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Ik bacio di Giuda - Giotto, Cappella degli Scrovegni, Padova, immagine di pubblico dominio


Giuda



di Dario Culot



Mentre fino ai tempi di Gesù, Giuda era un nome piuttosto gettonato tanto che nella Bibbia troviamo spesso questo nome[1] (pensiamo che perfino uno dei regni d’Israele si chiamava Regno di Giuda;[2] che anche un fratello di Gesù aveva questo nome - Marco 6, 3; che perfino una lettera del Nuovo Testamento viene attribuita a Giuda, il quale non era evidentemente Giuda Iscariota), dopo il racconto della storia del tradimento dell’apostolo nessun genitore ha osato chiamare il proprio figlio Giuda, almeno nel mondo cristiano.

Il problema è se il racconto del tradimento dell’apostolo Giuda sia storico, nel senso che intendiamo oggi noi, oppure no.

Per cominciare, è da dire che Iscariota non è un cognome. Si veniva identificati o col nome del padre (Gesù figlio di Giuseppe) o per mezzo della residenza (Gesù di Nazareth, Simone di Cirene). Iscariota vuol invece dire sicario. Dunque ci viene detto che Giuda era ideologicamente vicino alla setta degli zeloti, gli "zelanti della legge", la frangia estremista ed armata del giudaismo. Terroristi secondo i romani che, se li catturavano, li crocifiggevano. Teniamo allora presente che nel gruppo dei 12 apostoli c’era Simone lo zelota e Giuda Iscariota (Lc 6, 13-16): gente non proprio raccomandabile per i benpensanti di allora. Trasportando la cosa ai giorni nostri, pensiamo a cosa si penserebbe di Gesù se nel suo gruppetto ci fossero due delle Brigate rosse o dell’Isis.

Gli scritti di Paolo (50-64) sono i più antichi scritti cristiani pervenutici. Ora, è mai possibile che, se il tradimento da parte di uno dei dodici fosse veramente avvenuto, Paolo non ne abbia sentito parlare, non sappia nulla tant’è che lui stesso non ne parla affatto? Quando Paolo scrive: “Nella notte in cui fu consegnato” (in greco non si dice: tradito) (1Cor 11, 23-24), non c’è alcun riferimento a una persona; men che meno si dice che questa persona fosse uno dei 12. Quando poi Paolo parla delle apparizioni dopo la morte di Gesù parla ancora dei dodici (1Cor 15, 5): Giuda è ancora lì, insieme agli altri undici. Inconcepibile se fosse stato lui il traditore,[3] non vi sembra? Inoltre Paolo aggiunge: “a voi ho trasmesso quello che ho ricevuto” (1Cor 15, 3). Se ne deve dedurre che questa colonna del cristianesimo non ha proprio ricevuto la notizia del tradimento, per cui questo racconto deve essere entrato solo successivamente nella tradizione cristiana.

Si è visto in precedenza che Giuda era anche il nome della nazione ebraica centrata su Gerusalemme. C’è allora chi pensa che la separazione dalla sinagoga sia stata così traumatica per i giudeo-cristiani, che dare al più importante anti-eroe della storia cristiana lo stesso nome della nazione che stava perseguitando i seguaci di Gesù sarebbe stata una tecnica offensiva studiata: saremmo cioè davanti a un deliberato atto di ritorsione. Sta di fatto che Giovanni doveva avercela tanto con gli ebrei da non definirsi più giudeo, e da riservare il termine ai nemici di Gesù[4].

Seguendo il racconto dei vangeli, tutti i fondamentalisti cattolici ritengono invece che il tradimento sia stato un fatto reale[5]. Stando alla lettera dei vangeli Giuda è perduto. I giudei che lui rappresenta, i quali credono di potersi tener fuori da questa rischiosa luce che è entrata nel mondo attraverso Gesù sono perduti. Giuda non riesce a scappare dalla prigione delle sue sicurezze e finisce all’inferno. Ad es. il domenicano Cavalcoli scrive che l’unica persona umana che Gesù ci dice essere dannata è Giuda (Mc 14, 20-21: “Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui, ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo è tradito! Bene per quell’uomo se non fosse mai nato!”). È vero – scrive Cavalcoli - che alcuni pensano che la frase possa riferirsi a tutti coloro che lo tradiscono, e c’è chi pensa sia anche possibile che Giuda si sia pentito all’ultimo momento: in effetti la Chiesa non si è mai pronunciata sul punto, ma possiamo considerare questa dichiarazione come una divina conferma del fatto che all’inferno c’è qualcuno[6]. In realtà si può subito obiettare che la Chiesa non ha mai insegnato dogmaticamente che una persona specifica (neanche Giuda) sia stato dannato in eterno,[7] a differenza di quanto ha scritto Dante nella Divina commedia[8].

