Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano


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Mabel Allington Royds (1874-1941) - immagine tratta da commons.wikimedia.org








4. Domande e risposte su “Chi è Gesù?”

di Dario Culot


4. La formula Gesù è vero Dio e vero uomo è dogmatica, e non è lecito mettere in discussione un dogma, perché il n. 88 del Catechismo dice che NON è possibile discutere sui dogmi che invece obbligano il popolo cristiano ad un’irrevocabile adesione di fede. Il successivo n. 89 recita: “I dogmi sono delle luci sul cammino della nostra fede, lo illuminano e lo rendono sicuro. Viceversa, se la nostra vita è retta, la nostra intelligenza e il nostro cuore saranno aperti per accogliere la luce dei dogmi della fede”.

Quindi come fa a mettere in dubbio un dogma?

Per molte persone può essere indubbiamente più comodo e meno faticoso affidarsi ciecamente a una Verità già preconfezionata da altri, pronta all’uso e consumo in tante piccole scatolette, col rischio però che la fede si riduca al catechismo della gerarchia cattolica. Quando invece si scopre che la caratteristica fondamentale dei dogmi è non poterli mettere in discussione, dovrebbe immediatamente suonare un campanello d’allarme nella nostra testa, e chiederci “Perché il magistero c’insegna che la Verità rende liberi ma poi afferma che è vera solo la sua Verità? Perché l’autorità non vuole che si discuta il frutto di una sua meditazione umana? Infatti, come insegna papa Francesco, il primato assoluto attribuito al Vangelo deve sempre prevalere su ogni altra realtà cattolica. E cosa ci fa capire il Vangelo? Che Gesù, deposto appena nato in una mangiatoia, ha bisogno di tutto: di essere allattato, di essere protetto dal freddo, di essere cullato e anche pulito perché fa la pipì e la pupù come tutti i bambini. Se Maria non provvede subito a tutto questo, nel giro di qualche ora Gesù sarà morto. Ora, se noi mettiamo vicine questa immagine di un bimbo inerme, nato nell’impotenza più totale, e l’immagine che ci siamo formati dell’onnipotenza di Dio,[1] rimaniamo confusi: è vero quello che si è verificato a Betlemme, oppure è vero quello che ci hanno imposto di credere? Le due cose non possono stare assieme. A chi crediamo: al magistero che ha fissato i dogmi o ai vangeli? Se si accetta l’idea che Gesù (bambino) è Dio, in quanto Dio è necessariamente onnipotente, perché questo ci ha insegnato il magistero; ma allora è difficile anche solo pensare a Gesù bambino che si fa la cacca addosso, è difficile pensare che senza la mamma sarebbe facilmente morto di fame e di freddo, come qualsiasi altro bambino del mondo.

Com’è poi razionalmente spiegabile il fatto che i vangeli si possano sempre interpretare, anche da parte di laici, dando perfino interpretazioni nuove e diverse rispetto al passato, mentre nessuno (neanche il papa, neanche Dio in persona se riscendesse sulla terra) ha più la libertà di interpretare il dogma, che pur sempre si basa inizialmente sull’interpretazione dei vangeli, soprattutto quando si riconosce che il magistero non è superiore alla parola di Dio, ma ad essa serve?”[2]

Di fatto però, con i dogmi, è stata imposta una ‘cristallizzazione’ della dottrina, proprio perché si è inteso il dogma come un’affermazione fondamentale, incontestabile, intangibile ed eterna, formulata dall’autorità religiosa vaticana.

È chiaro che se il magistero pronuncia un dogma intangibile per sempre si deve necessariamente e logicamente presupporre che la Chiesa cattolica possieda la Verità Assoluta e sia infallibile nei suoi enunciati teologici. Al contrario, come si è già visto nelle precedenti risposte, in passato anche i papi hanno sbagliato più volte, e oggi lo stesso papa emerito, apprezzatissimo dall’area più conservatrice e certamente non noto per essere un fervente progressista, ha riconosciuto che “Nessuno osa più dire ‘Possediamo la verità’, cosicché anche noi teologi abbiamo tralasciato sempre più il concetto di verità”[3]. Ma se entra in crisi la pretesa di possedere la Verità entra in crisi anche l’intangibilità del dogma. Infatti, tutti vedono che siamo davanti a una palese contraddizione, perché se la stessa Chiesa ormai riconosce di non possedere la Verità Assoluta, vuol dire che tutta la sua dottrina deve poter essere messa in discussione. Continuare a parlare di dogma come di una verità assoluta, indiscutibile ed eterna che tutti hanno l’obbligo di accettare, quando si riconosce di non possedere più la Verità Assoluta, non è più razionalmente sostenibile, e questa pretesa resta come un masso erratico nel greto di un torrente che ha completamente cambiato il suo corso; resta un retaggio di un tempo passato che non ha saputo adeguarsi al cambio di corso, cioè all’evolversi della società e della cultura odierna[4].

Ricordo che perfino papa Benedetto XVI ha detto che la fede cristiana è adesione libera e ragionevole dell’uomo a Gesù Cristo, via, verità e vita; che la fede cristiana non si riferisce a un’idea, ma a una Persona, a un Io[5]. Gesù Cristo non è perciò una dottrina, una morale, bensì vita, fa viva la vita. Dunque lo stesso papa riconosce che la fede deve essere in Gesù e non in un Libro, non in una dottrina ufficiale, non nei dogmi, non in un magistero infallibile, non in una gerarchia ecclesiastica. Eppure Lei dice il vero nella sua domanda, perché l’esperienza pratica ci dimostra esattamente il contrario di quanto ha affermato anche questo papa, posto che la religione cattolica qualifica ancora il fedele (e quindi la fede) come colui che crede alle dottrine insegnate dal magistero di Roma e obbedisce a quello stesso magistero docente: la fede cattolica – affermano i nn. 11 e 14 del Catechismo - è l’accettazione della Rivelazione che Dio si è degnato di manifestarci, così come insegnata dalla Madre Chiesa nella sua dottrina. E tanta gente crede ancora a quanto sostiene il Catechismo.

Diceva Giovanni Vannucci[6]: “non pensate pensieri già pensati da altri”. Se Galileo Galilei si fosse appiattito sui pensieri pensati dai suoi professori universitari, forse seguiremmo ancora il sistema tolemaico. Galileo ha cominciato a pensare diversamente, ha rotto la tradizione, è andato controcorrente e solo grazie a questa rottura col passato l’umanità intera ha fatto progressi.

È indubbio che, a partire da Galileo Galilei, si è imposto in occidente un nuovo modo di pensare che deriva dalla scienza: oggi ogni enunciato scientifico è quanto di più lontano dall’idea di dogma. La realtà passa sempre attraverso “modelli” di pensiero e interpretazione. Prima di Copernico tutti erano convinti che il sole girasse attorno alla terra e pensavano col modello tolemaico, senza neanche sapere che era un modello, perché effettivamente l’occhio umano vedeva sorgere e tramontare il sole: la spiegazione era dunque credibile. Del resto, ancora oggi continuiamo a parlare secondo questo modello superato[7]. Quattro secoli fa, però, nuovi dati sono a un certo punto entrati in quel modello senza riuscire a trovare un posto adeguato; quando il modello precedente viene messo in discussione nasce la crisi, per cui si comincia a riflettere più a fondo sia sul vecchio sia sul nuovo, finché non emerge un nuovo modello che può spiegare almeno la maggior parte di quella eccedenza che non si riusciva più a far rientrare nel vecchio modello. Grazie a questo sistema, molti fatti che non trovavano spiegazione ora trovano spiegazione, e più spiegazioni dà la scienza, meno bisogno c’è di congetture teologiche indimostrabili. Per un po’ tutti restano tranquilli, finché non si scoprono ulteriori nuovi fatti refrattari che costringono a cercare un ulteriore nuovo modello. Il problema è che, quando si trova un nuovo modello, ci vuole del tempo perché esso sia accettato da tutti come tale. Spesso nascono conflitti fra i fautori dell’uno o dell’altro modello (Galileo Galilei insegna), talvolta addirittura subentra una radicalizzazione delle posizioni: due gruppi vivono contemporaneamente in due mondi reciprocamente estranei, per cui non hanno modo di capirsi[8].

Nel secolo scorso, il filosofo Karl Popper[9] ha dimostrato che ogni teoria scientifica è tale solo se è confutabile, se cioè può essere dichiarata errata; altrimenti si cade nello scientismo, cioè ci si crea un idolo di verità assolute, mentre siamo sempre di fronte a ipotesi modificabili[10]. La caratteristica distintiva della scienza, oggi, non è la sua infallibilità, ma la sua fallibilità. Le teorie scientifiche si distinguono da quelle pseudoscientifiche per il fatto che possono essere sempre contraddette da nuove idee ed esperienze. In passato la verità era percepita diversamente da come la percepiamo noi, perché oggi gli enunciati scientifici hanno perso il carattere dogmatico che ancora il positivismo aveva loro attribuito, visto che le scienze hanno sempre maggior coscienza dei loro limiti e ormai concepiscono le proprie teorie come ipotesi interpretative provvisorie, relative e sempre superabili[11].

Ha logicamente argomentato un matematico che era anche un profondo teologo:[12] una formula può essere ‘verità’ solo se si prevedono tutte le obiezioni. Ma per prevedere tutte le obiezioni bisogna prima averle esposte. Ne deriva che la verità raggiunta oggi è un giudizio che racchiude in sé anche il limite, sì che ogni verità è contraddittoria e non può che essere così, perché è impossibile aver previsto in anticipo tutte le obiezioni. In altre parole, noi uomini possiamo essere sicuri solo dei nostri errori, perché basta l’accertamento di un fatto contrario per dimostrare la falsità di una nostra tesi, mentre non bastano X fatti per confermare questa tesi perché un fatto imprevisto potrebbe sempre confutarla domani. Ecco perché non siamo mai in grado di raggiungere la Verità assoluta.

