Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano

Il dialogo interreligioso


di Dario Culot


Incontro di Assisi, 27 ottobre 1986 - immagine di pubblico dominio tratta dalla rete 

Ha suscitato più di qualche disorientamento un mio articolo di giugno, dove, nel finale, ponevo l’accento sulla crescente consapevolezza fra i credenti dell’importanza del pluralismo religioso[1] e dell’inutile tentativo fatto ancora da tanti che si reputano gli unici veri cristiani, i quali cercano disperatamente di perpetuare schemi ereditati da generazioni passate. È chiaro cioè che se l’unica salvezza sta in Cristo, non c’è alcuna necessità di dialogo: sono solo gli altri a dover entrare nella Chiesa e adeguarsi al suo insuperabile dettato; ma se Gesù non è l’unico Salvatore e Dio ha elargito verità anche ad altre religioni, allora la religione cattolica non può più sostenere di offrire la Verità assoluta.

Va osservato che questa pretesa superiorità cristiana, a lungo affermata, faceva da pendant con la superiorità tecnologica, politica e conseguentemente anche morale e intellettuale del mondo occidentale, che in questi ultimi secoli si è imposta anche negli altri continenti. Superfluo dire oggi che noi occidentali abbiamo tentato di imporre i nostri valori come universali in tutto il mondo, per il semplice fatto che la civiltà occidentale aveva occupato il centro della scena mondiale dal ‘700 alla fine della Seconda Guerra Mondiale. In Occidente si sosteneva che tutti i Paesi si trovavano dentro lo stesso movimento di sviluppo, per cui – come in un fiume – gli altri Paesi, scendendo la corrente, avrebbero dovuto raggiungere il livello del ricco e colto Occidente che si trovava solo in po’ più avanti, semplicemente continuando ad andare avanti per la stessa strada, seguendo cioè quello che aveva fatto l’Occidente, seguendo la sua civiltà superiore[2].

Ma dopo la Seconda Guerra Mondiale il mondo è cambiato, e il resto del mondo – colonizzato dall’Occidente - si è giustamente chiesto: perché i valori occidentali dovrebbero essere gli unici possibili? O, in altre parole, perché l’Occidente dovrebbe autoproclamarsi portatore di una visione di civiltà che deve essere universalmente valida? Insomma, perché i valori occidentali dovrebbero essere condivisi da tutti, come se nessun altro avesse avuto grandi civiltà autoctone?

Oggi ci rendiamo conto che anche noi occidentali dobbiamo essere in grado di convivere col resto del mondo senza imporre più la nostra visuale. Oggi ci rendiamo conto che non possiamo più disprezzare le altre religioni e non possiamo assolutizzare la nostra[3]. Ma questo allora richiede di riformulare quasi tutta la dottrina cattolica. Se cioè si accetta che Gesù ci ha portato a sua volta solo una verità parziale, che differenza c’è fra lui e altri grandi uomini (dai filosofi greci, a Buddha, a Maometto)? Non è che, inserendo Gesù in un gruppo di uguali, si distrugge la stessa identità cristiana e anche l’impegno di chi vuol seguire Gesù? Se uno è convinto di aver già ricevuto la rivelazione piena e conclusiva, come può solo pensare di aver sbagliato quando glielo dice qualcuno di un’altra religione? Se la rivelazione cristiana è definitiva e immodificabile (non ce ne sarà un’altra) come si può accettare qualcosa di diverso senza violare la rivelazione ricevuta?[4]

Vediamo di sviluppare il tema un po’ meglio.

Si può indubbiamente cominciare col dire che il pluralismo e il riconoscimento delle diversità non è mai stato il piatto forte né dei governi autoritari di ogni tempo, né del magistero della Chiesa cattolica, per lo meno a partire da Costantino (IV secolo d.C.). Il cristianesimo – ci hanno insegnato -  è la sola religione rivelata da Dio stesso che ha poi delegato il magistero a proclamarla e custodirla. Chiarito che non ci sarà mai più un’altra Rivelazione (n. 66 Catechismo), tutto ciò che c’era da dire Dio l’ha già detto[5] e molti pensano anche che il magistero l’abbia anche tutto spiegato[6]. Gesù si conosce attraverso la Sacra Tradizione e la Sacra Scrittura, e ovviamente solo il magistero della Chiesa cattolica è legittimato ad interpretarle (nn. 97-100 Catechismo). Il vero credente non può azzardarsi a modificare nulla nel campo della Verità assoluta già saldamente in possesso degli uomini di Chiesa[7]. Le loro dottrine, conosciute grazie alla Rivelazione di Dio attraverso Gesù, non sono negoziabili. Vale a dire, non solo nel corpo di Cristo abita la pienezza delle divinità e non c’è spazio per nessun altro, ma anche la Chiesa, che si pone come il prolungamento di quel corpo, non dà il minimo spazio a nessun altro. Buona parte della Chiesa si muove ancora su queste sue certezze, che però – a differenza dei secoli passati - oggi non funzionano più.