Nel 1958, il Giovedì Santo, don Primo Mazzolari, un precursore del Vaticano II, nella sua parrocchia, a Bozzolo (in provincia di Mantova), pronunciò un’omelia originale partendo dall’idea tradizionale del tradimento, che divenne presto famosa. Ecco il testo, reperibile in internet, che merita essere riprodotto.

«Cari fratelli, è proprio una scena d’agonia e di cenacolo. Fuori c’è tanto buio e piove. Nella nostra chiesa, che è diventata il Cenacolo, non piove, non c’è buio, ma c’è una solitudine di cuori di cui forse il Signore porta il peso. C’è un nome, che torna tanto nella preghiera della Messa che sto celebrando in commemorazione del Cenacolo del Signore, un nome che fa spavento, il nome di Giuda, il Traditore. Un gruppo di vostri bambini rappresenta gli Apostoli; sono dodici. Quelli sono tutti innocenti, tutti buoni, non hanno ancora imparato a tradire e Dio voglia che non soltanto loro, ma che tutti i nostri figlioli non imparino a tradire il Signore. Chi tradisce il Signore, tradisce la propria anima, tradisce i fratelli, la propria coscienza, il proprio dovere e diventa un infelice. Io mi dimentico per un momento del Signore o meglio il Signore è presente nel riflesso del dolore di questo tradimento, che deve aver dato al cuore del Signore una sofferenza sconfinata.

Povero Giuda. Che cosa gli sia passato nell’anima io non lo so. È uno dei personaggi più misteriosi che noi troviamo nella Passione del Signore. Non cercherò neanche di spiegarvelo, mi accontento di domandarvi un po’ di pietà per il nostro povero fratello Giuda. Non vergognatevi di assumere questa fratellanza. Io non me ne vergogno, perché so quante volte ho tradito il Signore; e credo che nessuno di voi debba vergognarsi di lui. E chiamandolo fratello, noi siamo nel linguaggio del Signore. Quando ha ricevuto il bacio del tradimento, nel Getsemani, il Signore gli ha risposto con quelle parole che non dobbiamo dimenticare: "Amico, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo!" Amico! Questa parola che vi dice l’infinita tenerezza della carità del Signore, vi fa anche capire perché io l’ho chiamato in questo momento fratello. Aveva detto nel Cenacolo non vi chiamerò servi ma amici. Gli Apostoli son diventati gli amici del Signore: buoni o no, generosi o no, fedeli o no, rimangono sempre gli amici. Noi possiamo tradire l’amicizia del Cristo, Cristo non tradisce mai noi, i suoi amici; anche quando non lo meritiamo, anche quando ci rivoltiamo contro di Lui, anche quando lo neghiamo, davanti ai suoi occhi e al suo cuore, noi siamo sempre gli amici del Signore.

Giuda è un amico del Signore anche nel momento in cui, baciandolo, consumava il tradimento del Maestro. Vi ho domandato: come mai un apostolo del Signore è finito come traditore? Conoscete voi, o miei cari fratelli, il mistero del male? Sapete dirmi come noi siamo diventati cattivi? Ricordatevi che nessuno di noi in un certo momento non ha scoperto dentro di sé il male. L’abbiamo visto crescere il male, non sappiamo neanche perché ci siamo abbandonati al male, perché siamo diventati dei bestemmiatori, dei negatori. Non sappiamo neanche perché abbiamo voltato le spalle a Cristo e alla Chiesa. Ad un certo momento ecco, è venuto fuori il male, di dove è venuto fuori?

