Vaticano di allora), i segni di Dio non potranno mai essere visibili. In altre parole, ci sta dicendo che più ci si allontana dalla religione e più si riescono a percepire i segni di Dio[8]. Ecco perché la gerarchia ecclesiastica dovrebbe fare un bell’esame di coscienza.
Gesù, una volta che riesce a liberare le persone, raccomanda sempre loro di non ritornare all’istituzione (Mc 8, 26; Gv 5, 14). Avverte i suoi discepoli di stare attenti al lievito dei farisei (Mt 16, 6), cioè quella mentalità dove tutto deve essere formulato attraverso norme, precetti, dogmi da osservare. Quando il vangelo, che contiene il messaggio di Gesù, viene trasformato da stimolo di vita, da pienezza di gioia per l’individuo e quindi da buona notizia, in regole, in norme, in precetti, la vita dell’individuo diventa un inferno. Per questo Gesù non vuole né gabbie, né recinti sacri in cui rinchiudere i suoi seguaci. Se Dio è Amore, è ovvio che l’amore non può essere formulato attraverso nessuna legge, per cui Dio non emana leggi. Non esiste una legge divina cui obbedire, perché nessuna legge può manifestare la ricca realtà di un Dio che è Amore (1Gv 4, 8);[9] c’è solo forza interiore che si riceve direttamente da Dio, che non sta lassù in alto, ma è già qui in basso, dentro di noi. Dunque la spiritualità cristiana non può avere le sue radici nella fedeltà a una legge scritta, men che meno in una dottrina insegnata e imposta dalla gerarchia, ma può averla solo nell’adesione al progetto di Gesù e nel vincolo di unione e amore che, mediante l’adesione a lui, crea lo Spirito. Gesù dice anche che, nel mondo, lui sarà la luce, non la Legge: quel che regola il comportamento degli uomini, allora, non è più l’osservanza alle norme divine contenute nel libro sacro, ma una fede nell’uomo. La Legge viene superata e, come dice Paolo “siamo chiamati a una vita di libertà” (Gal 5, 1-13)[10].
Come ha argutamente osservato un grande spirito religioso,[11] se le congregazioni romane che presiedono alla dottrina della fede fossero state di quel valore che pretendono di avere e che molti, oggi, riconoscono loro, Cristo l’avrebbe detto: un giorno a Roma si fonderanno questi dicasteri, ascoltateli! E invece: No! Gesù ha soltanto detto: ascoltate lo Spirito santo. Non ha neanche detto di ascoltare il suo vicario in terra Pietro e/o i suoi successori, e/o i vescovi[12] (termine, fra l’altro, che non esiste nei vangeli). E lo Spirito santo ognuno lo ascolta in sé, senza che nessuno possa ascoltarlo per un altro[13].
Secondo i ferrei custodi dell’ortodossia cattolica, invece, solo l’infallibile magistero di Roma, cui Gesù ci ha affidato, è in grado di ascoltare lo Spirito santo, per cui se uno obbedisce alla gerarchia è certo di essere unito a Gesù, se disobbedisce è certo di essere separato da Gesù[14].
Invece è da rimarcare che Gesù non ha neanche affidato i suoi seguaci a Pietro e ai suoi successori[15]. Stando sempre al vangelo, nel momento cruciale in cui pronuncia le parole di commiato (Gv 17, 9ss.), a differenza di quanto ha fatto Mosè nominando Giosuè suo successore (Dt 34, 9), Gesù non li affida a Pietro che non viene affatto nominato suo successore e vicario; non li affida al magistero infallibile della Chiesa (cfr. invece n.85 Catechismo), non li affida ad una dottrina o a leggi divine insegnate dal magistero romano, non li affida nemmeno a sé stesso. Invece «Affida coloro che crederanno in lui al Padre, cioè a quella realtà misteriosa che è al di là di tutte le cose, che è all’origine e al termine di tutte le cose e che noi uomini non possiamo mai nominare senza ridurlo alla nostra piccolezza mentale di uomini. “Li affido a Te, consacrali nella verità, siano una sola cosa, come Io e Te siamo una sola cosa”; e vedete, in queste parole di Cristo, egli stesso scompare: noi siamo stati affidati alla presenza invisibile del Dio vivente»[16].
