Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano

Dio Padre, del Guercino (1591-1666), Museo Nazionale di Varsavia- immagine tratta da commons.wikimedia.org




Creatore di tutte le cose visibili e invisibili

di Dario Culot

Stante tutto quello che si è detto finora,[1] e soffermandoci in particolare sull’uomo, non è pensabile che un giorno Dio abbia creato l’Uomo con la bacchetta magica, e poi soddisfatto l’abbia lasciato nel suo brodo andando a fare qualcosa d’altro che riteneva più urgente o più interessante. Eppure è così che molti ancora pensano.

Ormai da tempo è opinione piuttosto comune che la creazione – cioè quella forza per cui gli eventi della creazione possono accadere - non si è esaurita in un atto istantaneo. Chi crede in un solo Dio da tempo crede anche che Dio debba continuare ad essere creatore in ogni istante. Perché la lampada resti accesa la corrente deve continuar ad arrivare. La creazione non è come prendere una palla e scagliarla lontano: questa palla, per forza d’inerzia, o prima o poi si fermerà. Al contrario del lanciatore della palla, Dio deve agire in ogni istante su ogni creatura, perché continui a esistere. Allora è quasi scontato dire che la creazione, intesa come qualcosa che continua dall’inizio senza fermarsi mai, si attaglia perfettamente al modello evolutivo, ma non a quello statico. Esattamente come la luce arriva ogni giorno sulla terra perché il sole continua ogni giorno a illuminarla con i suoi raggi costanti e non perché c’è stato un unico bagliore iniziale seppur accecante, così Dio continua ad offrire alle sue creatura la possibilità di continuare[2]. Solo così siamo in grado di acquisire ogni giorno qualcosa di nuovo, di divenire e crescere. La storia dell’umanità c’insegna che nei millenni e nei secoli l’uomo è migliorato, il che fa capire che l’umanità è protesa al perfezionamento di sé stessa e alla scoperta del suo compimento nella perfezione[3]. Sicuramente allora, nell’uomo, la sua immagine non è stata formulata una volta per sempre il primo giorno, e in questo ci differenzia, ad esempio, dell’ape che opera costantemente nello stesso modo da quando è stata creata[4]. All’uomo è toccato un cammino che gli dà a poco a poco una più autentica umanità.

Ma questo Dio era obbligato a creare? No, perché nessuno può comandare a Lui. Ma la sua stessa natura, di Bontà Infinita, non può non creare, perché chi è buono non può non dare. E allora Iddio crea il non-Dio, l’altro-da-Dio. L’altro-da-Dio sarà tutto subito, completo e perfetto come Lui? Evidentemente no. Quindi è un finito[5]. Se è un finito avrà il bene? Sì, ma solo secondo le sue capacità. Non di più. Perché? Perché la bellezza, come bellezza, è la bellezza assoluta. Ma se questa è la bellezza di un cucciolo, di una montagna o di un mare in tempesta, non può essere la bellezza di una donna[6]. E avendo una tale bellezza le altre non le può avere, perché non può avere contemporaneamente due o più bellezze. Il soggetto che riceve, essendo limitato, ha il bene secondo la capacità di quella creatura che è. Non è che Dio non voglia dare, ma c’è l’incapacità della creatura che non può ricevere. Perciò neanche la cosiddetta onnipotenza di Dio può far sì che la creatura riceva di più di quello che può ricevere: se ricevesse di più non sarebbe più quella creatura lì, ma qualcosa di diverso. Vista l’incompletezza della creatura limitata, il male accompagna da sempre la creazione, ben prima che Adamo ed Eva (homines sapientes per come ce li hanno descritti) arrivassero sulla terra, perché il creato, le creature tutte non sono mai state perfette: non potevano e non possono essere perfette per il semplice fatto che sono tutte limitate; neanche Adamo ed Eva allora – checché ne pensino ancora molti – potevano allora essere perfetti. E questo perché – lo ripeto – solo Dio, non le creature, può essere tutto subito, mentre noi possiamo essere faticosamente solo frammento dopo frammento. Nel senso generale, il male è allora la mancanza di qualcosa. Ma questo è connaturato nella creatura, la quale, essendo tale, non può essere quell’altra. San Michele Arcangelo non può mica essere un neutrino; l’uomo non può essere un cavallo. Neanche Dio, erroneamente definito onnipotente, può fare che un cavallo sia un uomo, o che un uomo sia un angelo. Se Dio avesse pensato a un uomo diverso da quello che è, non avrebbe pensato più a un uomo, ma ad un’altra cosa. Quindi, ciascun essere ottiene secondo la sua natura. Dunque Dio può offrire tutto, ma non fare tutto. L’azione creatrice non impone nulla, ma lascia aperte delle possibilità diverse che vengono offerte a tutti.

Se il male è un dato costitutivo della nostra imperfezione che non può essere eliminato se non quando raggiungeremo la perfezione, il bene esiste in sé anche se noi ancora non siamo in grado di accoglierlo. Fin dall’inizio non riusciamo a vivere perfettamente perché nasciamo incompiuti e sono gli altri a farci vivere, a cominciare dalla mamma. In seguito possiamo dare un contributo con le nostre perfezioni particolari, consapevoli che siamo un frammento di molteplicità. Non dobbiamo recuperare una condizione perfetta persa nell’Eden per colpa di Adamo ed Eva, ma dobbiamo invece acquisire qualità nuove. Dobbiamo quindi valorizzare le nostre qualità limitate[7]. Se il mondo dovesse aspettare che tutti noi diventiamo perfetti prima di poter trovare qualche soluzione ai mali sociali, il mondo avrebbe da aspettare molto a lungo.

