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Dio Padre, del Guercino (1591-1666), Museo Nazionale di Varsavia- immagine tratta da commons.wikimedia.org





Credo in Dio Padre

di Dario Culot

Il “padre” del giudaismo, e anche di tutte le culture mediterranee antiche, era l’emblema dell’autorità, come il pater familias latino[1]. Quindi Dio veniva identificato in quelle culture come l’essere col massimo potere e il massimo dell’autorità. In effetti, per la religione insegnataci, l’uomo è il servo di Dio,[2] e se non obbedisce offende Dio e pecca (visto che per peccato si è sempre inteso trasgressione alla legge divina emanata da Dio in persona, come chiaramente precisava il n. 951 del Catechismo maggiore di san Pio X e come precisano tuttora i nn.837 e 1855 dell’attuale Catechismo[3]).

Paolo non si discosta da questa linea autoritaria e, da buon fariseo,[4] presenta il Dio dei suoi padri, il Dio di Abramo (Gal 3, 16-21; Rm 4, 2-20), il terribile Dio biblico: ragionando esclusivamente su un Cristo risorto, Paolo ha elaborato una teologia su Dio, ma ne vien fuori il Dio violento dell'AT. Per Paolo conta solo la volontà di Dio con la sua storia di salvezza, redenzione, espiazione, sacrifici. Di fatto, dopo duemila anni d’insegnamento della dottrina cattolica, la nostra religione si tiene strettamente avvinghiata alla teologia di Paolo, e quindi al sacrificio e alla sofferenza (pensiamo solo alla lettera agli Ebrei (Eb 10, 31) dove si legge che “È terribile cadere nelle mani del Dio vivente”): ciò vuol dire che l’insegnamento del magistero è riuscito a cancellare il messaggio del Gesù terreno mentre, seguendo Paolo, ha messo al centro della religione la sofferenza. Se poi il sangue di Cristo è stato versato in remissione dei nostri peccati, come ci è stato insegnato seguendo la teologia di Paolo, è naturale vedere Gesù come un uomo programmato dallo stesso Dio-Padre per soffrire, ma allora l’ombra minacciosa della croce si estende su tutta la relazione fra Dio e noi, checché ne dica il magistero[5].

La domanda da farci è allora: è forse questo il Dio Padre al quale dobbiamo subito pensare quando recitiamo il Credo?

No, perché il Padre di Gesù è completamente diverso, visto che è quello che accoglie il figlio prodigo (Lc 15, 11ss.): un’idea di padre scandalosamente diversa e pericolosa perché tendente a sovvertire l’intera struttura sociale di allora fondata proprio sul principio di autorità. Quindi per la religione ufficiale di allora Gesù era un sovversivo eretico perché stava offrendo un’immagine di Dio completamente diversa da quella che veniva insegnata dalla religione ufficiale. Gesù ci ha offerto l’immagine di un Padre (Abba[6]) amorevole e misericordioso, che ama incondizionatamente e gratuitamente, in contraddizione con l’immagine di un Dio censore e giudice severo che incute paura, che soppesa freddamente ogni azione di ogni persona. Con Gesù tutto questo è finito. Ecco l’insegnamento nuovo: Gesù non è il servo obbediente di Dio,[7] ma è il figlio di Dio, non per i miracoli e dimostrazioni di poteri divini, ma per la fiducia in Dio e la fedele esecuzione della sua volontà. Lui non impone, volendo che tutti siano liberi; offre e propone un’alleanza non tra dei servi e il loro padrone, ma tra dei figli e il loro padre[8]. Mentre nell’antica alleanza il credente doveva obbedire a Dio osservando le sue leggi, nella nuova alleanza il credente è colui che assomiglia al padre praticando un amore simile al suo. Nella parabola del buon samaritano (Lc 10, 25ss.), Gesù fa l’esempio di un uomo che si ferma soltanto perché vede nell’altra persona abbandonata una sofferenza da aiutare. Si ferma, interrompe il suo viaggio, impegna il suo tempo per questo ferito sofferente ma sconosciuto che ha attraversato la sua vita, lo cura e lo fa curare pagando di persona. Ecco che qui è stato imitato l’amore gratuito del Padre,[9] che non attende alcuna restituzione. Ecco la somiglianza col Padre, ecco l’uomo fatto a immagine e somiglianza di Dio. Ecco il Regno di Dio costruibile solo quando ci rimbocchiamo le maniche, mentre non ci verrà mai magicamente calato dall’alto, anche se preghiamo tutto il giorno. Chiunque fa del bene a tutti, perfino a chi non lo merita ma ne ha ugualmente bisogno,[10] assomiglia a Dio nell'amore ed è in piena comunione con Dio, anche se pensa di non essere credente;[11] anzi, anche se il magistero lo considera un miscredente.