Ancora nel catechismo che è stato insegnato fino alla mia generazione, la Verità inculcataci dal magistero va intesa come un enunciato da accettare in partenza. Visto che Gesù stesso ha detto “Io sono la verità” (Gv 14, 6) questa Verità è una premessa irrinunciabile. In altre parole, se Gesù stesso ha detto: “Io sono la Verità e la Via”, se io credo che Gesù sia la Verità assoluta, se credo che la Chiesa segua Gesù e quindi segua la Verità assoluta, sono conseguentemente anche certo che la Chiesa, che ascolta la voce di Gesù, è già nella Verità assoluta; ed io, che ascolto la voce di Gesù così come insegnata da magistero della Chiesa, mi trovo a mia volta sulla via della Verità assoluta, anche se in questo momento non riesco a comprendere tutto[8]. Sono come quell’aereo che, agganciato il segnale del radiofaro, è sicuro di atterrare nel modo giusto.

Su questa base, nel 1600 il magistero esigeva che Galileo non presentasse la propria tesi sul moto della terra e del sole come verità assoluta, ma come mera ipotesi. Perché? Perché, dal suo punto di vista, se Galileo accampava la pretesa di possedere a sua volta la verità non negoziabile, la scienza si presentava alla ribalta come una seconda religione, il che era intollerabile, perché solo la Chiesa aveva in mano la Verità assoluta[9]. Inoltre, la Chiesa temeva che, riconoscendo a un laico il potere di confutare le Sacre Scritture (ad esempio negando che il sole gira attorno alla terra), si sarebbe aperto una falla nel bastione delle tesi sostenute dal concilio di Trento contro la riforma protestante, e tutto l’argine rischiava il crollo[10].

Mi sembra che chi si adegua a questo ragionamento del magistero sarà una persona magari anche molto religiosa, ma non può dirsi proprio un credente cattolico. Infatti Gesù non ha mai detto ‘chi ascolta la mia voce è nella verità’, ma esattamente il contrario: «Chi è nella verità ascolta la mia voce» (Gv 18, 37). La verità allora non è una dottrina, né osservanza di una serie di precetti rivelati dalla voce di Gesù e ritrasmessi senza difetto dal magistero; nasce, invece, dall’esperienza dell’amore di Dio che Gesù comunica agli uomini attraverso lo Spirito[11]. Pertanto, non è ascoltando la voce del Signore attraverso la mediazione del parroco, del vescovo, del papa che ci si aggancia automaticamente, come per grazia divina, al radiofaro della Verità assoluta; al contrario si è in grado di capire finalmente il messaggio di Gesù solo se ci si trova già nella verità, cioè solo se si vive come Gesù ha indicato di fare. Appartenere alla verità è dunque antecedente all’ascolto della voce di Gesù, e ne è anzi la condizione;[12] altrimenti quella parola la si può anche ascoltare un milione di volte senza mai capirla. Quante volte Pietro aveva sentito dire da Gesù che non si doveva fare distinzione fra i puri dagli impuri? Eppure non l’aveva mai capito. Soltanto anni ed anni dopo la morte di Gesù, un fatto concreto della vita glielo ha fatto capire[13].

Inoltre si può ragionevolmente obiettare che, chi vuole imporre a tutti la sua Verità, o è Dio in persona o è un falso[14]. E se neanche Dio che possiede tutti i poteri per costringerci ci costringe, vuol dire che questo Dio è il Dio della libertà e ci ha fatto partecipi della sua libertà. Allora noi lo tradiamo se ci lasciamo costringere[15] fosse anche dall'autorità della Chiesa.

Il grave peccato di ogni religione che pretende di avere il monopolio di Dio,[16] è che non tollera che altri possano mettere in dubbio le sue certezze acquisite. Quando una persona ritiene di essere l’unica ad avere Dio dalla propria parte, questa persona si fa assoluta e prende in realtà il posto di Dio,[17] mentre non si rende conto che la verità sta dovunque la si trovi[18]. Col che, tutte le religioni che pretendono di essere le uniche vere sono per loro natura aggressive e violente,[19] perché si sentono depositarie di una Verità assoluta, sì che a tutti i costi vogliono correggere il resto dell’umanità errante, ed estirpare la zizzania dell’infedeltà[20].