Oggi si afferma anche che le cose non sono mosse dall’esterno direttamente da Dio, come fosse il burattinaio che tira i fili delle marionette che così si muovono, ma c’è un principio d’azione interno (alla natura) che fa sì che le cose si muovano come chiamate[8]. Ha ben scritto papa Francesco, nell’Enciclica Laudato sì, n. 80, che lo Spirito di Dio ha riempito l’universo con le potenzialità che permettono che dal grembo stesso delle cose possa sempre germogliare qualcosa di nuovo: «La natura non è altro che la ragione di una certa arte, in specie dell’arte divina, inscritta nelle cose, per cui le cose stesse si muovono verso un determinato fine. Come se il maestro costruttore di navi potesse concedere al legno di muoversi da sé per prendere la forma della nave». Sappiamo che per fare una nave noi abbiamo bisogno che qualcuno la progetti e che altri, intervenendo dall’esterno sulla materia (il legno) la modifichi. Dio si limita ad offrire incessantemente potenzialità alle cose, offre alle cose di farsi, per cui – come diceva De Chardin, - vista dall’esterno la creazione è semplicemente una continua trasformazione[9]. Dio offre alle cose di farsi progetto e poi le stesse cose si muovono verso un determinato fine[10]. Il tutto ovviamente richiede tempo, anzi tempi lunghissimi[11].

A Isernia (si possono vedere i reperti nel bellissimo museo paleolitico) è stato trovato l’ominide più antico d’Italia. Si tratta di un homo heidelbergensis cioè un ominide ormai estinto vissuto circa 600.000 anni fa, mentre l’homo sapiens calpesta il terreno europeo appena da 40.000 anni[12]. Il nome heidelbergensis è stato attribuito al primo ritrovamento fossile di questo tipo di ominide, rinvenuto in Germania presso Heidelberg, sulle rive del fiume Neckar. Quest’ominide, che pur si era espanso in Europa, alla fine si è estinto. Ma dall’heidelbergensis sono derivati sia il neanderthal sia il sapiens. Come Adamo ed Eva, noi siamo sapiens, sì che l’uomo moderno non è uscito già perfetto dalla creazione divina, ma in uno stadio iniziale, e l’uomo di oggi non è che un primate[13] che ha dovuto compiere un lungo cammino prima di giungere alla sua attuale condizione di sapiens, ma è tuttora imperfetto non avendo preso coscienza di tutte le sue potenzialità e di tutti i suoi compiti[14]. Dunque la paleontologia nega che le origini dell’uomo siano così ideali come descritto in Genesi 2, e la cosa può essere tranquillamente accettata nella concezione evolutiva, dove la forza creatrice è continuamente all’opera offrendo sempre nuove possibilità. Le novità di vita sorgono spontaneamente. Investiti dal flusso creatore possiamo accogliere questi doni o meno. Quindi Dio non fa le cose ma offre alle cose di divenire. Ovviamente le possibilità sono diverse a seconda dei tempi diversi, degli ambienti diversi. Essendo molteplici le offerte, anche il diventare può essere diverso, e la possibilità è frenata sempre a causa del limite e dell’imperfezione delle creature, e anche dalla casualità[15] che può magari bloccare un determinato percorso (se i dinosauri non si fossero estinti 65 milioni di anni fa, forse oggi avremmo il saurus sapiens al posto dell’homo sapiens)[16]. La natura poi fa anche errori, ma nella natura imperfetta l’uomo può intervenire[17]. E se sbaglia? Il continuo flusso vitale di Dio lascia sempre ricominciare, dà sempre la possibilità di recuperare. Certo, senza quegli sbagli uno poteva diventare una persona diversa, ma al punto in cui ormai quella persona è, può pur sempre recuperare e continuare[18]. Però, visto che gli uomini che vivono nel tempo e nello spazio non sono Dio, non sono eterni, ma temporali e imperfetti, visto che sono solo chiamati a un cammino di perfezione che può avvenire solo nel tempo, in questo possono anche fallire[19].

Oggi sappiamo che prima dell’homo sapiens ci sono stati altri ominidi, quindi ci sono state varie evoluzioni, mentre la formulazione della fede cristiana è sorta all’interno di un modello statico. Solo in una prospettiva statica c’è un’irruzione indebita del male successiva al momento della creazione in sé perfetta. Se la creazione era inizialmente perfetta il male non poteva che derivare da interferenze esterne, abusive, trasgressive che non potevano essere volute da Dio ma solo dall’uomo (il peccato originale di Adamo ed Eva)[20]. Nella prospettiva evolutiva, invece, non trova spazio il peccato originale, perché – come detto,- il male fa parte da sempre dell’imperfezione per cui accompagna fin dall’inizio la creazione e la nostra storia umana. Dio non gestisce direttamente il mondo e non interviene, a suo insindacabile giudizio, nella storia del mondo. Cadendo la visione eteronoma del mondo, Dio non è responsabile della storia dell’umanità. La creazione ha già in sé il male, che è intrinseco alla creazione stessa ma è imprescindibile per l’evoluzione. C’è un’imperfezione iniziale, perché la creatura – stante la sua limitatezza,- non può cogliere l’azione creativa tutta compiutamente in un solo istante e quindi nella sua perfezione. La perfezione viene accolta a frammenti e questo è proprio tipico dell’evoluzione.