Quando le persone chiedono a Gesù cosa devono fare per compiere le opere di Dio, egli risponde: “Questa è l’opera di Dio: credere in lui” (Gv 6, 29). Non dice di credere all’insegnamento dei sacerdoti. L’unica volta che appare nell’Antico Testamento il termine ‘opera di Dio’ è nel Libro dell’Esodo (Es 32,16), per indicare le tavole della legge. Ma con Gesù c’è un cambio di alleanza, il rapporto con Dio non è più basato sull’osservanza della legge che Dio ha dato a Mosè, ma sull’accoglienza dell’amore che Gesù, il quale si dichiara mandato dal Padre, ha dimostrato vivendo. Quindi si sarà figli di Dio non più obbedendo alle tavole della legge, ma seguendo il comportamento di Gesù, in cui si manifesta l’amore misericordioso proprio di Dio. È invece scontato che il Dio del terrore, quello che minaccia il castigo e impedisce la libertà, che impone le sue leggi divine e perfino il suo amore, non potrà mai creare una risposta d’amore nel cuore dell’uomo, ma al più una risposta ipocritamente[12] interessata. L’amore deve uscire da sé, non può essere comandato, tanto meno se c’è paura. Se l’amore esce da una persona su comando è per paura o per ipocrisia, ma non è vero amore. Pensiamo a quando uno è innamorato di una donna e vuole baciarla: se questa donna è a sua volta innamorata e accetta il segno d’amore, la sua sarà una risposta d’amore; se invece non è innamorata e subisce il bacio come una violenza, quand’anche lei rispondesse con un bacio, il di lei bacio sarà dovuto alla paura o a un suo particolare interesse. La Chiesa pretende ancora spesso di baciare tutti, anche quelli che non vogliono essere baciati.

È incontestabile che quando Gesù ha parlato di Dio non ha mai ripetuto quello che tutti dicevano (e spesso ancora dicono) di Lui: che è il Signore, l’Onnipotente, il Giudice supremo, giusto ma implacabile. Tutto al contrario, dirà che, alla pari del più buono dei papà umani, Dio è benevolo, comprensivo, oltre modo misericordioso, pronto a condonare qualsiasi addebito (Mt 18,27), a dimenticare qualsiasi sgarberia (Lc 15,11-24); un Padre che, senza distinguere i meritevoli dai non meritevoli, continua a mandare la pioggia sui buoni e sui cattivi (Mt 5,45); un Padre che continua a creare, a operare,[13] per cui non ci ha inserito come padroni fatti e finiti in modo perfetto su questa terra, ma ci ha chiesto di collaborare al suo progetto, come custodi-giardinieri del suo giardino dell’Eden, che troveremo solo alla fine del percorso umano di crescita. Ma forse ancor più singolare è il fatto che, partendo dal presupposto che Dio non ha bisogno di nulla (At 17, 23) e non chiede per sé né tributi di lodi, né offerte, Gesù - affermando che così si comporta Dio - rivolgerà tutte le sue attenzioni solo agli uomini, senza escludere nessuno, anche se le sue preferenze andranno ai poveri, ai prigionieri, agli emarginati, agli infelici nel corpo e nello spirito, ai peccatori[14].