Pensiamo solo a come vorremmo che gli stranieri che arrivano qui senza essere cattolici si adattassero prontamente alla nostra cultura e alle nostre regole (che riteniamo ancora oggi superiori), quando noi europei abbiamo passato gli ultimi secoli a distruggere le loro culture e le loro regole.

È triste da riconoscere, ma ci sono state delle situazioni, nella storia della Chiesa, in cui si esercitava la violenza proprio in nome di Dio: si uccidevano gli eretici, si facevano le crociate contro gli infedeli, s’imponeva con la forza il nostro Credo ai nativi di altre terre. Sempre in base alla Rivelazione definitiva e immutabile si ammetteva la schiavitù,[21] non si entrava in dialogo con gli appartenenti ad altre religioni, come se questo fosse una necessità, un preciso dovere. Oggi scopriamo che quelle scelte erano contrarie al Vangelo, quanto meno inadeguate (per usare un eufemismo), perché non corrispondevano alla reale crescita della persona e dell’umanità.

Papa Giovanni XXIII, con l’Enciclica Pacem in terris,[22] partendo dal principio innovativo che Dio si muove nella storia, aveva raccomandato di guardare ai segni dei tempi, e nel discorso inaugurale di apertura del concilio Vaticano II,[23] affermando che lo spirito cristiano attende un balzo innanzi verso una penetrazione dottrinale e una formazione delle coscienze, faceva capire che la Chiesa non doveva temere di introdurre i cambiamenti ritenuti opportuni o sentirsi vincolata alle vecchie forme.

In effetti, di dialogo, nel cattolicesimo, si è cominciato a parlare seriamente appena col concilio Vaticano II. Ma – come ricordato altre volte - ben ottocento anni prima che si muovesse la Chiesa, il grande maestro mistico musulmano Ibn’Arabi (1165-1240), grande fautore del dialogo interreligioso, già sosteneva con lucidità che nessuna religione è in grado di esaurire la Verità tutta intera, potendone catturare solo frammenti:[24] il principio trascendentale è unico, ma poi ogni religione segue modalità diverse. La varietà delle credenze è ricchezza, mentre l’unicità finirebbe per condizionare Dio a una singola religione, rinunciando a captare le dimensioni del Mistero. Tutti coloro che chiudono la loro mente e s’incollano alla divinità delle convinzioni dogmatiche si fanno prigionieri delle loro stesse limitazioni, e cessano di percepire la Divinità come Assoluta che, come tale, non può essere delimitata da nessun contenitore religioso umano.

Risalendo ancora più indietro nei secoli, ben prima di questo grande teologo musulmano, il filosofo greco Socrate sosteneva che la verità si poteva trovare solo dialogando insieme, perché emerge dall’incontro di cervelli diversi. Quindi, la verità è un qualcosa cui tendere, che s’incontra alla fine, e non viene servita in anticipo sul piatto d’argento della Rivelazione come ancora pensa una buona fetta dei cattolici.

Per i primi cristiani, poi, il cristianesimo non era neanche una religione ma un modo nuovo di vivere. Poiché, però, il cristianesimo iniziale andava (pericolosamente?) in diverse direzioni, si è presto ritenuto di dovergli imporre un indirizzo unico, e per incasellarlo razionalmente ci si è serviti della filosofia greca. Il fatto è che cristianesimo e filosofia si ponevano gli stessi problemi, per cui a un certo punto si sono intrecciati senza più distinguersi: non più, allora, un modo diverso di vivere, ma un tentativo di inquadrare l’esperienza secondo schemi filosofici greci[25]. Da lì a dire che solo il cristianesimo era l’unica vera religione che conteneva ogni verità, perché rivelata direttamente da Dio, il passo è stato breve. Il guaio è che in questo modo la religione, anziché portare pace e fratellanza come ha cercato di fare Gesù nella sua vita terrena, ha portato a divisioni, scontri e uccisioni[26]. Si deve anche notare che le argomentazioni addotte dalla Chiesa per sostenere la sua dottrina, essendo fondate sostanzialmente su Platone, Aristotele, in genere sulla filosofia greca, hanno impresso nel cristianesimo una facciata metafisica, il che non corrisponde affatto alle argomentazioni di Gesù riportate nei vangeli. Come non rendersi conto che il Cristo delle dottrine teologiche appartiene maggiormente all’ellenismo? Che alcune formule alambiccate fanno di Gesù un’entità metafisica, lontana e astratta, assai diversa dalla figura dei Vangeli, che lo dipingono come una persona viva, con gesti e parole. Come non chiedersi se si tratta di una trasposizione legittima del vangelo o di una deformazione che lo snatura?[27]