E allora perché mai il papa o il vescovo – che non possono respirare per me, non possono studiare per me, non possono superare nessuna difficile prova per me, non possono amare nessuno per me - dovrebbero essere in grado di tracciare al mio posto il mio percorso verso Dio, minacciandomi che se non li seguo obbediente finirò all’inferno? Come risulta dalla parabola del seme, il processo di trasformazione avviene per ciascuno nel mistero (Mc 4, 27: «senza che nessuno sappia come») e nell’inviolabile santuario della coscienza e della libertà dell’uomo, dove ogni intervento estraneo può solo produrre danni[17]. Lo stesso Padreterno, unico autorizzato a intervenire nell’intimo dell’uomo, non entra mai di prepotenza, ma chiede permesso (Ap 3, 20 «Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui»: ma per poter entrare bisogna anche che, dentro a quella persona, ci sia spazio per accogliere Dio). “Sei il Figlio di Dio Altissimo?” - “Tu lo dici” risponde Gesù al Sommo Sacerdote. Come Pilato o il Sommo Sacerdote noi siamo liberi di credere o no; Dio non si impone, mai. La spiritualità propone; solo la religione impone. Mai Gesù ha detto che lo avremmo trovato solo nella Chiesa cattolica. Anzi, ha detto che il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo (Mt 8, 20), per cui non è né dentro, né fuori della Chiesa, ma si trova nel mondo, nell’universo intero, perché il suo regno non è di questo mondo[18] (Gv 18, 36).
In questi periodi di ansia, vedendo come vanno le cose nel mondo attorno a noi, si tende ad aggrapparsi alle sicurezze, ma Gesù ha strappato i suoi seguaci alla sicurezza scagliandoli in un’esistenza imprevedibile[19].
La salvezza è un fatto relazionale, sociale[20]. Non basta amare Dio, come risulta dalla parabola del buon samaritano (Lc 10, 25ss.): il sacerdote e il levita non toccano il ferito per amore di Dio, per onorarlo, per obbedire alla legge divina; invece l’impuro samaritano col suo operato misericordioso vince le divisioni, le contrapposizioni che si verificano fra le religioni e fra le persone religiose proprio per motivi religiosi. Il sacerdote e il levita, che amavano tanto Dio da non avvicinarsi al ferito per restare puri per Dio, falliscono. Solo il samaritano che soccorre l’uomo ferito, senza neanche pensare a Dio, viene indicato da Gesù come esempio di vero credente.
Io spero sempre che la Chiesa accetti, o prima o dopo, un dibattito libero su tutte le questioni che riguardano la comunità senza arrogarsi il diritto esclusivo e assoluto di imporre la sua volontà. Del resto già Karl Rahner[21] diceva, quasi mezzo secolo fa, che esisteva una grande differenza fra ciò che la Chiesa ufficiale insegna espressamente come contenuto di tale fede e ciò che i cristiani comuni conoscono e ritengono di essa nella loro coscienza.
Se quel signore il quale ci parla di una Buona Novella è spesso lo stesso che predica da un posto più alto rispetto agli ascoltatori, vestito con ricchi paramenti del tutto fuori del tempo, che proclama quanto è bella l’umiltà, la povertà, la sofferenza da offrire a Dio e la penitenza, giustamente osservava Kierkegaard: “non capisco come nelle cattedrali, nelle chiese, davanti a questo spettacolo di un signore così vestito su quel trono maestoso, quando parla di questi argomenti la gente non scoppia a ridere: va via, tu sei matto, tu hai perso la testa!…”[22]. Ecco, mi sento molto più vicino a Kierkegaard che a san Pio X, per cui continuo a pensare che il cristianesimo sia ancora tutto da compiere[23].
Ripeto per l’ennesima volta che non si è cristiani osservando scrupolosamente i dogmi e la dottrina cattolica e obbedendo al magistero. Questo atteggiamento di obbedienza ha poco a vedere con la fede. Aver fede in Dio significa, innanzitutto, essere una buona persona, in modo da riuscir a diffonde la felicità fra gli altri[24]. Lo specchio del comportamento etico del cristiano non è il proprio parroco o il proprio vescovo, ma il volto di coloro che vivono a contatto con lui. Quando questo volto esprime pace, speranza, gioia e felicità, perché il suo comportamento genera tutto questo, allora è evidente che il suo comportamento è eticamente corretto[25]. E questo può accadere anche quando si è violata la dottrina insegnata in chiesa, e può essere messo in pratica anche da chi non fa parte della Chiesa cattolica.
