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Il giuramento del Presidente Joe Biden - foto tratta da commons.wikimedia.org




Biden e la comunione


di Dario Culot

Il 28 aprile di quest’anno la Rivista dei gesuiti americani ha riportato la notizia che la Conferenza Episcopale Statunitense (Usccb, cioè la CEI americana) stava valutando se inviare o meno all’attuale presidente degli Stati Uniti un messaggio assai forte di censura qualora avesse insistito nella sua posizione di sostegno alle politiche abortive[1]. Simile messaggio ovviamente doveva valere per tutti i politici americani secondo il principio “parlare a nuora perché suocera intenda”. La decisione dovrebbe essere presa entro il 18 del mese di giugno, e deve avere una maggioranza di 2/3 dei votanti. Ovviamente i votanti sono solo uomini, come se fossero loro a dover affrontare concretamente il problema dell’aborto, e non le donne.

È assodato che negli USA vi è ormai una netta spaccatura fra coloro che la pensano come il cardinal Gomez (attuale arcivescovo di Los Angeles nonché presidente dell’Usccb, favorevole della censura) e coloro che la pensano come l’arcivescovo di Chicago Cupich (contrario alla censura), il che non promette nulla di buono.

Secondo molti vescovi americani questa presa di posizione pro-aborto, da parte di una figura pubblica, è un male morale gravissimo che minaccia la vita umana, e quindi da condannare senza se e senza ma. Ad esempio l’arcivescovo di Kansas City Joseph Naumann, che presiede il Comitato delle Attività Pro-life, sostiene che è necessaria una strigliata pubblica a Biden, su questo argomento fondamentale per la dottrina cattolica, perché uno che si presenta astrattamente come cattolico devoto e poi concretamente fa cose contrarie all’insegnamento del magistero crea grande confusione fra i fedeli. Questi politici che vanno contro la dottrina cattolica non si rendono cioè conto dello scandalo che causano fra i credenti quando si dichiarano fedeli cattolici ma al tempo stesso si oppongono al magistero della Chiesa[2]. Questi personaggi pubblici non possono e non devono assolutamente sostituirsi all’unico insegnamento legittimo, quello del magistero, perché così operando stanno usurpando un potere che spetta solo alla Chiesa-istituzione. Ci si rifà all’Enciclica Evangelium Vitae del 25.3.1995, in cui papa Giovanni Paolo II aveva scritto al §73 che l'aborto e l'eutanasia sono crimini che nessuna legge umana può pretendere di legittimare; e al §88 aveva ribadito che i politici devono opporsi alla promulgazione di leggi pro choice. Perciò il vescovo Naumann ritiene che il Magistero abbia il dovere di richiamare i cattolici che persistono nel peccato grave, e – a suo giudizio,- il documento di censura dovrebbe mettere in chiaro che, se Biden e altre pubbliche figure cattoliche mantengono un simile punto di vista, non dovrebbero più accostarsi alla comunione. Il noto cardinale Burke la mette giù ancora più spessa e sostiene che chi va ostinatamente contro l’insegnamento della Chiesa-istituzione dovrebbe essere scomunicato. Punto e basta! Forse sarebbe opportuno ricordare a questo vescovo[3] che il male mette radici quando un uomo comincia a pensare di essere migliore degli altri, per cui bene ha fatto la Congregazione per la dottrina della Fede, con la lettera del 7 maggio (vedi nota 4), a ricordare che invece di pensare alle scomuniche è meglio confrontarsi nel dialogo, e che – come detto proprio negli USA da papa Francesco nel 2016,- non ci possono più essere guerre per affermare princìpi non negoziabili. L’ascia di guerra dei crociati cattolici deve essere sotterrata.

In ogni caso va dato atto che sul punto non esiste un pregresso documento ufficiale del Vaticano[4]. C’è stata di sicuro una lettera del 2004 del cardinal Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, indirizzata privatamente (e quindi senza valore dottrinario vincolante) ai vescovi americani quando un analogo problema si era presentato con John Kerry (pure lui cattolico e in allora candidato alla presidenza), nella quale si suggeriva il diniego di comunione per tutti coloro che ostinatamente e manifestamente persistono nel peccato mortale, includendo espressamente fra i peccati gravi il promuovere leggi pro-aborto. In quel caso, tutto finì nel senso che ogni vescovo rimase libero di decidere come comportarsi. Oggi questo “approccio patchwork” viene criticato perché crea a sua volta evidenti disuguaglianze e confusione. Si potrebbe però obiettare che devono essere salvaguardate anche le prerogative dei singoli vescovi, perché sono i singoli vescovi i successori degli apostoli, e non le conferenze episcopali che sono solo organismi organizzativi.

Sul versante opposto, va ricordato che il cardinale Wilton Gregory di Washington D.C. aveva già detto pubblicamente che Biden avrebbe sen’altro potuto continuare a fare la comunione nella chiesa che lui sovrintende. Lo stesso ha dichiarato il vescovo W. Francis Malooly of Wilmington, Delaware, dove vive la famiglia Biden, sì che il problema sarebbe superato dal punto di vista pratico (visto che Biden va a messa o a Washington o a Wilmington), ma resterebbe solo a livello di scontro teorico, ideologico.

