Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano

Ci vediamo a Trieste il 2 ottobre


di Stefano Sodaro


La produzione cinematografica italiana è piena di dimenticati capolavori: chi ha sentito parlare de “L’immorale”, del 1967, di Pietro Germi, con Ugo Tognazzi ed una giovanissima Stefania Sandrelli? Sono trascorsi 55 anni e – senza spoilerare -, visto il contenuto, un’intera cultura politica e sociale se n’è volentieri disfatta. Il film è agevolmente visionabile su youtube: https://youtu.be/OB6QQjG4cdo.

Di Germi si occupò Pasolini, su Il Reporter del 29 dicembre 1959, ed i toni furono fortemente critici, sino a definire Germi “sostanzialmente qualunquista”. «La sua è una morale piena di elementi protestantici e puritani. Egli è un settentrionale, un cattolico settentrionale, che non ha ancora capito bene che il fiasco di vino dei Castelli è totalmente diverso da un fiasco di Barolo.» Ed ancora, nelle righe appena prima: «L’omoerotia (direbbe Gadda) di Germi produce una chiara retorica della “salute”, spesso con risultati stilistici di gusto dubbissimo. Tutto ciò importerebbe poco; ma la cristallizzazione psicologica di Germi rientra nel suo lavoro, non è un dato oscuro o implicito soltanto. Ed eccone la fenomenologia; il culto della “salute”, sessuale, morale e sociale è, di per sé, un dato assolutamente irrazionale: una forma di difesa istintiva e inconscia o quasi. Specie se poi diviene così rigida, e anche rigorosa, come in Germi. Tutta la psicologia di questo regista è come bloccata da tale irrazionalità, che, ne sono certo, rifiuta, su se stessa, ogni discussione. Di conseguenza c’è in Germi una forte diffidenza verso tutto ciò che è razionale: per lui la coincidenza tra “razionale” e “intellettualistico” è un assioma che non si discute… Tutto deve essere affidato al sentimento, e il sentimento deve posare sulle reazioni di una morale normale e corrente. Va aggiunto, poi, che la morale di Germi tanto normale e corrente non è. Proprio per quello che dicevo prima: perché c’è in lui una profonda ferita, una esaltazione non arginata della propria personalità ecc. ecc.». Ci chiediamo se davvero oggi sia tanto problematico rivendicare le ragioni del sentimento contro quelle dell’intellettualismo pronto a condannare come “irrazionale” qualsiasi formulazione di dubbio, di interrogativo, qualsiasi espressione di un pensiero che rinunci alla forza veritativa e si chini piuttosto sulla debolezza del non sapere. Lo stesso, diuturno, ripetere che, in questo momento in Italia, non c’è alcun rischio di fascismo non è un vezzo fortemente intellettualistico che rinuncia a cogliere quanto il consenso popolare, di per sé spesso molto “irrazionale”, premi chi – come si dice – “parli alla pancia”? Ma c’è qualcosa d’altro. Pasolini non dice il vero – su se stesso, prima di tutto - quando sembra sovrapporre sentimento e irrazionalità, o, ancora peggio, propensione per l’irrazionalità e mancata accettazione, in nome di una presunta “salute”, della (propria) diversità, che oggi rischia addirittura di passare per “devianza”. Diverso/a è ognuno/a di noi: Pasolini lo sapeva benissimo e lo testimoniava con il suo impegno di intellettuale militante. “L’immorale” fu il suo appellativo, il suo stigma per antonomasia da parte del Potere Assoluto, quale quello nazifascista.

Il prossimo 2 ottobre, a Trieste, presso il suggestivo ed evocativo “Teatrino Franco e Franca Basaglia”, nel Comprensorio di San Giovanni, laddove Basaglia riuscì ad attuare la sua rivoluzione psichiatrica, accosteremo all’ “immoralità” di Pasolini quella di Maria di Magdala, in un incontro, che inizierà alle 17:30, dal titolo “Pasolini e la Maddalena a Trieste”. E, dopo un momento conviviale, Miriam Camerini e Rocco Rosignoli rappresenteranno il loro spettacolo “Le belle bandiere”, studiato, elaborato ed allestito appositamente per il centenario pasoliniano.

Certo, torna il tema del cattolicesimo vissuto borderline, anzi del cristianesimo: sia l’immorale di Germi, sia il “Vangelo secondo Matteo” di Pasolini, la sia la figura della Maddalena, fuoriescono da ogni tentativo di incasellamento perbenista, da ogni luogo comune di devozionismo religioso e provocano al ripensamento, alla riemersione di memorie rivoluzionarie sepolte da decenni. L’ “immorale” di Germi molto ama – anzi è proprio questa la sua colpa e la sua condanna -, e pure la Maddalena ama, sino trovarsi sotto il supplizio di morte di colui che lei ama. E pure Pasolini ha amato, a volte affermando quasi con ferocia le ragioni dell’amore.

Nella domenica prima della “Barcolana”, la celebre regata velica che anima tutta la città, ci ritroveremo dunque a Trieste per scandagliare assieme i percorsi, sotterranei come quelli delle acque carsiche, di un amore di per sé tutto irrazionale, eppure unico motore per accendere e far funzionare la nostra razionalità.

Vi aspettiamo, con emozione e con convizione. A Trieste fu dato, da Mussolini in Piazza Unità, l’annuncio delle leggi razziali, il 18 settembre 1938. A Trieste Franco Basaglia liberò dai manicomi sorelle e fratelli come noi.

Buona domenica.