Non credo neanche che siano solo i vescovi gli unici capaci di diffondere la luce del cristianesimo con le loro verità dogmatiche o ricavate dalla tradizione. La Chiesa, come ogni istituzione, tende a difendere, con sé stessa, lo status quo. Ogni grande riforma può perciò venire solo dal basso, perché chi ha ormai acquisito la posizione di ‘pastore’ si aspetta di vedersi riconosciuto come tale, si aspetta un ‘osanna’ alla propria capacità di far risplendere la religione, si aspetta un ‘osanna’ per aver illuminato l’umanità. Gesù, invece, ha cominciato la sua missione nella zona più malandata e misera della Palestina, spinto colà dallo forza dello Spirito (Lc 4, 14). Dunque, secondo l’evangelista, se è stato lo Spirito a spingere in quella direzione, significa che Dio stesso voleva si cominciasse lì, dal basso, dagli ultimi, dagli esclusi, ed è quindi dagli ultimi il da dove ci si poteva e ci si può ancora sintonizzare meglio con Gesù. Si deve allora tener ben presente che è solo da dove si era posizionato Gesù che possiamo incontrare più facilmente quel Dio che si è fatto conoscere in Gesù. In altre parole, questo vuol dire che possiamo sapere qualcosa di Dio non attraverso i nostri dotti discorsi teologici, non attraverso l’insegnamento di chi ha studiato Gesù sui libri di teologia rinchiuso nelle aule universitarie, ma attraverso la vita di Gesù, perché la vita e il comportamento di Gesù sono l’unica rivelazione di Dio. Ecco perché cristiano è chi segue il comportamento di Gesù, non chi crede a una determinata dottrina teologica. Si è cristiani non per quello che si afferma, ma per quello che si fa.
(continua)
NOTE
[1] Castillo J.M., Teología popular, II, Desclée De Brouwer, Bilbao (E), 2013, 88.
[2] Salvezza è portare l’umanità alle conseguenze estreme cooperando con Dio. Non è un atto magico che scende dall’alto. Serve collaborare con l’energia divina che è dentro di noi. Salvifico è tutto ciò che ci aiuta a completarci come esseri umani.
[3] Molari C., Amare fino a morirne, Gabrielli editori, San Pietro in Cariano (VR), 2024, 69.
[4] Ad esempio ci hanno insegnato che la Chiesa è Madre. Anzi, non può avere Dio come padre chi non ha la Chiesa come madre. Ma se la Chiesa è Madre, com’è che la sua gerarchia è composta solo da maschi? Non è già questa una contraddizione? Il tentativo di restaurazione euro-centrato di papa Giovanni Paolo II e Benedetto XVI sembra aver avuto scarso esito. Con papa Francesco non si insiste più su una Chiesa Madre e Maestra (che ovviamente la scienza rifiuta), ma di più su una Chiesa in uscita, dove la pastorale conta più della dottrina, con possibilità di avanzamento per chi si sente pronto e con rallentamenti per chi non se la sente.
[5] Arregi J., Il Sinodo in un vicolo cieco, 12.7.2024 nel Blog dell’Autore in Religión Digital (www.religiondigital.com).
[6] Castillo J.M., commento a Gv 6, 1-15, ripetuto il 28.7.24: ciò che voleva Gesù era la convivialità, la mensa condivisa, destinata a costruire una comunità umana basata non sulla religiosità, né sulla devozione e men che meno sulla sottomissione al potere sacerdotale. La convivialità di Gesù con tutti, iniziando dai peccatori e dai miscredenti, era stata pensata per costruire la convivenza e le relazioni umane sulla bontà, sul rispetto, sull’aiuto reciproco e sulla solidarietà.
[7] All’inizio, il soggetto ecclesiale era la comunità stessa, ma presto esso si è trasferito nella gerarchia, creando un potere e una dipendenza che permangono fino ai giorni nostri.