Proprio per questo, il vescovo John Stowe di Lexington (nel Kentucky) ha ammonito i confratelli che focalizzarsi solo sull’aborto significa minare lo sforzo di papa Francesco il quale esorta a mettere al centro anche altri temi, come l’ambiente, il clima, l’immigrazione, le disuguaglianze; l’aborto è solo uno fra i tanti temi ugualmente importanti che la Chiesa deve affrontare (e il suo punto di vista è stato accolto nella suddetta lettera vaticana). Perché non inserire allora – come si è domandato il vescovo di San Diego (California) Robert McElroy - anche il razzismo fra i parametri per escludere chi non merita di ricevere la comunione? Non è anche questo un grave peccato che minaccia la vita umana? E in particolare questo non è forse ancora più vero proprio negli USA? Anche se non ci può essere uguaglianza, si deve richiedere coerenza.

Per di più, di fronte a un documento di condanna, verrebbe subito rinfacciato alla Chiesa di usare due pesi e due misure visto il cattivo esempio dato da molti alti prelati cattolici “che hanno omesso di proteggere tante vite deboli” (leggi i numerosi casi di pedofilia insabbiati nel corso degli anni da tanti vescovi, che hanno portato perfino al fallimento di varie diocesi, impossibilitate a risarcire i gravi danni creati da propri preti o da loro stessi); anche questo, nell’opinione pubblica è un tema grave per lo meno quanto l’aborto. Ora, se pochi politici passerebbero il test di meritevolezza secondo il severo giudizio della conferenza episcopale, quanti chierici (vescovi compresi) lo passerebbero? Fa sorridere il dover ricordare che quando Ratzinger scrisse la lettera ai vescovi americani nel 2004 il cardinale McCarrick (oggi spretato proprio per pedofilia) era all’epoca a capo dell’Usccb. Insomma, il motto ‘chi è senza peccato scagli la prima pietra’, sembra valere tutt’oggi.

Ma non basta, perché un pronunciamento individuale contro Biden troncherebbe ogni possibilità di dialogo col presidente americano anche su altri temi importanti su cui Chiesa e Stato dovrebbero collaborare, essendo chiaro che se un politico viene additato come esempio negativo dalla sua stessa Chiesa, s’innesta una triste contesa fra potere politico e potere religioso, e questo non farebbe altro che polarizzare l’attenzione su un solo argomento fra i tanti che invece interessano sia la chiesa sia la società, e che invece andrebbero pacatamente discussi. Inoltre è stato fatto notare come in questo modo l’eucaristia sarebbe in realtà usata come un’arma per colpire i politici che non vogliono sottomettersi al magistero della Chiesa cattolica; ma visto che non tutti gli americani sono cattolici, ciò innescherebbe un aspro conflitto fra società civile e potere religioso: i non cattolici, che hanno sempre visto con grande sospetto un presidente cattolico proprio per il timore che possa essere troppo sottomesso a Roma, di certo riterrebbero che un presidente obbediente al magistero non potrebbe più rappresentarli. Effettivamente oggi è impensabile, nella nostra società civile, che un presidente degli Stati Uniti si rechi a Canossa, per di più neanche davanti al papa ma davanti a dei vescovi americani. Mai potrebbe farlo Biden se non vuol perdere la faccia e l’autorità davanti alla sua nazione. Insomma, il vescovo Stowe invita i confratelli duri e puri ad evitare il rischio che l’eucaristia venga strumentalizzata per fini politici, perché è questo ciò che esattamente accadrebbe nel momento in cui la conferenza episcopale escludesse i leader politici, additati come pubblici peccatori in base alle regole insegnate dal magistero cattolico. Da ultimo, siccome notevoli quantità di denaro sono state donate in questi ultimi anni alla Chiesa da filantropi conservatori, i quali sono assai scettici nei confronti di papa Francesco tanto da aver favorito anche Donald Trump su Biden nelle recenti elezioni,[5] si obietta che questo sarebbe un tentativo della Chiesa conservatrice di appagare i propri donatori.

Vari studi statistici stanno a dimostrare che una buona fetta di cattolici, almeno in certi casi, non è contraria all’aborto[6]. I fedeli sono cioè più pragmatici, molto meno ideologici e meno divisivi dei propri vescovi.

A questo punto, di fronte a una simile caterva di alti prelati sicuramente più ferrati di me in teologia, mi permetto sommessamente di aggiungere qualche mia osservazione teologica.

In primo luogo, Gesù non ha mai detto a nessuno “Tu sei nel peccato” Al contrario ha esortato a non giudicare. E allora, di fronte al perentorio invito a non giudicare per non essere giudicati e non condannare per non essere condannati (Lc 6, 37), mi sembra che i vescovi sbaglino quando pensano di non essere fra destinatari di questo richiamo, credendo anzi di essere gli unici legislatori e in contemporanea gli unici giudici delegati da Dio[7]. Il rischio è di vedersi tornare addosso la loro decisione come un boomerang: vedi il caso McCarrick.