In tutto il mondo la scienza ha ormai accettato questo suo relativismo, e ciononostante, con tutto questo suo relativismo,[13] non si può dire che abbia subìto arretramenti, anzi continua a fare passi da gigante. Invece la Chiesa è ancora convinta che il relativismo porti al disastro, e che si debba insistere sull’assolutismo, nonostante Copernico e Galileo abbiano dimostrato che le convinzioni che non accettano di essere messe in discussione sono nemiche pericolose della verità[14]. Oggi sappiamo dalla scienza che tutta la realtà è in continuo processo, in continuo divenire, per cui siamo diventati consapevoli che ciò che raggiungiamo è sempre provvisorio[15]. Perfino le stesse parole col tempo cambiano di significato,[16] per cui le formule che utilizziamo, anche quelle dottrinali della fede, sono anch’esse provvisorie,[17] perché ogni parola fa parte di una struttura linguistica, e se cambia il senso di una parola cambia anche la stessa struttura; infatti le parole hanno connessioni profonde per cui si condizionano reciprocamente[18].

Chi nega la provvisorietà, e quindi il relativo, vuole solo non essere disturbato nel suo credere, nella convinzione di sapere già tutto. Oggi solo le teorie pseudoscientifiche o metafisiche pretendono di continuare a restare immuni da ogni confutazione, avendo paura del “relativismo”. Ma quando ormai sappiamo che la realtà è mutevole e dinamica, e non statica e immutabile,[19] l’atteggiamento di chi non è in grado di accettare che la sua convinzione possa essere messa in discussione, magari attraverso un esperimento che la smentirebbe,[20] resta solo legato a una sua personale aprioristica verità, che non necessariamente è vera. E allora, come pensare che l’approfondimento di antichi termini greci usati un millennio e mezzo fa nei dogmi può essere oggi sufficiente per credere di essersi impossessati definitivamente di una verità infallibile ed eterna? Oggi si dovrebbe decisamente prendere atto che anche l’azione di Dio alimenta un cammino sempre nuovo, sempre provvisorio,[21] verso l’“oltre” che mai raggiungeremo in questa vita. Non per niente l’Apocalisse ci parla di un Dio che viene (Ap 1, 8), che cioè continua a irrompere come novità nella storia,[22] e quindi un Dio che cambia e che ci spinge a cambiare. La vita cambia, e Gesù Cristo non è una dottrina eterna, una morale da acquisire una volta per tutte, bensì vita che deve fiorire. Come diceva Dietrich Bonhoeffer: “Non ci interessa un divino che non faccia fiorire l’umano”[23].

In particolare si deve ricordare che lo stesso Gesù non ha mai detto di possedere la Verità: perché allora dovrebbe esserci riuscita la Chiesa? La Chiesa è forse superiore a Gesù? Dovremmo tutti riconoscere umilmente che l’Assoluto non può venire legato a nessuna struttura umana,[24] non può essere imprigionato da nessuna teologia, da nessuna filosofia, da nessuna metafisica, da nessuna forma del pensiero umano, da nessun dogma. Dio è l’Essere che è sempre “oltre” tutto questo,[25] e ci ha avvertito che fa sempre nuove tutte le cose (Ap 21, 5). In altre parole, dal nostro angolo visuale immanente, anche Dio cambia.

Pertanto la decisione di “cristallizzare” in formule dogmatiche un’esperienza di fede (perché la dottrina e il dogma, come si è detto, derivano da un’esperienza, e non l’inverso), proibendo non solo di modificarne la lettera, ma soprattutto la comprensione, cozza ormai col nostro modo comune di pensare. Eppure questo è andato avanti per secoli, anche se una formula teologica scolpita nella pietra come i comandamenti dati a Mosè, intoccabile e sacra, non consente alcuna nuova esperienza di fede mentre, come ha detto il vescovo Spong, ogni generazione deve cercare di fare la sua esperienza di Dio. Ogni generazione decide se il modello precedente è per lei valido, se deve essere cambiato o meno. E l’esperienza va poi tenuta separata dalle spiegazioni, che la Chiesa ha invece voluto “cristallizzare” in dogmi eterni. Va piuttosto riconosciuta l’inadeguatezza delle parole antiche a captare l’essenza di una esperienza che è diversa di generazione in generazione, e che non può essere valida per tutte le generazioni e per tutti i tempi. Con i dogmi noi viviamo un cristianesimo di appartenenza, di identità (così magari ci sentiamo anche superiori e ci distinguiamo dai fedeli delle altre religioni), che nulla ha a che vedere con un cristianesimo di esperienza.

Ora, se neanche la verità dei vangeli va cercata nelle parole letterali del racconto, perché è sempre oltre (e questo permette di avere vangeli fra di loro incompatibili dal punto di vista letterale), neanche l'ortodossia può restare ancorata all'esattezza delle parole, ma deve rinviare sempre all'esperienza concreta;[26] col che si evince che le verità di fede di cui parla il catechismo sono tutto sommato delle interpretazioni teologiche della fede,[27] collegate a quel tipo di società e alla cultura di quel determinato momento. Perciò, se cambia la cultura, se cambia la società, perché non dovrebbero cambiare le formule?

A ben guardare, di Dio-Amore si parla seriamente solo dopo l’ultimo concilio[28]. Quindi siamo davanti a un’immagine di Dio sostanzialmente recente, come è recente l’idea che l’essenza del cristianesimo stia nell’espandere questo amore diventando ciascuno di noi operatore di amore, di vita, di essere per l’altro[29]. In precedenza, fino alla mia generazione, a prevalere era la paura di Dio, e l’essenza del cristianesimo stava nel mantenere immacolata la propria anima perché il peccato ci allontana da Dio e ci porta alla perdizione; e anche dopo il perdono, nell’anima resta la cicatrice del peccato. Ancora oggi in molte persone permane questa paura tradizionale di Dio, per cui si continua a credere in un Dio che ha bisogno di sangue (del Figlio) perché gli uomini possano pacificarsi con lui: è chiaro che siamo davanti a due esperienze inconciliabili, che non possono coesistere sotto lo stesso tetto. Se Dio è la sorgente ultima dell’amore, si adora questo Dio amando gli altri generosamente, non obbedendo per paura a certe regole che il magistero ha dichiarato essere volute da Dio. Chi ha costante paura di Dio finisce col nascondere anche il talento che ha ricevuto in dono (Mt 25, 25). Certo, mi rendo conto che cambiare spaventa più di qualcuno, perché incide sulle nostre abitudini consolidate, ribalta gli stereotipi, ci fa camminare controcorrente[30]. Però, per quanto fin qui detto, non mi sembra blasfemo mettere in discussione il modo sorpassato in cui questo Dio veniva tradizionalmente presentato. Dire oggi che Gesù è homoousios (consustanziale) al Padre non ci dice gran che[31]. Oggi si comincia a pensare che fin dagli inizi ci siamo lasciati condizionare dalla fretta ad affermare la dimensione divina di Gesù, a voler portare prove in questo senso; nella convinzione di fare con ciò un servizio alla fede. Gesù è diventato così per molti un Dio nascosto in un uomo apparente. Si è costruito attorno a lui una nuova religione con le sue invitabili logiche di potere, con il suo bisogno di contrapporsi ad altri poteri o ad altre religioni. Avremmo invece dovuto avere più a cuore il futuro dell’umanità. Oggi infatti vediamo che il Vangelo che Gesù annuncia mette al centro non la nostra natura decaduta, ma l’enorme potenzialità positiva insita nella nostra natura umana[32]. Oggi vediamo più chiaramente che la paura di Dio è figlia della mancanza di fiducia. Il serpente ha fatto credere ad Eva che con la proibizione di mangiare il frutto Dio non si fidava dell’uomo: ecco un Dio che toglie, non che dona. Invece Dio si fida talmente da inventarsi l’incarnazione: un bimbo vulnerabile, bisognoso e incapace di tutto. Si fida e una ragazzina dice di sì e impare a fare la madre. Anche Giuseppe, l’uomo ferito da dubbi, si fida e si mette a servizio dei quei due[33]. Una chiara dimostrazione di amore.

Oggi ormai tutti i cristiani sanno bene che la cosa più importante dovrebbe essere questo amore; eppure poi molti, ancorati come sono alle vecchie immagini di Dio introitate con il catechismo, continuano a praticare – come detto anche altre volte - un insieme di obblighi che nulla hanno a che fare con l’effettivo amore per il prossimo, in quanto restano intimamente convinti che solo osservando tutti gli obblighi religiosi possono realizzare nella propria vita l’amore cristiano; e quando l’amore entra in contrasto o in concorrenza con ciò che è stabilito dalla legge, dal dogma, dalla dottrina, cominciano a guardare all’amore con estremo sospetto[34]. Non si rendono conto che se Giuseppe avesse creduto che amare significava osservare la legge divina, avrebbe dovuto far lapidare Maria. Amandola sempre tantissimo, sia ben chiaro. Esattamente come, nell’immagine divina che tanti hanno in testa, Dio fa soffrire atrocemente per tutta l’eternità i dannati, pur amandoli infinitamente[35]. Immaginarsi se non li amava.

Come diceva però papa Giovanni XXIII, non è che cambia il vangelo: è che noi riusciamo a capirlo sempre meglio[36]. Perciò oggi lo interpretiamo in maniera diversa. E perciò non è detto che le vecchie formule che ne avevamo ricavato in passato siano tuttora sempre valide.

