Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano

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Mabel Allington Royds (1874-1941) - immagine tratta da commons.wikimedia.org






5. Domande e risposte su Chi è Gesù?

di Dario Culot



5. Lei ha detto che le “verità di fede” sono quasi sempre l'esito di compromessi raggiunti dopo faticose trattative fra i vari schieramenti di chierici presenti. Noi credenti invece sappiamo bene che le verità che escono dai concili sono supportate dallo Spirito Santo. Solo la presenza dello Spirito Santo fa la differenza fra un concilio ecumenico e un’assemblea di persone di questo mondo. Ecco perché dobbiamo credere alle conclusioni dei concili di Nicea e Calcedonia. Lei invece non ci crede, per cui sono amareggiata e spaventata da questo attacco che Lei fa all’insegnamento del magistero, e che getta ulteriore scompiglio fra i fedeli in un momento già difficile per la Chiesa. Anche a me sembra che Lei sia già per conto suo completamente fuori della Chiesa e, che se non lo è, debba essere allontanato.

Ho come l’impressione che troppi credenti per bene, che pensano che le porte del Regno siano aperte solo per essi, vogliano cacciare con estrema facilità dalla Chiesa altri credenti per bene essendo convinti che il pensiero alternativo sia qualcosa che non può sfiorare i veri credenti per bene. I primi pensano che debba esistere un solo pensiero, che non deve cambiare mai: mi sembra di aver già dimostrato (ad es. nelle risposte sub 2 e 4) che la Chiesa ha dovuto spesso cambiare interpretazione e quindi dottrina.

Per quel che riguarda i concili mi preoccupa il fatto che tanti siano convinti che i vangeli debbano essere interpretati dogmaticamente alla luce delle decisioni conciliari, e non i dogmi evangelicamente. Così il Gesù terreno descritto dai vangeli è stato interpretato alla luce dei concili di Nicea e Calcedonia, e non questi concili a partire dai vangeli, come invece penso dovrebbe essere. Vorrei ricordare che, come cristiani, non ci viene chiesto di salvare ‘parole’ (i dogmi sono parole), ma di vivere e agire imitando il vivere e agire di Gesù, perché il Vangelo è vita, non ideologia. Gesù non ha scritto niente, non ha lasciato nessuna dottrina, nessun dogma, ha lasciato semplicemente sé stesso e la testimonianza della sua vita. E come ha scritto Simone Weil “non da come uno mi parla di Dio, ma da come mi parla della cose della vita io capisco se una persona ha soggiornato in Dio”[1].

Per quel che riguarda invece la convinzione dell’assistenza dello Spirito santo, Le farò qualche esempio pratico; poi tutti sono liberi di decidere come meglio credono.

(a) Nel concilio Vaticano I al papa era stata riconosciuta la potestà piena e assoluta: il papa è così diventato un monarca assoluto avendo il primato supremo che nessuno può sindacare. La costituzione Pastor aeternus[2] del concilio Vaticano I, al capitolo 1, afferma il primato di giurisdizione del papa (non solo di onore, un primus inter pares, come già riconosceva il canone 28 del concilio di Calcedonia,[3] e che papa Leone I aveva sdegnosamente rifiutato); poi il cap. 2 del documento del 1870 afferma la perpetuità di tale primato nella Chiesa attraverso la successione da Pietro ai Romani Pontefici, e infine il cap. 3 descrive il valore e la natura del primato del Papa, confermando la piena potestà di giurisdizione.