Gesù non ha mai parlato di aborto nei vangeli, come non ha mai parlato di gay o di sesso in genere. Per la Chiesa dell’espulsione l’aborto è sempre abominio davanti a Dio, e la donna che lo pratica è sempre un’assassina che va severamente condannata[8] (come l’adultera trascinata davanti a Gesù), e parimenti va condannato chi non la condanna o peggio la supporta. In questo ragionamento opera l’idea di dover estirpare la zizzania. Ma ci si dimentica che il vangelo vuole che grano e zizzania crescano assieme, perché altrimenti c’è il rischio che, con questo sacro zelo, si strappi anche il grano insieme con la zizzania (Mt 13, 24-30). Ma neanche la parabola della zizzania riesce a far deflettere questi vescovi decisi a combattere fino in fondo il male, convinti di essere solo loro già santificati dalla grazia. E nemmeno riflettono sul fatto che costituisce una vera e propria tentazione fanatica e demoniaca quella di voler farsi carico di eliminare ciò che è sbagliato (= che è male) dalla faccia della terra allo scopo di far trionfare solo il bene che essi insegnano. Se ben ricordo è stato don Mazzolari a dire che si diventa fanatici fondamentalisti ogniqualvolta si dimentica che Dio ci dà la consegna di lavorare per il bene, non quella di farlo trionfare. Infatti, nel prologo al Vangelo di Giovanni, c’è un’espressione molto importante, spesso dimenticata nell’insegnamento della religione. Scrive l’evangelista «E la luce splende tra le tenebre» (Gv 1, 5). Non dice che la luce combatte le tenebre. Non si deve pensare di poter estirpare il male vestiti da soldati di Cristo. L’atteggiamento del credente cattolico che ha accolto il messaggio di Gesù non può essere mai bellicoso. Invece ancora molti vescovi sono animati da spirito bellicoso. Dunque, toni da crociata, da soldati di Cristo, atteggiamenti violenti e intolleranti trasformano in zizzania proprio quelle stesse persone che invece si ritengono purissimo grano. Come gli scribi e i farisei avevano trascinato davanti a Gesù la donna adultera urlando “questa donna è una peccatrice che ha violato la legge divina, per cui va lapidata!” ancora tanti vescovi di oggi urlano troppo spesso: “Bisogna aver il coraggio di chiamare le cose col proprio nome, senza se e senza ma; ogni donna che ha abortito è un’assassina, va indicata per quello che è, e dovrebbe essere trattata come omicida dalla legge!” La legge statale però nega che l’aborto sia un assassinio,[9] e la società secolarizzata di oggi non pensa che uno Stato laico debba applicare la legge che il magistero dichiara divina. Quindi, per la mentalità più diffusa nell’odierna società, è la Chiesa che usurpa i poteri di uno Stato libero e indipendente, cercando di dettare allo Stato come legiferare, e cercando di trasformare un peccato (di sua competenza) in reato (non di sua competenza).