Chi ce l’ha insegnato? Chi ci ha corrotto? Chi ci ha tolto l’innocenza? Chi ci ha tolto la fede? Chi ci ha tolto la capacità di credere nel bene, di amare il bene, di accettare il dovere, di affrontare la vita come una missione. Vedete, Giuda, fratello nostro! Fratello in questa comune miseria e in questa sorpresa! Qualcuno però, deve avere aiutato Giuda a diventare il Traditore. C’è una parola nel Vangelo, che non spiega il mistero del male di Giuda, ma che ce lo mette davanti in un modo impressionante: "Satana lo ha occupato". Ha preso possesso di lui, qualcheduno deve avervelo introdotto. Quanta gente ha il mestiere di Satana: distruggere l’opera di Dio, desolare le coscienze, spargere il dubbio, insinuare l’incredulità, togliere la fiducia in Dio, cancellare il Dio dai cuori di tante creature. Questa è l’opera del male, è l’opera di Satana. Ha agito in Giuda e può agire anche dentro di noi se non stiamo attenti. Per questo il Signore aveva detto ai suoi Apostoli là nell’ orto degli ulivi, quando se li era chiamati vicini: "State svegli e pregate per non entrare in tentazione". E la tentazione è incominciata col denaro. Le mani che contano il denaro. Che cosa mi date? Che io ve lo metto nelle mani? E gli contarono trenta denari. Ma glieli hanno contati dopo che il Cristo era già stato arrestato e portato davanti al tribunale. Vedete il baratto! L’amico, il maestro, colui che l’aveva scelto, che ne aveva fatto un Apostolo, colui che ci ha fatto un figliolo di Dio; che ci ha dato la dignità, la libertà, la grandezza dei figli di Dio. Ecco! Baratto! Trenta denari! Il piccolo guadagno.

Vale poco una coscienza, o miei cari fratelli, trenta denari. E qualche volta anche ci vendiamo per meno di trenta denari. Ecco i nostri guadagni, per cui voi sentite catalogare Giuda come un pessimo affarista. C’è qualcheduno che crede di aver fatto un affare vendendo Cristo, rinnegando Cristo, mettendosi dalla parte dei nemici. Crede di aver guadagnato il posto, un po’ di lavoro, una certa stima, una certa considerazione, tra certi amici i quali godono di poter portare via il meglio che c’è nell’anima e nella coscienza di qualche loro compagno. Ecco vedete il guadagno? Trenta denari! Che cosa diventano questi trenta denari? Ad un certo momento voi vedete un uomo, Giuda, siamo nella giornata di domani, quando il Cristo sta per essere condannato a morte.

Forse Lui non aveva immaginato che il suo tradimento arrivasse tanto lontano. Quando ha sentito il crucifigge, quando l’ha visto percosso a morte nell’atrio di Pilato, il traditore trova un gesto, un grande gesto. Va’ dov’erano ancora radunati i capi del popolo, quelli che l’avevano comperato, quella da cui si era lasciato comperare. Ha in mano la borsa, prende i trenta denari, glieli butta, prendete, è il prezzo del sangue del Giusto. Una rivelazione di fede aveva misurato la gravità del suo misfatto. Non contavano più questi denari. Aveva fatto tanti calcoli, su questi denari. Il denaro. Trenta denari. Che cosa importa della coscienza, che cosa importa essere cristiani? Che cosa ci importa di Dio? Dio non lo si vede, Dio non ci da’ da mangiare, Dio non ci fa divertire, Dio non dà la ragione della nostra vita. I trenta denari. E non abbiamo la forza di tenerli nelle mani. E se ne vanno. Perché dove la coscienza non è tranquilla anche il denaro diventa un tormento. C’è un gesto, un gesto che denota una grandezza umana. Glieli butta là. Credete voi che quella gente capisca qualche cosa? Li raccoglie e dice: "Poiché hanno del sangue, li mettiamo in disparte. Compereremo un po’ di terra e ne faremo un cimitero per i forestieri che muoiono durante la Pasqua e le altre feste grandi del nostro popolo". Così la scena si cambia, domani sera qui, quando si scoprirà la croce, voi vedrete che ci sono due patiboli, c’è la croce di Cristo; c’è un albero, dove il traditore si è impiccato.

Povero Giuda. Povero fratello nostro. Il più grande dei peccati, non è quello di vendere il Cristo; è quello di disperare. Anche Pietro aveva negato il Maestro; e poi lo ha guardato e si è messo a piangere e il Signore lo ha ricollocato al suo posto: il suo vicario. Tutti gli Apostoli hanno abbandonato il Signore e son tornati, e il Cristo ha perdonato loro e li ha ripresi con la stessa fiducia. Credete voi che non ci sarebbe stato posto anche per Giuda se avesse voluto, se si fosse portato ai piedi del calvario, se lo avesse guardato almeno a un angolo o a una svolta della strada della Via Crucis: la salvezza sarebbe arrivata anche per lui. Povero Giuda. Una croce e un albero di un impiccato. Dei chiodi e una corda. Provate a confrontare queste due fini. Voi mi direte: "Muore l’uno e muore l’altro". Io però vorrei domandarvi qual è la morte che voi eleggete, sulla croce: come il Cristo, nella speranza del Cristo, o impiccati, disperati, senza niente davanti.