Nella visione statica, insegnataci in passato, il soprannaturale colmava in questo mondo quello che di naturale e perfetto era andato perduto. Oggi, con la caduta della visione eteronoma del mondo, non è più significativo parlare di naturale e soprannaturale. Infatti la Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo - Guadium et spes dell’ultimo Concilio, evita accuratamente di usare il termine “sovrannaturale”, cioè quel qualcosa che si aggiunge dall’esterno. Oggi si tende a pensare che il miglioramento dell’umanità fiorisca al di dentro della creatura, non è qualcosa che si aggiunge per dono soprannaturale[21] che scende dall’alto. Nel § 80 dell’Enciclica Laudato si papa Francesco ha confermato che Dio non condiziona l’autonomia delle creature. Oggi, sotto la spinta della cultura evoluzionista, si pensa che l’uomo diventi pian piano sempre più spirituale, e accogliendo e facendo fiorire nel tempo la forza della vita in modo nuovo, e riuscito e può ancora a passare a un nuovo livello, sempre superiore. Questa novità emerge dalla stessa struttura umana, e non c’è alcuna aggiunta soprannaturale dall’alto dei cieli. Proprio in quest’ottica la Gaudium et spes ha evitato il termine ‘soprannaturale’ per smarcarsi dalla precedente visione statica. Non si crede che Dio faccia qualcosa per noi, ma è richiesto il coinvolgimento della nostra vita, della nostra azione[22].

Dunque, proprio come sosteneva il gesuita Teilhard de Chardin, bistrattato dalla Chiesa ufficiale che fa sempre fatica ad accettare i cambiamenti, la forza di Dio continua ad operare senza sostituirsi mai alle creature. “La creazione non è un’intrusione periodica della Causa prima.”[23] Là dove Dio opera, a noi è possibile cogliere solo l’opera della natura, ma la Causa prima non si mescola agli effetti: Dio si limita ad operare sulle nature individuali e sul movimento d’insieme. “Dio propriamente parlando non fa: egli fa che le cose si facciano”[24].

Proprio perché Dio non si sostituisce mai alla creatura, questa può attraversare anche periodi di involuzione, e non solo di evoluzione migliorativa: ecco perché la storia respira a intervalli e procede in modo imprevedibile[25]. Anzi, è indubbio che periodi di crescita e miglioramento si sono sempre alternati a periodi di involuzione e peggioramento, non solo sotto il profilo economico, ma anche sotto il profilo morale e sociale. Su tutto questo Dio non interviene. Dio semplicemente continua a donare con la stessa intensità le stesse possibilità di essere e di crescere. Non è che non avendo accolto il dono in passato l’uomo ha perso definitivamente il tram. Quello che non ha accolto ieri forse riuscirà ad accoglierlo oggi, o domani. L’azione di Dio alimenta il cammino dell’umanità, ma non irrompe come novità se non nelle creature che agiscono. Ancorché Dio alimenti in continuazione questo processo di creazione, sono poi solo le creature a fare la storia, nel bene e nel male.

Un modesto paragone lo possiamo fare col sole. Non è che l’uomo primitivo non poteva utilizzare l’energia solare per usarla di notte dopo averla immagazzinata in pannelli solari: il sole da milioni di anni dà con costanza sempre la stessa energia, solo che l’uomo primitivo non si era evoluto al punto da poter pensare ai pannelli solari. Allo stesso modo, l’azione di Dio non fa crescer il bambino in salute: occorre l’amore e l’impegno dei genitori. L’azione di Dio non fa neanche morire il bambino di stenti: è l’omissione dei genitori e/o l’indifferenza di chi gli sta attorno a farlo morire. Dio non scolpisce la Pietà di Michelangelo perché la Pietà è di Michelangelo; ma affinché Michelangelo possa realizzare quel capolavoro deve essere arrivato a un livello tale da essere poi capace di realizzarlo, cosa che l’homo heidelbergensis non era ancora capace di fare[26]. Dovendo la vita fiorire dall’interno, ci sono voluti miliardi di anni dalla creazione perché l’uomo apparisse sulla terra, talmente complessa era la sua struttura. Ma così agisce Dio, il quale fa che le cose si facciano, dando semplicemente l’energia, la forza per cui gli eventi della creazione possano accadere, nel tempo (che ha un inizio per l’uomo ma non per Dio) e nella storia, per via evolutiva. Se non fosse così, l’agire di Dio, invece di essere il fondamento trascendente (cioè al di fuori della realtà sperimentabile) di tutto l’agire delle creature, verrebbe a collocarsi nel mondo esattamente accanto all’agire delle creature[27]. Essendo invece totalmente separato, totalmente diverso, Dio non si pone sullo stesso piano dell’agire della creatura, non opera qualcosa che la creatura non ha operato, non corregge qualcosa che la creatura ha fatto, ma rende solo possibile alla creatura di agire, e noi vediamo solo questa causa secondaria: l’azione della creatura.

Ora, ci si può chiedere: ma se Dio deve intervenire in continuazione, cosa faceva prima di creare il cielo e la terra? Non era almeno allora in altre faccende affaccendato? Una risposta razionale si trova già in sant’ Agostino, il quale ha osservato che prima del cielo e della terra non c’era alcun tempo, sì che non ha senso chiedersi cosa faceva Dio prima. Non c’era un “allora” là dove non c’era un tempo[28]. Il presente, se fosse sempre presente e non scorresse nel passato, non sarebbe più tempo, ma eternità[29]. In effetti, quando diciamo che Dio è eterno, o quando parliamo della Parola eterna di Dio, non intendiamo che Dio e la sua Parola dureranno per sempre. “Per sempre” è infatti un avverbio temporale, ma il tempo riguarda noi uomini, riguarda la creatura di Dio. Eterno vuol dire tutto “compiutamente.” E solo Dio può essere tutto subito. Noi creature – lo si è già detto e lo si ribadisce - non possiamo essere che frammento dopo frammento nel nostro evolverci temporale (argomentando da 1Cor. 15, 28, dove lo stesso Paolo afferma che solo alla fine Dio sarà tutto in tutti), e anche l’esperienza del sacro può aversi solo dentro quel frammento[30].