Intrapresa questa via, era impossibile rispettare il credente di un’altra religione, sapendo per certo che egli era nell’errore e solo la propria era l’unica vera e giusta[28]. Hans Küng ha perciò colto nel segno quando ha detto che: “non ci sarà pace fra le nazioni se non c’è pace fra le religioni. E non ci sarà pace fra le religioni senza un maggiore dialogo fra le religioni”. O come ha detto anche papa Francesco “La pace si può fare solo aprendo canali, mai si può fare la pace con la chiusura”[29].

È un dato di fatto che, ancora oggi, una buona fetta di cattolici accetta obtorto collo (malvolentieri) il cd. dialogo interreligioso; preferisce parteggiare sempre per l’esclusiva superiorità del proprio Dio,[30] o al massimo per la tesi secondo cui da questo dialogo la Chiesa – che già possiede tutta la verità -  non può acquisire assolutamente nulla di nuovo,[31] ma solo indottrinare altri con la sua verità assoluta. È impossibile accettare il pluralismo vedendo sé stessi come assoluto; l’assoluto non ha bisogno degli altri; al massimo li guarda con tollerante sufficienza. Più uno è un fervente ortodosso, più è chiuso. Più uno è convinto di avere già tutto quello che gli serve, meno è disposto a credere di poter ottenere qualcosa di buono dagli altri. Lo stesso avviene ovviamente nell’ambiente musulmano più conservatore: che bisogno c’è di dialogo quando anch’essi sono certi di avere l’ultima e definitiva rivelazione? Non si rendono conto che solo Dio non ha bisogno di niente: tutti noi abbiamo bisogno degli altri[32]. Ecco perché il compianto Edward Schillebeeckx, domenicano, ha potuto dire che stiamo finalmente arrivando ad accettare l’idea che c’è più verità in tutte le religioni riunite che in qualunque di esse presa separatamente E questo vale anche per il cristianesimo[33].

In effetti nel mondo ci sono circa 800 religioni, cioè circa 800 risposte culturali al bisogno del sacro. Dio non si scandalizza per questo; al più sono i sostenitori fondamentalisti di una singola religione o i cercatori del Dio dei dogmi a scandalizzarsi. Dio neanche combatte contro nessuna religione; al più sono i ferrei sostenitori di una singola religione a combattere per imporre i dogmi della propria religione a tutti gli altri.

Aveva anche correttamente fatto notare frate Vannucci che se chiudiamo il nostro rapporto di comunione con un qualsiasi settore dell’esistenza, automaticamente c’impoveriamo, siamo meno liberi, siamo più condizionati, e ci rinchiudiamo nelle valve primitive della nostra morale come molluschi. Ogni persona che non riconosce la dignità di fedele nel credente di un’altra religione, si priva della possibilità di conoscere più a fondo la realtà divina. Ogni esclusione, infatti, è una perdita di possibilità di conoscere meglio il principio divino, al quale potremo avvicinarci sempre un po’ di più, ma mai potremo conoscere veramente. Ecco il vero rischio per il cattolico perfetto osservante della sua religione: vivere in un catino di acqua calma dove tutti osservano le sue stesse regole, quando la realtà del mondo è il mare. E come ha spiegato con un’immagine felice, se ben ricordo, il grande teologo cattolico indiano Panikkar, quand’anche Dio avesse fatto cadere dal cielo sulla terra la Verità tutta intera, essa, nell’impatto con la terra, si è frantumata in mille pezzi, e l’uomo – per il fatto di presentarsi come un essere limitato - è in grado di raccoglierne solo qualche frammento per volta. Ne consegue che l’uomo è in grado di mettere insieme solo piccole verità relative,[34] senza poter mai raggiungere la Verità assoluta.

                                                                                                                               (continua)

 

 

 

NOTE

[1] Un notevole approfondimento su questo tema si trova nell’opera dei teologi sudamericani: Per i molti cammini di Dio, a cura di Vigil J.M. e al., ed. Pazzini, Villa Verucchio (RN), cinque volumi dei recenti anni 2000.

