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Miriam Camerini al Yiddish Summer Festival di Weimar - foto di Shendl Copitman Kovnatskiy

Un bambino appena nato, il Patriarca Armeno che ancora non c’è, Bose, Kabul e il tamburello di Gerusalemme


di Donato Forasse


La tragedia di Kabul e dell’intero Afghanistan proprio in questi minuti, in questa sezione di tempo nostro che è come ritagliata, quasi ferita non marginabile, nel mezzo del nostro svago ferragostano, ci ributta in faccia la nostra attitudine a capire chi siano le Altre e gli Altri.

Niente più delle vacanze estiva sembra imporre una beatificante omologazione. Invece le mani di madri e padri ci affidano, al di là delle graticole del filo spinato dell’aeroporto della capitale afgana, figli e figlie anche piccolissimi e piccolissime.

Chi può non piangere davanti a scene simili? O forse: qualcuno ha l’ardire di non piangere.

C’è una congiura culturale verso chi non integri i requisiti dell’età adulta. La “follia” dell’infanzia e dell’adolescenza è quanto di più destabilizzante per le rigidissime logiche perfettamente razionali di noi uomini adulti.

Invece, se ben ci pensiamo, una sorprendente parentela accomuna i tratti del volto di neonato a quelli di un anziano, le cui rughe assomigliano a quelle contrazioni di un viso di infante ancora quasi rattrappito per adattarsi, espandersi, alle meraviglie del mondo ed alle sue contraddizioni a volte insostenibili.

Ha cura della vita che nasce chi ha cura della vita che è già di molto trascorsa. E viceversa.

Il Priore di Bose, Luciano Manicardi, nella pubblica ammonizione per la preghiera pre-notturna di Compieta la domenica 1 agosto, invitava a cogliere la valenza rivoluzionaria, ed allo stesso momento anche tutta spirituale però, di ciò che inizia, si origina, si avvia.

Le fonti sono riferimento fondamentale per chiunque voglia comprendere qualunque fenomeno ed evento della vita. Il principio riguarda anche la fine, come nuovo generarsi. Sì, anche la morte, che apre ad un tempo di cui nulla sappiamo.

Forse la nostra ignoranza sulla morte non è poi così distante dalla nostra ignoranza sul Medio Oriente e su quegli universi religiosi. Parliamo di Islam senza sapere in realtà che cosa sia. Ben che ci vada, ne abbiamo qualche confusa nozione dall’istruzione scolastica, ma già la distinzione tra Sunniti e Sciiti ci mette in imbarazzo.

Il fatto è che neppure a proposito di Cristianesimo siamo messi meglio, anzi neppure a proposito di Cattolicesimo. Che si sa, diffusamente, dell’esistenza di più di venti Chiese Cattoliche che hanno altro rito ed altra disciplina? Ci è difficile – riconosciamolo – persino abbozzarne dentro di noi una qualche immagine. Veli sui copricapi e barbe fluenti sono da confinarsi tra gli Ortodossi, pensiamo. Invece no. Solo che non ne sappiamo nulla.

Un esempio: qualcuno sa che il Sinodo dei Vescovi Armeni Cattolici, riunitosi a luglio, non è riuscito ad eleggere un nuovo Patriarca, “Cattolico” per appunto? Eppure basta leggere qui: https://www.agensir.it/quotidiano/2021/7/7/libano-sinodo-vescovi-armeni-cattolici-rinviata-a-data-da-destinarsi-elezione-nuovo-patriarca/

Storia della Chiesa Armena e del Popolo Armeno che è storia di persecuzioni genocidarie, fino all’estremo dello Yetz Meghern, il “Grande Male”, lo sterminio di milioni di Armeni tra il 1915 ed il 1916. Uno sterminio preso a riferimento da Adolph Hitler per la sua “soluzione finale” che porto alla Shoah.

Come usciremo dalle strettoie di un cinismo che si nutre di crudeltà e che è diventato sistema? Quale strategia per fronteggiarlo? Oggi si dice: quali strade per la “resilienza”?

Nella rubrica settimanale “The Rabbi is in”, la candidata al rabbinato Miriam Camerini parla del suo tamburello che ha imparato a suonare proprio in questi giorni.

Noi abbiamo del suono, della danza, della musica, del gioco, del canto una concezione del tutto superficiale, quali ambiti di semplice evasione scacciapensieri, mentre sono proprio la danza, il ritmo ed il canto a riconsegnare il senso del nostro essere al mondo, in questo mondo, facendo scorgere spiragli di luce che le nostre concettualizzazioni tutte verbali non sono in grado di descrivere.

Il metaverbale della musica può molto di più, perché può parlare in maniera assai più convincente e coerente, perché pesca dentro di noi, laddove spesso non abbiamo il coraggio di guardare.

Tamburellando, pensando agli Armeni, riflettendo sulla potenzialità di ciò che inizia – sia la vita appena nata, siano i giorni che attendono noi adulti -, Kabul potrà lentamente principiare, prima di tutto dentro di noi, a sembrare Gerusalemme.

Buona domenica.