E alla fin fine, la natura delle cose dipende da che cosa? Dipende dalla volontà di Dio? L’uomo, cioè, è uomo perché Dio lo ha voluto così, ma se lo avesse voluto diversamente sarebbe stato un’altra cosa? No. Anche per Dio l’uomo è uomo, e non può essere altro. Dipende dall’intelligenza di Dio? L’uomo è così perché Dio lo ha pensato così, ma poteva anche pensare a una creatura diversa? No. Se la pensava diversamente non sarebbe stato più un uomo, ma tutto un’altra cosa. In altre parole, la natura delle singole cose non dipende dall’intelligenza di Dio, se non per conoscerla. Non dipende nemmeno dalla volontà di Dio, se non per attuarla. La natura delle cose è quella che è, e dipende dalla natura di Dio, che è imitabile da un minimo a un massimo. Non dipende invece dalla volontà e dall’intelligenza di Dio. Dio conosce la cosa così come è. Non è che la cosa è così perché Dio la conosce; la conosce perché è così. Il sasso è sasso, l’angelo è angelo, e l’uomo è uomo; e Dio, non può fare che il sasso sia un angelo o che l’angelo sia un sasso. La natura delle cose dipende esclusivamente dal fatto che, essendo Dio infinitamente grande è anche infinitamente imitabile. Dio vede il sasso e lo fa; vede l’uomo e lo fa; vede l’angelo e lo fa: le possibilità di imitazione (tutte però parziali) non finiscono mai. Se noi dicessimo che Dio ha voluto che l’uomo fosse così, e poi l’ha fatto così - cioè abbastanza male, visto quello che si vede in giro - perché voleva che fosse proprio così, mentre poteva farlo anche diversamente e migliore, sarebbe Lui il diretto responsabile di tutto, e l’uomo non avrebbe alcuna responsabilità. E invece neanche Lui poteva fare l’uomo diversamente da come è venuto fuori, perché se l’avesse fatto altrimenti non sarebbe stato più “Uomo,” ma un’altra cosa.

Qui c’è la risposta anche a un’ulteriore domanda: perché Dio che è compiutezza e perfezione donerebbe solo per qualche tempo? Perché, ad esempio, non siamo già nati immortali? La spiegazione di sant’Agostino oggi non regge più: secondo lui si muore non per necessità di natura ma a causa del peccato di Adamo ed Eva[31]. Oggi si pensa che l’essere mortali non dipende dal castigo di Dio, ma proprio dalla natura delle cose che non possono esistere per sempre. Le leggi della materia non prevedono il “per sempre”. A conferma è stato giustamente osservato che muoiono molte forme di vita che non hanno commesso alcun peccato: muoiono i fiori, i frutti, i semi, gli animali, che pur non hanno colpa alcuna. E morivano già ben prima che l’uomo comparisse sulla terra, prima quindi che si potesse parlare di peccato. È un bene per l’uomo se il tyrannosaurus rex è scomparso circa 65 milioni di anni fa, ben prima dell’arrivo dell’uomo, visto che era carnivoro. E allora, che c’entra il peccato con la morte? Proprio nulla, anche se Paolo aveva sostenuto questo collegamento (1Cor 15, 21), e ancora oggi leggendo in chiesa una lettera di san Paolo si dice che è ‘Parola di Dio’ per cui uno può credere che sia insindacabile. Che l’uomo sia comparso dopo le piante, dopo i dinosauri, ce lo dice la scienza. E se il pio ortodosso che crede alla morte di tutte le creature (comprese i dinosauri) solo come causa del peccato di Adamo ed Eva non crede alla scienza, è fuori del mondo; in ogni caso, se non crede alla scienza, dovrebbe credere quanto meno alla Bibbia, la quale dice che l’uomo comparve più tardi, solo nel sesto giorno (Gn 1, 1-26), quando piante e animali già esistevano e già morivano: scienza e Bibbia dicono perciò la stessa cosa.

In senso remoto, Dio ha creato la materia con le sue leggi; ma poi queste leggi sono più che sufficienti per far funzionare la materia e per spiegare ogni evento, anche quello dannoso[32]. E le leggi della materia devono essere quelle, perché se no, non sarebbe stata materia, ma un’altra cosa. Dunque, è la continua azione creatrice di Dio che sostiene tutta la creazione (ecco il Dio pantokrator); solo questo flusso creativo continuo riesce a tenere tutto unito; ma poi solo l’uomo è in grado, se s’impegna, di aiutare ad elevare la materia e redimere la storia. Le stelle possono trasformarsi nel corso del tempo, ma non hanno alcuna tendenza verso una loro perfezione. Per quel che ne sappiamo, solo nell’uomo sembra ci sia questa forza che introduce novità, e non le introduce perché aggiunge, ma perché dal di dentro fa fiorire un grammo alla volta di ulteriore perfezione. Ma per riuscire a fare questo è richiesta una struttura che possa accogliere le informazioni necessarie per progredire, perché questo processo si svolge dall’interno. Al tempo stesso, essendoci componenti imperfette anche nell’attuale nostra struttura, l’oggi non è il definitivo e domani si potranno trovare forme migliori[33].

