I racconti di Rodafà


5. Il gatto e la croce


di Stefano Agnelli

Ultima Cena del Ghirlandaio nel Convento di San Marco a Firenze

Il Cristo era là, sulla croce. Ai piedi l’apostolo che amava, sua madre e la Maddalena, accanto tre soldati romani, un centurione ed una sparuta folla, residuo della moltitudine che aveva accompagnato Gesù al Gòlgota, schernendolo, insultandolo, lanciandogli pietre e sputandogli sulle vesti.

Un gatto, che vagava per il colle, si era aggiunto all’ultimo. Muovendo appena la testa, con il collo teso in avanti, le vibrisse a fremere nell'aria, sentiva gli odori forti del sangue e dell'aceto, del terrore gelido di chi sta per morire. Sentiva la paura senza fine delle tre figure crocifisse, ma in particolare percepiva vibrazioni molto forti provenire da quella più in alto. Si sedette appoggiandosi sulle zampe posteriori, proprio accanto ad un masso, ai piedi della croce centrale. Chinando la testa di lato, più volte, e riportandola eretta, il gatto scrutava quel viso d’uomo stravolto dal dolore atroce della Passione: mai aveva visto un volto simile. Gli sembrò ebbro di felicità e dolore allo stesso tempo.

Subito una corrente di immagini e sensazioni attraversò la sua mente. Sentì in bocca il sapore del latte materno, d’un grosso pezzo di pesce essiccato che aveva preso, di nascosto, da un banco del mercato; udì il dolce miagolio di sua madre, il sussurro delle gatte in amore, e di nuovo sentì il sapore del latte di mucca appena munto, il fresco dell’acqua di fonte. Si leccò una zampa e prese a lavarsi il pelo con lentezza. Il resto delle persone attorno alla croce scomparve, neppure le vedeva più. Si era sempre tenuto alla larga dagli uomini, ma qui, in cima a questo colle, senza nemmeno un filo d’erba, era diverso: non aveva più alcuna paura, si sentiva a suo agio.

Fu allora che, raccolto da terra un pezzetto di legno, iniziò a lanciarlo per aria, facendo ogni possibile capriola o mossa buffa che riusciva a ricordare. Voleva farlo ridere, voleva lenire almeno un poco quel dolore immenso, quella pena così dolce d’amore per l’Umanità intera che poteva soltanto intuire. Ma niente, l'uomo sulla croce non lo guardava nemmeno, e allora, girando più volte su sé stesso, si acciambellò proprio ai piedi di Gesù, appoggiando la schiena robusta al palo infisso nel terreno, ed iniziando a fare le fusa. Più forte, sempre più forte, quasi a voler farsi udire da quell’uomo, che ora sentiva di amare. Erano fusa di gioia vera, perché la vicinanza del Cristo gli dava una sensazione di benessere profondo, quale non aveva mai provato prima per nessuna creatura.

Dall'alto della croce udì provenire alcune parole, e vide le tre figure sotto di essa che si abbracciavano piangendo. D’improvviso la donna più giovane si accorse di lui e si chinò per raccoglierlo, lo prese fra le braccia e lo strinse forte. Il suo corpo era caldo e odorava di freschi profumi speziati, grosse lacrime le scendevano dal viso che appoggiò dolcemente contro il suo dorso, baciandogli più volte la testa.

Ti chiamerò Yelid nasha' – disse la Maddalena.

N.d.a. - in aramaico “ Yelid nasha' “ significa letteralmente: “Nato da essere umano”.




Mappa di Murano - Benedetto Bordone (1450-1530) - Isolario di Benedetto Bordone nel qual si ragiona di tutte l'isole del mondo, con li lor nomi antichi & moderni, historie, favole, & modi del loro vivere, Venezia 1547 - immagine tratta da commons.wikimedia.org