Lo scrittore George Orwell, nel romanzo 1984, in maniera caricaturale scriveva dell’esistenza di un Ministero della Verità in ambito politico; più recentemente Jacques Neirynck (professore emerito di scienze), ha ricordato che solo nella Chiesa cattolica esiste ancora un organismo col compito di censurare il lavoro dei ricercatori teologici, condannandoli così in via preventiva a ripetere sempre e solo formule vecchie e stantie stabilite in passato, sotto minaccia di gravi sanzioni se osano confutare la dottrina tradizionale. Non esiste invece in tutto il mondo scientifico attuale una autorità internazionale che abbia il diritto di convalidare o di confutare i lavori degli scienziati. Certo, così possono anche venir pubblicate notizie inesatte, mediocri, a volte ingannevoli. Ma basta il meccanismo interno alla disciplina scientifica ad eliminarle attraverso la critica di tutti gli altri ricercatori, considerati come un corpo superiore alla somma dei suoi membri. Un organismo che invece pretenda di effettuare meglio questo lavoro con delle decisioni di carattere procedurale e processuale (come fa nel cattolicesimo la Congregazione per la dottrina della fede, ex sant’Uffizio, quello che mandava gli eretici sul rogo[37]), che quasi per obbligo istituzionale condanna ogni novità, cade rapidamente in contraddizione, perché anche il più saggio e sapiente dei controllori può sbagliare nella sua valutazione di un lavoro originale:[38] in altre parole, l’infallibilità che non esiste nelle scienze naturali non dovrebbe esistere neanche in teologia, soprattutto quando ormai perfino papa Benedetto XVI ha ammesso che non esiste più neanche nella Chiesa la sicurezza di possedere la Verità Assoluta. Ma v’immaginate se oggi, al tempo del Covid, quando tutti riconoscono che si sa pochissimo di questo virus, venisse istituita una ‘congregazione’ di scienziati con l’incarico di stabilire cosa è scientificamente vero e cosa no, senza alcuna possibilità di confutazione? Uomini che non sanno quasi niente sarebbero chiamati a decidere come se sapessero tutto. E allora non è assurdo che la Chiesa continui a comportarsi così quando lei stessa riconosce che di Dio non sappiamo quasi niente?[39] Insomma, al centro della fede cristiana non dovrebbe più stare la fede in una Istituzione che c’impone i suoi dogmi, ma la fiducia che la Chiesa, intesa come comunità di credenti, sappia collaborare perché l’umanità vada verso la sua pienezza[40]. Quindi dovrebbe essere del tutto normale pensare oggi a una Chiesa a più voci, senza etichettare ed escludere nessuno perché la pensa in maniera differente.

Se oggi molti preferiscono la scienza alla religione, forse è perché la scienza accetta di essere contraddetta, si dichiara fallibile e anche perché – come ha scritto Bertolt Brecht nell’opera teatrale Vita di Galileo - scopo della scienza non è tanto quello di aprire le porte all’infinito sapere (che il magistero ancora pretende di possedere in campo teologico), quanto quello di porre una barriera all’infinita ignoranza[41]. Dunque, la scienza sembra attrarre di più della teologia proprio perché non pronuncia dogmi irriformabili basati su elementi indimostrabili, ma riconosce che può essere sempre smentita, richiamando elementi verificati e dimostrabili. Come i bambini pensano che i genitori sappiano tutto, così in passato i fedeli credevano che il clero, che aveva studiato, sapesse tutto di Dio. Oggi non è più così.

Anche ai tempi di Gesù molti si affidavano alla verità indiscutibile preconfezionata dagli scribi e sacerdoti, per cui “È sabato, e non ti è permesso prendere il tuo lettuccio” (Gv 5, 10)[42]. E perché non è permesso? “La cosa non deve interessarti, devi solo credere e obbedire al magistero, perché Dio vuole così e chiede la morte per chi osa trasgredire le sue leggi (Esd. 7, 2)”. E cosa succede se mi adeguo? Stando ai vangeli succede che, se continui ad obbedire al magistero, resti infermo. E se invece disobbedisci? Allora riesci a camminare[43]. Quindi, e non so se la cosa è più buffa o tragica, l’evangelista ci sta dicendo che l’obbedienza all’autorità religiosa mantiene l’uomo nella sua infermità, mentre solo la disobbedienza (suggerita da Gesù[44]) lo libera. Ciò che però balza all’occhio è che ai capi religiosi quello che interessa è che la gente obbedisca senza porsi troppe domande, che resti sottomessa a loro, mentre Gesù non ha mai chiesto obbedienza a sé o a Dio[45].

Prima del Concilio di Nicea (325 d.C.), le formule di fede erano semplicemente pregate, ed esprimevano una fede vissuta. Dopo Nicea sono diventate un riconoscimento dovuto, passando cioè a regole imposte dall'esterno con autorità. Ma l’affermarsi definitivo dell’autorità è avvenuto proprio col concilio di Calcedonia (451 d.C.), quando si è passati dal “noi crediamo che...” al “noi insegniamo che...” Da quel momento in poi, dopo quattro secoli di cristianesimo, è stata l’istituzione a stabilire come deve essere vissuta la fede: l'autorità ha prevalso sull'esperienza vissuta dalla comunità. Non più Gesù insegnava alla comunità, ma l’autorità ecclesiastica insegnava alla comunità. Sono così nati i dogmi, e le verità dogmatiche hanno costituito per secoli dei veri e propri tabù,[46] per cui è stato praticamente impossibile impostare un dialogo su di essi, almeno fino al concilio Vaticano II.

Faccio per di più incidentalmente notare che nessun dogma si collega direttamente all’insegnamento impartito da Gesù, in quanto nessun dogma può rivendicare per sé l’autorità di Gesù che non ha mai detto espressamente (almeno stando ai vangeli) ciò che in seguito è stato racchiuso nella formula dogmatica. Ad esempio, Gesù non ha mai detto di essere vero Dio e vero uomo. Non ha mai detto di essere nato da una madre vergine, e la venerazione della Madonna non è fondata sulle Scritture, tanto che la riforma protestante, basandosi appunto sulla sola Scrittura,[47] reagì contro questo culto. Gesù non ha mai avanzato pretese d’infallibilità, né ha mai detto che i papi sarebbero stati infallibili[48].

E allora se manca una base scritturale su quali basi sono stati definiti i dogmi? Forse sull'insegnamento tradizionale della Chiesa? Ma se la Scrittura non offre nessun aggancio incontrovertibile e decisivo, come possiamo essere certi di essere rimasti sulla rotta della tradizione originaria? È stato forse inserito il pilota automatico? Come distinguiamo l'evoluzione arricchente ispirata dallo Spirito santo rispetto allo stravolgimento assai poco santo?[49]

Eppure è accaduto che, se uno non si adeguava supinamente a un dogma, veniva subito tacciato di eresia, perché metteva in pericolo l’unità della Chiesa. Il problema è che l'obbedienza intesa come soggezione e sottomissione non crea unità (cioè coesione interna), bensì solo uniformità (cioè un’unica maschera verso l’esterno). E la Chiesa romana, in tutta la sua uniformità, non è poi così unita[50]. Se infatti questo era da sempre il timore,[51] va sottolineato che non c’è mai stata unità nella Chiesa, neanche all’inizio. Fin dall’inizio, infatti, la Chiesa è stata plurale. Basti pensare a come Pietro, una volta fuggito dal carcere, sia andato volontariamente nella piccola chiesa di Maria senza metter più piede nella grande chiesa di Gerusalemme (At 12, 12), che pur aveva già presieduto; a come Stefano greco-cristiano sia stato ammazzato dai membri della Chiesa giudeo-cristiana perché pensava diversamente da loro (At 7, 54ss.). Ecco l’ennesima riprova che chi è sicuro di possedere già la Verità diventa integralista e facilmente violento, pur restando molto pio e molto religioso. Non a caso Gesù stesso è stato ammazzato da persone molto pie e molto religiose[52]. E oggi come oggi, in tanti sono stufi di sentir invocare la fede in nome dell’integralismo, e quindi di dover sempre vederla strumentalizzata (pensiamo al presidente Trump che si fa fotografare con la Bibbia in mano ma poi conferma tante condanne a morte; o al nostro Salvini che si fa fotografare mentre bacia il rosario, ma poi vuole cacciare tutti gli stranieri: identificarsi con i simboli religiosi cristiani non significa vivere evangelicamente).

Ma torniamo agli errori dei papi: papa Gregorio XVI, a nel 1832, riteneva ancora assurdo delirio la libertà di coscienza, oltre che errore velenosissimo la libertà di pensiero e di stampa propugnata dai liberali[53] tanto da scomunicare Félicité de Lamennais, il quale aveva osato sostenere sul suo giornale la libertà di coscienza in materia religiosa[54]. Gli faceva seguito ancora nel 1888 papa Leone XIII, il quale nell’enciclica Libertas[55] condannava sempre la libertà di coscienza. Il clero cattolico (salvo qualche lodevole eccezione) – al pari dei sacerdoti del Tempio,- vuole ancora obbedienza: “Solo nella gerarchia risiede il diritto e l’autorità necessaria per …dirigere tutti i membri… quanto alla moltitudine, questa non ha altro diritto (sic!) che quello di lasciarsi docilmente condurre e quello di seguire i suoi pastori”[56].

È allora un vero peccato che lo zoccolo duro dei cattolici sia rimasto fermo alla concezione papale del 1800 provando ancora oggi ripugnanza all’idea di una libertà di coscienza. Molti cattolici tutti di un pezzo, dopo oltre mezzo secolo dal concilio Vaticano II, non hanno ancora preso atto, e soprattutto non vogliono prendere atto - che «L’essere umano deve sempre obbedire al giudizio certo della propria coscienza» (Dichiarazione sulla libertà religiosa – Dignitatis Humanae §§ 9 e 13 – del 7.12.1965; n. 1800 del Catechismo). Del resto duemila anni fa un inascoltato Gesù aveva detto: «perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?» (Lc 12, 57). Perché cercate sempre un maestro quando nessuno deve essere chiamato maestro? (Mt 23, 8). Perché seguite un presbitero che pretende di essere chiamato padre, quando Gesù ha ordinato: «Non chiamate nessuno padre» perché di Padre ce n’è uno solo: Dio? (Mt 23, 9).