In conclusione, la teoria creazionista pensata ancora da molti quando recitano il Credo, implica che la vita sia sorta improvvisamente e perfetta senza bisogno di un ulteriore sviluppo. L’idea di creazione evolutiva sottintende invece una creazione continua per cui questa forza incessante creatrice offre alle cose stesse di diventare qualcosa di diverso. Dio non ha infuso nelle teste umane di oggi delle conoscenze che gli uomini di ieri non avevano. Solo facendo memoria della storia umana, progressivamente noi uomini siamo arrivati a certe nuove interpretazioni e conoscenze. Così ci siamo evoluti salendo, un po’ alla volta, a un gradino superiore[34]. Tanti ominidi che non sono riusciti a evolversi oltre un certo grado si sono estinti. In altre parole, la condizione umana sulla terra è soggetta ad ambiguità: può sfociare in un compimento definitivo oppure esaurirsi in un tentativo fallimentare[35]. Oggi siamo consapevoli che con una bella guerra nucleare anche l’homo sapiens potrebbe estinguersi, e sulla terra potrebbero rimanere solo i virus e poco altro. Sembra che non ci siamo nemmeno resi ancora conto, nonostante i segni della natura, che depredando e consumando la terra la stiamo distruggendo, e non avendo una terra di riserva potremmo estinguerci anche noi[36]. Insomma, possiamo certamente dire che l’uomo è ancora lento di comprendonio, pigro, disattento, ma non per questo è decaduto per colpa di Adamo ed Eva da una condizione di felicità e amicizia divina in uno stato di inimicizia e irreparabile condanna[37].

Anche papa Benedetto XVI, parlando de ‘Il ruolo dei Sacramenti’ all’udienza generale del 10.12.2008, ha detto: “seguendo san Paolo abbiamo visto due cose. La prima è che la nostra storia umana dagli inizi è inquinata dall'abuso della libertà creata, che intende emanciparsi dalla Volontà divina. E così non trova la vera libertà, ma si oppone alla verità e falsifica, di conseguenza, le nostre realtà umane. Falsifica soprattutto le relazioni fondamentali: quella con Dio, quella tra uomo e donna, quella tra l'uomo e la terra. Abbiamo detto che questo inquinamento della nostra storia si diffonde sull’intero suo tessuto e che questo difetto ereditato è andato aumentando ed è ora visibile dappertutto. Questa era la prima cosa. La seconda è questa: da san Paolo abbiamo imparato che esiste un nuovo inizio nella storia e della storia in Gesù Cristo, Colui che è uomo e Dio. Con Gesù, che viene da Dio, comincia una nuova storia formata dal suo sì al Padre, fondata perciò non sulla superbia di una falsa emancipazione, ma sull'amore e sulla verità”.

Dunque neanche questo papa conservatore parla più di uno stato di perfezione perduto; ricorda solo che con Gesù l’uomo è potuto entrare in un nuovo livello di libertà, e ammette implicitamente che noi siamo in cammino verso la pienezza, non siamo una pienezza decaduta. La situazione in cui versiamo non è allora colpa dell’uomo, è una realtà che attende di diventare pienezza. Il male è in noi come limite, non come colpa.

L’homo sapiens, l’unico alla fine rimasto sulla terra, è giunto dov’è attraverso acquisizioni progressive non perché Dio ha centellinato la verità, ma perché noi umani siamo limitati e progrediamo frammento dopo frammento per cui, anche se l’azione di Dio si esprimesse attraverso noi creature in un unico istante, versando su di noi tutta la sua perfezione, viste le nostre strutture mentali limitate, questa sua azione non potrebbe che assumere il limite naturale di noi uomini. Non è che Dio manda un po’ alla volta nuove perfezioni (ad esempio convincendoci che la schiavitù,[38] la pena di morte, la guerra legittima sono dei mali che vanno aboliti); non è Dio che cambia – fra l’altro non possiamo dire nulla di Dio in sé,- ma cambiamo noi diventando più capaci di accoglienza, sì che riusciamo ad esprimere in modo sempre nuovo l’azione di Dio. E siamo noi responsabili del nostro cambiamento. Quindi dire “sono fatto così e non posso cambiare” è una comoda via di fuga che ci sottrae alle nostre responsabilità.

Siamo noi che, accogliendo in modo nuovo la forza creatrice, giungiamo ad esprimerla con gesti che prima erano impensabili. Oggi sarebbe impensabile che dei santi proclamassero una crociata violenta com’è successo nel dodicesimo secolo (pensiamo a san Bernardo); parimenti impensabile sarebbe l’idea di bruciare un eretico sul rogo perché tutti reagirebbero opponendosi di fronte a un proclama del genere. In passato bruciare l’eretico era considerato un dovere, perché si riteneva voluto da Dio il dovere di eliminare gli elementi cattivi dalla società. Esattamente per lo stesso motivo si cercava di estirpare la zizzania dei credenti in un Dio diverso dal nostro con le crociate. Qualche passo è stato fatto, ma resta ancora un lungo cammino da compiere e noi tutti ne siamo responsabili. Anzi, ribadisco che l’umanità oggi può perfino auto-distruggersi, e per questo la responsabilità di ciascuno di noi è aumenta rispetto al passato[39].

Noi umani siamo un tentativo che la vita fa di renderci vivi, un tentativo che potrebbe anche fallire. Non siamo ancora capaci di una vita definitiva, lo stiamo faticosamente diventando. Siamo in viaggio e alla fine del nostro viaggio ciascuno di noi sarà diventato ciò che ha vissuto[40]. Se allora da provvisoriamente vivi non collaboriamo per raggiungere quello stato di pienezza definitiva promessoci[41], il tentativo che la vita fa per creare nuove forme fallisce, e si esaurisce anche la nostra possibilità di continuare il cammino. Ogni generazione è responsabile verso chi viene dopo di noi, e anche la condiziona in base alle scelte negative che ha compiuto nel corso della sua vita terrena. Ogni generazione trasmette un’imperfezione di vita dovuta alle proprie scelte negative[42] (e forse oggi potremmo definire così il peccato originale, che è di tutti gli uomini e non di Adamo ed Eva). Volendo continuare ad usare il termine ‘peccato originale’ così oggi lo potremmo intendere. Dovremmo anche essere molto più consapevoli della responsabilità che portiamo e del rischio che anche noi potremmo estinguerci come gli ominidi che ci hanno preceduto.

