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Viaggio in Italia


di Stefano Agnelli


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15. Ferrara, Italia



Ferrara, Italia. È una sera quieta, un venerdì sonnolento in cui le persone hanno disertato il centro ed i suoi locali. Pochi punti di aggregazione, sparsi per la città, sembrano catalizzare l’intero movimento.

I parcheggi attorno alla zona pedonale sono radi di auto, poche biciclette - tutte senza luci - attraversano la città.

Qualche cane passeggia il padrone, altri si fanno attendere, lenti e malandati, ad ogni passo.

L’aria è tersa, piano piano i lampioni stradali ronzano e si accendono da sé, come per ripetuto incantesimo.

Qualcuno, incerto, tenta una sortita. Signori di mezza età, in ciabatte e pantaloncini o signore ancora più attempate con vesti sobrie, da casa, ugualmente calzate ma con qualche eccezione verso la suola alta di sughero, tutti con un sacchetto in mano, diretti al più vicino cassonetto, senza una parola.

Gli alberi stanno fermi nei viali, in fogliame appena mosso da leggera brezza, in odore di notte che avanza decisa, a lenire ogni incertezza, ogni fatica che il giorno ha portato.

Il 21 notturno inizia il suo giro, largo e senza motivo, vista la mancanza quasi totale di passeggeri. Qualche biker notturno, incurante della quiete e dei semafori, apre il gas senza alcuna pietà, ed il rumore si spande assordante per tutto Viale Cavour.

Ogni movimento nella zona sembra dover passare accanto al castello estense – l’unico in Italia circondato da un fossato colmo d’acqua – mentre, illuminato ad arte, se ne sta immoto ed immobile sulle acque scure, per sua stessa natura petrosa.

Tre o quattro gruppi, seduti in esterno, davanti al Mc Donald, ingoiano enormi hamburger serviti con patatine al ketchup, maionese o ricoperte da delizioso formaggio cheddar fuso. Sui tavoli, rigorosamente in plastica riciclata, troneggiano enormi bicchieri, colonne in carta riempite di Coca-Cola annacquata da un eccesso di ghiaccio.

Qualche bar poco distante, resiste ancora, aperto in un’attesa quasi forzata. Insegne nella notte, sopra distese oramai stanche di tavoli vuoti.

I ristoranti etnici, le pizzerie, le enoteche di via Mazzini e via Saraceno si svuotano dei pochi clienti, i camerieri iniziano le pulizie di rito. Sera dopo sera, gli stessi gesti, in un tempo che sembra cristallizzare la loro giovane età in lavori precari, uno dopo l’altro, senza fine apparente.

L’ultima birra, qualche sigaretta e poi il silenzio.

Restano per le vie solo pattuglie di ronda, qualche ubriaco, pochi spacciatori sulle panchine, lungo le mura. Altri in bicicletta, o appostati negli angoli bui a discorrere in lingue che non capiamo, ma lontani da casa, nel ricordo d’un altrove sempre presente.


Numero 677 - 4 settembre 2022