Già questa presa di posizione appare in contrasto con quanto, nel 1415, aveva stabilito nel concilio di Costanza col decreto Haec sancta,[4] per porre fine all’assurda situazione di tre papi in contemporanea senza che nessuno di essi accettasse di ritirarsi. I tre erano stati considerati decaduti e i concilio aveva nominato nuovo papa Martino V. Nella convinzione di ricevere il proprio potere direttamente da Dio il concilio presentava sé stesso come infallibile, mentre il papa era un semplice ministro di Dio: quindi il concilio affermava la propria superiorità sul papa. Ma una volta risolta la questione della presenza contemporanea di troppi papi, posto fine cioè alla situazione scismatica, il nuovo papa Martino sostenne che la dichiarata superiorità del concilio non aveva valore dogmatico, ma solo valore amministrativo dovuto al caso eccezionale del momento, per cui il papa era sempre superiore al concilio, tanto che emise in seguito decreti sotto forma di costituzioni papali, e non conciliari. Inutilmente molti altri studiosi hanno sostenuto il contrario, cioè che il concilio aveva infallibilmente definito una verità di fede, in quanto alla fine a prevalere è stata la tesi della superiorità papale, arrivata fino ai nostri giorni. La domanda allora è: da che parte stava lo Spirito santo? Ha sbagliato il concilio ed hanno ragione i papi? Ma Lei non ha detto che ogni concilio è sempre ispirato dallo Spirito Santo? E se la decisione del concilio di Costanza era ambigua fin dall’inizio, tanto da poter essere smentita dal nuovo papa, non vien da pensare che lo Spirito santo sia stato quanto meno negligente o imperito nell’aver lasciato passare una statuizione così ambigua?

Nell’ultimo concilio del 1964 comunque, è stato affermato che «l’ordine dei vescovi, il quale succede al collegio degli apostoli nel magistero e nel governo pastorale, anzi, nel quale si perpetua il corpo apostolico, è anch’esso insieme col suo capo il romano Pontefice, e mai senza questo capo, il soggetto di una suprema e piena potestà su tutta la Chiesa sebbene tale potestà non possa essere esercitata se non col consenso del romano Pontefice»[5].

Mi sembra evidente che siamo di fronte a un altro tipico caso in cui lo Spirito Santo, che doveva ispirare i partecipanti del Concilio, si è addormentato o era piuttosto disattento: dal punto di vista giuridico è una grossolana e colossale corbelleria definire come suprema una potestà il cui esercizio resta però subordinato al consenso o al potere di veto di una diversa potestà. Potestà suprema significa che, al di sopra di quella, non c’è altra potestà. Quello che questa potestà decide è definitivo. Se al di sopra di quella potestà esiste un’altra potestà capace di frenare o inibire la prima, questa prima non è potestà suprema, ma subordinata; al di sopra dell’autorità suprema non può esisterne un’altra.

Siccome siamo di fronte a un obbrobrio giuridico, ed i partecipanti al concilio non erano sicuramente né ignoranti, né sprovveduti, si deve logicamente pensare che ci sia stato un duro scontro e un tentativo di una parte dei vescovi di ridurre l’assolutismo del papa,[6] in realtà abortito per l’opposizione di altri vescovi,[7] più forti ma non tanto da impedire che il gruppo dei dissidenti riuscisse a far inserire nel testo del documento l’idea della piena e suprema potestà del sinodo episcopale.

Oggi come oggi, giuridicamente parlando, solo il papa ha ancora l’autorità suprema nella Chiesa cattolica,[8] perché già durante il concilio papa Paolo VI aveva prontamente chiarito che non esiste uguaglianza tra il capo e i membri del collegio episcopale,[9] e di lì a poco il can. 633 del nuovo codice di diritto canonico ribadì che al pontefice spetta una potestà suprema, piena, universale ed immediata, per cui siamo ancora di fronte a uno degli ultimi casi al mondo di monarchia assoluta[10].

Eppure oggi è proprio la frangia più conservatrice, cioè quella che parteggiava per la monarchia assoluta del papa, quella che più di tutti si oppone alle direttive di papa Francesco: basti pensare alle uscite del cardinale Sarah,[11] o del vescovo Schneider[12]. Qualcuno ha fatto giustamente notare che se un domani si avrà un nuovo papa più conservatore, è da sperare che coloro che oggi remano ferocemente contro papa Francesco dimenticando che solo a lui spetta la potestà piena e assoluta, riconoscano lo stesso diritto di critica che essi usano apertamente contro l’attuale papa, a favore di coloro che oggi sono invece a fianco di questo papa, e che un domani non accetteranno di buon grado alcun passo indietro.