[8] Maggi A., La follia di Dio, ed. Cittadella, Assisi, 2010, 128.
[9] Idem, 15.
[10] Questo, naturalmente, non dovrebbe riguardare solo l’ambito religioso. Pertanto, giustamente viene posta questa domanda: quando entriamo negli spazi del vivere quotidiano, nel confronto con le donne e gli uomini del nostro tempo, l’immagine che diamo è quella della libertà dello Spirito o quella di coloro che sono preoccupati di porre paletti o di disegnare recinti? (Casati A., Le paure che ci abitano, ed. Fraternità di Romena, Pratovecchio (AR), 2010, 73).
[11] Vannucci G., Nel cuore dell’essere, ed. Fraternità di Romena, Pratovecchio (AR), 2004, 117.
[12] Presto, nella Chiesa, si è arrivati all’esaltazione smisurata dei vescovi. Ad es. nella Didaskalía, una specie di raccolta canonica della prima metà del terzo secolo (Didaskalía, XXVI, 4, ed. Funk, 104) si arriva al punto di paragonare il vescovo a Dio: “Il primo sacerdote e levita per voi è il vescovo; egli è colui che insegna la parola ed è il vostro mediatore… regna al posto di Dio e deve essere venerato come Dio, perché il vescovo vi è di guida in rappresentanza di Dio”. Per fortuna oggi nessuno osa simili paragoni.
[13] E neanche Dio-Padre ha mai detto di ascoltare i vari dicasteri: alla fine della Trasfigurazione ha solo detto di ascoltare Gesù (Mt 17,5; Mc 9, 7; Lc 9, 35).
[14] Ricordate cosa aveva detto il cardinal Ruini? La fede è viva solo se mediata dall’autorità della Chiesa, solo accettando l’autorità della Chiesa; al di fuori del recinto della Chiesa la fede è morta (riportato in Mancuso V. Io e Dio, ed. Garzanti, Milano, 2011, 197).
[15] Non è ovviamente di quest’idea il magistero della Chiesa: “L’unica vera religione è quella che Gesù Cristo stesso ha fondato ed affidato alla sua Chiesa perché la difendesse e la propagasse” (Papa Leone XIII, Enciclica Immortale Dei, 1.11.1885).
[16] Vannucci G., Nel cuore dell’essere, Fraternità di Romena, Pratovecchio (AR), 2004, 120.
[17] Maggi A., Parabole come pietre, ed. Cittadella, Assisi, 2007, 29.
[18] Vannucci G., Il richiamo dell’infinito, ed. Fraternità di Romena, Pratovecchio (AR), 2006, 206.
[19] Pagola J.A., Gesù, un approccio storico, ed. Borla, Roma, 2009, 314.
[20] Scquizzato P., Dalla cenere alla vita, Paoline, Milano, 2019, 57.
[21] Rahner K., Fede ufficiale della Chiesa e credenza effettiva del popolo, in Società umana e Chiesa di domani, Paoline, Cinisello Balsamo (MI), 1986, 283-294.
[22] Già nel secolo XII san Bernardo aveva scritto al suo amico, il papa Eugenio III (papa tra il 1145 ed il 1153), dicendogli: «Quando il papa, vestito di seta, coperto d’oro e di pietre preziose, avanza cavalcando un cavallo bianco, scortato da soldati e da servitori, assomiglia più al successore di Costantino che a quello di san Pietro» (Y. Congar, Per una Chiesa serva e povera, Edizioni Qiqajon, Magnago 2014, 126).
[23] Collin D., Il cristianesimo non esiste ancora, Queriniana, Brescia, 2020, 13.
[24] Castillo J.M., Teología Popular (I), ed. Descelée De Brouwer, Bilbao (E), 2012,106.
[25] Castillo J.M., Fuori dalle righe, ed. Cittadella, Assisi, 2010, 62.
Pubblicato il volume di Dario Culot che ripropone in una nuova veste editoriale, ed in un unico libro, molti dei suoi contributi apparsi sul nostro settimanale: https://www.ilpozzodigiacobbe.it/equilibri-precari/gesu-questo-sconosciuto/