Come dimenticare che perfino papa Benedetto XVI (ancora l’unico vero papa per i conservatori di oggi che non sopportano papa Francesco[57]) ha dovuto convenire che oggidì l’istituzione fa problema, il dogma fa problema[58]. Il vero problema, però, è che la Chiesa si è legata da sola mani e piedi con i suoi dogmi, e allora un’eventuale modifica non può avvenire in modo espresso, perché questo è proibito financo per lo stesso magistero che smentirebbe sé stesso[59]. Infatti smentirsi significa che in precedenza ci si era sbagliati, e questo farebbe perdere autorità. E il magistero ha il terrore di perdere autorità.

Ha aggiunto il papa emerito[60] che la fede ha i suoi flussi e reflussi. “Ne viene anche che la fede conosce affermazioni definitive – il dogma e il simbolo – nelle quali articola la sua interna definitività. Di nuovo, ciò non significa che quelle formule non comportino, nel corso della storia, ulteriori aperture e possano essere comprese in modi sempre nuovi, proprio come ogni singola persona, nelle vicende della sua vita, deve continuamente imparare a comprendere in modo nuovo la sua fede. Ma significa anche che, in tale più matura comprensione, non si può né si deve buttare a mare l’insieme di ciò che è stato compreso”[61].

Lei mi scuserà, ma mi sembra che la frase comporti una certa ambiguità: cosa s’intende per ‘ulteriori aperture’? L’apertura di una cosa (es. di una lettera) vuol dire che si dispiega qualcosa che prima era sigillato e non si conosceva. Ma acquisendo così una nuova conoscenza che prima s’ignorava, può darsi che nulla cambi, ma può darsi anche che cambi poco o addirittura tutto rispetto a prima. Forse il papa sta dicendo che, se si deve cambiare, il dogma si può buttare un pochettino a mare, ma non interamente?[62] Ora, se ci si accorge che il dogma è anche in minima parte sbagliato, vuol dire che già gli si toglie il crisma della indefettibilità e della irrevocabilità, e implicitamente significa ammettere che il dogma potrebbe essere un pochino sbagliato, o perfino del tutto sbagliato, perché quello che appariva giusto col modo di pensare di una volta (come si è visto di papa Gregorio XVI, papa Leone XIII o papa Pio IX, i quali ad esempio avevano negato con convinzione che Dio abbia concesso a ciascuno di scegliere a quale religione aderire e sono stati smentiti dalla Dignitatis Humanae sopravvista), può essere ritenuto sbagliato con l’attuale approccio mentale. Il cammino nella storia porta con sé anche il cambiamento delle culture, delle tradizioni, dei modi di vedere e agire[63]. E se cambiano i modelli[64] non si può costringere la gente a continuare a ragionare in base al modello ormai superato, come il cardinal Bellarmino pretendeva facesse Galileo.

Pensiamo per quanti secoli la Chiesa ha obbligato a credere che il sole girava attorno alla terra perché così si leggeva nella Bibbia, dettata da Dio in persona e Dio non può sbagliare. Pensiamo per quanti secoli è durato il dogma che fuori della Chiesa cattolica non ci fosse salvezza[65]. Eppure, anche qui qualcosa si muove, lentamente, lentissimamente. Allora perché lo stesso non dovrebbe avvenire con gli altri dogmi? Penso, in effetti, che i dogmi abbiano continuamente bisogno di essere confermati dall’esperienza di ogni nuova generazione, perché nessun punto, nella storia dell’uomo, è definitivo[66].

In passato tutte le generazioni ritenevano che l’orizzonte finalmente raggiunto fosse definitivo: c’era la convinzione che il Sacro Romano Impero sarebbe durato per sempre; c’era la convinzione che lo Stato pontificio sarebbe durato per sempre;[67] la Chiesa era anche convinta che le formulazioni da lei pensate potessero restare per sempre nel tempo e per sempre con lo stesso significato, giacché la Verità, una volta raggiunta, resta immutabile. Ma oggi abbiamo scoperto che non è così. Oggi sappiamo che tutta la realtà è in continuo processo, in continuo divenire, per cui siamo diventati consapevoli che ciò che raggiungiamo è sempre provvisorio:[68] un cartello indicatore che ci porta ad andare oltre. Quindi il papa emerito ha indubbiamente inferto un vulnus mortale all’immodificabilità dei dogmi, riconoscendo che la Chiesa non possiede la Verità assoluta e che ulteriori aperture sono possibili anche per i dogmi. Gli integralisti che lo riconoscono ancora come unico e vero papa forse non se ne sono ancora accorti.

Un ulteriore e notevole vulnus al concetto di immodificabilità del dogma mi sembra, però, fosse già stato inferto in precedenza dall’ultimo concilio, dove si è detto chiaramente: “La verità non s’impone che per forza della stessa verità” (Dichiarazione sulla libertà religiosa del 7.12.1965 - Dignitatis humanae, §1 verso la fine), nel senso che possiede in sé stessa la propria ragione di validità, a prescindere dal fatto che vi sia chi le presta o non le presta fede. Quindi una verità non può più essere imposta autoritariamente, men che meno sotto minaccia di scomunica. La verità non usa mai la forza (fisica o morale) per imporsi; s’impone per la sua evidenza, e in ciò consiste la sua forza. In questo testo conciliare non solo viene omesso l’ammonimento che è impossibile discutere sui dogmi che invece obbligano il popolo cristiano ad un’irrevocabile adesione di fede, ma si fa invece implicitamente intendere che i dogmi che non riescono a imporsi per la propria evidenza non devono essere più creduti in virtù della sola autorità della Chiesa. Questa costrizione oggi sarebbe intesa come violenza, tanto che lo stesso papa Giovanni Paolo II ha chiesto perdono il 12.3.2000[69] ricordando come i cristiani abbiano spesso cercato di imporre la loro Verità anche con la violenza, dimenticando appunto che la verità non s’impone che in virtù della verità stessa.

Dunque, a piccoli colpetti, uno dopo l’altro, mi sembra che lo stesso magistero stia cercando di liberarsi delle catene dell’immodificabilità dei dogmi, con cui lui stesso si è legato.

Penso allora che i dogmi non dovrebbero essere paragonati a luci sul cammino della nostra fede, che lo illuminano e lo rendono sicuro in eterno, ma semplicemente a dei chiodi che si mettono in parete durante una scalata in montagna: in quel momento sono sicuramente punti fissi di ancoraggio e quindi di sicurezza; ma non è detto che in seguito si debba continuare ad usarli, che si debba necessariamente fare per sempre affidamento su quegli stessi chiodi, potendo scalare la stessa parete lungo una via diversa, oppure anche lungo la stessa via ma con maggiore capacità tecnica. Oppure, parafrasando frate Vannucci, potremmo dire che: “i dogmi sono un po’ come il cellofan che si mette intorno al panino per conservarlo fresco: quando però si vuole mangiare il panino si toglie la plastica e la si butta via”. Detto ancora con altre parole, i dogmi non sono monoliti da conservare intatti nel museo della Chiesa, ma verità dinamiche che hanno sempre bisogno di essere riproposte nella loro formulazione[70].

Lei mi obietterà: ma il Catechismo non è stato ancora formalmente aggiornato in questo senso, e quindi la mia teoria va comunque contro la dottrina tradizionale della Chiesa pur sempre indicata nel Catechismo. È vero. Però potrei i risponderLe come ha risposto il cardinal Bea durante il concilio quando i conservatori gli contestavano, per l’appunto, di non voler più seguire l’insegnamento tradizionale della Chiesa che vietava di cambiare liberamente religione: “È vero. Questa non è dottrina tradizionale, ma è la vita di oggi a non essere tradizionale”[71]. Anche le tradizioni evolvono nel tempo, e possono anche essere improvvisamente alterate o trasformate. Non esiste una tradizione completamente pura[72].

Non ci crede? Oggi è un punto fisso anche nella Chiesa che «La libertà religiosa oltre ad essere un diritto sacro costitutivo di ogni persona… implica non solo la libertà di culto, ma anche libertà di pensiero, di coscienza»[73]. Peccato che fino a circa un secolo fa il magistero della Chiesa bollasse questi valori, oggi fatti propri, come princìpi diabolici, sanzionando perfino con la scomunica chi li propugnava;[74] e ancor più indietro nel tempo aveva cercato di reprimere ogni dissenso eliminando fisicamente i dissenzienti[75] considerati eretici, col dotto consenso anche di san Tommaso d’Aquino[76].

Oggi lo stesso Catechismo – che a sua volta cambia con estrema lentezza,- onestamente riconosce che il diritto alla libertà religiosa è una novità del concilio Vaticano II,[77] appena del 1965[78]. Se i musulmani non sono ancora di questa idea, dobbiamo pensare che l’islam è arrivato 700 anni dopo il cristianesimo, per cui potremo riparlarne fra 700 anni: anche loro cambieranno. Per i cristiani, però, erano comunque passati ben 400 anni da quando il coraggioso protestante Sébastien Castellion aveva scritto in latino un libello contro la condanna a morte inflitta a Michele Serveto[79] dai protestanti di Ginevra,[80] che in punto obbedienza al magistero non si comportavano in maniera molto diversa dai cattolici: “Uccidere un uomo non è difendere una dottrina, è uccidere un uomo. …non spetta al giudice difendere una dottrina…Se Serveto avesse voluto uccidere Calvino, il giudice avrebbe fatto bene a difendere Calvino. Ma giacché Serveto aveva combattuto con ragioni e con scritti, con ragioni e con scritti bisognava confutarlo…”. Queste pagine, in allora profetiche, oggi accolte anche dalla Chiesa, dimostrano che in passato il magistero cattolico, sempre sicuro di essere sostenuto dallo Spirito Santo, non lo era, mentre persone che in allora venivano considerate eretiche senza Dio erano loro ad essere sostenute dallo Spirito santo.