Quale sollievo allora scoprire che la vecchia formula Credo in Deum Patrem onnipotentem, che ancora oggi si recita (seppur in italiano), non corrisponde esattamente all'esperienza di Gesù, il quale ha provato l’esperienza di sentirsi amato incondizionatamente da quel Mistero, ma allo stesso tempo di essere richiamato da esso[15]. Per questo ha potuto amare gli altri. Dio si introduce nella vita con la sua forza di amore e di salvezza. Bisogna fargli spazio[16]. Stranamente, di tutto questo non si parla nel Credo.

E cosa può volere un Padre misericordioso se non che i figli siano felici? In effetti, anche Dio-Padre vuole la felicità dell’uomo già su questa terra (Gv 15, 11)[17]. Ha giustamente osservato più volte il teologo Alberto Maggi: quale padre mette alla prova il figlio, lo tortura per vedere se il figlio continua a volergli bene? Dire allora che Dio ci mette alla prova per vedere se gli vogliamo ancora bene è delirio spiritualistico perché a un padre terreno che si comportasse così verrebbe subito tolta la potestà genitoriale e sarebbe condannato come un criminale. Ed è allora evidente che, quando noi ci sentiamo migliori di quel dio, non possiamo credere in quel dio.

È anche chiaro che chiamandolo Abba sembra quasi che si possa conoscerlo, e conseguentemente si perde il permanere dell’infinita distanza che c’è fra noi e Lui. Ecco perché in Israele si preferiva nemmeno nominare il nome di Dio[18]. Per i Giudei, cioè, il nome della cosa la identificava e permetteva il suo possesso: era vietato perciò fin pronunciare il tetragramma divino perché va oltre la nostra realtà e nessuno può impossessarsi di Dio. Si può allora ben immaginare lo sconquasso portato da Gesù in una società dove non si osava neanche pronunciare il nome di Dio, e arriva questo baldo giovane (neanche sacerdote) che comincia a rivolgersi a Dio chiamandolo suo papà (Mc 14, 36). Chiamandolo Abba Gesù si pone in un rapporto di intimità con Dio che supera ogni concezione ortodossa giudaica. Egli ha libero accesso a Dio, specialmente nel suo parlare profetico e nella sua preghiera. Ad esempio, il fatto che introduca affermazioni, idee, promesse con Amen, in una maniera fino ad allora insolita, allude a tale accesso[19].

Con questo atteggiamento Gesù voleva far capire a tutti che Dio è diverso da quello insegnato dal magistero: non è un legislatore che impone e che pretende obbedienza. Nell’AT giustizia significa osservare la legge, seguire la volontà di Dio espressa nella legge. Il padre di Gesù, all’opposto, non è autoritario, severo, è più una figura materna. Cioè, già un Dio che si fa chiamare Padre, non Signore e Padrone (Mc 13, 32), non può più essere visto come un giudice tremendo e vendicatore,[20] ma piuttosto come un genitore che ha sentimenti profondi di misericordia (Lc 1,78; Col 3,12), e perciò più simile alla madre che al padre. È perciò di tutta evidenza che, se si può ammazzare in nome di Dio[21] diventa molto più difficile ammazzare in nome di un padre o di una madre misericordiosi. Quando Pietro cerca di difendere il suo maestro brandendo la spada e sferrando un fendente, Gesù gli intima di rimetterla nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada. «Pensi forse che io non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di angeli?» (Mt 26,53). Con un colpo di spugna Gesù ha cancellato ogni legittimazione alla violenza, compresa quella esercitata dagli uomini in nome di Dio[22] e quella esercitata da Dio stesso: eppure tanti santi e tanti credenti, nel corso dei secoli, non l’hanno capito, e continuano a pensare che la violenza usata a fin di bene non sia poi tanto male[23].