Questa è l’evoluzione umana. È chiaro allora che, altro è dire che Dio in un lontano passato ha introdotto una qualità nuova (modello statico), altro è dire che le creature riescono nel tempo a far fiorire nuove qualità di vita,[43] nuovi miglioramenti[44] se non proprio vere perfezioni. Ma è indubbio che l’uomo può ancora intralciare questo cammino dell’umanità verso la perfezione, può essere un impedimento al processo della vita, alla forza della vita che offre possibilità nuove, e questo comporta una diminuzione per l’uomo che gl’impedisce di andare verso la propria pienezza (Gaudium et Spes §13). È anche chiaro a tutti, io spero, che con questo documento vaticano viene riconosciuta e accettata, una volta per tutte, la visione evolutiva e non più quella statica, tant’è che non ci si richiama neanche più alle formule passate del peccato.

Dio, questa forza, questa presenza arcana che contiene perfezioni non ancora espresse da cui dipendiamo totalmente, offre a tutti la possibilità di pervenire a nuove forme di umanità. Quindi possiamo sempre migliorare perché già c’è questa Realtà esterna che sostiene e alimenta il nostro cammino. Non siamo noi che possiamo alimentare questa forza, ma la possiamo accogliere, a frammenti, nel tempo[45] perché nessuno di noi umani può sfuggire i limiti della nostra umanità.

Quando milioni di anni fa sulla terra non esisteva l’intelligenza come noi oggi la comprendiamo, non si poteva dire che Dio è amore come ha scritto Giovanni (1Gv 4, 8), perché di questo non c’era alcuna manifestazione sulla terra. Si sarebbe forse al più potuto che Dio è luce. E forse solo questo si può ancora dire in molte parti dell’universo, dove probabilmente non c’è vita. Noi possiamo arrivare a capire di Dio solo ciò che nella creatura si è già manifestato. La trascendenza la possiamo intuire, ma non capire. Oggi possiamo credere che esiste un Bene più grande di noi che può esprimersi in noi con forme di amore che ancora non abbiamo mai vissuto. E possiamo credere che questo Amore preesiste a noi, come forza positiva che oggi può finalmente guidarci[46].

Quando Darwin, che in gioventù aveva studiato da prete, dopo trent’anni di studi, ha concluso che la creazione è un processo evolutivo in corso e mai finito, non intendeva di certo confutare la religione, anche se l’insegnamento del magistero ha subito un colpo durissimo: infatti, se si accetta il modello evolutivo, cadono come nel gioco del domino le dottrine del peccato originale commesso da Adamo ed Eva perché se non c’era alcuna perfezione iniziale non c’è stata alcuna caduta; a catena quindi non serve il battesimo per la remissione dei peccati, cade la necessità dell’uomo di salvarsi dal peccato e quindi l’iniziativa di Dio di dover mandare suo Figlio Gesù per redimerci non potendo gli uomini da soli placare l’ira divina: Dio non può aver mandato Gesù per superare una non-caduta, né Gesù può essere morto per redimerci dai nostri peccati[47]. Insomma, c’è da reimpostare tutta la dottrina cristiana, partendo dall’inizio.

A tutto questo, secondo me, si dovrebbe pensare quando si dice di credere a Dio creatore di tutte le cose.

NOTE


[1] Vedi anche l’ultimo articolo del mese di ottobre su questo giornale, Quale prova certa mi dà dell’esistenza di Dio? (https://sites.google.com/view/rodafa/home-n-633/dario-culot-quale-prova-dellesistenza-di-dio)

[2] È importante capire che Dio vuol dare tutto sé stesso ad ogni creatura, nessuna esclusa. Perché? Perché se ne escludesse una non sarebbe infinitamente buono. Non sarebbe infinitamente buono chi può dare, ma non dà tutto ciò che può essere dato. Ora, se io do qualcosa a qualcuno, bisogna che stia attento, perché potrei rimanerne senza. Ma le cose spirituali a darle, anche per noi, non diminuiscono mica. Se io do ad un altro tutto quello che so, non perdo niente della mia scienza. Dio non acquista nulla a dare, ma neanche perde nulla a dare: è sempre Dio l’Infinito assoluto.

[3] Vannucci G., Il richiamo dell’infinito, ed. Comunità di Romena, Pratovecchio (AR), 2006, 146 ss.

[4] Vedi la nota 26 dell’articolo della scorsa settimana, quando si è detto che nelle api la maggior parte delle informazioni di cui hanno bisogno sono codificate nel genoma.

[5] Il nulla è il limite della creatura, non è qualcosa dal quale proviene il mondo. Dal nulla non può nascere nulla. Il mondo non viene dal nulla, ma dalla pienezza e traboccanza della bontà divina (Chimirri G., Libertà dell’ateo e libertà del cristiano, ed. Coop. Fede&Cultura, Verona, 2007, 80).

[6] E ricordo quel detto arabo secondo cui la bellezza di una donna è l’aspetto risplendente della luce di Dio.

[7] Molari C., Il cammino spirituale del cristiano, Gabrielli editori, San Pietro in Cariano (VR), 2020, 174s.

[8] Vedi sempre quanto detto nell’articolo della scorsa settimana sulla visione eteronoma e autonoma del mondo.