Va dato atto che la Chiesa non ha mai dichiarato ufficialmente di dover cambiare una sua presa di posizione perché quella vecchia era sbagliata. La Chiesa ha sempre agito così in tutta la sua lunga storia. La Chiesa – così come si è strutturata - non potrà mai riconoscere di aver sbagliato perché questo vuol dire ammettere di non essere stata sempre tenuta per mano dallo Spirito santo. Se ha sbagliato una volta, perché non potrebbe sbagliare ancora in seguito? E allora il suo principio di autorità, dove va a finire?[81]

Ricordiamoci di come il concilio di Trento, nel 1500, aveva solennemente riconfermato che la Bibbia e le Tradizioni erano state dettate oralmente da Cristo o dallo Spirito santo,[82] mentre per il Vaticano II sono solo ispirate. Pensiamo a come il concilio di Firenze del 1400 mandava tranquillamente all’inferno tutti coloro che non entravano nel recinto della Chiesa (extra ecclesiam nulla salus), mentre il concilio Vaticano II ha detto che Dio vuole che tutti gli uomini si salvino. Nessun concilio ha mai detto che un precedente concilio si era sbagliato, come nessun papa ha mai detto apertamente che un suo predecessore si era sbagliato.

Un simpatico esempio concreto: nel 1586, papa Sisto V aveva promulgato un’edizione biblica curata personalmente da lui dopo aver ritenuto insoddisfacente il risultato ottenuto dall’apposita commissione di studio. Questa traduzione era piuttosto deludente, per non dir oggettivamente pessima, sì che a distanza di pochissimi anni, già nel 1592, sotto il nuovo papa Clemente VIII venne edita una nuova edizione riveduta e corretta, giunta fino a noi col nome di Bibbia sisto-clementina, in cui il cardinal Bellarmino (sempre quello dello scontro con Galileo), per salvare il prestigio del papa precedente, fece scrivere che la nuova edizione interpretava perfettamente proprio i pensieri e i desideri di papa Sisto[83]. Falso come Giuda! Ma molto diplomatico.

Oppure, come si è visto in precedenza, anche papa Benedetto XVI si è ben guardato dal dire che il concilio di Firenze si era sbagliato: ha solo detto che oggi è cambiata la cultura. Di fatto, però, ha smentito il dogma portando una “nuova apertura”[84].

È un dato di fatto che la Chiesa chiede perdono, cambia lentissimamente, ma ancora oggi non riconosce di aver sbagliato in passato. Per questo ci sono persone che si adeguano subito al nuovo indirizzo, e altre che non capiscono e restano ancorate al vecchio pensiero. Ci vuole tempo, molto tempo, perché tutti cambino e si adeguino al nuovo[85]. Anche secoli. Però alla fine succede che, col passare del tempo, la vecchia tesi viene dimenticata, e tutti sono convinti che la nuova tesi sia stata quella che la Chiesa ha sempre sostenuto[86].

Oggi la speranza è di arrivare a una Chiesa meno dogmatica e più presente nei drammi della gente comune. Ormai, sono tanti i teologi a sostenere che il sapere cristologico non si costruisce né si trasmette primariamente attraverso concetti teologici, ma attraverso la sequela come raccontato nei vangeli, perché solo chi segue Gesù riesce a renderlo presente in questo mondo, e rende così presente anche Dio (Metz J.B.; Castillo J.M.; Schillebeeckx E.; Bianchi E.; Curtaz P.; Vigil J.M.; Casaldàliga P.; Maggi A.; Cugini P., solo per fare qualche nome).

Insomma, oggi la vera gloria di Dio non si manifesta principalmente nei dogmi ben proclamati, ma nell’amore ben praticato[87].




NOTE

[1] Il termine’onnipotente’ ripetuto in modo martellante nella liturgia non ricorre mai nel vanagelo, mai sulla bocca di Gesù come attributo di Dio. Dio può soltanto ciò che l’amore può (Ronchi E., Le nude domande del Vangelo, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2020, 40).

[2] Costituzione dogmatica sulla divina rivelazione del 18.11.1965 – Dei Verbum - § 10.

[3]Ultime conversazioni a cura di Seewald P., ed. Corriere della sera, Milano, 2016, 225.

[4] Ad es. in passato anche la Chiesa ammetteva la pena di morte, la tortura (cfr. la Bolla Ad extirpandam del 1252 con cui autorizzò la tortura sugli eretici), la schiavitù. Affermava che non essere battezzati significava essere perduti per sempre e che fuori della Chiesa non ci si salvava; e per il superamento dell’idea extra ecclesiam nulla salus (fuori della chiesa cattolica non c’è salvezza) si rinvia alla risposta data alla domanda sub 3). Le persone pie ed ortodosse erano convinte che queste fossero verità che venivano direttamente da Dio. In passato si credeva alle streghe malefiche, e il cristianesimo (i protestanti più dei cattolici) ne ha ammazzate a migliaia. Ma che esistessero le streghe era un'ipotesi umana, non una informazione che veniva direttamente da Dio. E come si fa a dire che una certa costruzione teologica viene proprio da Dio? Tutto ciò che l'uomo ha pensato con la sua intelligenza è sempre e solo una sua supposizione. Oggi la cultura è cambiata e sono cambiate tante supposizioni. Ma allora, ci si chiede, perché la Chiesa accetta cambiamenti solo su alcuni punti e non su altri?

[5] Ratzinger J., Introduzione al Cristianesimo, ed. Queriniana, Brescia, 2000, 201.

[6] Richiamato da Ronchi E., Le nude domande del Vangelo, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2020, 28

[7] A coloro che dicono di credere solo a quello che vedono, è facile replicare che l’occhio inganna. A tutti sarà successo di trovarsi su un treno fermo in stazione, aver l’impressione di ripartire, mentre è il treno sul binario accanto che parte e il nostro è ancora fermo. Lo stesso inganno succede quando vediamo il sole muoversi.

[8] Schillebeeckx E., Gesù, la storia di un vivente, Queriniana, Brescia,1976, 606.

È il radicamento nelle nostre convinzioni che ci ancora nella nostra ignoranza. Si impara quando si è pronti a riconoscere i nostri errori, a dubitare delle verità che ci sembrano più solide, a non restare bloccati nelle nostre credenze. Ogni passo avanti nel sapere è prima di tutto l’uscita da un pregiudizio. Per essere capaci di fare questo, bisogna saper dubitare di quello che noi stessi pensiamo. Essere pronti a cambiare idea se un nuovo indizio, una nuova riflessione, un nuovo dato, una conversazione con qualcuno, ci permettono di vedere qualcosa che prima non vedevamo: questa è la chiave per imparare (Rovelli C., la Repubblica 29-1-2014).

[9] Cercare su un qualsiasi motore di ricerca: Popper scienza falsificabile.

[10] Pensiamo solo a come si è modificata l’idea dell’universo con Tolomeo, Copernico, Galileo, Newton e Einstein.

[11] Proprio col Covid si è dimostra come il mito della sicurezza è stato definitivamente cancellato. La scienza medica ha dimostrato quanto siamo lontani dalla parola “verità”, perché abbiamo sentito in continuazione scienziati che litigavano fra di loro, dicendo chi bianco e chi nero, senza che al momento nessuno potesse provare di aver ragione.

[12] Florenskij P., La colonna e il fondamento della verità, ed. Rusconi, Milano, 1998, 194s.

[13] Eppure era questo che spaventava papa Benedetto XVI, il quale aveva parlato di dittatura del relativismo ancor prima di essere eletto (Ratzinger J., Omelia alla Messa pro eligendo Romano Pontefice del 18.4.2005, “L’Osservatore Romano” 19.4.2005), e si dice che questa sua presa di posizione abbia favorito la sua elezione. E ancora nel 2014 la Pontificia Commissione Internaziona (Cap.1.4 § 68, http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_cti_20140117_monoteismo-cristiano_it.html) riteneva che l’intolleranza derivasse dal relativismo e non dal suo monoteismo assolutista.

Ancora oggi, il papa emerito si lamenta del primato della scienza e della tecnica, della pretesa cioè che l’unica conoscenza realmente valida sia quella scientifica; la limitazione della ragione solo a ciò che è sperimentabile e calcolabile sarà giusta nell’ambito delle scienze - egli dice,- ma diviene disumana, contraddittoria e quindi insostenibile al di fuori di questo campo (Commenti del cardinal Ruini agli appunti di Benedetto XVI, “La Verità” 1.12.2020, 16). E perché mai? Certo, quando rivolgiamo la mente a considerare il mistero grande, stupefacente, del nostro mero esserci, del vivere e morire, l’idea stessa che si possa venire a capo di tutto per mezzo della scienza sembra inconsistente (intervista a Martin Scorsese, in Civiltà Cattolica, n.3996 del 24.12.2016, 572). Però a me sembra altrettanto contraddittorio e insostenibile pretendere che la metafisica sia depositaria di tutta la verità, anche di quella trascendente, posto che anche la metafisica è parte del mondo immanente, e in nessuna cosa umana, necessariamente limitata, c’è il tutto, ma al massimo un frammento di verità. E due frammenti possono perfino coesistere ed essere entrambi veri anche se si contraddicono: immaginiamo un treno che viaggia velocemente da Trieste verso Venezia; un signore va verso il bagno in coda al treno. Per un passeggero seduto nello stesso vagone quel signore si sta spostando verso Trieste. Ma per un osservatore a terra quello stesso signore si muove invece verso Venezia. Questa è una ‘verità’ del relativismo. Ecco allora la coerenza di quant’affermazione che sembra assurda: “So che il contrario di quanto dico è vero, ma per ora ciò che dico è ancor più vero” (Sri Aurobindo - 542).