V’immaginate quale credibilità potrebbe avere oggi Gesù Cristo, che ha sempre e solo parlato di un Padre amorevole, se fosse venuto alla luce anche un solo episodio in cui, durante la sua vita terrena, avesse imprigionato anche un’unica persona, torturandola a morte (ovviamente nel rispetto della legge e a fin di bene)?

Oggi sentire parlare di Dio come Padre non sorprende più nessuno, anche perché nella nostra società i concetti di autorità ed obbedienza si sono progressivamente sgretolati (sia per i credenti che per i non credenti), per cui necessariamente anche il padre umano ha perso quell’autorità indiscussa che aveva in passato. Però è da tempo che ci hanno insegnato che Dio è Padre ma anche Madre, e questo invece sorprende ancora. Infatti da una cultura già maschilista (ebraica ed ellenistica) non poteva che nascere una religione altrettanto maschilista. Dio (Padre) non poteva essere che maschio, sinonimo di potere, forza, capacità d’imporsi, giudicare, reprimere, castigare. Ricordo che gli ebrei vedevano il rapporto con Dio come un rapporto nuziale: Israele la sposa; Dio lo sposo (Is 54, 5; 62, 5; Os 2, 21-22). Ma la stessa Bibbia riconosce che questa sposa si è rivelata una donna infedele, adultera (Ger 2, 23-24; 3, 2-3; Ez 16, 1ss.), mentre lo sposo è sempre rimasto sempre fedele, cioè giusto.

Anche nel cristianesimo delle origini, perciò, Dio lo abbiamo rappresentato solo come maschio. È chiaro che solo il padre, non la madre, può essere onnipotente, perché da sempre è il maschio che decide e ordina; la femmina accoglie, perdona, usa misericordia. E questo è rimasto ancora sostanzialmente vero nella nostra cultura attuale. La carenza del femminile in Dio è stata supplita nel cattolicesimo con l’immagine della Madonna, che rappresenta ciò che non si può trovare nel padre[24]. Il padre che s’impone e giudica, resta a distanza; possiamo avvicinarci solo alla madre, tant’è che nelle processioni si porta in baldacchino la Madonna, mai Dio Padre[25]. Eppure, in Dio dovremmo trovare sia l’amore saldo e sicuro del padre (Is 59, 16), sia quello gratuito e totale della madre (Is 49, 15-16), come ha osato affermare papa Giovanni Paolo I: «noi siamo oggetto da parte di Dio di un amore intramontabile: è papà, più ancora è madre»[26].

Visto che il nostro compito è seguire Gesù, non possiamo ovviamente insegnargli noi in che termini doveva parlare di Dio. Ripeto allora che Gesù ci ha insegnato che Dio è Padre nostro, cioè di noi tutti, anche di quelli che ci stanno sugli zebedei (per dirla alla Montalbano), perché è il Dio dei buoni e dei malvagi, dei giusti e degli ingiusti, è padre e madre perché accetta ciascuno di noi così com’è. E parlando in questi termini, Gesù ci ha rivelato qualcos’altro di originale su Dio, rivelando anche qualcosa su di noi, perché se Dio è Padre noi siamo figli: cioè noi non possiamo darci la vita da soli, non siamo i creatori di noi stessi, e dovremmo comportarci di conseguenza. Se, come dice Gesù, siamo tutti figli dello stesso Padre ciò vuol dire che siamo anche tutti fratelli[27]. Se siamo figli abbiamo qualcosa del Padre, siamo investiti dello Spirito di Dio che ci spinge da dentro. Se siamo figli siamo eredi, il che è una buona notizia perché l’eredità divina non può essere di sicuro passiva.