Se poi guardiamo un po’ da vicino i vangeli, Gesù non si è mai avvicinato agli uomini attraverso categorie astratte, ma solo nella loro concretezza,[10] e quando si tratta di scegliere fra la legge astratta ed il bene concreto dell’uomo Gesù si schiera sempre a favore del secondo: pensate all’episodio di Zaccheo, indubbiamente ladro e imbroglione (Lc 19, 2-10) secondo le regole astratte;[11] pensate alla samaritana del pozzo, che aveva avuto molti uomini (Gv 4, 7-26), ed era una donna di pessima fama secondo le regole astratte; pensate all’episodio citato dell’adultera (Gv 8, 3), dove i moralisti urlanti vedevano solo un caso che rientrava in precise disposizioni punitive di una legge astratta. Quindi anche l’aborto non dovrebbe essere considerato come una categoria astratta, da risolvere a colpi di principi teorici, come qualcosa in cui ci si comporta o così o colì, o bianco o nero. Nella realtà c’è una persona che sta soffrendo, una persona che sta male, una persona che è di fronte a una decisione durissima. C’è quella persona, quella donna. Come diceva frate Giovanni Vannucci, dobbiamo stare vicino a quel caso concreto, che è sempre unico. Nella parabola del buon samaritano, s’incontra non un caso astratto di scuola, ma una persona concreta: è quella persona che è caduta, sta per terra, sta male. Quindi in questo senso anche l’attenzione verso la sofferenza deve essere un’attenzione concreta, vera. Ecco perché Gesù fa capire, con la parabola, che non ci si può fermare davanti alla legge astratta che proibisce chiaramente di toccare ogni uomo ritenuto morto e impuro. Come non si può rendere astratto l’amore; non si può neanche rendere astratto l’aborto. Pertanto, anche il problema dell’aborto non è un problema teorico, ma sempre concreto. È il problema di questa donna che dolorosamente, tragicamente, decide di non portare avanti una vita. “Io spero – aggiunge frate Vannucci,- che l’umanità giunga domani ad avere rispetto più profondo di ogni vita che nasce, ma anche di ogni tragedia di donna che porta nel suo seno un figlio che può essere non desiderato, che può essere venuto attraverso delle esperienze tragiche, che può implicare delle conseguenze dolorosissime, se venisse portato avanti. Mi sono incontrato molte volte con donne che vivevano fino allo spasimo il problema: abortisco, non abortisco? Erano problemi concreti, legati ad una particolare figura umana. Se noi tracciamo delle linee teoriche, ci troveremo a discutere per tutta l‘eternità e non avremo risolto nulla e saremo passati vicino a quest’aspetto dolorosissimo dell’umanità con indifferenza”[12]. Non si può intervenire nella vita reale sempre con principi assoluti o dogmatici o moralistici o legalistici. Combattere una battaglia astratta può anche farci sentire veri soldati di Cristo, ma attenzione – sottolinea sempre fra Giovanni Vannucci[13]– che così le forme della nostra vita cristiana diventano architetture vuote quando non si calano nella concretezza del reale. Noi cristiani predichiamo i pilastri astratti della nostra fede, ma poi, quando incontriamo concretamente il prossimo (come succede al prete ed al sacrestano del Tempio nella parabola del buon samaritano) restiamo a cavallo, facendo finta di non vedere la sofferenza del caso concreto, e lasciamo che il dolore ci scivoli via, lì accanto. Invece di entusiasmarci per progetti astratti, occorre scendere da cavallo, e stringere nelle proprie mani il volto di chi soffre in concreto, perché il cristianesimo non è e non deve mai essere un’ideologia, ma una partecipazione alla vita concreta guidata dal cuore. Quelle persone pie che hanno trasformato la lotta contro l’aborto in una battaglia personale hanno anche trasformato il cristianesimo in una ideologia, e questo porta alla causa cristiana più danni che benefici. Cristo dice: “Non giudicate!” (Mt 7, 1) e ci dice, invece: “Amate!” (Gv 13, 34)[14] E amandovi risolverete tutto, cambierete il mondo. Quanto sarebbe bello vedere una Chiesa fatta di perdonati, non di giusti, non una Chiesa-tribunale che giudica severamente il gregge ma poi non giudica con lo stesso metro i pastori del gregge. A quanti vescovi che hanno protetto dei pedofili è stato impedito l’accesso alla comunione? Quanti di questi sono stati scomunicati per essere andati ostinatamente contro l’insegnamento della Chiesa-istituzione, come invoca il cardinal Burke? Quanti alti prelati che hanno maneggiato con assoluta disinvoltura mammona sono stati scomunicati?

Una scelta tesa all’esclusione dei soli politici cattolici pro-choise mi sembra perciò un passo sbagliato, capace di portare conseguenze distruttive non tanto per quel che riguarda l’aborto (che certamente non diminuirà davanti a una simile censura), ma per quel che riguarda l’eucaristia e l’unità della Chiesa. Infatti, l’eucaristia è nei vangeli il pranzo dei peccatori, per i peccatori: nell’eucarestia Gesù accoglie i rifiutati dalla religione[15]. La religione, già in allora, imponeva di purificarsi prima di avvicinarsi a Dio. Gesù partecipa al pranzo e si fa pane per gli altri; se gli altri lo accolgono e si fanno pane, sono per ciò solo purificati. Per una certa parte della Chiesa-istituzione sembra che l’eucaristia resti un premio concesso da Dio per i buoni che si sono già purificati. Invece Gesù si offre come regalo, a prescindere dal comportamento di chi lo riceve. Negli Atti degli apostoli, attraverso la concomitante azione della tovaglia scesa dal cielo con i cibi impuri, e del centurione romano che lo chiama nella sua casa, Pietro giunge improvvisamente a una conclusione per lui assolutamente nuova: «Dio mi ha mostrato che non si deve evitare nessun uomo come impuro» (At 10, 28). Dunque è Dio stesso, non una sua conclusione, che gli ha insegnato questa verità. Sono i fatti (tovaglia e centurione) che fanno capire a Pietro quello che prima aveva ascoltato cento volte da Gesù, senza però capire. E Pietro finalmente capisce esattamente l’opposto di quanto insegna ancora adesso la religione, che si fonda su un cardine indiscutibile: la divisione fra puri e impuri; o, se si vuole, fra degni di Dio e non degni di Dio, fra peccatori e non peccatori; tu sei un peccatore e devi starmi lontano; tu invece puoi avvicinarti. Invece Dio insegna a Pietro che nessuno, qualsiasi sia il suo comportamento (etico, sessuale, morale), può sentirsi escluso dall’amore di Dio. Sono gli uomini di religione, allora, che vanno contro Dio quando pongono queste distinzioni.