Perdonatemi se questa sera che avrebbe dovuto essere di intimità, io vi ho portato delle considerazioni così dolorose, ma io voglio bene anche a Giuda, è mio fratello Giuda. Pregherò per lui anche questa sera, perché io non giudico, io non condanno; dovrei giudicare me, dovrei condannare me. Io non posso non pensare che anche per Giuda la misericordia di Dio, questo abbraccio di carità, quella parola amico, che gli ha detto il Signore mentre lui lo baciava per tradirlo, io non posso pensare che questa parola non abbia fatto strada nel suo povero cuore. E forse l’ultimo momento, ricordando quella parola e l’accettazione del bacio, anche Giuda avrà sentito che il Signore gli voleva ancora bene e lo riceveva tra i suoi di là. Forse il primo apostolo che è entrato insieme ai due ladroni. Un corteo che certamente pare che non faccia onore al figliolo di Dio, come qualcheduno lo concepisce, ma che è una grandezza della sua misericordia.

E adesso che, prima di riprendere la Messa, ripeterò il gesto di Cristo nell’ ultima cena, lavando i nostri bambini che rappresentano gli Apostoli del Signore in mezzo a noi, baciando quei piedini innocenti,[9] lasciate che io pensi per un momento al Giuda che ho dentro di me, al Giuda che forse anche voi avete dentro. E lasciate che io domandi a Gesù, a Gesù che è in agonia, a Gesù che ci accetta come siamo, lasciate che io gli domandi, come grazia pasquale, di chiamarmi AMICO. La Pasqua è questa parola detta ad un povero Giuda come me, detta a dei poveri Giuda come voi. Questa è la gioia: che Cristo ci ama, che Cristo ci perdona, che Cristo non vuole che noi ci disperiamo. Anche quando noi ci rivolteremo tutti i momenti contro di Lui, anche quando lo bestemmieremo, anche quando rifiuteremo il Sacerdote all’ultimo momento della nostra vita, ricordatevi che per Lui noi saremo sempre gli amici».

Ora, se anche noi riteniamo il tradimento realmente avvenuto, cerchiamo di metterci per un momento nei panni di Giuda. Si può capire la frustrazione e la disperazione di Giuda, il quale pensava che accodandosi a Gesù avrebbe partecipato a un’operazione che avrebbe cambiato il mondo, non il cielo: il regno di Dio doveva essere la fine delle ingiustizie su questa terra. Invece la missione di Gesù sta concludendosi in un fiasco totale. Il popolo lo ha abbandonato perché è divenuto troppo rischioso seguirlo, la sinagoga lo ha dichiarato eretico, anzi blasfemo, i rappresentanti politici lo disprezzano, e neanche i suoi lo capiscono. Gesù non ha lasciato nulla di durevole, nessuna istituzione; non ha battezzato, né ordinato; andandosene non lascia niente. Ha lasciato solo sé stesso quale silenziosa presenza dell'azione eucaristica[10]. Alla fine saranno i prepotenti e forti a vincere, come sempre. Forse un po’ troppo, avrà pensato una persona intelligente come Giuda, che era l’unico colto fra i 12, tanto che nel gruppo svolgeva il ruolo di tesoriere ed amministratore, senza però mai riuscire ad integrarsi spiritualmente. Giuda – come Pietro, che nell’episodio della Trasfigurazione, avrebbe voluto mettere al centro Mosè e non Gesù,- era ancora fermamente attaccato alla Legge e il superamento di essa da parte di Gesù è stato troppo per lui. Se Gesù pensa di essere stato abbandonato dal Padre, Giuda pensa di aver perso tempo seguendo un imbroglione e di essere stato tradito da lui.