(b) Ma dall’ultimo concilio facciamo un salto indietro e passiamo al primo concilio, quello di Nicea. Questo concilio venne convocato dall’imperatore Costantino, non dal papa. Anzi, è bene sapere che tutti i primi quattro concili, così decisivi per la nostra religione, furono convocati, organizzati e presieduti da quattro imperatori romani: Costantino, fra l’altro neanche battezzato, a Nicea; Teodosio I a Costantinopoli;[13] Teodosio II a Efeso; Marciano a Calcedonia. Per di più, i primi concili si basano sul pensiero di Paolo e sulla cultura ellenistica,[14] ma non sui vangeli. Ora, proviamo a immaginare se un concilio fosse stato, in questi anni, convocato da Trump o da Putin o da Xi Jinping (imperatori del nostro mondo); se tutti i vescovi, scelti e convocati dal presidente degli USA o della Russia o dalla Cina fossero stati alloggiati e spesati a cura di questi notabili alla Casa Bianca o al Cremlino o nella città proibita di Pechino; se i vescovi, durante il concilio, fossero stati insigniti di titoli e privilegi vari (da poter poi sfruttare anche al loro ritorno a casa); se alla chiusura del concilio fossero stati onorati, come fece Costantino, con uno splendido e luculliano banchetto nei saloni del palazzo imperiale. La cena di commiato fu talmente grandiosa, racconta Eusebio di Cesarea – vescovo, nonché storico della Chiesa – il quale vi partecipò, che: «uno avrebbe potuto immaginarsi di essere davanti a una immagine del regno di Cristo»[15], per cui è facile capire che, da quel momento, vi fu con l’imperatore un amore a prima vista; tutti si sentivano in perfetta sintonia con lui.

Con la consueta lucidità, il teologo José Maria Castillo[16] osserva: se il commento di Eusebio esprime fedelmente ciò che lì successe, non sembra esagerato affermare che degli uomini, i quali vedevano in quei termini il regno di Cristo, difficilmente potevano porre in maniera appropriata i pilastri di una cristologia che risultasse fedele ai vangeli, cioè alla cristologia del ‘sono venuto non per essere servito, ma per servire’[17] (Mc 10, 45), o alla kenósis (spoliazione, svuotamento) di chi «assunse condizione di servo» (Fil 2, 7), la più bassa delle condizioni umane. Ora, chi sta in alto della piramide non lo fa solo per farsi ammirare dal basso, ma per dare a vedere che può comunicare direttamente con l’Altissimo, che in questo modo può illuminarlo con maggior precisione. Però, la religione diventa in tal modo la garanzia dei ceti dominanti. In effetti, guardando oggi a quei dogmi dei primi concili si avverte un profondo vuoto evangelico.

Mi dica: Lei pensa che oggi accetteremmo senza batter ciglio le decisioni di un simile concilio convinti che sia guidato dallo Spirito santo (e così di tutti gli altri primi concili ecumenici)? Oppure oggi, essendo più smaliziati, ci chiederemmo subito se Trump o Putin o Xi non hanno forse cercato di controllare, o quanto meno influenzare, quei vescovi proprio come cercarono di fare gli imperatori romani, a cominciare da Costantino? Lei pensa che da Nicea sarebbe mai potuta uscire una dottrina che fosse in opposizione netta con gli interessi dell’imperatore Costantino?