[2] Il grande scrittore Kipling era, ad es., uno strenuo fautore di queste teorie: “è il fardello dell’uomo bianco…che in cambio riceve biasimo da coloro che fa progredire, l’odio di coloro su cui vigila, il pianto delle moltitudini indirizzate verso la luce” (riportato da Bonazzi M., Le risse da ‘cancel culture’, in “7” dell’8.9.2023, 61).

[3] È stato uno shock quanto aveva affermato la conferenza episcopale di Medellin, nel 1968, che aveva dato inizio alla cd. teologia della liberazione: lì si affermò che i Paesi poveri sono l’altra faccia (negativa) della stessa medaglia, mentre solo la faccia opposta (quella occupata dai Paesi ricchi) portava lo sviluppo ed il benessere. Si spiegò che i popoli ricchi soni tali perché depredano quelli poveri: prendono a prezzo stracciato le materie prime dai Paesi poveri, e poi rivendono i propri prodotti a prezzi di mercato a chi è stato già depredato. Con questo sfruttamento, i Paesi poveri sarebbero rimasti sempre più poveri, quelli ricchi sempre più ricchi. Non basta scendere la corrente per raggiungere i Paesi ricchi. Dopo questa analisi fatta propria dalla conferenza di Medellin, l’ovvia conclusione fu un’opzione a favore dei poveri.

[4] Queste sono ad es. le posizioni dei cinque cardinali che hanno proposto i cinque Dubia nell’imminenza dell’apertura del Sinodo. Cfr. In particolare la risposta al primo Dubium da parte di papa Francesco in https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_risposta-dubia-2023.pdf.

[5] Anche se Gv 16, 12 afferma il contrario, visto che Gesù dice ai suoi: “Molte cose ho ancora da dirvi”. Cioè Gesù – che secondo la Chiesa è Dio - non ci ha ancora rivelato tutto.

[6] Vedi invece la risposta di papa Francesco al primo Dubium, di cui sopra alla nota 4.

[7] Oggi sappiamo che il fondamentalista presente in ogni religione, è un pseudo-credente che neanche serve Dio ma si serve di Dio, convinto com’è di essersi appropriato della Verità assoluta che è solo in Dio; per di più si sente autorizzato da Dio a giudicare al suo posto e a tirare le pietre (Da Spinetoli O., La Giustizia nella Bibbia, “Bibbia e Oriente”, XIII, 1971, 246) di condanna o ammonimento agli altri, i quali non comportandosi come Dio vuole (e lui sa cosa Dio vuole), vivono palesemente nel peccato. Quando la religione viene usata per fomentare odio, solo l’unione di tutti i credenti religiosi, e quindi il dialogo interreligioso, può ridurre l’abuso della religione (che mette in primo piano i presunti diritti di Dio così come interpretati dai fondamentalisti rispetto alla dignità e ai diritti degli uomini).

[8] Il cattolico sa che solo Cristo è Via, Verità e Vita (Mondin B., La Trinità: mistero d’amore, ed. ESD, Bologna, 1993, 40): siamo davanti a una delle affermazioni non negoziabili per ogni buon tradizionalista cattolico. Eppure, qui, si dovrebbe subito essere messi in difficoltà dall’osservazione fatta dal teologo protestante Gounelle, il quale osserva come siamo davanti a una tesi che accontenta e lusinga troppo i cristiani per non essere sospetta (Gounelle A., Parlare di Dio, ed. Claudiana, Torino, 2006, 51 e 49).

[9] E allora non si scherzava con l’Inquisizione, per cui inutilmente il padovano Gualdo Paolo per lettera aveva ammonito l’amico scienziato: Molte cose si possono dire per modo di disputa, che non è bene asseverarle per vere, massime quando s’ha l’opinione universale di tutti contra (Bellone E., Galileo, Keplero e la nascita del metodo scientifico, ed. Gruppo editoriale L’espresso, 2012, 30).

[10] Righini A., Galileo tra scienza, fede e politica, ed. Compositori, Bologna, 2008, 153. Si può aggiungere che solo nel 1835 il suo Dialogo sopra i due massimi sistemi venne tolto dall’indice di libri proibiti, e solo nel 1992 papa Giovanni Paolo II ha riabilitato Galileo (Discorso alla sessione plenaria della Pontifica Accademia delle Scienze, 31.10.1992, §9). Ci sono voluti tre secoli buoni perché l’autorità ecclesiastica riconoscesse (almeno implicitamente) di essersi sbagliata.

