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Guarigione del cieco nato - Gioacchino Assereto, 1640, Carnegie Museum of Art, Pittsburgh, USA - immagine tratta da commons.wikimedia.org


La religione è spesso un impedimento per comprendere Gesù



di Dario Culot

Il Dio rivelatoci da Gesù non è il Dio che presentano e rappresentano le religioni. Per prima cosa il Dio di Gesù è accessibile a tutti senza intermediari. Invece la religione ha sempre inserito la figura del sacerdote istituzionale che funge da intermediario fra Dio e l’uomo; ma se poi ci viene detto che siamo un popolo dove tutti sono sacerdoti (Costituzione dogmatica sulla Chiesa - Lumen Gentium § 10 - del 21.11.1964), non serve più il sacerdote che si fa l’intermediario fra l’umano e il divino. Per Gesù l’amore di Dio già si trova nel profondo di ogni persona; il suo Dio non ha bisogno di perdonare perché mai si sente offeso; non giudica nessuno ma accoglie tutti a braccia aperte (Mori B.); ma allora non c’è più bisogno di ricorrere a un sacerdote istituzionale neanche per ottenere il perdono dei peccati. Gesù non ci chiede di essere credenti, ma di superare i nostri limiti egoistici e capire cosa significa essere umani (Spong J. S.). Dunque essere cristiani non significa essere particolarmente religiosi, ma essere particolarmente umani (Mori B.). Solo diventando più umani possiamo anche noi essere figli di Dio.

Per quanto strano possa sembrare, questa preoccupazione di Gesù per la vita e la salute delle persone (perché a questo porta il fatto di comportarci più umanamente con gli altri) ha provocato rifiuto e, in certe occasioni, perfino «scandalo», come fa capire lo stesso Gesù (Mt 11, 6). Come mai fare il bene, lenire pene e mali diventa motivo di scandalo, e perfino, di odio mortale? Perché agendo così Gesù in realtà sfidava il potere dei sacerdoti istituzionali: Gesù curava gli ammalati infrangendo le norme religiose che precisavano quando e come si poteva risanare un malato. prescindendo dal fatto se la religione permetteva o proibiva di farlo, in particolare quando risanava gli ammalati di sabato, giorno in cui quest’attività era espressamente proibita dalla Legge religiosa (Castillo J.M.). Pensiamo alla guarigione dell’uomo dalla mano inaridita nella sinagoga (Mc 3, 1-5), oppure a come Gesù sfida i sacerdoti quando cura il lebbroso toccandolo, altra cosa espressamente proibita (Mc 1, 39-45). Ma per Gesù il Regno di Dio, prima di ogni altra cosa, è questo: curare gli ammalati, alleviare le sofferenze, dare vita. Questo è anche ciò che figura chiaramente nelle istruzioni che Gesù dà ai discepoli mandandoli in giro ad annunciare il Regno di Dio (Mt 10, 1.7); ma questo rendeva nervosi i leader religiosi i quali, da questa disobbedienza e insubordinazione, vedevano minato il loro potere di unici intermediari fra la gente e Dio e preferivano che la gente seguisse il culto e obbedisse ciecamente ad ogni loro precetto, insegnato con autorità. Invece il progetto di Gesù (l’instaurazione del Regno di Dio) era ed è in definitiva un progetto profano di “umanizzazione” e non un progetto religioso di “santificazione” affidato a un’istituzione religiosa (Mori B.).

Anche il vangelo ci è stato spiegato in base a chiavi di lettura che hanno avuto in mano coloro che normalmente insegnano «con autorità», partendo dalla religione, ossia con potere religioso. Però, come sappiamo bene, coloro che detengono tale «autorità» e ritengono di avere il monopolio del potere religioso sono sempre persone che non stanno proprio in basso, bensì in alto, che non sono soliti sedersi agli ultimi posti, bensì ai primi, che si considerano come gli eletti e i favoriti da Dio e, di conseguenza, non possono vedere il mondo alla stessa maniera dei «bambini», dei «piccoli», degli «ultimi», degli «esclusi», eccetera. Come infatti diceva lo psicoanalista Carl Gustav Jung, noi non vediamo le cose per come sono, ma per come siamo. Il da dove si vedono le cose determina e condiziona il come si vedono le cose. È indubbio, allora, che una persona nata e vissuta nelle baraccopoli (pensiamo alle favelas del sud America), dove vive a stento con un euro al giorno, vede la vita in modo diverso da come la posso vedere io, nato e vissuto nella media borghesia, o da come la vede il miliardario Flavio Briatore convinto che nessuno possa vivere in Italia con 1300 euro al mese, somma con cui vive invece la maggioranza degli italiani. Questo valeva anche ai tempi di Gesù. Perciò in Galilea non si vedevano le cose come le si vedeva nella capitale Gerusalemme, né si viveva la religione come la si viveva in Gerusalemme.

