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Adriana (non solo) Zarri, proprio in questi giorni 

di Stefano Sodaro

Adriana Zarri (1919-2010) - foto tratta da commons.wikimedia.org

Pianoforte a coda da concerto Steinway & Sons con finitura in poliestere lucido, modello D-274 (lunghezza: 274 cm / 107,9 pollici, larghezza: 156 cm / 61,4 pollici, peso: circa 480 kg / 1056 libbre), prodotto nello stabilimento Steinway di Amburgo, Germania - foto trattra da commons.wikimedia.org

Il titolo del presente editoriale è inafferrabile, d’accordo, anche molto involuto, va bene. Però che da tempo si sia consapevoli che di Adriana Zarri avremmo bisogno proprio oggi, proprio durante le nostre giornate, le ore che scorrono, l’afa e le piogge, mentre proseguono senza fine le stragi di migranti in mare, è una constatazione quasi banale.

Lei, dall’osservatorio sublime del suo eremo laico, saprebbe decriptare il codice di eventi, personali e collettivi, per noi incomprensibili, paurosi, contraddittori.

Si racconta che Adriana di Joseph Ratzinger, oltre all’amore per i gatti, condividesse soltanto l’altro amore, quello per il pianoforte (che però lei non suonava), sembrandole che gatti più pianoforte dovessero, prima o dopo, riuscire ad aprire, verso Benedetto XVI, un panorama diverso dal rigore confessionale, un’apertura di dolcezza e – chissà – forse addirittura di innovazione. Ciò che, in effetti, avvenne con le dimissioni. Gesto geniale e rivoluzionario del più conservatore tra i Papi del post-concilio. Gesto capace di riscattare ogni altra fuga all’indietro, capace di anticipare una primavera ecclesiale dopo molti inverni.

Però oggi Adriana Zarri dov’è?

Domanda, anche questa, cervellotica e fuori tempo massimo? Interrogativo esoterico, e un po’ temibilmente funereo, da espungere? “Non mi vestite di nero”, aveva richiesto lei in limine mortis. Proviamo a rileggere quella sua famosissima poesia, “quasi preghiera”, come diceva:

Non mi vestite di nero:

è triste e funebre.

Non mi vestite di bianco:

è superbo e retorico.

Vestitemi

a fiori gialli e rossi

e con ali di uccelli.

E tu, Signore, guarda le mie mani.

Forse c’è una corona.

Forse

ci hanno messo una croce.

Hanno sbagliato.

In mano ho foglie verdi

e sulla croce,

la tua resurrezione.

E, sulla tomba,

non mi mettete marmo freddo

con sopra le solite bugie

che consolano i vivi.

Lasciate solo la terra

che scriva, a primavera,

un’epigrafe d’erba.

E dirà

che ho vissuto,

che attendo.

E scriverà il mio nome e il tuo,

uniti come due bocche di papaveri.

 

Dov’è oggi Adriana? Ce lo chiediamo di nuovo.

I suoi versi, le sue parole appena riportate, sembrano davvero note di musica di pianoforte.

Forse c’è una sua omonima, da qualche parte, in questi nostri giorni, (più o meno) nascosta chissà dove, magari giovanissima pianista, magari – anch’ella - totalmente laica, ma di quella laicità odierna di chi è giovane, appunto, laicità inclusiva e tollerante, e magari vive proprio in forma in apparenza semi-eremitica, a testimonianza, magari neppure voluta, che “la bellezza salverà il mondo”. E magari la sua musica cerca sembianti del dostoevskijano Principe Myskin in quei luoghi d’incontro che oggi non sono le piazze – o non lo sono più – ma, ad esempio, le chat. Chissà. Tutte ipotesi. Non dissimili da quei tentativi – di “ipostatizzazione”, abbiamo osato denominarli – che, comparsi negli ultimi editoriali del nostro settimanale, vorrebbero riconsegnare la storia delle donne alla loro reale concretezza e non astrarle in esaltazioni, con correlate umiliazioni, di una metafisica femminile rifugio di maschi delusi.

La registrazione Youtube dell’incontro su Zoom dello scorso martedì, dedicato alla presentazione del volume Senza impedimenti. Le donne e il ministero ordinato, con la partecipazione del Direttore Editoriale di Queriniana Alberto Dal Maso, del liturgista Andrea Grillo e della patrologa Cristina Simonelli – in dialogo con le teologhe Paola Franchina e Diana Lenzi -, dà esattamente la sensazione, nettissima, di dovere a tutt’oggi confrontarci con le istanze che Adriana Zarri poneva a suo tempo.

Sapendo, tuttavia, che la musica – di pianoforte, sì – conduce molto ma molto più avanti ancora, secondo registri di una profezia ineffabile, prossima soltanto ad un compimento, per noi ancora solo balbettante, di amore assoluto.

Merita continuare a cercare dove oggi poter ritrovare Adriana.

Buona domenica.