[11] Mateos J., L’utopia di Gesù, ed. Cittadella, Assisi, 1991, 126.

[12] Maggi A., Il mandante, ed. Cittadella, Assisi, 2009, 57.

[13] Guardiamo con attenzione al modo in cui Pietro è stato convertito (non direttamente da Gesù): per convertire Pietro, che secondo noi già doveva essere il massimo del vero seguace di Cristo visto che si era messo a dirigere la prima comunità cristiana (a Gerusalemme), lo Spirito santo si è servito di una persona che la religione ebraica e le iniziali comunità cristiane ritenevano lontanissime da Dio: un pagano. Attraverso la concomitante azione di Dio nell’azione della tovaglia scesa dal cielo con i cibi impuri, e del centurione romano parimenti impuro perché pagano che lo chiama nella sua casa impura, Pietro giunge improvvisamente a una conclusione per lui assolutamente nuova: «Dio mi ha mostrato che non si deve evitare nessun uomo come impuro» (At 10, 28). Dunque è Dio stesso, non una sua conclusione, che gli ha insegnato questa verità. Sono i fatti (tovaglia e centurione) che fanno capire finalmente a Pietro quello che prima aveva ascoltato cento volte da Gesù senza però capire. Quindi è la vita che ci fa capire il Vangelo, non l’inverso.

[14] Andreoli V., La gioia di vivere, ed. Rizzoli, Milano, 2016, 110.

Ha ben detto un teologo e matematico (Florenskij P., La colonna e il fondamento della verità, ed. Rusconi, Milano, 1998, 194s.) che una formula può essere verità solo se prevede tutte le obiezioni. Ma per prevedere tutte le obiezioni bisogna prima averle esposte. Ne deriva che la verità è un giudizio che racchiude in sé anche il limite, sì che ogni verità è antinomica (contraddittoria) e non può che essere tale.

[15] Buber M., Gog e Magog, ed. Neri Pozza, Vicenza, 1999, 60.

[16] Quando manca ogni dubbio, quando si è convinti che altrove Dio tace, ogni religione può perfino coerentemente pretendere di essere l’unica a poter stabilire una comunicazione con Lui, sì che a quel punto diventa scontato per ogni religione rivendicare con sicurezza il monopolio della parola di Dio (Gounelle A., Parlare di Dio, ed. Claudiana, Torino, 2006, 83).

[17] Di Sante C., Tavola rotonda sulle religioni in dialogo, in AA.VV., E se Dio rifiuta la religione?, ed. Cittadella, Assisi, 2005, 107.

[18] Pensiero attribuito a Gandhi, in Juergensmeyer M., Come Gandhi, un metodo per risolvere i conflitti, ed. Laterza, Roma-Bari, 2004, 24.

[19] S. Tommaso, Summa Theologiae,  II-II, 11, 3, in www.documentacatholicaomnia.eu: afferma che l’eretico merita la scomunica e anche di essere messo a morte. Ciò accade perfino nel mite buddhismo: “Il Bin Laden buddista gran maestro dell’odio,” in “La Repubblica”, 3.5.2013, 34, dove si parla del successo di un monaco birmano nell’istigare alle violenze contro i musulmani.

Superfluo dire che, parlando di violenza religiosa, noi oggi pensiamo soprattutto ai musulmani. Ma sarebbe meglio non dimenticare come sono – ad esempio - stati i cristiani di Alessandria, istigati dl vescovo Cirillo, ad ammazzare la scienziata pagana Ipazia (Ronchey S., Ipazia, la vera storia, Bur Rizzoli, Milano, 2011); sempre i cristiani hanno distrutto il Tempio di Efeso (considerato una delle sette meraviglie del mondo) su ordine del vescovo di Costantinopoli (National Geographic Storica, n. 98/2017, 25); pensiamo anche a come hanno distrutto gli scritti dei popoli sudamericani ritenendoli opera del demonio, così impedendo a noi oggi di sapere quali erano le conoscenze scientifiche, ad es., del popolo maya.

