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Tramonto a Trieste sul Molo Audace - foto di Sara Sodaro (10.08.2021)

Senza onnigamia, morte infinita

di Donato Forasse

C’è una pandemia ancora in corso, ma è il 15 agosto.

“Tutti ar mare, tutti ar mare, a mostra’ le chiappe chiare” (https://www.youtube.com/watch?v=mhLnxiSxp24).

Niente pensieri tristi.

Invece facciamoli questi pensieri. Sì, dai.

Facciamoli apposta.

Se la cosa non va, non si legga, ci salutiamo qui.

Perché Kabul sembra veramente Saigon di fine aprile 1975.

Tutti pronti a indicare sulle cartine geografiche dove stia l’Afghanistan? “Che mi frega” la risposta? L’abbiamo già sentita e non è stato un bel ventennio.

Eppure abbiamo applaudito, dopo il crollo delle Torri Gemelle, alla necessaria invasione giustiziera di un Paese sovrano.

Dunque della “polizia internazionale” ora che si può dire? Della sbandieratissimo nostro contributo al progresso, alla pace, alla democrazia, all’accesso alle cure per tutti adesso che si scrive? Quali alti lamenti e tuonanti appelli alla mobilitazione? In Parlamento qualcuno prende la parole? Il Governo che ne pensa?

Andarsene. Punto e basta.

Non c’è altro.

Questo sarebbe l’esito di vent’anni di guerra.

E quanti sono morti dando la vita? Abbiamo intitolato vie e piazze al loro sacrificio: e adesso? Che cosa diciamo?

Qualcuno ha visto il film Viaggio a Kandahar?

Ma chi può pensare che una guerra, nel 2021, finisca in bene, faccia bene, porti il bene?

Quando si sentono i distinguo su Gino Strada: “non condividevo assolutamente il suo pensiero, però era bravissimo”, cosa diavolo si vuol sostenere? Che diceva cose opinabili? Tipo? Che la guerra si può fare? Che le armi vanno comunque prodotte? Che la democrazia – eh già – bisogna avere il coraggio di esportarla, anche con la forza? No, perché vorremmo proprio capire come si può essere d’altra idea. Ce lo spieghino.

Bel risultato dopo vent’anni.

Su questo settimanale ricorre spesso – anche troppo – un neologismo fascinoso, ma dalle origini che agitano sospetti: l’onnigamia di fourierana memoria. Che significa? Ci piace – forse –, ma non riusciamo a capirne il significato. Una riproposizione del falansterio del mitico Charles pare del tutto out, fuori tempo massimo e non vorremmo sprecare altri decenni per la costruzione dell’impossibile. Allora?

Allora resta una luce, fioca, debole, che però può ravvivarsi all’unica condizione di non sacrificare sull’altare delle nostre pretenziose (e presuntuose) coerenze intellettuali un coinvolgimento che non è solo mente bensì e mente e cuore e carne e sensi e voce e mani e capelli. Sul numero di due settimane fa si parlò qui, da queste righe, di un “fare l’amore” apparentato al “fare il monaco e la monaca”. Di un vestire cocolle che sarebbe come denudarsi per amore. Tu dimmi.

Esprimiamolo così: che l’onnigamia sia un modo di fare l’amore mai sinora osato?

Audace interrogativo, provocante e stuzzicante.

Però il senso è un po’ un altro e la mettiamo giù difficile: siamo sicuri che l’amore postuli esclusione invece che elezione? Sicuri che la gelosia sia certificazione di sentimento autentico?

Certi universalismi, mielosi, banali, non sono diversi dal prendere incomprensibili distanze da Gino Strada: la volontà di conoscere le altre e gli altri è un altro affare.

Scelgo te, non una e uno a caso perché tanto fa lo stesso e avrò comunque un premio in Paradiso.

Scelgo te perché “ti voglio bene”, si limitano a motivare le persone perbene: “ti amo”, sconfinano invece gli e le audaci.

Che l’onnigamia sia un modo di dire “ti amo” senza vergognarsene e senza dover prima verificare che sia lecito parlar così, “che ve ne siano le condizioni”?

Le due paroline, tuttavia, schizzano via da ogni sbrodolamento di inflazione sentimentale corrente. Vanno e pescare in acque profonde, le stesse della nudità, massimamente elettiva, ma per nulla esclusiva dal momento che nudi siamo nati e nudi moriremo.

Il vocabolario, alla parola “onnigamia”, resta ancora con due punti e spazio bianco. Ognuna ed ognuno di noi avverte che c’è qualcosa di importante da inserire scrivendolo a mano.

Dalla “gamía” non resta fuori nessuno, ma finché non ci appassioneremo a dare spazio all’Altro e all’Altra – sì pure quella con il burqa -, di onnigamia non potremo capire un bel niente, perché l’amore sarà solo comfort del nostro egoismo.

Buon Ferragosto, al mare (anche senza chiarori dermici da mostrare...), o a casa, o dove che sia. Importante è la salute. No. Importante è amare. Ecco, l’ho detto.