Anche la parabola del figlio prodigo (Lc 15, 11ss.) c’interpella su questo stesso punto e ci viene chiesto con chiarezza: cosa stiamo facendo della vita che nostro Padre ha dato a noi, e a tanti fratelli nostri che forse disprezziamo, che forse vorremmo restassero fuori da una casa che deve essere aperta soltanto per noi che siamo i buoni, lontani da un tavolo dove solo noi abbiamo diritto di sederci perché siamo i migliori; e se ci sono gli altri, preferiamo non sederci[16]. Questi vescovi che vogliono allontanare dalla mensa il politico peccatore e impuro non stanno affrontando il problema come il fratello maggiore della parabola affrontava il ritorno del proprio fratello? Anche noi probabilmente parteggiavamo per il figlio maggiore, ma la parabola c’insegna tanto buoni e giusti non siamo. Se solo ci fermiamo un attimo a pensare, la parabola ci mette davanti ai reali sentimenti che abbiamo nel cuore, ci fa toccare con mano la realtà che ci nascondiamo da soli. Però ci viene offerta ancora un’occasione per convertirci perché la parabola ci chiarisce che se alle nostre tavole, se nei nostri altari non c’è posto per gli ultimi, per i peccatori impuri, Gesù non si siede in mezzo a noi, anche se continuiamo a credere di essere gli unici suoi invitati.

Un’esclusione dall’eucaristia andrebbe poi contro l’Enciclica Evangelii Gaudium di papa Francesco, che al §47 ha ribadito che l’Eucaristia non è un premio per i perfetti ma una medicina per i deboli; e andrebbe anche contro quanto ha affermato la Congregazione per la dottrina della fede - nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica 21.11.2002, che al §4 afferma: “Poiché la fede costituisce come un'unità inscindibile, non è logico l'isolamento di uno solo dei suoi contenuti a scapito della totalità della dottrina cattolica”. Di nuovo, non si può fare dell’aborto l’unico problema che assilla la Chiesa cattolica. Quindi ammettere qualcuno alla comunione solo in base ai meriti acquisiti sfida direttamente l’insegnamento papale, perché centrare la fede cattolica sul merito anziché sulla misericordia di Dio vuol dire tornare a una dottrina anteconcilio. Se dunque ricevere l’eucaristia non è collegata ai meriti acquisiti, se l’eucaristia deve essere segno di amore di unità, un banchetto pasquale, è chiaro che una decisione di esclusione costituisce un vero e proprio attacco all’unità della Chiesa e alla misericordia.

È curioso allora notare come uno è convinto di esser membro della Chiesa, e invece un altro membro non lo vede affatto come tale. È evidente che chi si ritiene membro della chiesa dell’espulsione ha anche il vizio di voler imporre i suoi dogmi con le armi in pugno, cacciando via chi non li accetta. Il puro ortodosso decide in proprio di potare la vigna che considera sua: decide lui quali tralci sterili tagliare, raccogliere e bruciare. Peccato che in tal modo vada contro l’ammonimento di Gesù (Gv 15, 1s.): non spetta a noi uomini – che siamo tutti tralci,- ma solo al Padre, tagliare i tralci secchi. Non spetta ai tralci – e sono tralci anche tutti i vescovi,- valutare se la crescita del grappolo di un altro tralcio è sufficiente o meno.

Gli uomini di chiesa che si comportano così si appropriano di un potere che non hanno perché non è fondato sui vangeli, e soprattutto sembrano dimenticare un altro punto che secondo me è fondamentale: il Gesù che divide e porta allo scontro gli esseri umani non è e non può mai essere il vero Gesù,[17] visto che Gesù non ha mai escluso nessuno e la sua comunità era per l’accoglienza, non per l’espulsione;[18] era per servire, non per comandare (Mt 23, 11; Mc 10, 35-45). Certo, a tutti noi (alla Chiesa-istituzione in testa) piace comandare e giudicare gli altri senza essere giudicati, ma Gesù ha detto: “tra voi non è così”. Ritengo allora che colga perfettamente nel segno l’affermazione del teologo americano Paul Knitter:[19]«non c’è dubbio che una teologia, per quanto “vera” appaia e per quanto risulti “ortodossa”, se poi, al momento della verità, quel che produce è divisioni tra la gente e tra i gruppi umani, sottomissione umiliante degli uni agli altri, aggressioni a coloro che non la pensano come me o umiliazioni per coloro che sono considerati avversari e, soprattutto, quel che genera è indifferenza di fronte a tanta sofferenza e tanta miseria come vediamo dappertutto, una simile teologia (con tutta la sua “verità” e la sua “fedeltà”) non è se non l’espressione della menzogna e dell’inganno, l’ “errore” insediato nella più stretta “ortodossia”».

Perfino papa Benedetto XVI (ancora il vero papa per i conservatori e i sovranisti di oggi: ricordate quel politico italiano con la maglietta “Il mio papa è Benedetto”?[20]) ha riconosciuto che la Chiesa non possiede la Verità Assoluta quando ha affermato che, se vogliamo parlare del Dio Trascendente, dobbiamo renderci conto che non sappiamo sostanzialmente nulla e riusciamo solo ad accennare alla verità, che tuttavia nella sua totalità non coglieremo mai in questa vita. Ed ha anche aggiunto che “Noi siamo solo collaboratori della verità che non possediamo; è lei che possiede noi, che ci tocca. E nessuno osa più dire "Possediamo la verità", cosicché anche noi teologi abbiamo tralasciato sempre più il concetto di verità”[21].

