Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano

Barcolana del 12 ottobre 2008 - foto di Renato Agostini tratta da commons.wikimedia.org

Gli indios Bororo - disegno di Hercules Florence (1827), composto durante la spedizione in Amazzonia guidata da Georg Heinrich von Langsdorff, tratto da commons.wikimedia.org



Il rito amazzonico e la vincitrice della Barcolana



di Stefano Sodaro



Questa mattina il colpo di cannone, a salve, dell’ “Amerigo Vespucci” ha dato il via alla corsa velocissima – grazie alla Bora - delle vele davanti alle coste di Barcola, celeberrimo quartiere sul lungomare triestino, da cui il nome “Barcolana”.

Ed è personaggio molto particolare e affascinante la vincitrice della “Barcolana” di oggi. Si può leggere qui la sua storia: https://www.solovela.net/notizie/3/wendy-smith/1352043/

Proviamo un’operazione funambolica: quella di raccordare la sua vittoria odierna nel Golfo di Trieste con quel Sinodo Speciale per l’Amazzonia che si aprì in San Pietro il 6 ottobre di tre anni fa.

Che rapporto mai può esserci, al di là delle stramberie rodafiane?

Ma prima ancora: qualcuno ricorda che quel Sinodo ci fu? Ricorda le attese che ne accompagnarono lo svolgimento per 21 giorni, sino all’uscita di uno stupefacente documento che affermava “Considerando che la legittima diversità non nuoce alla comunione e all’unità della Chiesa, ma la manifesta e ne è al servizio (cfr. LG 13; OE 6), come testimonia la pluralità dei riti e delle discipline esistenti, proponiamo che, nel quadro di Lumen gentium 26, l’autorità competente stabilisca criteri e disposizioni per ordinare sacerdoti uomini idonei e riconosciuti dalla comunità, i quali, pur avendo una famiglia legittimamente costituita e stabile, abbiano un diaconato permanente fecondo e ricevano una formazione adeguata per il presbiterato al fine di sostenere la vita della comunità cristiana attraverso la predicazione della Parola e la celebrazione dei Sacramenti nelle zone più remote della regione amazzonica. A questo proposito, alcuni si sono espressi a favore di un approccio universale all’argomento.”? Indicazione, proposta, che la successiva Esortazione Apostolica Querida Amazonía in apparenza non accolse, lasciando – secondo alcuni interpreti – che rimanesse lettera morte.

Ma come una donna improvvisamente batte tutti sulle acque triestine dell’Adriatico, così la questione può inaspettatamente riemergere con altre sembianze. Il n. 119 del Documento finale di quel Sinodo parla infatti “dell’elaborazione di un rito amazzonico che esprima il patrimonio liturgico, teologico, disciplinare e spirituale dell’Amazzonia, con particolare riferimento a quanto afferma la Lumen gentium per le Chiese orientali (cfr. LG 23). Questo si aggiungerebbe ai riti già presenti nella Chiesa, arricchendo l’opera di evangelizzazione, la capacità di esprimere la fede in una cultura propria, il senso di decentralizzazione e di collegialità che la cattolicità della Chiesa può esprimere. Si potrebbe anche studiare per proporre come arricchire i riti ecclesiali con il modo in cui questi popoli si prendono cura del loro territorio e si relazionano con le sue acque.” E questa volta – come acutamente ben sottolineò Riccardo Cristiano (cfr. https://formiche.net/2020/02/amazzonia-chiesa-esortazione-fernandez/) -, anche il Papa in Querida Amazonía, benché in nota, come del resto accadde anche con le innovazioni di Amoris Laetitia, riportò testualmente che “Nel Sinodo è emersa la proposta di elaborare un “rito amazzonico”.” (nota 120). E merita riportare l’intero n. 82, che rinvia a tale nota, dell’Esortazione Apostolica di Francesco – pubblicata a poche settimane prima dell’inizio del lockdown nel febbraio 2020 -: “Nell’Eucaristia, Dio «al culmine del mistero dell’Incarnazione, volle raggiungere la nostra intimità attraverso un frammento di materia. […] [Essa] unisce il cielo e la terra, abbraccia e penetra tutto il creato». Per questo motivo può essere «motivazione per le nostre preoccupazioni per l’ambiente, e ci orienta ad essere custodi di tutto il creato». Quindi «non fuggiamo dal mondo né neghiamo la natura quando vogliamo incontrarci con Dio». Questo ci consente di raccogliere nella liturgia molti elementi propri dell’esperienza degli indigeni nel loro intimo contatto con la natura e stimolare espressioni native in canti, danze, riti, gesti e simboli. Già il Concilio Vaticano II aveva richiesto questo sforzo di inculturazione della liturgia nei popoli indigeni, ma sono trascorsi più di cinquant’anni e abbiamo fatto pochi progressi in questa direzione.[120]”.

Proprio un mese fa è accaduto qualcosa in Vaticano: lo riporta il SIR, https://www.agensir.it/quotidiano/2022/9/2/ceama-presentata-ieri-in-vaticano-la-prima-proposta-di-rito-amazzonico/. Una prima bozza di proposta di un rito amazzonico è stata effettivamente ed ufficialmente presentata, il 1° settembre scorso, al Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.

Un rito amazzonico, dunque. Con una piena legittimità non diversa, in termini canonici, da quella degli ordinamenti giuridici delle Chiese Cattoliche Orientali. Novità assoluta e bellissima, come novità assoluta e bellissima è la prima vittoria di una donna alla “Barcolana”.

Ma c’è qualcosa che riguarda direttamente anche noi, che ogni settimana scriviamo su questo settimanale: è la scelta, piuttosto precisa, che abbiamo compiuto, con piena avvertenza, di voler veleggiare “in her words” (https://sites.google.com/view/rodafa/home-n-679-18-settembre-2022/stefano-sodaro-in-her-words), facendo spazio cioè ad una ministerialità, ad una ritualità, ad una intelligenza del mondo e di Dio, che la nostra candidata Rabbi Miriam Camerini testimonia con il suo inesauribile ed inesausto impegno di presenza attiva, anche lei vincendo molte regate che attraversano mari culturali dove le correnti del patriarcalismo sono ancora forti e pericolose.

Vince Wendy Smith, vince il rito amazzonico, vince Miriam.

Evviva!

Buona domenica e buona settimana.



Foto di Stefano Sodaro