[9] Che l’uomo cambi lo si vede perfino nell’arco della nostra breve vita, e i cambiamenti più evidenti nell’uomo si vedono oggi soprattutto nel diverso modo di pensare fra padri e figli, non nella biologia. De Chardin, come Darwin e molti altri, all’inizio sono stati completamente rifiutati dalla Chiesa: nell’arco di neanche un secolo oggi sono accettati dai più. Oggi siamo pienamente consapevoli dei cambiamenti che si vedono nelle piante e negli animali, i quali devono adattarsi al nuovo clima e ai nuovi ambienti. Una volta i cambiamenti climatici avvenivano lentamente. L'aumento odierno della temperatura è di almeno dieci volte maggiore di quello registrato in passato, sì che, per stare al passo, gli organismi dovrebbero migrare (o adattarsi) a una velocità dieci volte maggiore (Kolbert E., La sesta estinzione, Neri Pozza, Vicenza, 2014, 198). Questo è ovviamente difficile, per cui chi non si adatta si estingue, e l'estinzione non è che un effetto collaterale dell'evoluzione. Le piante, che non possono migrare alla velocità degli uomini, corrono ovviamente maggior rischio di estinzione.

[10] Naturalmente c’è chi sostiene che la natura non ha bisogno di Dio: il martello e l’incudine dell’orecchio all’origine, nei rettili, facevano parte dell’articolazione della mandibola. Più tardi si sono convertiti in elementi dell’udito; cioè dal disegno di un rettile è venuto fuori un mammifero come noi. Non che siamo perfetti, però come ‘miscuglio’ non siamo neanche tanto male, anche se siamo fatti con roba di seconda mano, già eliminata dai nostri fratelli più anziani. La placenta, ad es., ha la sua origine partendo dall’uovo, ed è una soluzione geniale anche se non può pretendere di avere la stessa perfezione che avrebbe se fosse stata concepita ex novo. I nostri polmoni erano anticamente organi di fluttuazione. Insomma il nostro organismo si è costruito nel tempo come si fa con un libro: correggendo, togliendo…Non siamo il risultato di una pianificazione, di un preciso disegno iniziale. La natura, come ha dimostrato Darwin, manca di un obiettivo, non cerca, però poi riesce a produrre cose nuove (Millás Juan José y Arsuaga Juan Luis, La vida contada por un sapiens a un neandertal, Penguin Random House, Barcelona (E), 2021, 163). Naturalmente il paleontologo Arsuaga, che non crede in Dio, non spiega come la natura si è trovata fra le mani la materia che, via via, si è evoluta. Chi gliel’ha fornita?

[11] È bene riportare il motto di Greenpeace: “La terra esiste da quasi 4.600.000 di anni. Si potrebbe paragonare la sua vita a quella di un uomo di 46 anni. In questo caso, dei primi sette anni non si sa assolutamente nulla; poco si conosce fino ai suoi 42 anni, quando cominciò a fiorire. I dinosauri comparvero all’età di 45 anni, e i mammiferi otto mesi prima dei 46. Continuando così, l’uomo moderno esisterebbe solo da quattro ore, e da un minuto è iniziata la rivoluzione industriale. In questi 60 secondi egli è riuscito a trasformare un paradiso in una discarica di rifiuti, ha causato l’estinzione di 500 specie di animali e si trova sull’orlo di una guerra che potrebbe portare all’annientamento di questa oasi di vita nel sistema solare.”

[12] Vedi nota 26 dell’articolo della settimana scorsa su Dio onnipotente.

[13] La capacità di appenderci a una sbarra spiega la nostra origine arboricola: né un gatto, né un cane, né un leone possono farlo, il che dimostra che siamo imparentati con le scimmie. Ma a differenza del gorilla o dello scimpanzé – con cui condividiamo il 98,5% del DNA - abbiamo una mano che possiamo utilizzare come una pinza, ad es. per raccogliere bacche; né il gorilla, né lo scimpanzé sono in grado di farlo, perché pollice e indice sono troppo separati; la loro mano è più larga, perfetta per appendersi ai rami, cosa che noi possiamo fare, ma ormai con fatica (Millás Juan José y Arsuaga Juan Luis, La vida contada por un sapiens a un neandertal, Penguin Random House, Barcelona (E), 2021,47s, 65s.).

[14] Ortensio da Spinetoli, L’inutile fardello, Chiarelettere, Milano, 2017, 23.

[15] Pensiamo al seme che di per sé sembra autosufficiente per poter diventare albero, ma in realtà ha bisogno anche di altri componenti esterni, come una terra idonea, dell’acqua, il calore del sole, elementi che non ha dentro di sé e dipendono da una serie di fattori che il seme non può controllare. Allo stesso modo noi umani viviamo in una situazione analoga a quella del seme: non siamo autosufficienti, e se ci manca l’acqua e il cibo non andiamo molto lontani. Carenze alimentari iniziali possono impedire lo sviluppo dell’intelligenza del bambino. Quindi un essere umano nato e vissuto nella miseria del terzo mondo e uno nato e vissuto nell’opulenza del mondo occidentale non sono diversi perché solo il secondo ha voglia di lavorare: il punto di partenza è stato diverso fin dal primo momento e ha sfavorito chi è nato nel posto sbagliato. Le nostre decisioni apparentemente libere in realtà risentono perfino della classe sociale a cui apparteniamo.

[16] Molari C., Il cammino spirituale del cristiano, Gabrielli editori, San Pietro in Cariano (VR), 2020, 99ss.

[17] Idem, 158.

[18] Idem, 452: Non dobbiamo pensare che ci sia un progetto assoluto nei nostri confronti. Dio non ha un progetto unico su di noi, ne ha mille. Dio non ci impone nulla, ci offre mille possibilità, e noi dobbiamo sempre partire dal punto in cui siamo, da quello che siamo diventati a quel punto.

[19] Idem, 160.

[20] Ortensio da Spinetoli, L’inutile fardello, Chiarelettere, Milano, 2017, 22.