Gesù è inserito nella storia. Che la ricerca storica sia il risultato di interpretazioni e costruzioni, nel senso che la scienza storica non è in grado di pervenire a rappresentazioni oggettive dei suoi oggetti storici, bensì soltanto a interpretazioni (Stegemann W., Gesù e il suo tempo, ed. Paideia, Brescia, 2011, 500ss.) vale non solo per il Gesù storico, ma per ogni fatto storico. Basta pensare a come la prima guerra mondiale viene ancora diversamente rappresentata in Italia o in Austria. Ma quello che è considerato ovvio in altri campi, non viene sempre accettato quando si parla di Gesù. Sta di fatto che il Gesù storico non può diventare fondamento teologico ultimo, valore assoluto, perché neanche in questo caso si raggiunge l'oggettività. E di Dio trascendente noi possiamo sapere qualcosa solo da quel poco che sappiamo di Gesù. Quindi, partendo da una piano (storico, immanente) già non oggettivo è inimmaginabile raggiungere un piano oggettivo che – come detto più volte, - è al di là del nostro orizzonte di conoscenza.

[14] Non dimentichiamo poi che la pretesa di possedere l’unica e assoluta verità è foriera di violenze. Del resto è assodato che il politeismo è meno violento del monoteismo. Coloro che si presentano come rappresentanti dell’unico Dio vogliono tutelare in primo luogo i diritti di questo unico Dio e quindi vogliono imporre a tutti obbedienza alle regole che essi dettano per non offendere l’unico Dio; quando gli dèi sono tanti, i sacerdoti di un dio sanno che ci sono sacerdoti di altri dèi, per cui non possono pretendere che tutti obbediscano solo alle regole che essi hanno emanato in nome del proprio dio. L’esser consapevoli che ce ne sono altri li rende più tolleranti.

[15] Molari C., nell’intervista di Sandri L. su Giovanni Vannucci, testimone della luce, 27.1.2005, a cura del Centro interconfessionale per la pace – Cipax.

[16] Lenaers R., Il sogno di Nabucodonosor, ed. Massari, Bolsena (VT), 2009, 14.

Per fare un es. concreto, il termine idea viene da Platone, ma si tratta di una delle tante parole che hanno cambiato di senso nel corso del tempo. Per noi, oggi, l'idea è un qualcosa creato dalla nostra mente; per Platone le idee non erano astrazioni dell'Io pensante, ma entità reali, esistenti in un mondo separato e parallelo, indipendentemente dal fatto che ci fosse un soggetto che le pensasse: sono cose, e perciò oggi è più chiaro parlare della teoria platonica delle forme, anziché di quella delle idee (Dal Maschio E.A., Platone, ed. Hachette Fascicoli s.r.l. Milano, 2015, 52s.). Quando vediamo uomini diversi, oggetti diversi, o diciamo che un'azione è giusta, siamo davanti a copie (forme) imperfette di un unico esemplare (uomo, oggetto, giustizia) che esiste allo stato puro in un mondo parallelo al nostro. In quanto copie non sono né propriamente reali, ma neanche puro non-essere (sarebbero illusioni): in quanto partecipano all'essere si collocano a metà strada, ma solo l'originale – secondo Platone,- è vera realtà. Aristotele, molto più pragmatico ritenne quella delle idee una creazione fantastica e fittizia; la realtà completa già si trovava nel mondo sensibile (Ruiz Trujillo P., Aristotele, ed. Hachette, Milano, 2015, 13s.).

[17] Dobbiamo renderci conto che le parole hanno cambiato di significato nel corso del tempo. Dobbiamo educarci a interpretare. Gli eventi sono gli stessi, ma le interpretazioni cambiano nel tempo. Occorre partire dall'esperienza di fede e non dalle formule del passato, come si vedrà proseguendo nella lettura di questa risposta.

[18] Molari C., Anticonformismo del Vaticano II, “Rocca”, n.6/2012, 55. Pensiamo solo a come il termine ‘persona’ che ai tempi del concilio di Calcedonia indicava il ruolo, la maschera del teatrante, oggi significa tutt’altro: individuo della specie umana, centro di attività, libero e cosciente che unifica l'essere umano concreto e indipendente.

Ma pensiamo anche a come, col linguaggio, si può indirizzare l’ascoltatore. Se per gli stranieri che arrivano usiamo il termine “invasione,” chi ascolta è portato a pensare a un’emergenza, a un accadimento che crea paura; se usiamo il termine “fenomeno migratorio” pensiamo a qualcosa di più strutturale, da regolare con più calma. Oppure pensiamo a questa storiella: Ieri sera ho chiamato un mio amico ingegnere e gli chiesto cosa stesse facendo. Mi ha risposto che stava eseguendo un trattamento idrotermico tensioattivo su porcellana, vetro e metallo in ambiente ad elevata tensione. Non avendo capito niente gli ho chiesto di spiegarmi in con parole più povere quello che faceva, e mi ha risposto: “Sto lavando i piatti con mia moglie che mi rompe i coglioni”. Il fatto è evidentemente sempre lo stesso: le parole ci hanno portato a comprenderlo in modo diverso.

[19] Molari C., Celebrare il Natale- Scambio, a Condino, 2006.

[20] Approfondiremo il punto rispondendo alla domanda sulla transustanziazione.

[21] Anche papa Francesco ha escluso che tutto ciò che non è fisso e immutabile sia relativismo, visto che Dio è sempre una sorpresa, sì che non si sa mai dove e come lo si incontrerà, né siamo noi a fissare i tempi e i luoghi dell’incontro con Lui (Spadaro A., Intervista a Papa Francesco, “La Civiltà Cattolica” n.3918/2013, 469).

[22] E qui c’è sempre il rischio che, nel nome del Dio del passato, non si riconosca e non si accolga il Dio che si presenta in modo sempre nuovo e, per accogliere questo Dio che si fa nuovo, bisogna essere sempre disposti a cambiare. C’è il rischio che, in nome della tradizione, della dottrina del Dio che era, non si scopra e non si accolga il Dio che viene e che fa nuove tutte le cose (Ap 1, 8 e 21,5).

[23] Citato da Ronchi E., Le nude domande del Vangelo, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2020, 57.

[24] Significativa di questa necessità è la pietra sacra al Machu Picchu, dove gli Inca cercavano di legare il Dio-sole alla pietra il giorno del solstizio d’estate perché non si allontanasse di più.

[25] Vannucci G., Nel cuore dell’essere, ed. Fraternità di Romena, Pratovecchio (AR), 2004,64.

[26] Ogni nuova esperienza religiosa passa da una fase in cui è unicamente vissuta da una comunità ristretta, a una in cui, specie al morire della prima generazione, l’istituzionalizzazione è inevitabile, e nascono tensioni attorno all’interpretazione delle origini (http://confini.blog.rainews.it/2020/06/03/il-caso-bose-intervista-a-riccardo-larini/).

[27] Ortensio da Spinetoli, Bibbia e catechismo, ed. Paideia, Brescia, 1999, 30.

[28] Anche se il vangelo aveva già detto: Tutti sapranno che siete miei discepoli se avrete amore gli uni per gli altri (Gv 13, 35).

Dovrebbe essere pacifico che se Dio è Amore, qualsiasi messaggio imposto viene in realtà dalla religione, ma non può venire da Dio, perché l’amore è di per sé a forma libera e non sorveglia nessuna porta d’ingresso (Spong J.S., Un cristianesimo nuovo per un mondo nuovo, ed. Massari, Bolsena, (VT), 2010, 212). Invece l’amore bloccato nei dogmi muore.

[29] Spong J.S., Un cristianesimo nuovo per un mondo nuovo, ed. Massari, Bolsena, (VT), 2010, 41 e 290.

[30] Sulla paura del cambiamento in genere cfr. Calzolari L., “Montagne 360”, nov 2919, 5, dove non si parla di religione.

[31] Il termine homoousios – consustanziale (che non esiste nelle Scritture) è una parola inventata dall’uomo. La Chiesa si premura di precisare che la natura divina resta una sola per tutte tre le persone, senza dividersi (art.255 Catechismo). Ma se il Padre – che non è il Figlio - non possiede tutta la natura divina, che è e resta sempre una, se gliene manca anche solo quel filino che spetta al Figlio e allo Spirito Santo, Lui (il Padre) non può essere Infinito. Se invece l’unica natura divina è tutta nel Padre, per il Figlio cosa resta? Per lo Spirito Santo cosa resta? Come fa l’unica natura divina, che è tutta nel Padre, essere tutta anche nel Figlio che non è il Padre, e tutta anche nello Spirito Santo che non è né Padre né Figlio?

[32] Fridel D., L’uomo rivelazione del Divino. Gesù rivelazione del Padre, in https://www.reginapacisbz.it/psicologia-e-spiritualita.html.

[33] Ronchi E., Le nude domande del Vangelo, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2020, 31ss.

[34] Castillo J.M., Simboli di libertà, ed. Cittadella, Assisi, 1983, 287 e 290s.

[35] I dannati non amano Dio, ma Dio li ama ancora, perché anche nella giustizia Dio non abbandona l’amore (Cavalcoli G., L’inferno esiste, ed. Fede&Cultura, Verona, 2010, 34).

