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Da Zoldo in poi: Balducci, Pasolini e le donne esperte di fedi


di Stefano Sodaro


La notte del 13 agosto, in Val di Zoldo, dalla cima del Civetta – quindi da 3.220 metri sul livello del mare – scende una lunga fiaccolata che fa quasi assomigliare il massiccio dolomitico ad un vulcano.

Cento anni fa, il 6 agosto 1922, nasceva a Santa Fiora Ernesto Balducci, il futuro padre scolopio protagonista della storia del cattolicesimo italiano.

Ma in quel medesimo anno, 1922, nasceva anche Pier Paolo Pasolini e dei rapporti tra i due esiste – per quanto noto – un unico volume, a firma di Andrea Cecconi, edito dalla Fondazione Ernesto Balducci in prima edizione nel 2005, ristampato nel 2020, dal titolo Prima e oltre il Vangelo. Ernesto Balducci e Pier Paolo Pasolini. Volume che si raccomanda per cogliere pure le diverse collocazioni, talora addirittura reciprocamente frontali, contrapposte, di Balducci e Pasolini.

In quel volume è riportato un estratto scritto della tavola rotonda - di estremo interesse - che si svolse nel dicembre del 1969 presso la redazione de Il Giorno sul tema della riforma liturgica voluta dal Vaticano II ed alla quale (peraltro mai divenuta di pubblico dominio) parteciparono, oltre a Balducci e Pasolini, anche padre Salvatore Burgalassi, il padre benedettino Salvatore Marsili e il giornalista Giancarlo Zizola. Quest’ultimo annota (a p. 48 del volume edito nel 2020): «(…) nel 1974 (…) Pasolini era già nell’incandescenza lavica d’una antica e profonda ebollizione: quella che gli permetteva di scoprire nel crollo di un grandioso apparato di potere, nella stessa sconfitta della Chiesa, nel fallimento delle sue riforme, del suo irrazionalismo, del suo formalismo, come pure del suo pragmatismo politico, l’opportunità di un rovesciamento e rinnovamento dei rapporti della Chiesa col mondo.»

Ecco, questo numero 674 del nostro settimanale, dedicato ai cent’anni dalla nascita di Ernesto Balducci, vorremmo che fosse illuminato dalle fiaccole accese, nella notte culturale in cui giace il nostro Paese, e tenute in mano da quattro donne: Miriam Camerini, Elza Ferrario, Paola Franchina e Claudia Milani. Un’incandescenza lavica – per dirla con Zizola – che riattualizza la testimonianza di Balducci con accenti, però, del tutto nuovi, freschi, saporosi, “inediti”, ricorrendo al suo lessico.

La Val di Zoldo ha anche, però, un altro motivo di specifica menzione: trent’anni fa, infatti, usciva il romanzo di Sebastiano Vassalli Marco e Mattio, in cui sono narrate le singolari e stravaganti avventure di tale Mattio Lovat, nato a Casal di Zoldo e che finisce per autocrocifiggersi a Venezia in redenzione dei peccati del mondo (fu il primo caso di “malato psichico” internato in un manicomio), e tuttavia poco si parla del secondo protagonista, quel Marco che nel romanzo è anche ritratto come versione zoldana del cosiddetto Ebreo Errante, uno stranissimo prete, esperto di erbe, bisce e animali selvatici, che non celebra mai alcuna funzione religiosa, ma che attira per la sua enciclopedica conoscenza. La laicità sacerdotale, per così dire, di padre Balducci ne viene singolarmente toccata, benché sia tutta e solo nostra tale associazione letteraria.

Ci pare che siano proprio queste quattro donne - Camerini, Ferrario, Franchina e Milani - a rendere ancora viva una vicenda sì ecclesiale, ma anche, se non soprattutto, civile, che nelle conquiste democratiche, repubblicane, sancite dalla Costituzione ha visto come uno specchio dentro il quale osservare, speriamo non rovesciata, pure l’intuizione evangelica, ovviamente di origine ebraica.

È questo il modo in cui vogliamo celebrare, a nostro modo, il centenario balducciano, che, ahinoi, diventa un trentennale se riferito alla morte di padre Balducci, avvenuta il 25 aprile 1992, per un incidente stradale.

Le nostre vite possono essere rifondate, sì. 

Nessuna agiografia, nessuna mitologia, nessuna idealizzazione e infatuazione. Bensì, paziente attraversamento della complessità del nostro tempo.

Buona domenica.

Buon Ferragosto.