Per Gesù, la Parola ci mette in comunione con Dio, ma questa sarà una comunione d’amore e non più di soggezione; sarà una comunione di intenti, un accogliere i criteri di Dio: “Se voi accogliete la mia parola, io e il Padre mio stabiliremo in voi la nostra dimora”. Il rapporto dell’uomo con Dio è rivoluzionato. Nella Bibbia, Dio ricorda al suo popolo di averlo liberato dalla schiavitù dell’Egitto (Gdc 6, 8), ma solo per trasformare gli israeliti in suoi servi (Lv 25,55: «Poiché gli Israeliti sono miei servi; miei servi, che ho fatto uscire dal paese d'Egitto. Io sono il Signore vostro Dio»). Anche Gesù riscatta gli uomini dalla prigionia, ma non per farne suoi servi, visto che è Gesù a porre la sua vita a servizio degli altri, tanto che ci ricorda che noi non siamo i servi di Dio, ma i figli di Dio e i suoi amici (Gv 15, 15).

Infine, se si crede che Gesù è l'icona di Dio, di Dio si può dire di sapere solo quello che si vede in Gesù,[28] perché Dio nessuno l'ha mai visto (Gv 1, 18). Ma, di conseguenza, se l'immagine che ci siamo fatti di Dio non si vede in Gesù, quell'immagine deve essere buttata via, perché qualunque idea di Dio è falsa se non corrisponde a ciò che fa e dice Gesù[29]. E come Gesù rappresenta Dio? Come il padre di quei due fratelli nella parabola del figliol prodigo (Lc 15, 11ss.). È un Dio che sta agli antipodi di quell'inquietante Dio che si trova ben radicato nell'AT, con quel suo sguardo inquisitore e implacabile, del Dio dei farisei che è il Dio che premia e castiga (soprattutto castiga o quanto meno minaccia, e questo è ancora il Dio preferito dei credenti integralisti di oggi). Il Dio di Gesù è un Dio che ci spiazza[30]. Qualcosa di molto diverso da quanto ci hanno normalmente insegnato al catechismo,[31] tuttora ancorato a un’immagine di Dio che deve fare paura.

Perciò pensiamo a questo quando diciamo: “credo in Dio Padre”, perché il Dio di Gesù è quello che libera dalle imposizioni legali che opprimono la gente, ma mette in pericolo le posizioni privilegiate di coloro che appartengono alle classi istituzionali, soprattutto quando propone una società ugualitaria, dove i primi vanno al posto degli ultimi e viceversa (Lc 14, 7-14). Inoltre stando all'immagine di Dio che Gesù ci offre con la sua vita è chiaro che non è possibile adorare Dio nella chiesa e vivere dimenticando coloro che fuori della chiesa soffrono.




NOTE

[1] Nell’antica Roma vigeva un modello di famiglia patriarcale nella quale il padre (pater familias) era il padrone assoluto e il signore della casa e dei suoi abitanti. Era lui a decidere per tutti. Conseguenze? La prima e più evidente è stata la sottomissione e disuguaglianza dei diritti delle donne (sottomesse in casa e presto zittite anche nelle chiese cristiane – 1Cor 14, 34).

[2]The new Saint Joseph Baltimore Catechism, ed. Catholic Book Publishing Corp., N.Y. (USA), 1969, 9, che richiama Pio X. Analogamente prevede l’Islam: “Quegli è Allah, il vostro Signore, non v’è Dio se non Lui, d’ogni cosa Creatore, servitelo dunque” (Corano, sura VI, 102). In altre edizioni più moderne, però, sta scritto adoratelo. Dunque anche la teologia musulmana sta cambiando.

[3]Per un cristiano, essere integrato nella Chiesa comporta credere nelle verità da Essa trasmesse, obbedire alle sue leggi, ricevere i suoi Sacramenti, farsi guidare dai suoi legittimi pastori; chi è fuori della Chiesa, può esservi integrato solo mediante una conversione che richiede l’abiura degli errori e la penitenza delle colpe (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 837) (Vignelli G., Una rivoluzione pastorale, 67, libretto scaricabile gratuitamente da: http://www.totustuus.it/modules.php?name=News&file=article&sid=5025).