Come ognuno ben comprende, i racconti dei vangeli sugli emarginati, la memoria di Gesù e la storia di un condannato a morte, giustiziato dal potere imperiale su una croce, non potevano minimamente interessare a quel potere, per quanto coloro che lo esercitavano fossero governanti che ormai privilegiavano papi e vescovi. È chiaro cioè che i veri valori del Vangelo erano il pericolo più serio per l’Impero e per l’imperatore. Gesù non ha mai smesso di insistere che la cosa più importante non è mantenere la proprietà dei beni, bensì rispettare la dignità delle persone, perfino quando sono nostri aggressori. E poi, anche la rinuncia a una propria alta condizione sociale offerta come modello da Gesù (che non è nato in una reggia), nonché l’eliminazione nei vangeli sinottici dell’immagine di un Dio che deve incutere paura, opposta e contraria all’oppressione messa in pratica dai potenti del mondo (Mc 10, 41-45),[18] dimostrano che Gesù ha visto chiaramente che, attraverso la via del timore e della paura che attanaglia le coscienze, la religione non va da nessuna parte, perché ci sono già abbastanza timori e paure in questo mondo. Da qui la necessità di dare una svolta radicale al modo di intendere la religione, ma questa svolta nuova è possibile solo modificando l'immagine e l'esperienza di Dio. Per questo Gesù non ha voluto parlare di nessun Dio giustiziere e minaccioso. Il Dio di Gesù è Abba,[19] papà. S questo è vero, Lei pensa che da Nicea sarebbe potuta uscire una norma che demolisse il cardine del diritto romano (la proprietà privata, gestita dal pater familias, che poteva ammazzare perfino la moglie che si fosse impossessata delle chiavi della sua cella vinaria)? Oppure una norma che equiparasse l’imperatore a un buon Abba? O una dottrina che affermasse che l’imperatore deve essere servo del popolo, visto che Gesù ha detto di essere venuto per servire e non per essere servito (Mt 20, 28)? La sorprende allora scoprire che dal concilio sia uscita invece la dottrina dell’unico Dio in cielo e dell’unico imperatore in terra? Tutti gli altri (dico: tutti) stanno - per volere di Dio,- a un livello inferiore all’imperatore. Insomma, secondo Lei, per Costantino era meglio essere equiparato a Dio, al quale tutti devono obbedire, oppure essere indicato come il servitore di tutto il popolo? Di fronte alla scontata risposta, non è allora anche evidente che la proclamazione della divinità di Gesù favoriva egregiamente il governo di Costantino?[20] E non è quasi scontato che da allora in poi ci sia stato presentato un Dio di potere, perché l’imperatore, la sua corte e gli stessi vescovi potessero esercitare il potere? Il Dio che Gesù ci aveva presentato Gesù, un Dio-amore che si mette a servizio di tutti, servo di tutti, privo di ogni potere, scombinava i piani dei potenti. Per questo Giovanni ci dice da subito che lo hanno rifiutato (Gv 1, 11), Nicea compresa.

Se poi da Costantino in avanti le comunità cristiane sono riuscite a vivere in pace – come oggi vive la maggior parte delle nostre parrocchie - era perché avevano da subito tradito il messaggio di Gesù: le comunità erano spente, si erano subito adeguate e adagiate, non erano più il sale della pietanza; la testimonianza dei cristiani non scuoteva la società; tutti osservavano semplicemente la legge (At 21,20). E per l’appunto Gesù è stato assassinato in nome della legge, perché – dicono i vangeli,- non osservava la legge, e proprio negli Atti degli apostoli si trova scritto che, poco dopo, quando un altro (Stefano) ha avuto il coraggio di denunciare il Tempio, anche lui è stato prontamente assassinato (At 7, 58). Se queste comunità non soffrivano più la persecuzione è perché il potere non vedeva in esse ormai nulla di pericoloso; se ne stavano tranquille e in pace.

Comincia allora a capire perché Nicea non ha potuto far emergere il vero Vangelo? Siamo allora così sicuri che Calvino sbagliava nel rifiutare di firmare i simboli di Nicea e la tesi di Atanasio come gli era stato intimato da Roma, affermando che non accettava la tirannia del magistero, secondo cui va giudicato eretico chiunque non avrà ripetuto le formule stabilite da un altro? E sbagliava forse quel Ferencz David a chiedere se si doveva seguire ciò che diceva Atanasio oppure ciò che diceva Gesù Cristo?[21]

In ogni caso, il concilio di Nicea aveva risolto solo parzialmente il problema: se Gesù è propriamente Dio come è propriamente uomo, come stanno insieme queste due realtà così diverse? Il problema di capire come in Gesù (uomo) potesse sussistere questa divinità non è stato ancora oggi linearmente spiegato. Ci aspetteremo dallo Spirito santo una spiegazione lineare, chiara, inconfutabile, capace di troncare ogni discussione, e invece ci sono voluti diversi altri concili e altri secoli solo per fissare la dottrina ancora piuttosto fumosa. Non è così che si comporta lo Spirito Santo.