E a quelli che pensano che tutti i musulmani siano pericolosi terroristi, ricordo semplicemente un paio di episodi di cronaca:

- quando, venerdì 1 luglio 2016 a Dacca (Bangladesh) un gruppo islamista ha fatto irruzione in un ristorante uccidendo, fra gli altri, 9 italiani che non sapevano recitare il Corano, il cuoco del ristorante, pure lui italiano, si è salvato perché i vicini di casa, musulmani, gli hanno aperto la porta di casa e l’hanno nascosto, col rischio di venire pure essi uccisi se fossero stati scoperti dal gruppo (e questi soccorritori avevano anche figli piccoli); un altro giovane musulmano (tale Faraaz), che era stato lasciato andare perché aveva correttamente recitato il Corano, ha voluto invece rimanere per non lasciare sole le due amiche che erano con lui a cena, ma erano anche vestite troppo all’occidentale, cosa inammissibile per i fondamentalisti. Tutti e tre sono stati uccisi dallo stesso gruppo terrorista (“La Repubblica”, 5.7.2016, 15).

- Negli stessi giorni un attacco terrorista ha ucciso a Bagdad più di 200 persone. Erano tutti musulmani, e proprio per questo la strage non ha avuto da noi la stessa risonanza che hanno avuto i 9 italiani uccisi a Dacca (https://www.today.it/mondo/attentato-baghdad-testimonianza.html). La notizia era già sparita dai quotidiani europei il 5 luglio.

- Il giornalista Diego Bianchi, che si trovava a Cangkringan (Indonesia) per la festa nazionale, equiparabile al nostro 2 giugno, ha visto mischiati insieme militari, scolaresche e perfino un carro con trans e musica come a un Gay Pride. Giustamente fa notare il giornalista che quello che ha visto in un villaggio sperduto del Paese musulmano più popoloso del mondo indignerebbe mezza Italia cattolica (Bianchi D., Bel souvenir dalle vacanze in Indonesia, “Venerdì di Repubblica,” n.1484/2016, 8). 

Sicuramente si può dire che c’è una strumentalizzazione dell’Islam da parte di gruppi fondamentalisti per giustificare la propria violenza, ma dire che tutti i musulmani sono da guardarsi con sospetto è scorretto, ingiusto e crea muri divisori invece di creare ponti.

[20] Pensiamo ai roghi su cui il cristianesimo ha bruciato gli eretici per secoli. Pensiamo ai fanatici musulmani che ancora oggi ammazzano in nome di Dio. Pensiamo al Dio violento degli ebrei nell’Antico Testamento.

Come invece spiega il teologo Castillo nella sua omelia dell’Ascensione (Mt 28, 16-20), è evidente che un «dio» che aspira ad essere universale, per questo stesso motivo tende ad annullare gli altri «dèi», frutto di culture millenarie e costitutive dell’identità di milioni di esseri umani. Non sarebbe più ragionevole intendere e vivere l’esperienza religiosa come l’ha intesa e vissuta il Gesù terreno? Non sarebbe più logico vivere la fede in Gesù come fede nella bontà, nel rispetto, nella tolleranza, nell’aiuto di tutti per tutti, quali che siano le forme specifiche di convinzioni e di pratiche religiose che ogni popolo ed ogni cultura vive in particolare? Ecco di nuovo il pluralismo.

[21] Cfr. L’articolo Chiesa e schiavitù al n.711/2023 di queto giornale.

[22]  Dell’11.4.1963, in www.vatican.va/ Sommipontefici/ Papa Giovanni XXII/ Encicliche.

[23] Giovanni XXIII, Gaudet Mater Ecclesia, www.totustuustools.net/magistero/g23gaude.htm.

[24] E allora perché non riconoscere che anche l’altro, avendo raccolto qualche frammento di verità non potrebbe aiutarci a risolvere certe sfide del nostro tempo?  (Luce Irigaray , Condividere con il mondo, Bollati Boringhieri, Torino 2009, 129).

[25] Pensiamo al problema dell’essenza (ousia), della Trinità (rapporto fra uno e il molteplice), della creazione del mondo (da ciò che non è a ciò che è), della natura di Cristo (generato non creato della stessa sostanza del Padre). Le soluzioni adottate dal cristianesimo non sarebbero state possibili senza usare le parole greche e le categorie della filosofia greca.

[26] Oggi leggiamo sgomenti che papa Innocenzo IV autorizzò l’uso della tortura nel processo ecclesiastico alle streghe, in data 15.5.1252 con bolla Ad extirpanda (in www.icar.beniculturali.it/ Magnum_Bullarium Romanum/Innocenzo IV/ parte II/XXVII/ p.552 - testo solo in latino), ed il rogo venne giustificato come comandato dalle Sacre Scritture (Es 22, 17; Lv 20, 27; Gv 15,6). V’immaginate quale credibilità potrebbe avere oggi Gesù Cristo, che ha sempre e solo parlato di un Padre amorevole, se fosse venuto alla luce anche un solo episodio in cui, durante la sua vita terrena, avesse imprigionato anche un’unica persona torturandola a morte (ovviamente nel rispetto della legge e a fin di bene)?