[4] Paolo era fariseo (At 23, 6; Fil 3, 5) zelante fino al fanatismo (Gal 1, 14).

[5] Concordo perciò con coloro i quali ritengono sbagliato attribuire la morte di Gesù al volere divino, come momento di un progetto salvifico, una necessità intrinseca alla storia della salvezza. Si tratta invece di un avvenimento storico determinato dall’ostinato rifiuto da parte di chi deteneva in allora il potere della proposta poco ortodossa, anzi rivoluzionaria, che Gesù andava facendo. Dio è certamente coinvolto nell’avventura di Gesù, ma la sua fine tragica è decisa solo dagli uomini.

[6] Da sottolineare anche che neanche in seguito il termine Abbà è stato tradotto, restando come un’eco dell’esperienza personale vissuta da Gesù (Pagola J.A., Gesù, un approccio storico, ed. Borla, Roma, 2009, 348).

E come mai Gesù comincia a parlare di Dio Padre? Come ha correttamente ricordato Ortensio da Spinetoli, il Dio che Gesù avverte misteriosamente nell’intimo della sua coscienza non è un giudice, ma un «padre» benevolo verso tutti i suoi figli, giusti e ingiusti, ebrei e pagani, buoni e cattivi (Mt 5,43-48).

[7] Perciò l’uomo non è stato creato per servire Dio, come invece statuisce il n. 358 del Catechismo.

[8] Gesù contesta la mentalità da schiavi della legge, che poi si aspettano anche di ricevere il premio: se vi considerate e agite da servi il padrone non può essere grato perché lo schiavo esegue ciò che gli viene comandato, e lo schiavo non ha comunque diritto alla mercede (ricordiamo nella religione d'allora la scrupolosa osservanza legale doveva invece assicurare come contropartita la salvezza).

[9] Muraro G., Perché il papa parla di amore misericordioso? “Famiglia Cristiana, n.45/2002, 149.

[10] Da Spinetoli O., Il Cristo che aspettiamo, “Adista” n. 9/2012, §8, in www.cdbchieri.it

[11] Vedasi Pietro (Gv 20, 15-19) quando gli viene affidato il compito di custodire il gregge di Gesù: se lo farà con amore, questo porterà in seguito anche ad amare Dio, cosa che al momento non è capace di fare.

[12] Mateos J. e Camacho F., L’alternativa Gesù e la sua proposta per l’uomo, ed. Cittadella, Assisi,1989, 99 s.

[13] Gv 5, 17: «Il Padre mio opera sempre e anch’io opero». Il Padre, dunque, non ha completato la creazione il sesto giorno, perché deve ancora operare, e ha bisogno di collaborazione. Ma non è mai Dio che fa qualcosa al nostro posto completando quello che dobbiamo fare noi. E noi lo possiamo fare perché c’è questa forza di vita che ci alimenta e che noi dobbiamo accogliere. Proprio questa forza può condurci a nuove espressioni di vita, e noi dobbiamo essere consapevoli di una dipendenza (che cioè ci sono forze che ci precedono e i alimentano) (Molari C., Il cammino spirituale del cristiano, Gabrielli editori, San Pietro in Cariano (VR), 2020, 18).

[14]Da Spinetoli O., Il Cristo che aspettiamo, “Adista” n.9/2012, §6, in www.cdbchieri.it.

[15] Lenaers R., La fede è conciliabile con la modernità?, relazione tenuta a Bergamo il 26-27.1.2014,

in http://www.ildialogo.org/LeInC.php?f=21&s=parola

[16] Pagola J.A. commento al vangelo di Marco 1, 14-20 del 24.1.2021.