Mi piacerebbe allora, se mai dovesse passare la censura contro Biden, che i vescovi scrivessero nella motivazione della condanna da essi decisa (convinti che Dio in persona la voglia), come essa si accorda con la parabola del grano e della zizzania, con la parabola della vite e dei tralci, con la parabola del buon samaritano, con quella del figliol prodigo, con quella dell’adultera, con quella della tovaglia e del centurione, con l’enciclica papale e la nota della Congregazione sopravviste. So già che non sarà così, perché chi ritiene di avere il potere divino ed esclusivo di stabilire con tanta sicurezza “tu sei nel peccato, tu sei a posto,” non ritiene di doversi mai giustificare: sa di avere in tasca la verità.

Già papa Paolo VI, nella lettera Octogesima Adveniens del 14.5.1971, ai §§4 e 50 aveva avvertito: “Di fronte a situazioni tanto diverse, ci è difficile pronunciare una parola unica e proporre una soluzione di valore universale” e vi sono sempre dei margini di elasticità rispetto alle soluzioni concrete. Margini che evidentemente non sono infiniti, l’elastico oltre una certa soglia si rompe, ma ciò non di meno essi esistono, e le soluzioni concrete devono tenerne conto. Pertanto “Nelle situazioni concrete e tenendo conto delle solidarietà vissute da ciascuno, bisogna riconoscere una legittima varietà di opzioni possibili”. Davanti a questa chiara condanna del fondamentalismo intransigente, la Chiesa cattolica americana a giugno dovrebbe solo decidere se in una situazione già molto polarizzata vuole essere vista come parte del problema o parte della soluzione.

Gli USA non sono l’Italia,[22] per cui lì stanno venendo al pettine trent’anni di predominio neocon,[23] nato sotto papa Giovanni Paolo II e continuato con Benedetto XVI. L’alta gerarchia americana è ancora per la maggior parte di nomina wojtyliana e ratzingeriana? Non lo so[24]. Si andrà al muro contro muro? Ci sarà lo scontro definitivo fra cattolicesimi diversi? Questo fra il 16-18 giugno lo dovremmo sapere. Personalmente – come scritto da Filippo Di Giacomo,[25]- spero che la lettera di maggio della Congregazione vaticana basti a convincere i vescovi discepoli di Steve Bannon che Cristo non ha fondato la Chiesa a loro immagine e somiglianza.



[1] Vari vescovi sono rimasti turbati e costernati per il fatto che, nel mese di aprile, Biden ha tolto le restrizioni sui fondi federali che Trump aveva messo alla ricerca che utilizzava cellule fetali; ha tolto il divieto di ricevere fondi, sempre posto da Trump, alle organizzazione che incoraggiavano l’aborto; ha tolto l’obbligo di ricetta medica per la pillola del giorno dopo previa visita in loco (basta una ricetta telematica), ritenendo la visita troppo pericolosa causa il coronavirus.

[2] È chiaro che qui si parla della Chiesa-istituzione, e non della Chiesa-comunità come intesa dal concilio Vaticano II.

[3] Dovrebbe anche essergli anche ricordato che chi si mette contro il Papa – come fa lui - dovrebbe essere scomunicato secondo l’insegnamento tradizionale della Chiesa. Quindi, da che pulpito viene la predica.

[4] Sinceramente non vorrei trovarmi nella posizione di papa Francesco. Il sinodo tedesco da una parte, che sembra correre con passo più veloce degli altri e sembra spostarsi verso l’accettazione del ministero femminile e il riconoscimento delle unioni nelle coppie gay; la conferenza episcopale americana che si concentra solo sull’aborto tirando il freno a mano per riportare tutti all’obbedienza. Si profilano due opposte possibilità di scisma all’interno della Chiesa cattolica.

Comunque, il 7.5.21, la Congregazione per la dottrina della fede ha inviato una lettera al presidente della Conferenza episcopale americana invitando tutti i vescovi a riconsiderare il piano predisposto da parte di alcuni di essi per approvare in fretta un documento circa i meriti che bisogna avere per essere ammessi alla comunione, sul presupposto che, come indicato da altri vescovi americani contrari, “sarebbe fuorviante dare l’impressione che l’aborto e l’eutanasia da soli siano gli unici temi centrali della Dottrina Sociale cattolica, che richiedono il più alto livello di rendiconto da parte dei cattolici”.

La lettera è stata inviata probabilmente perché, in giugno, Biden dovrebbe essere ricevuto in Vaticano durante il suo viaggio in Europa. Immaginate, se in contemporanea uscisse la censura dell’Usccb, quale mostruoso cortocircuito religioso e politico scoppierebbe sotto gli occhi dell’interno mondo. Quale danno per l’intera Chiesa cattolica.