(c) Ma vediamo il concilio di Efeso, del 431, il terzo dei primi concili ecumenici, dove venne affermato – fra l’altro - il dogma mariano che Maria è madre di Dio[22]. Dimentichiamo per una volta la convocazione imperiale da parte di Teodosio II.

Si racconta che il gruppo di Costantinopoli, guidato da Nestorio, arrivò a Efeso con 16 vescovi; quello di Alessandria, capitanato da Cirillo, con 50. Ora, senza neanche sapere cosa sostenne il gruppo di Costantinopoli e cosa quello ben più numeroso di Alessandria, provi a indovinare quale gruppo riuscì a far riconoscere la verità della propria tesi.

“Come dice? Quello di Cirillo di Alessandria che contava 50 vescovi? E come ha fatto a indovinare? Forse anche Lei ha avuto la repentina illuminazione dello Spirito Santo?”

Si racconta pure che ad Efeso, nonostante il parere contrario del commissario imperiale (l’imperatore era in altre faccende affaccendato e non presenziava), Cirillo fece iniziare e concludere subito il Concilio senza aspettare il gruppo di Antiochia che aveva preavvisato del proprio arrivo per la settimana seguente, temendo una coalizione fra Nestorio vescovo di Costantinopoli e i suoi 16 vescovi, con Giovanni d’Antiochia. Quando Giovanni d’Antiochia arrivò e apprese che il Concilio era già stato concluso la prese assai male, e si infuriò tanto da aprire un concilio per conto suo e scomunicare Cirillo che aveva imposto la sua verità, il quale, a sua volta, minacciava di scomunica chi si fosse discostato dalle sue conclusioni. Il delegato imperiale, per non saper né leggere né scrivere, approvò le deliberazioni di entrambi i concili: quindi, tutti scomunicati? Ma lo Spirito Santo dov’era? Fu solo più tardi che l’imperatore Teodosio II confermò il primo risultato di Efeso[23]. L’imperatore Teodosio, non il papa.

C’è ancora chi, dopo simile resoconto, non disconosce – bontà sua! - che “passioni umane e antagonismi religiosi e politici abbiano giocato nello sviluppo degli eventi,” ma poi conclude che solo chi è in malafede può oggi negare che alla fine uscì fuori la Verità[24]. Vorrei proprio che mi si spiegasse perché dovrebbe essere necessariamente in malafede chi esterna ancora qualche piccolo dubbietto in proposito, tanto più che c’è un successivo riscontro storico: papa Vigilio, sostanzialmente prelevato con la forza a Roma e prigioniero dell’imperatore Giustiniano che voleva farlo partecipare a tutti i costi al concilio da lui indetto (il Costantinopolitano II del 553), rifiutò di parteciparvi proprio perché Giustiniano gli aveva rifiutato la parità numerica dei vescovi: quelli orientali erano ancora una volta prevalenti. Forse anche papa Vigilio credeva di più ai numeri che all’ispirazione dello Spirito Santo?

(d)Altro esempio ancora: il concilio di Firenze del 1442, ha statuito che tutti gli ebrei, tutti i mussulmani - in una parola tutti i non battezzati - quando muoiono, vanno dritti all’inferno per l’eternità, perché la salvezza c’è soltanto nella chiesa cattolica (extra ecclesiam nulla salus)[25]. Oggi non si pensa più così perché il concilio Vaticano II – con la Costituzione dogmatica sulla Chiesa – Lumen Gentium § 16, del 21.11.1964 – ha concluso che anche senza battesimo le persone possono accedere alla vita eterna presso Dio, volendo Dio che tutti gli uomini siano salvi[26]. Firenze, dunque, ha sbagliato, anche se il concilio Vaticano non l’ha espressamente detto. O forse ha invece sbagliato il concilio Vaticano? In ogni caso non possono avere entrambi ragione. Quale delle due opposte decisioni ha supportato lo Spirito Santo?