[36] “Quando stava per morire, dopo la Pacem in Terris, papa Giovanni fu accusato da un giornale di aver cambiato il Vangelo per andare incontro ai comunisti e monsignor Capovilla riferisce questa sua frase: “Non è il Vangelo che cambia, siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio” (riportata da TV2000 il 10.3.2017 dall’ospite della trasmissione Alberto Melloni, esperto del concilio Vaticano II).

[37] Ipotizzare che Dio trascendente e inconoscibile corrisponda con certezza alla immagine di Dio offerta dalla Chiesa cattolica va contro la ricerca della Verità. Non è quello che non conosciamo l’ostacolo nella teologia, ma piuttosto quello che crediamo di sapere.

[38] Si pensi al pensiero di Sébastien Castellion, di cui si parlerà più avanti.

[39] Ricordate che nella relazione si è detto che lo stesso papa Benedetto XVI ha confermato che, se si parla del Dio Trascendente non sappiamo sostanzialmente nulla e riusciamo solo ad accennare alla verità, che tuttavia nella sua totalità non coglieremo mai in questa vita.

[40] Fridel D., L’uomo rivelazione del Divino. Gesù rivelazione del Padre, in https://www.reginapacisbz.it/psicologia-e-spiritualita.html.

[41] Sull’ignoranza in ambito religioso è interessante il non più recentissimo Rapporto sull’analfabetismo religioso in Italia, Il Mulino, Bologna 2014.

[42] Mateos J. e Camacho F., L’alternativa Gesù e la sua proposta per l’uomo, Cittadella, Assisi,1989, 151s.

[43] Maggi A., Cercavano di ucciderlo, conferenza tenuta a Padova il 21-22.2.2009, in www.studibiblici.it.

[44] Mateos J. e Camacho F., L’alternativa Gesù e la sua proposta per l’uomo, Cittadella, Assisi,1989, 317s.: Gesù guarisce di sabato e questo gli costa la condanna a morte.

[45] Cfr. l’articolo Obbedienza su questo giornale: https://sites.google.com/site/ilgiornaledirodafa20201/numero-545---23-febbraio-2020.

[46] Il tabù blocca un desiderio pericoloso: un suddito vorrebbe picchiare il re perché gli ha fatto un torto? Viene bloccato mentalmente dal fatto che la persona del re è intangibile. Ecco un tabù che pian piano blocca perfino il pensiero di poter fare quella cosa che l’autorità vieta, perché si comincia a credere che il re “metafisicamente” non è un uomo uguale agli altri. Con i dogmi si dice che Dio stesso vieta di pensare diversamente, ma ovviamente è il magistero a dettare le regole, affermando di parlare al posto di Dio.

[47] La Chiesa protestante è nata sul libro, che si può controllare e verificare. La Chiesa cattolica, invece, si fondava sulla parola del magistero, il quale affermava di parlare al posto di Dio.

[48] Il primo a parlare d’infallibilità risulta essere il francescano Olivi Pietro, appena nel 1200 (Hasler A.B., Come il papa divenne infallibile, ed. Claudiana, Torino, 1982, 40).

[49] Lenaers R., Il sogno di Nabucodonosor, Massari, Bolsena (VT), 2009, 81s.

[50] Lenaers R., Benché Dio non stia nell'alto dei cieli, Massari, Bolsena (VT), 2012, 116.

[51] L’unità è presto diventata una vera e propria ossessione. Il sistema sinodale o conciliare, che era nato per assicurare l'unità in tutto l'ecumene (mondo abitato) della chiesa cattolica, si è presto dimostrato incapace di funzionare dopo la fine dell'impero romano, cioè senza il sostegno da parte dei meccanismi dominatori di una superpotenza internazionale.

Il Vaticano ha risolto il problema dell'unità della Chiesa in tutta l'ecumene alienando la cattolicità ecclesiale (di carattere esistenziale) in un'universalità di tipo ideologico, obbediente all'autorità dominante della cattedra infallibile del sommo pontefice (titolo idolatrico che un tempo solo l'imperatore romano portava), e dei suoi meccanismi di dominio, generando per la prima volta l'incubo del totalitarismo.

Il protestantesimo ha rinunciato al problema, ma anche alla coscienza della Chiesa come corpo unico, e si è limitato alle convinzioni individuali frammentandosi così in più di trecento confessioni, ramificazioni, sette.

L'ortodossismo orientale ha assolutizzato la cattolicità di ogni chiesa locale scivolando di fatto nel nazionalismo. Gli ortodossi vivono come i protestanti il dramma della disgregazione, non in ramificazioni ideologiche, ma in molte chiese nazionali autocefale (Yannaras C., Contro la religione, ed. Qiqajon Comunità di Bose,Magnano (BI), 2012, 199ss.). Basta vedere a cosa è recentemente accaduto quando la Chiesa ucraina e quella Chiesa russa – unite ai tempi dell’Unione sovietica,- si sono separate.

Insomma, nessuno ha trovato una soluzione al problema, che pur esiste.

[52] Cfr. l’articolo Chi ha causato la morte di Gesù, al n.446 in questo giornale, in

https://sites.google.com/site/numeriarchiviati2/numeri-dal-26-al-68/1999992---aprile-2018/numero-446---1-aprile-2018.

[53] Mirari vos, in Enchiridion delle encicliche, 2°, ed. EDB, Bologna, 1996, 40.

[54] Augias C. e Mancuso V., Disputa su Dio, ed. Mondadori, Milano, 2009, 58. E qui si può subito allargare il discorso con quel “ciò che legherete…”. Se è vero che Dio conferma ciò che il papa ha deciso – come ci ha insegnato i magistero,- Félicité de Lamennais dovrebbe essere finito all’inferno in quanto scomunicato. Ma il concilio Vaticano II ha smentito il papa, e allora?

[55] Enciclica del 20.6.1888, reperibile in http://www.vatican.va/content/leo-xiii/it/encyclicals/documents/hf_l-xiii_enc_20061888_libertas.html.

[56] Enciclica Vehementer Nos dell’11.2.1906, in http://www.vatican.va/content/pius-x/it/encyclicals/documents/hf_p-x_enc_11021906_vehementer-nos.html.

[57] Ha scritto, mi sembra correttamente, il vaticanista Marco Politi (https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/01/13/ratzinger-entra-in-guerra-contro-bergoglio-uno-scontro-che-sa-di-ricatto/5667047/): ‘Nel grande corpo della Chiesa cattolica – un miliardo e trecento milioni di fedeli – tutti hanno diritto di parola su qualsiasi argomento. Uno solo aveva il dovere di tacere, di non scendere pubblicamente nell’arena: Joseph Ratzinger. E non per un bavaglio, ma per la legge suprema che lui stesso si era imposto al momento delle dimissioni: non dare mai, per nessuna ragione, il minimo motivo di contrapposizione al pontefice regnante. Neanche la vaga impressione che vi siano due magisteri opposti nella Chiesa. Quello del papa ex e quello del papa attuale. Due linee. Due partiti’. È la violazione di questo principio che dà benzina al motore dei conservatori.

[58] Ratzinger J., Introduzione al Cristianesimo, ed. Queriniana, Brescia, 2000, 14.

[59] Ma è proprio così? Se il dogma non viene da Gesù, non viene direttamente dalla Rivelazione, dovremmo pensare che siamo in realtà davanti a un auto-vincolo, pensato e deciso tempo addietro da uomini di Chiesa. Ma un auto-vincolo non è in realtà un vincolo eterno, essendoci sempre la possibilità di ripensarlo da parte della stessa Chiesa che un tempo l’aveva imposto. Ciò che è stato deciso dalla volontà umana (non divina) può essere sempre ripensato dalla volontà di altri uomini.

[60] Ratzinger J., Introduzione al Cristianesimo, ed. Queriniana, Brescia, 2000, 256.

[61] Mi sembra che su questo punto il papa accetti anche quanto sostenuto dal suo compatriota (Küng H., Infallibile? Una domanda, Queriniana, Brescia, 1970, 182 e 196), secondo il quale resta sempre una differenza tra ciò che voglio esprimere e ciò che esprimo, tra la mia intenzione e la mia espressione nel linguaggio, per cui ogni enunciato umano di verità confina con l’errore e si tramuta facilmente in errore a causa della limitatezza umana.

[62] Non mi sembra si possa intendere il pensiero del papa emerito nel senso che l’ulteriore formulazione potrebbe portare il dogma solo ad una più profonda comprensione, nel senso cioè che si può sempre aggiungere qualcosa, ma mai togliere qualcosa, perché il papa parla anche di “nuove aperture” e non solo di “nuove comprensioni.” E allora, se si toglie anche solo un filino al dogma con la nuova apertura, vuol dire che prima c’era l’errorino. E perfino quando il papa parla di “comprendere in modo nuovo” non si esclude che il modo vecchio non fosse proprio del tutto corretto, e quindi non esclude l’errore.

[63] Cugini P., Visioni postcristiane, EDB, Bologna, 201, 47.

[64] Si è detto sopra che ci vuole però del tempo perché un nuovo modello sia accettato da tutti. Spesso nascono conflitti. Chi si trova comodamente seduto sulla sedia del vecchio modello diventa facilmente incredulo e perfino aggressivo di fronte ad ogni pretesa di innovazione volendo rimanere tranquillamente seduto e temendo che la sua vera fede venga minata.

Questa è la fotografia odierna della situazione della Chiesa nella quale ci troviamo a causa della svolta nei modelli d'esperienza e d'interpretazione, nei quali i progressisti cercano ora di esprimere in modo nuovo l'antica fede, temendo che i vecchi modelli facciano diventare la fede un relitto storico da museo. Perciò quelli che per alcuni ancora restano i pilastri incrollabili della fede cristiana (Gesù: due nature in una persona divina; Trinità: tre persone in un'unica natura; una madre che rimane vergine nonostante il concepimento ed il parto, ecc.), per molti non sembrano più così evidenti e solidi, per cui si creano necessariamente tensioni.