[5] L’anno scorso, in campagna elettorale, vari vescovi americani avevano detto che non si doveva dare il voto a Biden perché era favorevole all’aborto e agli omosessuali. Cfr. cosa ha detto il cardinal Burke sul giusto rifiuto di dare anche la comunione a Biden (in https://www.foxnews.com/media/raymond-leo-cardinal-burke-weighs-in-on-2020-dems-calls-out-biden-harris). Peggio: dare il voto a Biden era peccato mortale (Rodari P., L’assalto al Congresso spacca la Chiesa USA, “La Repubblica” 11,1,2021, 14).

[6] Si pensi allo scontro sui blog in America per la madre surrogata che non aveva voluto abortire il feto malformato, etichettata o come “Salvatrice” ma anche come “Satana” (“La Repubblica, 6.3.2013, 19; “Il Foglio” 7.3.2013, 1).

[7] Richiamo quanto detto nell’articolo Legare e sciogliere, al n.523 de Il Giornale di rodafà, in https://sites.google.com/site/archivionumeri500rodafa/numero-523---22-settembre-2019/legare-e-sciogliere, per escludere che in questo passo si trovi il fondamento per giudicare il gregge dei fedeli.

[8] Ma teniamo conto del fatto che altre culture la pensano diversamente: ad esempio, in Cina il feto è considerato persona solo quando gli viene imposto il nome. Nel mondo islamico, il feto viene considerato persona quando Dio insuffla l’anima, il che vien fatto coincidere col primo movimento percepito dalla madre nell’utero; pertanto, prima di quel momento è ammesso l’aborto per giusta causa (ad es. in caso di stupro).

Ma va soprattutto ricordato che, nella la Chiesa cattolica, appena nel ‘700 cominciò a porsi seriamente il problema del momento dell’inizio della vita e dello stato giuridico del feto, anche se già dalla metà del ‘600 qualcuno aveva iniziato a parlare di autonomia del feto. San Tommaso (Summa Theologiae, parte III, questione 33, a2, ad 3), affermando che l’anima non è perfettamente infusa negli uomini nel primo istante del concepimento, aderiva in sostanza alla tesi della diversità fra feto animato e feto inanimato. In realtà, ancora 17 secoli dopo Cristo, prevaleva nettamente la dottrina tradizionale di derivazione romana (i romani furono grandi interpreti del diritto, per cui noi ancora oggi ci vantiamo di essere in Italia la culla del diritto, anche se i maligni dicono che siamo ormai la tomba della giustizia) secondo cui l’embrione è semplicemente da considerarsi un frutto immaturo ed imperfetto facente parte del corpo della madre, e diventa persona solo al momento della nascita. Ancora nel 1762, tale Veterani, assessore del Sant‘Uffizio (oggi denominato Congregazione per la dottrina della Fede, che ha l’ultima parola su tutto quanto la Chiesa insegna o lascia insegnare), in netto contrasto con la tesi da altri sostenuta, ribadiva il concetto di fusione del feto col corpo della madre, e conseguentemente negava la compiutezza della persona nel feto, così escludendo che lo stesso potesse essere battezzato.

Secondo altre interpretazioni, il concetto di persona implica di per sé interpersonalità, perché un soggetto può affermarsi come persona solo se afferma nel contempo l'altra persona: l'altra persona fa parte dei requisiti della definizione di persona (Schillebeeckx E., Gesù, la storia di un vivente, ed. Queriniana, Brescia,1976, 699ss.). Ma è chiaro che, con una simile definizione di persona, il feto non è persona perché non ha ancora scoperto né l'altro, né sé stesso.

Dunque, siamo in difficoltà già nel trovarci d’accordo sulle definizioni, per cui anche il magistero dovrebbe essere più cauto nello sparare come verità assoluta un concetto che si è fatto strada solo negli ultimi due secoli, dopo 1700 anni di cristianesimo che la pensava in maniera diversa.

[9] Potrebbe in questo caso verificarsi quanto molti temono possa verificarsi col decreto Zan sull’omofobia: se uno dicesse che, a suo avviso, l’aborto resta un omicidio, avrebbe liberamente manifestato la sua opinione; però se dicesse che la signora X è un’assassina perché ha abortito, potrebbe finire sotto processo per diffamazione e calunnia, visto che la legge dello Stato esclude che questa donna sia un’omicida, a prescindere da quello che lui pensa.

[10] Vannucci G., Esercizi spirituali, ed. Comunità di Romena, Pratovecchio (AR), 2005, 59.