(e)Per farLe un ultimo esempio (ma se ne potrebbero fare tantissimi altri), il concilio di Trento (canone 6 sulla penitenza) aveva previsto la scomunica per chi osava negare che il modo di confessarsi in segreto al sacerdote fosse stato in uso fin dall’inizio nella Chiesa cattolica. Per sbugiardare quel concilio e convincersi che la confessione non è stata sempre fatta così come noi la conosciamo, cioè in segreto davanti a un prete, bastava leggere la lettera di Giacomo (Gc 5, 16) in cui l’apostolo raccomandava una confessione mutua fra fratelli per il perdono dei peccati. E ancora nel 1500 Ignazio di Loyola, il fondatore dei Gesuiti, prima della battaglia di Pamplona si confessò con un altro commilitone,[27] non con un prete. È assolutamente certo, dunque, che la confessione non è passata sempre attraverso le chiavi della Chiesa e quindi anche quel concilio ha ciccato. E se poi leggiamo i vangeli, ditemi dove trovate che Gesù ha istituito la confessione davanti a un prete, quando non ha mai parlato, e quindi neanche imposto, l’istituzione di un nuovo clero. Anzi, se leggiamo Mt 18, 15-17: “Se tuo fratello pecca…”), dove si affronta appunto il problema del perdono dei peccati, Gesù non menziona alcun rituale sacramentale e non prevede alcun ricorso ad un prete con poteri divini per perdonare in nome di Dio. Gesù si limita a dire che se uno offende o danneggia un altro, c’è una sola soluzione: che si riconcilino tra di loro, cioè che si perdonino reciprocamente.

Potrei proseguire su questa linea ancora a lungo, ma mi fermo qui. A questa punto, veda Lei cosa pensare. Io, la mia opinione, me lo sono fatta.


NOTE

[1] Citata da Ronchi E., Le nude domande del Vangelo, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2020, 58.

[2] Costituzione dogmatica del Concilio Vaticano I, 18.7.1870. “Se qualcuno afferma che il Romano Pontefice ha solo il compito di vigilanza e di direzione, e non anche di piena e suprema giurisdizione su tutta la Chiesa…sia anatema” - «Si qui itaque dixerit, Romanum pontificem habere tantummodo officium inspectionis vel directionis, non autem plenam et supremam potestatem iurisdictionis in universam ecclesiam: …anatema sit» (Conciliorum oecumenicorum Decreta, a cura di Alberigo G., ed. EDB, Bologna, 1991, 814s). Prima dell’ultimo concilio, i precedenti erano dogmatici, definivano cioè nuovi dogmi di fede, scomunicando chi non li accettava: anatema sit.

[3] E, a proposito, se si deve accettare in pieno la statuizione di Calcedonia secondo cui Gesù è vero Dio e vero uomo, per quale motivo non si riconosce come ispirato dallo Spirito santo anche il canone 4° sempre di Calcedonia, il quale – fra le altre cose,- faceva divieto di accogliere nei monasteri schiavi che si facevano monaci contro la volontà del padrone, sotto pena di scomunica? Perché Roma non ha accettato il canone 15 che ammetteva le diaconesse? Perché Roma non ha accettato il canone 28 il quale riconosceva alla sede costantinopolitana, subito dopo Roma, il primo posto in Oriente con precedenza sulle sedi alessandrina e antiochena, nonché la giurisdizione sulle metropoli dell’Asia, del Ponto e della Tracia? Forse che lo Spirito santo ha ispirato i padri conciliari solo su alcuni punti e non su altri?