E allora, è chiaro che i teologi ufficiali di oggi, come gli scribi ufficiali dei tempi di Gesù, leggono, interpretano e spiegano la religione usando una chiave che combacia con il loro punto di vista, con i propri interessi, con i propri privilegi e con la loro alta e insigne posizione. Calza a proposito il racconto del vescovo Mimmo Battaglia di Napoli: da giovane seminarista, aveva partecipato a un pranzo che l’ha molto colpito e lo fatto molto riflettere. Davanti a lui c’era il vescovo brasiliano Helder Câmara, vestito con una semplice saio, che dopo aver mangiato la pasta al sugo di pomodoro aveva rifiutato la carne dicendo che i suoi parrocchiani non potevano godere di quel lusso in Brasile; quando il vescovo italiano – che non si capacitava di come il suo confratello mangiasse così poco e non volesse alla fine neanche bere il caffè, che per di più era brasiliano,- ha insistito, Helder Câmara gli ha risposto in tutta semplicità ma con convinzione: “Vedi fratello, in Brasile noi coltiviamo il caffè, ma poi non possiamo berlo; il caffè è per i ricchi e nella mia comunità non possono permetterselo, quindi neanch’io lo bevo”.

Non è allora un caso, se guardiamo con attenzione ai vangeli, che Gesù ringrazi il Padre che «ha nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti» mentre le «ha rivelate ai piccoli» (Mt 11, 25; Lc 10, 21). Qualunque sia l’interpretazione che si vuol dare a questo passo, non c’è dubbio che qui il vangelo sta dicendo qualcosa di assai forte, perché afferma che proprio gli esperti e i professionisti della religione (clero e teologi) sono coloro che normalmente non si rendono conto di ciò che realmente rappresenta la storia di Gesù, anche se poi pretendono di essere i veri rappresentanti di Gesù in terra e di essere i soli a poterlo interpretare. Invece solo coloro che non hanno né titoli, né convinzioni, coloro che non hanno nulla da dire, coloro che vivono con poco possono sintonizzarsi facilmente su Gesù, comprendendo meglio la sua vita e il suo messaggio. Costoro possiedono un’unica cosa: la propria umanità. Non hanno ricchezze, mancano d’influenze, non possiedono né titoli, né riconoscimenti, e non vengono mai ascoltati in nessun luogo. Sono i signori «nessuno». Chi di noi oggi accetterebbe di sentire l'opinione di un drogato o di una prostituta che magari va contro l'opinione della Conferenza episcopale? Invece, stando ai vangeli, quando all’uomo non rimane altra cosa che l’essenziale della condizione umana, vale a dire la sua umanità, proprio allora l’uomo si connette con Gesù e con il Dio di Gesù, con un’intensità e con un grado di sintonia che non viene raggiunto né dal sapere, né dai titoli, né dai talenti degli intelligenti e, ancor meno, dall’erudizione degli scribi (Castillo J.M.).

Ecco spiegato perché la religione diventa facilmente un impedimento per comprendere Gesù: nel progetto della religione infatti il centro determinante di tutto sta nel sacro, con la sua dignità, il suo potere, le sue liturgie, le sue norme, le sue proibizioni; invece nel progetto di Gesù il centro di tutto sta nell’umano, nel rispetto verso tutti, siano o non siano religiosi, abbiano o non abbiano credenze, siano persone buone o cattive, siano ortodossi o eterodossi, siano nostri compaesani o stranieri, siano etero od omosessuali. In poche parole, Gesù ha tolto la religione dalle mani dei sacerdoti, che per questo lo hanno ucciso. Gesù ha trascinato la religione fuori dall’ambito del sacro, per porla piuttosto nella vita, visto che i vangeli sono innanzitutto vita. Con Gesù sacro e profano non sono più due dimensioni distinte (Mori B.). Il progetto religioso comporta come componente necessaria la differenza, mentre il progetto di Gesù si basa necessariamente sulla comunione. Per questo le religioni monoteiste normalmente separano, dividono, fanno scontrare credenti con altri credenti, e da questo nascono intolleranza, violenza e guerre di religione. Non ci può essere pace finché le religioni vengono intese in maniera esclusivista. Al contrario, il vangelo di Gesù unisce, supera le distanze e le diversità, smussa gli spigoli ed è sempre comprensivo e tollerante. Di modo che i «presunti cristiani» che non hanno proceduto (o non procedono) così, stanno semplicemente tradendo il progetto di Gesù (Castillo J.M.).