Se invece pensassimo che Giuda era stato predestinato nel disegno divino sì che non aveva potuto controllare il suo tradimento, allora non avrebbe avuto il libero arbitrio e la sua punizione come traditore nella cultura occidentale non sarebbe affatto meritata. Se Giuda è stato mandato all'inferno per il suo tradimento, ed il suo tradimento era un gradino necessario nella morte di Gesù Cristo per la salvezza umana perché così ha stabilito Dio, allora Giuda è stato punito per la salvezza umana. Se Gesù ha sofferto soltanto mentre moriva sulla croce ed è poi asceso al paradiso, mentre Giuda deve soffrire all’inferno per l’eternità, allora bisogna riconoscere che Giuda ha sofferto per i peccati dell'umanità molto, ma molto più di Gesù. Sarebbe forse da meditare su questo punto.

Perciò oggi possiamo ancora ben chiederci: ma c’è veramente stato questo tradimento? Non siamo forse davanti soltanto a un racconto simbolico più che a una concreta figura storica[11]. Al pari di tanti personaggi del vangelo che hanno ricevuto un ruolo simbolico, Giuda potrebbe cioè rappresentare coloro che non sono riusciti a passare dall’oscurità alla luce, dalla morte alla vita. Pietro, sempre stando ai vangeli, simbolizza invece coloro che sono stati a lungo in bilico, nel dubbio fino alla fine (passa infatti dal positivo Simone, al negativo Pietro, e in mezzo ci sono tanti Simon-Pietro[12]). Lazzaro, che è passato dalla morte alla vita, è colui che vede, che crede, che capisce. È colui che sta saldamente sul lato diametralmente opposto rispetto a Giuda che non ha creduto, e a Pietro che ha dubitato[13]. Anche il discepolo amato è solo un simbolo, un simbolo di cosa significhi muoversi al di là dei confini difensivi della propria vita ed entrare nel mistero di una nuova vita che si trova sperimentando Cristo.[14] Anche Erode diventa un simbolo, il simbolo del male che è nel mondo, mentre il bambinello Gesù è un profugo, è un escluso. Erode indubbiamente ha ucciso, durante il suo regno, un numero notevole di persone, ma nessun storico menziona questa strage dei bambini a Betlemme, per cui dobbiamo ritenere che la strage, in realtà, non sia mai avvenuta[15]. Perfino Maria, in Giovanni, diventa un simbolo, un simbolo del popolo di Dio che si stacca dall’antica alleanza, che sotto la croce viene affidata alle cure del discepolo amato, il quale incarna la realizzazione del movimento di Gesù che proseguirà dopo la morte del maestro. Anche se espulsi dalle sinagoghe dei giudei, questi seguaci (visti nelle sinagoghe come traditori del vero ebraismo) non dovranno dimenticare le loro origini passate[16]. La salvezza viene dai giudei, è scritto Vangelo di Giovanni (Gv 4, 22), perché grazie a loro abbiamo scoperto Gesù.

Non molti anni fa, è stato fortunosamente ritrovato il Vangelo di Giuda,[17] ovviamente classificato fra i vangeli apocrifi. La più antica testimonianza dell’esistenza di questo vangelo è di Ireneo, padre della Chiesa, che nel 180 d.C. lo confutò come testo ispirato dagli gnostici, i quali ritenevano che la via della salvezza passasse attraverso la conoscenza segreta che Gesù avrebbe trasmesso a pochi seguaci[18]. Gli gnostici avevano già scandalizzato i primi cristiani rappresentando il Dio dell’Antico Testamento come il diavolo della Bibbia. Col Vangelo di Giuda è il Nuovo Testamento che viene messo in discussione[19]. Infatti lo stesso Gesù conferisce all’apostolo da lui prescelto – non a Pietro - una posizione più rilevante rispetto agli altri apostoli:[20] “Ma tu (Giuda) li supererai tutti, perché tu sacrificherai l’uomo che mi riveste”. La carne fornisce un rivestimento allo spirito, mentre Gesù è una figura eterna, è parte del Dio dei cieli, è più grande ed è separato dall’uomo perché è eterno. Le vesti e l’aspetto umano di Gesù sono gabbie che lo imprigionano finché resterà in vita. Perciò sono effimere, un mero fenomeno provvisorio. Gesù è Dio, e l’uomo Gesù è soltanto l’abito e la maschera che celano lo spirito. Ed è il corpo dell’uomo che sarà sacrificato, non l’anima di Gesù, non Dio stesso. Ecco perché nel Vangelo di Giuda non si racconta nulla della morte di Gesù perché la sua morte non ha importanza. Non si racconta nulla della sua resurrezione perché Gesù è già eterno e non può risorgere. Il suo corpo non tornerà in vita, perché per Giuda, ciò che conta davvero è che il corpo morirà, mentre lo spirito continuerà a vivere[21]. E Giuda è l’artefice principale che contribuisce in prima persona a questa nuova vita, liberando Gesù dalla prigionia del suo corpo. Dunque, in quest’ottica, Giuda non è affatto un traditore, ma anzi un liberatore.