E quanti di voi sanno che la formula di Calcedonia (Gesù vero Dio e vero uomo) creò sia in Egitto che in Palestina una reazione talmente violenta da far scoppiare una rivolta aperta, con necessità di mandare l'esercito per sedarla? E che rifiutando Calcedonia, la chiesa armena, quella siriaca monofisita (giacobita) occidentale e quella siriaca nestoriana orientale, nonché la chiesa copta egiziana si separarono? (Bucci O. e Piatti P., Storia dei concili ecumenici, ed. Città Nuova, Roma, 2014, 121-144). Altro che unità: non c’è stato solo il noto scisma del 1054 fra oriente e occidente, che tutti conosciamo. Anzi, se c’è stata ben prima quest’altra dolorosa scissione, vuol dire che tanti, e da subito, hanno avuto forti dubbi senza trovare una soddisfacente risposta nei padri conciliari. Eppure queste chiese sono tuttora vive, il che significa che neanche loro hanno demolito il cristianesimo. Avete mai sentito parlare di questo? In realtà, se si approfondisce questo tema, non si demolisce il cristianesimo, ma solo l’idea tanto cara al conservatorismo cattolico secondo cui il cristianesimo sarebbe stato fin dall'inizio un movimento unito, granitico, compatto come un monolite, tutto centrato su Roma, dove non c’è spazio per opinioni diverse da quelle che Dio in persona ha suggerito al magistero cattolico (cfr. l’articolo della prima domenica di dicembre 2020 su questo giornale, Differenze fra Paolo e i vangeli, https://sites.google.com/site/ilgiornaledirodafa20203/numero-586---6-dicembre-2020/differenze-fra-paolo-e-i-vangeli).

[4] Ne abbiamo parlato rispondendo alla domanda precedente.

[5] Costituzione dogmatica sulla Chiesa del 21.11.1964, Lumen Gentium, § 22.

[6] Già il concilio Vaticano I aveva voluto eliminare il concetto che Pietro fosse solo il primo fra uguali: O’Donnel C., Ecclesia, A theological Encyclopedia of the Church, ed. The Liturgical Press, Collegeville (Minnesota, USA), 1996, 361. Quanto alla pretesa del primato petrino vedi quanto scritto negli articoli da 519 a 524 di questo giornale

(in https://sites.google.com/site/archivionumeri500rodafa/numero-519---25-agosto-2019, e segg.).

[7] Per un approfondimento, significativo è l’articolo I concili imperiali nel n.448 de Il giornale di rodafà, in

https://sites.google.com/site/numeriarchiviati2/numeri-dal-26-al-68/1999992---aprile-2018/numero-448---15-aprile-2018,

[8] Ricordo di nuovo che l’art.1, primo comma 1, della Legge fondamentale dello Stato della Città del Vaticano 26 novembre 2000 recita: “Il Sommo Pontefice, Sovrano dello Stato della Città del Vaticano, ha la pienezza dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario”. Siamo davanti all’unica monarchia assoluta in Occidente.

[9] Nota esplicativa previa, n.1), in https://www.maranatha.it/MobileEdition/T07-ConcilioVatCover/00-ENTRA.htm, in calce alla Costituzione Lumen Gentium: «Il parallelismo fra Pietro e gli altri apostoli da una parte, e il sommo Pontefice e i vescovi dall’altra, non implica la trasmissione della potestà straordinaria degli apostoli ai loro successori, né, com’è chiaro, “uguaglianza” (aequalitatem) tra il capo e le membra del collegio, ma solo “proporzionalità”».

[10] Come ammette lo stesso papa emerito: Ratzinger J., Dio e il mondo, ed. San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2001, 346.

[11] Cfr. l’articolo Querida Amazonia, al n.546 di questo giornale, in https://sites.google.com/site/ilgiornaledirodafa20201/numero-546---1-marzo-2020,

[12] Cfr. l’articolo Cosa ha fatto finora papa Francesco per la Chiesa, al n. 537 di questo giornale, in https://sites.google.com/site/edizione500rodafa/numero-537---29-dicembre-2019.

[13] Non essendoci ancora un’organizzazione ecclesiastica fissa, fu l’imperatore Teodosio a influenzare Costantinopoli nel 381, nel senso che egli impose la costituzione di una diocesi in Egitto, e il vescovo di Alessandria traeva i suoi diritti dall'organizzazione politica occupando una diocesi civile e non in quanto successore degli apostoli: si trattava di una conseguenza dell'adattamento della geografia ecclesiastica al sistema politico. Da qui anche il privilegio per Costantinopoli che aveva ottenuto l'uguaglianza politica con Roma: in questo senso si deve leggere il canone secondo cui il vescovo di Costantinopoli avrà un primato d'onore dopo il vescovo di Roma, perché tale città è la nuova Roma. Quindi: preminenza di Roma, su base politica; poi Costantinopoli, comunque priva di tradizione apostolica (Bucci O. e Piatti P., Storia dei concili ecumenici, ed. Città Nuova, Roma, 2014, 89s.).

