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Rasmus Paludan brucia il Corano all’esterno dell’Ambasciata di Turchia in Svezia il 23.01.2023 - foto tratta da commons.wikimedia.org 



Bruciare il Corano

di Dario Culot



Forse perché il caldo di questo periodo fa pensare al fuoco, mi è stato chiesto cosa penso di quel gesto compiuto non molto tempo fa, a Stoccolma, da un immigrato iracheno (almeno in teoria musulmano), il quale ha pubblicamente bruciato il Corano.

Penso che, bruciando pubblicamente il Corano davanti alla moschea di Stoccolma, quel rifugiato iracheno – che pur ha invocato la libertà di espressione - abbia compiuto un grave gesto offensivo da biasimare senza se e senza ma. Ma ancora di più va biasimata – a mio giudizio - l’autorità pubblica svedese che, informata dell’intenzione di bruciare il Corano con quelle modalità, ha dato la sua autorizzazione a compiere quell’atto offensivo.

Quante volte ci è stato detto che la Svezia è un Paese ben più civile ed evoluto dell’Italia. Sono allora assai contento di poter dire che, qui da noi, l’autorità non avrebbe mai permesso simile atto.

È vero che l’art. 724 del codice penale (originariamente “reato di bestemmia”) è stato depenalizzato e ora prevede solo una sanzione amministrativa per chi oltraggia la divinità, come pure i simboli religiosi, le persone venerate dalla religione (come la Madonna e i santi), e perfino tutti i defunti. Ma va anche ricordato che la Corte Costituzionale, con sentenza 18.10.1995 n.440, ha esteso la stessa tutela anche alle altre confessioni: quindi anche all’Islam. Quindi mai, in Italia, l’autorità potrebbe autorizzare un comportamento che comunque costituisce illecito, anche se solo amministrativo.

Ci si potrebbe chiedere: come mai si tutela giuridicamente la “persona” la cui esistenza è indimostrabile (come Dio o Allah)? In realtà l’oggetto di tutela non è Dio, ma il sentimento religioso delle persone[1]. Ed è anche bene sottolineare che l’art. 10 della Convenzione dei diritti dell’uomo,[2] Carta fondamentale del Diritto del nostro mondo occidentale, nel prevedere la piena libertà di espressione, prevede pure che il suo esercizio comporti doveri e responsabilità, perché anche gli altri hanno diritti. Pertanto, colpire il sentimento religioso, che è uno degli elementi tra i più essenziali dell’identità dei credenti e della loro stessa concezione della vita, non trova tutela giuridica da parte della suddetta convenzione[3]. Dovremo ricordarci che banalizzare l’offesa, sostenendo che deve prevalere la libertà d’espressione, mette in pericolo l’essenza stessa della libertà di espressione.

Correttamente ha detto papa Francesco[4] che la libertà di espressione non dovrebbe mai essere usata come scusa per offendere gli altri. Abbiamo bisogno di costruttori di pace, non di istigatori di conflitti[5]. Abbiamo bisogno di pompieri, non di piromani. Abbiamo bisogno di predicatori di riconciliazione, non di persone che minacciano la costruzione. O costruiamo il futuro insieme, o non ci sarà futuro.

E mi sembra opportuno ricordare anche le parole che definiscono il vero cristiano: i segni che accompagneranno quelli che credono veramente non sono direttamente religiosi (l’andare in chiesa, il pregare, il combattere i non credenti), bensì sono segni civili, umani, sociali, che riguardano l’insieme della vita come scelta non violenta. Esprimono la capacità di affrontare realtà avverse non superandole in maniera offensiva o polemica, ma nella totalità della pace, nella inermità della pace[6]. Beati quelli che si adoperano per la pace (Mt 5, 9). Spero che nessun cristiano pensi mai di bruciare il Corano, perché i nostri atti ci seguono.

 


NOTE

[1] Posso aggiungere che nel nostro ordinamento ci sono altri casi in cui si tutela anche chi non sia ancora persona titolare di diritti e doveri: ad esempio, la posizione del concepito è parificata a quella di una persona già esistente, perciò egli è considerato titolare di diritti ancora prima della nascita, quindi prima ancora di essere una “persona” in senso giuridico (Cass. Sez. Un. n.25767/2015).

[2] Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà personali, firmata a Roma il 4.11.1950, e ratificata con L. 4.8.1955, n. 848.

[3] Chi non rispetta ciò cui siamo legati non rispetta noi. Le liti s’innescano proprio perché l’altro calpesta qualcosa che ci rappresenta. Questo dolore non è raro che conduca a gesti di ritorsione (Grandi G., Scusi per la pianta, DeA Planeta Libri, Milano, 2021, 43s.). In particolare, nel mondo occidentale, dove ormai si pretendono diritti senza confini, ci si dimentica che esistono anche i doveri, e che la mia libertà non può danneggiare quella di un altro. Anche la libertà religioso è un diritto da salvaguardare.

[4] Riportate in “Famiglia cristiana”, n.29/2023, 13, e su quasi tutti i quotidiani dei primi giorni di luglio 2023.

[5] Pensiamo alle famose vignette satiriche su Maometto, che hanno portato alla violenta reazione di alcuni fondamentalisti, che hanno ucciso quei giornalisti francesi che le avevano ideate. Non possiamo allora stupirci dell’assalto all’ambasciata svedese in Iraq.

[6] Martini C.M., La Scuola della Parola, Bompiani, Milano, 2018, 635).