Chiaro che – come chiarisce Pagels Elaine, ne I Vangeli gnostici, Mondadori, 1987, le domande originarie sulla natura di Cristo, che ispirarono gli accesi dibattiti nel cristianesimo delle origini, possono essere oggi riproposte: come dobbiamo interpretare la resurrezione? La condanna del traditore Giuda (Mt 14, 18-20) si può interpretare con reale, oppure come manifestazione di angoscia per la sorte di Giuda, oppure ancora come opera benemerita dell’apostolo?

Come vedete, anche su una questione che a prima vista sembrava scontata e pacifica c’è spazio per meditare, per fare congetture, per indagare su zone d’ombra. Mai allora appare più attuale la frase di Gesù: “Non giudicate!” (Mt 7, 1), soprattutto non sapendo quello che è veramente accaduto. E come ha detto don Mazzolari: “io non giudico, io non condanno Giuda; dovrei giudicare me, dovrei condannare me”.


NOTE

[1] Genesi, 49, 8ss.: «E tu Giuda, sarai lodato dai tuoi fratelli, e vincerai i tuoi nemici; i figli di tuo padre ti adoreranno. Giuda, cucciolo di leone, sei allevato per la preda, figlio mio! sei accovacciato come un leone, come una leonessa che si sveglierà. Lo scettro non verrà tolto a Giuda, né il legislatore dai suoi piedi, fino a quando non venga Silo; e le nazioni si raduneranno da lui, per obbedirgli».

Isaia 5, 7: «Il Signore dell’universo ha la sua vigna: Israele. Questa piantagione da lui preferita è il popolo di Giuda». Michea 5, 1: il Messia nascerà dalla famiglia di Giuda.

[2] Al tempo del profeta Isaìa (sec. VIII a. C.) il popolo di Dio era diviso in realtà in due popoli: «Israele», cioè il «regno del nord» con capitale Samarìa, formato da dieci tribù, e «Giuda» che comprende le due tribù più a sud con capitale Gerusalemme.

Pagola J.A., Gesù, un approccio storico, ed. Borla, Roma, 2009, 311: Giuda è il regno del sud. Garbini G., Mito e storia nella Bibbia, Paideia, Brescia, 2003, 80s.:Dt 21, 15-17: in base al diritto di primogenitura il primogenito diventa automaticamente superiore ai suoi fratelli. Le 12 tribù vengono dai figli di Giacobbe, ma in Israele non c'è una tribù più antica, e quindi più importante, delle altre. Il primato spettava a Giuseppe, i cui due figli Efraim e Manasse avevano dato vita al regno d'Israele. Ma nelle Cronache (III secolo) il regno del sud precede quello del nord e si dà preminenza a Giuda, che non era primogenito.

Il ricco Regno del nord (la Samaria) dove abitava circa il 90% della popolazione ebraica venne occupata dagli Assiri nel 722 a.C. Isaia dà una chiara immagine della devastazione che ha subito Israele: «Così la figlia di Sion è rimasta come un capanno in una vigna, come una capanna in un campo di cocomeri» (Is 1,8): finita la stagione del raccolto, i campi sono squallidamente spogli, la capanna è desolatamente abbandonata. Insomma, gli Assiri hanno fatto sparire nel secolo e mezzo abbondante di dominazione il 90% degli ebrei (che non torneranno mai più), cancellando il Regno del nord, devastando il Regno di Giuda e risparmiando solo la sua capitale (Gerusalemme).

Il Regno di Giuda, al sud, venne infine distrutto quando Nabucodonosor conquistò Gerusalemme deportando gli ebrei a Babilonia (anno 587 a.C.), e la deportazione durò fino al 538 quando il persiano Ciro, conquistando il regno dei babilonesi, permise il ritorno degli ebrei a Gerusalemme.

[3] Spong J.S., Il quarto Vangelo, ed. Massari, Bolsena, 2013, 258ss.

[4] Idem 261.