[14] Il teologo von Harnack (richiamato da Gounelle A., Parlare di Dio, ed. Claudiana, Torino, 2006,32) ha chiaramente spiegato che il Vangelo è stato così ellenizzato. Hanno alterato la natura della fede, e invece di una comunione di vita con Dio hanno fatto diventare il tutto una dottrina metafisica da accettare.

[15] De Vita Imperatoris Costantini, Libro III, cap.15, in www.documentacatholica.eu.

[16] Castillo J.M., L’umanizzazione di Dio, EDB, Bologna, 2019, 197s.

[17] Per cui solo il servizio dà senso alla vita. Chi non vive per servire non serve per vivere.

[18]G. Theissen, Gesù e il suo movimento. Storia sociale di una rivoluzione di valori, Claudiana, Torino 2007.

[19] Castillo J.M., L’umanizzazione di Dio, EDB, Bologna, 2019, 92.

[20] Salas L., Una fede incredibile nel secolo XXI, Massari, Bolsena (VT) 2008, 70.

[21] Gounelle A., Parlare di Cristo, Claudiana, Torino, 2008, 31.

[22] Il Concilio di Efeso del 431 affermò che Dio si è fatto uomo, che l’umanità di Cristo non ha altro soggetto che la persona divina del Figlio di Dio, la quale rimane unica anche dopo aver preso la natura umana, senza però aver neanche perso la natura divina extratemporale che già preesisteva alla natura umana. Quindi Maria è Madre di Dio per aver partorito non un uomo, ma lo stesso Figlio di Dio umanato (o incarnato). Nestorio invece vedeva Maria solo come madre dell’uomo Gesù, e sosteneva che se il Verbo è già stato generato dal Padre, Maria non poteva generarlo una seconda volta, col che Maria ha generato solo l’uomo sì che non poteva essere chiamata Madre di Dio, ma solo madre dell’uomo Gesù. In altre parole, se – come ci ha insegnato il magistero,- Gesù (Verbo) preesiste a Maria, Maria non ha nulla a che vedere con questa preesistenza, sì che la sua maternità – che non può essere legata alla divinità di Cristo – può riguardare solo l’umanità di Gesù.

Oggi, in termini più moderni, si potrebbe forse dire che è lo spirito di Dio effuso su Gesù che lo designa come una presenza di Dio: un essere umano, nato da madre umana (Gal 4, 5), intriso dello spirito di Dio, non una divinità mascherata da essere umano.

[23] Parente P., L’Io di Cristo, ed. Morcelliana, Brescia, 1951, 61s.

[24] Idem, 95.

[25] Vedi amplius alla risposta sub 3. Dire che fuori della Chiesa cattolica non c’è salvezza non è una chiara rivendicazione di potere? (Spong J.S., Un cristianesimo nuovo per un mondo nuovo, ed. Massari, Bolsena, (VT), 2010, 25). E Gesù non è fuggito per tutta la sua vita da ogni potere, in cui c’è sempre qualcosa di diabolico?

[26] Cfr. risposta sub 3. Ricordo comunque che perfino un papa conservatore come Benedetto XVI ha riconosciuto che la nostra cultura è cambiata nel tempo, e perciò sono cambiati anche alcuni cardini della religione: se non abbiamo più concezione simile a quella del concilio di Firenze, convinto che extra ecclesia nulla salus, è perché possediamo semplicemente un nuovo concetto di umanità (Ratzinger J., Il nuovo popolo di Dio, ed. Queriniana, Brescia, 1971, 358).

[27] Brodick J., Le origini dei Gesuiti, in http://www.documenta-catholica.eu/.