Michela
di Stefano Sodaro
San Michele Arcangelo combatte contro Satana - Guariento di Arpo (1310-1370) - Museo Correr di Venezia
Raccontiamo una storia, però vera.
Nei giorni in cui si sta restaurando e riallestendo, trasferendola dal suo eremo di Crotte di Strambino al Castello Vescovile di Albiano, la biblioteca che fu di Adriana Zarri, viene singolarmente trovata (con grande stupore dello scopritore, carissimo amico del qui scrivente) una lettera – di cui l’autore, confessa, s’era persino dimenticato – con cui tale Stefano Sodaro inviava alla grande mistica del Canavese, Adriana Zarri appunto, il volume Liturgia del quotidiano, pubblicato nell’ormai lontano 2009.
Che sia stato un angelo a far rinvenire quella lettera – datata da Trieste il 1° giugno 2009 – tra le mani di chi, e dovremmo pur specificare: unico tra i molti e le molte, era in grado di comprendere quale filo misterioso conducesse dal capoluogo giuliano al Piemonte e viceversa?
Ma un angelo è faccenda troppo indeterminata, non foss’altro perché l’identità sessuale delle creature angeliche è questione da millenni controversa.
Tuttavia: e se fosse stato proprio Michele Arcangelo? Vediamo.
Michele, מִיכָאֵל nella lingua ebraica (pronuncia, più o meno, corrispondente a: “Mikaèl”), tradotto sarebbe: “chi è come Dio?”. La domanda, in effetti, si pone: chi può mai essere come Dio? Qualcuno o qualcuna?
Ad un’ora e venti di macchina da Albiano sorge la maestosa Sacra di San Michele (tu guarda…), ove trascorse lunghi periodi della sua vita don Clemente Rebora, prete rosminiano e poeta imprescindibile nella storia della letteratura italiana.
Ebbene, Antonio Rosmini, fondatore della Congregazione religiosa cui appartenne Rebora, al 2° articolo delle Costituzioni dell’Istituto della Carità – come volle chiamare tale congregazione -, nell’ ultima versione del 1855, ne descrisse la natura con le seguenti parole:
«La Società dei fratelli che prendono il nome della Carità, dedicata al Redentore nostro Gesù Cristo, alla beata sempre Vergine Maria, al beato Michele Arcangelo, ai beati Apostoli Pietro e Paolo e a tutti i Santi, si compone di fedeli cristiani che, vivamente accesi dal desiderio di essere discepoli del medesimo nostro Signore e Maestro Gesù Cristo, attendono alla propria perfezione con vicendevoli aiuti ed esortazioni.»
Di nuovo Michele Arcangelo: che c’entra, fra l’altro, accanto a Gesù Cristo, Maria, Pietro, Paolo e tutti i Santi?
Ebbene, la nostra ipotesi – certo, del tutto fantasiosa, ma guai a censurare le fantasie non violente – è che, in realtà, si tratti di MichelA, al femminile, proprio perché il sesso degli angeli è un enigma e, pertanto, la declinazione del loro nome al femminile non si può né escludere né condannare, ma, forse, auspicare.
La devozione rosminiana magari potrebbe portare – era impossibile nell’Ottocento -, tanto più alla scuola poetica di Clemente Rebora, a nuove, inaudite ma ormai necessarie, aperture verso una vera e propria cristologia femminista. Una “conversione”, cioè, non solo dell’immagine di Dio, ma anche del dato storico – indubitabile, ci mancherebbe – della maschilità di Gesù di Nazaret secondo una prospettiva, strettamente teologica, non esclusiva né escludente per quanto riguarda il tanto aborrito “gender” (nient’altro che “genere”, come va tradotto dall’inglese …e basta!). Chissà se anche il pensiero teologico di Bonhoeffer, anzi proprio la sua Cristologia, consenta approdi simili. Di lui, di Bonhoeffer, parleremo assieme giovedì prossimo su Zoom (tutti i dettagli sono presenti nella locandina informatica che compare in questo numero del nostro settimanale). Michela Murgia (ancora Michela…) – della quale tra un mese, pressoché esatto, ricorderemo un anno dalla morte – era capace di queste folgorazioni teologiche, di accendere queste luci verso nuovi orizzonti di senso e di vita.
Le fantasie, appesantite o alleggerite dall’afa, portano lontano. Ad altre scoperte interessanti.
Ad esempio, il regista messicano Andrés Castuera-Micher ha proposto un lavoro teatrale in cui la protagonista non è – in spagnolo - Jesús de Nazaret, bensì Jesús de Nazaret, con la “a” finale. Una donna. Si veda un trailer della rappresentazione qui.
Allora, provando a chiudere il cerchio, potrebbe davvero essere accaduto che l’Arcangela Michela – messaggera di un Dio finalmente incarnato in una donna – abbia condotto per mano il carissimo amico Carlo Pertusati a ritrovare, nella biblioteca di Adriana Zarri, una mia lettera di 15 anni fa.
Le parole diventano esitanti e poi cessano per fare spazio al silenzio.
La commozione è tanta, troppa.
Michela ci attende da qualche parte, dietro qualche nuovo, insospettabile, sembiante.
Buona domenica.