[17] Anche questo andava contro la corrente di pensiero ebraico dellepoca, la quale era convinta che il futuro regno felice sarebbe arrivato solo dopo un aumento della sofferenza: basti pensare al servo del Signore nel Deutero Isaia. Questo spiega anche, ad es., perché gli zeloti combatterono contro i romani anche quando tutte le speranze concrete erano ormai perdute.

[18] Ratzinger J., Introduzione al Cristianesimo, ed. Queriniana, Brescia, 2000, 119.

[19] Gnilka J., Teologia del Nuovo Testamento, ed. Queriniana, Brescia, 1992, 24.

[20] Dunque unimmagine ben diversa da quella sorta di Moloch che vi viene fornita dalla Genesi: Caino sacrifica i frutti del campo, Abele fa sacrifici di sangue, le primizie del gregge, e Yhwh gradisce solo il sacrificio di Abele, per cui si rallegra solo del sangue (Bloch E., Ateismo nel cristianesimo, ed. Feltrinelli, Milano, 1971, 122s.).

[21] Lo si è fatto per secoli anche da parte di cristiani, e si continua a farlo oggi in varie parti del mondo da parte di frange di altre religioni.

[22] A differenza dei combattenti ebrei per la libertà, che chiedevano di decidersi tra il Dio dei padri e limperatore divino romano, Gesù risponde che è lecito pagare il tributo ai romani, (Mc 12, 17), ma poi si deve dare a Dio la propria esistenza: non vuole che si combatta per Dio (Mt 5, 39-41) (Lohfink G., Gesù di Nazaret, ed. Queriniana, Brescia, 2014, 100s.).

[23] Non solo i singoli cristiani, ma anche la stessa Chiesa hanno assai spesso fallito di fronte al comandamento dell'amore dei nemici (Kasper W., Misericordia, ed. Queriniana, Brescia, 2013, 212).

[24] Anche se a volte, la Madonna vi viene presentata come una guerriera. A parte l’appoggio dato agli invasori spagnoli contro gli Incas, si narra anche della volta in cui, davanti a Costantinopoli avrebbe fatto sollevare una tremenda tempesta che affondò la flotta degli assalitori dei cristiani (Camilleri R., Le lacrime di Maria, ed. Mondadori, Milano, 2013, 117s.). Questo fa da perfetto pendant col Kamikaze, il vento divino che affondò la flotta mongola che cercava di invadere il Giappone.

[25] Castillo J.M., Dio e la nostra felicità, ed. Cittadella, Assisi, 2008, 168s.

[26] Riportato in Madre nostra dove se nei cieli?, in “La Repubblica”, 43.

[27] Castillo José M., Teología Popular (I), ed. Desclée De Brouwer, Bilbao (E), 2012, 37.

[28] Allora, se per i cristiani Gesù è la rivelazione definitiva, lui ci ha fatto capire che, se ha scelto la misericordia, anche Dio sceglie la misericordia e non la vendetta, né la giustizia retributiva.

[29] Mateos J. e Camacho F., L’alternativa Gesù e la sua proposta per l’uomo,ed. Cittadella, Assisi, 1989, 55.

[30] Castillo J.M., La laicità del Vangelo, ed. La Meridiana, Molfetta (BA), 2016, 81.

[31]Il valore assoluto (non negoziabile) del cristianesimo è il rispetto della legge divina, così da non offendere Dio, oppure il bene dell'uomo? È chiaro che per Gesù il bene dell'uomo è sempre il più importante, per cui egli guarisce volutamente di sabato in palese violazione della legge divina, perché non crede che si debba osservare la legge quando questa non fa il bene dell'uomo. Non cè giustizia nel rispettare una legge ingiusta. Basta vedere le parabole:

- delluomo dalla mano atrofizzata (Lc 6, 6),

- della donna piegata (Lc 13, 10).

- dellidropico (Lc 14, 2). Idropico vuol dire gonfio di quello che in realtà non nutre. Quel fedele pensa di nutrirsi con l'insegnamento della religione, e invece nutrendosi di niente si gonfia di niente.