[21] Molari C., Il cammino spirituale del cristiano, Gabrielli editori, San Pietro in Cariano (VR), 2020, 471s.: nella prospettiva statica tutto ciò che sopraggiungeva dopo la nascita veniva considerato un’aggiunta alla natura. I vari veicoli della grazia erano considerati soprannaturali nell’ambito di una concezione elitaria della Chiesa, secondo cui fuori di essa non c’era salvezza. Nella prospettiva dinamica ed evolutiva, nella quale la persona diventa quello che ancora non è, soprattutto attraverso le relazioni, ogni sviluppo (anche quello che chiamiamo grazia, partecipazione ai sacramenti, ecc.) non è una qualità soprannaturale calate dall’alto, ma nasce da strutture che pian piano si formano e che portano la persona a raggiungere la sua identità definitiva.

[22] Idem, 77-82.

[23] de Chardin T., La transformation créatrice, in Comment je crois, ed. Seuil, Parigi, 1969, 31.

[24] de Chardin T., Nota sulle modalità dell’azione divina nell’universo, 1920, in La mia fede, Scritti teologici, Queriniana, Brescia, 33.

[25] Mancini R., Più forti della crisi, “Fraternità di Romena”, n.1/2012, 12.

[26] Dice il paleontologo Juan Luis Arsuaga che noi siamo l’unica specie che lancia oggetti con precisione. La mira è stata essenziale per l’evoluzione, nel senso che ha fatto sviluppare il sistema nervoso e la muscolatura. Gli scimpanzé non sono capaci di intagliare non per carenza cognitiva, ma perché mancano della coordinazione necessaria (Millás Juan José y Arsuaga Juan Luis, La vida contada por un sapiens a un neandertal, Penguin Random House, Barcelona (E), 2021, 18).

[27] Rahner K., Il problema dell’ominizzazione, ed. Morcelliana, Brescia, 1969, 96ss.

[28] Il mondo non è stato creato nel tempo, ma col tempo (Chimirri G., Libertà dell’ateo e libertà del cristiano, ed. Coop. Fede&Cultura, Verona, 2007, 80.

[29] S. Agostino, Confessioni, 10.12. ss.; 13.15; 14.17.

[30] Molari C., Il cammino spirituale del cristiano, Gabrielli editori, San Pietro in Cariano (VR), 2020, 77.

[31] Agostino, Il castigo e il perdono dei peccati e il battesimo dei bambini, prefaz. 4, in www.augustinus.it.

[32] Tor C., C’è vita e vita, ed. Emi, Bologna, 2000, 93.

[33] Molari C., Il cammino spirituale del cristiano, Gabrielli editori, San Pietro in Cariano (VR), 2020, 102.

[34] Il re babilonese Hammurabi, inserì nel suo codice il famoso principio del taglione: “occhio per occhio, dente per dente” (Enciclopedia storica L’uomo e il tempo, ed. Mondadori, Milano, 1972, vol.2, 151). Noi oggi consideriamo questo principio barbaro e violento, ma nel 1800 a.C. questo era un grandissimo principio di civiltà, perché poneva un preciso limite alla vendetta: se uno ti ha rotto un dente, puoi solo rompergli un dente, non puoi staccargli un braccio o ammazzarlo.

[35] Molari C., Il male – papa Francesco e Scalfari, “Rocca” n.77, 2018, 5.

[36] Basta vedere come ci autoassolviamo sempre: una disastrosa alluvione? Colpa delle bombe d’acqua, mai colpa del fatto che si è costruito selvaggiamente dove non si doveva costruire, o che questo cambiamento climatico dipende da scelte che abbiamo fatto in passato.

Nell’antichità l’uomo aveva sognato di distruggere gli dèi, di carpire i loro segreti; nel Novecento è arrivato alla consapevolezza di poter distruggere sé stesso e il mondo (Andreoli V., La gioia di vivere, ed. Rizzoli, Milano, 2016, 211).

[37] Ortensio da Spinetoli, L’inutile fardello, Chiarelettere, Milano, 2017, 23s.

[38] Pensiamo che per secoli lo stesso cristianesimo ha tranquillamente accettato la schiavitù, perché la cultura di allora non era arrivata dove siamo oggi.

[39] Molari C., Gesù,chi?, relazione tenuta a Trieste il 27.2.2016 nella chiesa di Santa Teresa del bambino Gesù.

Stephen Hawking, uno scienziato non certo noto per pulsioni catastrofistiche aveva già denunciato, prima di morire: “Possediamo la tecnologia per distruggere il pianeta su cui viviamo, ma non abbiamo ancora sviluppato la tecnologia per sfuggire da questo pianeta”.

[40] Nel racconto del buon samaritano il sacerdote passa davanti al ferito e non si ferma, il samaritano sì. Il vangelo ci fa capire il motivo: il sacerdote era lì per caso, il samaritano era in viaggio. Quando sei in viaggio hai gli occhi attenti (Verdi L., Bambini e innamorati ci salveranno, Romena Accoglienza, Pratovecchio Stia (AR), 2020, 41s.).

[41] Quindi, come detto nell’articolo sulla morte al n.562 di questo giornale, non abbiamo il paradiso alle spalle, abbiamo il paradiso davanti a noi.

[42] Molari C., Il cammino spirituale del cristiano, Gabrielli editori, San Pietro in Cariano (VR), 2020, 181-191.

[43] Idem, 139-147.

[44] Se qualcuno di voi ha imparato a sciare, ricorderà gli sforzi per tenere gli sci paralleli; niente da fare, niente da fare; poi, continuando a sciare, improvvisamente un giorno questi sci sono rimasti paralleli. Cos’era cambiato dal giorno prima? E chi lo sa.

[45] Molari C., Il cammino spirituale del cristiano, Gabrielli editori, San Pietro in Cariano (VR), 2020, 221ss.

[46] Idem, 225s.

[47] Spong J.S., Incredibile, Mimesis, Milano-Udine, 2020, 65. E se è così, dovremmo anche buttar via gran parte della nostra liturgia: pensiamo solo al Prefazio.