Ricordo che ai tempi dell’ultimo concilio l’allora capo del Sant’Uffizio, il cardinale Alfredo Ottaviani, sconvolto e impaurito dalle novità che irrompevano, aveva ripetuto più volte: “Spero di morire prima della fine del Concilio, così morirò da cattolico” (Grana F.A., Papa Francesco ha troppi nemici?, in http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09/20/papa-francesco-ha-troppi-nemici-i-veri-problemi-sono-sulla-scrivania/3865827/

Invece quel dissacrante filosofo tedesco (Nietzsche F., L'Anticristo, Adelphi, Milano 1995, 79) aveva osservato: esiste antitesi fra menzogna e convinzione? La convinzione diventa tale dopo che per un pezzo non lo è stata: nel figlio diventa convinzione quel che nel padre era ancora menzogna. E allora teniamo presente che sono occorsi secoli perché fosse riconosciuta la divinità di Cristo, o la natura personale dello Spirito; circa quattro secoli per la dottrina del peccato originale; poco più di un millennio per la natura di sacramento del matrimonio, e quasi due millenni per i dogmi mariani.

Ma la vera questione non è se i progressisti credono che si stia arrivando finalmente alla vera conoscenza avendo ora compreso la fede meglio dei conservatori. Ho già detto che tutte le nostre tappe sono sempre provvisorie. La vera questione è: che cosa dobbiamo fare qui e adesso, visti i nuovi modelli di esperienza e di pensiero, per conservare una fede viva che anche oggi possa avere rilevanza per l'uomo, la sua comunità, la sua società? (Schillebeeckx E., Gesù, la storia di un vivente, Queriniana, Brescia, 1976, 616ss).

[65] Art. 169 Catechismo Pio X. Papa Pio XII, Lettera al Sant’Officio 8.8.1949, in Enchiridion Symbolorum, ed. Dehoniana, Bologna, 1995, n.3866, ove si specifica che questo è un insegnamento infallibile. Quindi, è un dogma. Vedi quanto detto alla risposta sub 3.

[66] Si pensi alla promessa fatta a David di un figlio destinato a un regno duraturo (2 Sa 7, 12-16). Questa promessa venne di lì a poco riferita a Salomone, figlio appunto di David (1 Re 2, 4). Oggi la si riferisce a Cristo. Ma se ai tempi di Salomone si fosse stabilito che quella era la vera ed eterna interpretazione pronunciando sul punto un dogma immutabile, non ci sarebbe stato spazio per cogliere il dischiudersi della Rivelazione alla luce dei successivi avvenimenti.

[67] Tanto che ancora con l'Enciclica Mirari vos Papa Gregorio XVI (in Enchiridion delle encicliche, 2°, ed. EDB, Bologna, 1996, 40) ammoniva: "gli amatori di un'impudentissima libertà arrivano a sostenere la separazione della Chiesa dallo Stato". E ancora quando Cavour aveva lanciato lo slogan “Libera Chiesa in libero Stato,” il vescovo di Perugia Pecci sosteneva arrabbiato: “dicono che al Sommo Pontefice basta il governo spirituale delle anime e non gli è necessaria la potenza temporale; questa distrae l’animo in cure terrene; è dannosa alla Chiesa, contraria al Vangelo e illecita … E come mai potrebbe il Capo della Chiesa essere libero nell’esercizio del suo Primato spirituale senza l’aiuto della sovranità temporale che lo renda indipendente dall’altrui influenza?” (Pellicciari A., L’altro Risorgimento, ed. Piemme, Casale Monferrato (AL), 2000, 124). Come ha poi dimostrato la storia, il capo della Chiesa ha potuto farlo benissimo, tanto che per papa Paolo VI la fine del potere temporale è stata un atto provvidenziale. Il teologo e giornalista Gianni Gennari racconta: «Nel 1970 ero nello studio del cardinale Angelo Dell’Acqua, vicario di Roma, quando per telefono Paolo VI gli diede l’incarico di andare a suo nome a Porta Pia, nel centenario del 20 settembre, per celebrare una Messa di ringraziamento. Dell’Acqua era emozionato e sbalordito» (https://vocetempo.it/i-patti-lateranensi-novantanni-dopo/). Anche la Chiesa, col tempo, è capace di cambiare opinione. Ci vuole però il suo tempo, tanto tempo: la breccia di Porta Pia è del 1870; Paolo VI si è pronunciato esattamente cento anni dopo. E nel frattempo la scomunica maggiore del 1855 di papa Pio IX, per tutti coloro che propugnavano idee risorgimentali, che fine ha fatto? Visto che nel frattempo quei signori scomunicati erano tutti morti, erano finiti all’inferno, o no?

[68] Molari C., nell’intervista di Sandri L. su Giovanni Vannucci, testimone della luce, 27.1.2005, a cura del Centro interconfessionale per la pace – Cipax.

[69] Memoria e riconciliazione: la Chiesa e le colpe del passato, §§ 1.3. e 5.3 in

http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_con_cfaith_doc_20000307_memory-reconc-itc_it.html

[70] Maggi A., La verità ci rende liberi – conversazioni con Paolo Rodari, Garzanti, Milano, 2020, 48.

[71] Così il cardinal Bea, nel Concilio, a proposito della libertà religiosa, riportato da O'Malley J.W., Che cosa è successo nel Vaticano II, ed. Vita e Pensiero, Milano, 2010, 218.

[72] Giddens A., Il mondo cambia: come la globalizzazione ridisegna la nostra vita, ed. Il Mulino, Bologna, 2000, 57. Pensiamo solo alla tradizionale dotrina della soddisfazione durata per circa mille anni. Ne parleremo più ampiamente rispondendo alla domanda sul peccato.

[73] Nel settimanale diocesano “Vita Nuova” n.1/ 2011, 3. Cfr. la sopra citata Dignitatis Humanae.

[74] Vedasi Sillabo dei principali errori della nostra età, promulgato da Papa Pio IX l’8.12.1864: il Cap.III, XV condannava la libertà di religione; il Cap.X, LXXIX condannava la libertà di opinione e pensiero.

[75] Si veda, ad es., lo sterminio totale dei valdesi in Calabria nel 1561, ad maiorem Dei gloriam (per la maggior gloria di Dio), a cura di Papa Pio V.

[76] Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, II-II, q.11, a 3, in www.documentacatholicaomnia.eu. Va anche sottolineato come Tommaso d’Aquino venne canonizzato e dichiarato dottore della Chiesa (ovviamente il suo consenso all’eliminazione fisica degli eretici è marginale nei suoi studi).

[77] Fuček I, I dieci comandamenti, in Catechismo della Chiesa Cattolica, ed. Piemme, Casale Monferrato (AL), 1993, 1009.

[78] Come ricorda il cardinal Scola, la Dignitatis humanae, la Dichiarazione sulla libertà religiosa del 7.12.1965, è straordinaria perché trasferisce il tema della libertà religiosa dalla nozione di verità a quella dei diritti della persona umana. Se l’errore non ha diritti, una persona ha dei diritti anche quando sbaglia (“Famiglia Cristiana”, n. 16/2013, 51).

[79] Va notato che Serveto, medico e teologo, era finito a Ginevra per fuggire all’Inquisizione cattolica che voleva bruciarlo sul rogo, dopo che aveva scritto un libro contro la Trinità e a favore dell’Unità di Dio. Serveto venne bruciato vivo in piazza con il suo libro legato alla coscia. Come si vede, sia l’autorità cattolica che protestante usava metodi piuttosto spicci per liberarsi del dissenso.

[80] Castellion S., Conto il libretto di Calvino nel quale si sforza di dimostrare che gli eretici devono essere puniti con la spada, §77, in www.archive.org..

[81] Ricordo i timori per l’abolizione della pena di morte: nota 8, nella risposta alla domanda sub 2.

[82] Ecco perché, visto che Dio non può sbagliare, era certo che il sole girasse attorno alla terra, e sbagliava Galileo.

[83] Martini C.M., Il messaggio della salvezza. Corso completo di studi biblici, I, Elle Di Ci-Leumann, Colle di Bosco (AT) e Torino, 1964, 177 s.

[84] E per la tesi che questo fosse un dogma vedi precedente nota 58.

[85] Pensate solo alla difficoltà di cambiare due parole nel Padre Nostro: da “non c’indurre in tentazione” a “non abbandonarci alla tentazione”. Se ne parla da qualche anno, ma ci vorranno altri anni prima che tutti i fedeli dimentichino la formula appresa da piccoli.

[86] Ad esempio oggi, nell’ambiente cattolico c’è perfino chi presenta un po’ sfrontatamente la Chiesa come fosse stata da sempre la paladina della libertà dell’uomo, come se avesse da sempre difeso «il valore della libertà religiosa basato sulla dignità dell’uomo inteso come essere che cerca la verità» aggiungendo impudentemente che, senza la libertà religiosa, «ogni altra libertà diventa monca, una parodia di se stessa» (vescovo Negri L. e Cascioli R., Perché la Chiesa ha ragione, ed. Lindau, Torino, 2010, 28). E il Sillabo dei principali errori della nostra età, promulgato da Papa Pio IX l’8.12.1864, che al Cap.III, XV condannava la libertà di religione? Completamente dimenticato. Tanto chi va a leggere i documenti del passato? E nessuno va a leggere le feroci dispute durante il concilio Vaticano II che precedettero la Dichiarazione sulla libertà religiosa, Dignitatis Humanae, del 7.12.1965, perché ancora molti vescovi erano contrari a questa apertura.

[87] P. Casaldàliga e José M. Vigil, La spiritualità della liberazione, Cittadella, Assisi, 1995, 248.