[11]Anche il comportamento di Gesù che si autoinvita a pranzo a casa del ricco pubblicano Zaccheo, senza prima imporgli un recupero penitenziale, è stato ritenuto imbarazzante dalla chiesa primitiva (e non solo dai benpensanti di allora che subito mormorarono – Lc 19, 7). Come mai Gesù non ha chiesto a Zaccheo di cambiare mestiere? Era un mestiere per collaborazionisti e ladri, che rendeva il pubblicano impuro. Se Gesù non glielo ha chiesto, ci penserà la chiesa primitiva e allora, secondo la tradizione (v. www.treccani.it), il pubblicano ormai pentito sarà nominato vescovo di Cesarea e quindi, avendo cambiato mestiere, salverà la faccia e la reputazione della chiesa (Maggi A., Colui che viene a me io non lo caccerò fuori, conferenza tenuta a Cuneo il 10 novembre 2013, in www.studibiblici.it/Scritti/conferenze). Ecco un alto caso di evaporazione della narrazione evangelica, a cura degli zelanti custodi dell’ortodossia. Insomma, mi sembra abbia ragione chi dice che non bisogna ascoltare nessuno che pretende di parlare in nome di Dio, a meno che, in nome di Dio, non vengano pronunciate benedizioni e compiuti gesti d’amore (Squizzato G., Via il teismo, cosa ci resta?, “Adista” n. 18, 15.5.2021, 14).



NOTE

[12] Vannucci G., Esercizi spirituali, ed. Comunità di Romena, Pratovecchio (AR), 2005, 60 s.

[13] Idem, 62.

[14] «Rimanete nel mio amore» (Gv 15, 9) è la prima cosa da fare ed è anche la prima cosa che tanti vescovi dimenticano. Non si tratta solo di imporre una religione, ma di vivere nell'amore con cui ci ama Gesù, l'amore che egli riceve dal Padre. Essere cristiani non è in primo luogo un assunto dottrinale, ma una questione d'amore. Ma se questo è vero, è chiaro che nessuno può cacciare nessuno.

[15] Tutti i pranzi dei vangeli (in Luca sono ben 10), sono un richiamo all’eucaristia. Gesù non ha escluso dai pranzi né i peccatori, né i pubblicani (Mc 2, 15-17; Lc 15, 1-2), per quanto fossero le persone meno presentabili come avvenne col caso di Zaccheo (Lc 19, 5-7), e ha pranzato pure con i samaritani (Gv 4, 7-9); 4, 41), considerati eretici dai giudei puri e duri. Non ha escluso dall’ultima cena nemmeno Giuda, pur sapendo che ormai ‘apostolo non lo seguiva più e stava per tradirlo. Come fanno i vescovi a dire che seguono Gesù escludendo qualcuno dalla mensa?

[16] Gallazzi S., Cap 14 e 15 il tavolo al quale ci sediamo o no: in

https://www.youtube.com/watch?v=zkNl2EX0iMk&feature=youtu.be

[17] Castillo J.M., L’umanizzazione di Dio, EDB, Bologna, 2019, 63.

[18] Una cristologia escludente non può essere fedele a Gesù e al suo vangelo. Gesù ha ammirato la fede del centurione romano (Mt 8, 5-13) o della donna siro-fenicia (Mc 7, 24-29) che certamente ignoravano tutta la legge divina e mai obbedivano al magistero di Gerusalemme, come risulta dai rispettivi racconti. Soprattutto Gesù non ha imposto a nessuno di cambiare religione per essere a posto con Dio e poter osservare le sue leggi, che già in allora i sacerdoti pretendevano di imporre a tutto il popolo.

È il magistero della Chiesa che ancora oggi divide e distingue semplicisticamente tra buoni e cattivi, come i più datati film western: fra meritevoli e non meritevoli dell’amore di Dio, tra cattivi peccatori e bravi fedeli, tra puri e impuri, mi sembra sia in contrapposizione a quanto insegna il vangelo.

[19] Riportata da Castillo J.M., Fuori dalle righe, ed. Cittadella, Assisi, 2010, 119.

[20] Scaramuzzi I., Dio? In fondo a deastra, EMI, Bologna, 2020, 31.

[21] Benedetto XVI, Ultime conversazioni a cura di Seewald P., Corriere della sera,Milano, 2016, 225.

[22] Forse perché noi ci siamo secolarizzati prima, mentre gli americani pensavano di essere al riparo della secolarizzazione, tanto che ancora oggi il dollaro riporta la dicitura “In God we trust” (Confidiamo in Dio) mentre noi stampavamo sulle vecchie e care lire la dicitura: “La legge punisce i fabbricatori e gli spacciatori di biglietti falsi”.

[23] Oggi scalzato da un nuovo integralismo ancor più propenso a conquistare la supremazia del cattolicesimo americano conservatore (Faggioli M., Il cattolocesimo negli Stati Uniti e il tentato golpe contro Francesco, “Huffington Post” 27.8.18).

[24] Però, con una lettera del 13 maggio, 67 vescovi hanno chiesto di accantonare il tema nella riunione di giugno (Sadowski D., Archbishop Gomez responds to unprecedented letter from 67 bishops asking for a delay on abortion and Communion document, “America Jesuit Review,” 26.5.2021),e le diocesi negli Stati Uniti dovrebbero essere circa 200. Il voto di pochissimi vescovi finirà col fare la differenza.

[25] Di Giacomo F., Cronache celesti, “Il venerdì” 21.5.2021, 39.