[5] Se è stato reale, il comportamento di Gesù è irreale, lontano da ogni logica umana. Egli sapeva che Giuda aveva deciso di tradirlo, sapeva che Pietro l’avrebbe rinnegato, sapeva che gli altri sarebbero tutti scappati e l’avrebbero lasciato solo e, pertanto, poteva sentirsi provocato e giustificato a gesti di legittimo sdegno: poteva gridare, poteva rovesciare la tavola dell’amicizia tradita, poteva chiudere i conti con quegli uomini ingrati (che, in verità, siamo tutti noi!) e invece… ecco il comportamento di Dio: si mette a lavare i piedi! (Comastri A., La firma di Dio, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2007, 41).

[6] Cavalcoli G., L’inferno esiste, ed. Fede&Cultura, Verona, 2010, 14s.

[7] Kasper W., Misericordia, ed. Queriniana, Brescia, 2013, 166 che richiama von Balthasar.

[8] Inf. XXXIV 61-63: “Quell’anima là sù c’ha maggior pena”

disse 'l maestro, “è Giuda Scariotto,

che ‘l capo ha dentro e fuor le gambe mena..."

[9] Ma i piedi degli altri apostoli non erano proprio innocenti, visto che poco dopo tutti hanno abbandonato Gesù.

[10] Panikkar R., La pienezza dell'uomo, ed. Jaca Book, Milano, 2000, 158.

[11] Spong J.S., Il quarto Vangelo, ed. Massari, Bolsena, 2013, 255s.

[12] Cfr. gli articoli su Pietro, Simon-Pietro e Simone ai nn.477-479, novembre 2018, di questo giornale (https://sites.google.com/site/ultimotrimestre2018rodafa/numero-477---4-novembre-2018/il-primato-di-pietro-nel-nuovo-testamento; https://sites.google.com/site/ultimotrimestre2018rodafa/numero-479---18-novembre-2018/tu-sei-pietro https://sites.google.com/site/ultimotrimestre2018rodafa/numero-478---11-novembre-2018/simon-pietro).

[13] Spong J.S., Il quarto Vangelo, ed. Massari, Bolsena, 2013, 266s.

[14] Idem, 299.

[15] National Geographic, Storica speciale, n.7/2012, La storia di Gesù, 56. Da Spinetoli O., Il Vangelo del Natale, ed. Borla, Roma, 1996, 147: “ciò che a prima vista può sembrare cronaca è più verosimilmente cristologia, teologia”. Matteo (Mt 2, 17) per questa strage si richiama alla profezia di Geremia, ma leggendo Geremia si scopre che non aveva predetto nessuna strage di innocenti, ma solo la fine triste di Gerusalemme. E anche il riferimento al pianto di Rachele è improprio, giacché la stessa piange non per i suoi figli, ma su tutti i suoi figli (Ger 31, 15), cioè su tutti i discendenti, a qualsiasi epoca appartengano.

[16] Spong J.S., Il quarto Vangelo, ed. Massari, Bolsena, 2013, 299s.

[17] Krosney H., Il Vangelo perduto, National Geographic-White Star Spa, Vercelli, 2006: il Vangelo di Giuda Iscariota, trovato presso Al Minya (p.124), verso il 1975 (p.139), tradotto dal coptologo europeo Kasser (p.139), che già era entrato in contrasto con Robinson (p.133) - direttore generale della Commissione per il progetto Nag Hammadi per l’Unesco (p.124),- sulla ricostruzione degli avvenimenti che avevano portato al ritrovamento dei manoscritti (p.152).

[18] Idem, p. XIII e p.256.

[19] Idem 140.

[20] Sant’Agostino, in La correzione e la grazia, libro I, §7.14, scrive: “Sono stati eletti per regnare con Cristo, e non nella maniera in cui fu eletto Giuda per la funzione a cui egli si confaceva. Sì, certo egli fu eletto da Colui che sa usare a fin di bene anche dei malvagi, perché attraverso la sua opera colpevole si compisse quella venerabile al cui scopo Cristo in persona era venuto. Dunque quando sentiamo: ‘Non sono stato forse io a scegliere voi dodici? E uno di voi è un diavolo’, dobbiamo intendere che quelli erano stati eletti attraverso la misericordia, l'altro attraverso il giudizio; quelli per ottenere il suo regno, l'altro per spargere il suo sangue”.

[21] Krosney H., Il Vangelo perduto, National Geographic-White Star Spa, Vercelli, 2006, 277ss.


Numero 694 - 1 gennaio 2023