Oggi leggiamo sgomenti il documento del Sant’Uffizio del 20.6.1866 in cui si dichiarava: “La schiavitù, di per sé, non ripugna affatto al diritto naturale né al diritto divino, e possono darsi a essa molti giusti motivi… Infatti, il possesso del padrone sullo schiavo non è altro che il diritto di disporre in perpetuo dell’opera del servo per la propria comodità, che è giusto che un uomo fornisca a un altro uomo… Pertanto i cristiani possono lecitamente comprare schiavi, o darli in pagamento di debito o riceverli in dono”  (In Collectanea S. Congregationis de Propaganda Fide seu Decreta Instructiones Rescripta pro apostolicis Missionibus, vol. I, n.1293, ed. Typographia Polyglotta, Roma, 1907). V’immaginate quale credibilità potrebbe avere oggi Gesù Cristo se fosse emerso che aveva avuto degli schiavi?

[27]  Gounelle A., Parlare di Cristo, ed. Claudiana, Torino, 2008, 26s.

[28] Osservava giustamente un grande teologo protestante che fra gli ebrei e i musulmani che aveva frequentato, alcuni lo avevano fortemente impressionato per la loro fede e la loro saldissima convinzione della presenza di Dio. Si può sostenere con certezza che si è davanti ad una loro pia illusione e che essi ignorano tutto, ma proprio tutto, di Dio? (Gounelle A., Parlare di Dio, ed. Claudiana, Torino, 2006, 50s.).

[29] Riportato in “Famiglia cristiana” n.20/2023, 25.

[30] C’è ancora chi, ‘forgiato dall’idea che il mio Dio non è il Dio degli altri,’ è convinto che l’apertura al dialogo della Chiesa di papa Francesco sia manifesta apostasia (Langone C., Andiamo a messa, nonostante il Vaticano, “Il Giornale” 13.11.2020, 24).

[31] Già con ciò opponendosi frontalmente al Concilio, il quale ha ricordato che la Chiesa non ha solo qualcosa da insegnare, ma anche da ricevere dal mondo, dai credenti e dai non credenti (Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo - § 44 Gaudium et spes - del 7.12.1965.

C’è chi vede nel pluralismo religioso un superamento del concilio Vaticano II visto che il concilio era ancora fermo al dialogo inclusivista (ed era già un passo notevole passare dall’esclusivismo all’inclusivismo), mentre oggi si sta interrompendo una tradizione che va avanti da 19 secoli. Il concilio è stato solo un ponte per passare dall’inclusivimo al pluralismo. Viene ricordato che Paul Tillich, poco prima di morire, disse che passare al pluralismo implicava il dover riscrivere tutta la teologia (Vigil J.M., Adiós al Vaticano II? Tres superaciones del Concilio Vaticano II, “Horizonte” Belo Horizonte, giugno 2007, v. 5, n. 10, 48): Di questo hanno terrore i conservatori.

[32] Neanche i fondamentalisti musulmani condivideranno perciò il documento sottoscritto dal Consiglio Musulmano degli Anziani (di impronta sunnita) per rafforzare il dialogo interreligioso con il Vaticano, né gli editti teologici (fatawa) degli sciiti dove si afferma che si può essere fratelli per religione e per umanità, e che ‘noi siamo parte di voi, e voi siete parte di noi’ (riportato in “Venerdì di Repubblica” 12.5.2023, 39).

[33] Schillebeeckx E., The Church: the Human Story of God, Crossroad, New York (USA), 1990, 166.

[34] Due frammenti di verità possono perfino coesistere ed essere entrambi veri anche se in apparenza si contraddicono: immaginiamo un treno che viaggia velocemente da Trieste verso Venezia; un signore va verso il bagno in coda al treno. Per un passeggero seduto nello stesso vagone quel signore si sta spostando verso Trieste. Ma per un osservatore a terra quello stesso signore si muove invece verso Venezia. Questa è una ‘verità’ del relativismo. Perciò ogni affermazione è relativa ad un determinato orizzonte culturale ed all’interno di quell’orizzonte è “orientativa” della verità, e invita ad andare in quella direzione.