Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano

Maternità surrogata o gestazione per altri


di Dario Culot

 Carpet of yellow algae, Ras Muhammad National Park, Egypt - immagine tratta da commons.wikimedia.org


L’art.12.6 della legge 19.2.2004 n. 40  proibisce il contratto di maternità surrogata (o affitto del proprio utero per portare a termine una gravidanza per conto altrui)[1]. La legge usa proprio il termine ‘surrogazione di maternità’ e prevede una sanzione penale per chi viola la norma.

A distanza di vent’anni dalla promulgazione della legge, il problema – che già di per sé turba le coscienze di tanti - appare sempre più pressante, anche perché la nostra società occidentale è sempre pià dominata dal denaro e dalla tecnica[2]. In parole povere, nella nostra società sono cambiati i valori. I valori sono sicuramente fattori di coesione sociale, di identità,[3] ma sono anche frutto di valutazioni umane, e quindi sono necessariamente mutevoli. Assurdo pensare che i valori di una società di duemila anni fa possano durare in eterno anche nella nostra.

Se guardiamo al nostro medioevo, il nostro mondo occidentale era tutto organizzato attorno all’idea di Dio. Basta guardare all’arte: in ogni quadro vediamo un richiamo a Dio, al sacro, al religioso. Lo stesso avveniva nella letteratura: basta pensare all’Inferno-Purgatorio-Paradiso di Dante. Se togliamo Dio non capiamo nulla di quell’epoca. Naturalmente non sto dicendo che allora tutto era meglio e che oggi tutto è male. Allora, anche se sembrava che il male prevalesse (come oggi), si pensava che tutti quegli elementi negativi restassero comunque sempre sotto il controllo di Dio. Per fare un esempio pratico: nelle slanciate cattedrali gotiche le impressionanti gargolle, cioè quei doccioni che terminano in orribili demoni, alla fine servono all’opera di Dio che tutto controlla (nel caso specifico servono per raccogliere l’acqua delle grondaie, e quindi servono alla cattedrale, e quindi a Dio). Qualche secolo più tardi, questa idea di onnipotenza di Dio già era diminuita: i demoni acquistano più potere, per cui gli uomini ritengono di dover aiutare Dio; nasce così la caccia alla streghe, il che ovviamente – nell’ottica di oggi,-  è stata una tragedia.

E oggi? Per molti sicuramente Dio è ancora un valore. Ma se oggi togliamo la parola ‘Dio’, riusciamo a capire il nostro tempo? Credo proprio di sì. Se togliamo la parola ‘denaro’ o la parola ‘tecnica’? No. Potere e denaro sono accumulati da molti senza sosta e senza stancarsi mai[4]. Dio non interviene più nel mondo, che nel suo insieme non si esprime più partendo dall’idea di Dio. Il nostro mondo oggi è fatto dal denaro e dalla tecnica. Solo con questi parametri comprendiamo il mondo occidentale di oggi[5]. Mi sembra perciò che oggi in occidente si sia avverata la profezia di Nietzsche, il quale aveva affermato che Dio è morto, noi l’abbiamo ucciso e precipitiamo verso un infinito nulla[6]. Il suo nichilismo affermava un tramonto dei valori tradizionali senza che fossero sostituiti da altri.

In effetti, cosa è oggi il denaro? È ancora un mezzo per produrre beni e soddisfare bisogni? Denaro e tecnica sono ancora mezzi in mano all’uomo, che resta al vertice di tutte le cose, come insegnava la Bibbia? Non credo proprio. Certamente il denaro serve, ma già nei vangeli si distinguono i trenta denari (circa un mese di stipendio normale) dati a Giuda per il tradimento (Mt 27, 3) e i trecento denari di nardo del vaso della donna anonima (Mc 14, 5). Un denaro è un denaro, ma nella sostanza, per come sono usati, i denari hanno peso diverso. Dovremmo imparare a distinguere i denari di Giuda e della donna, e a non scambiarli[7]. Già Marx aveva evidenziato che il denaro non era più un mezzo, ma ormai lo scopo primario, perché solo dopo aver accumulato tanto denaro si cominciava a decidere se e cosa produrre e quali bisogni soddisfare. E neanche la tecnica ha uno scopo suo, perché si limita semplicemente a chiedere all’uomo la perfetta esecuzione dei propri compiti, quelli del proprio mansionario, senza interrogarsi su altro: l’uomo è ormai ridotto a una rotellina di un ingranaggio enormemente superiore,[8] e il grave è che non se ne accorge. La morale dell’intenzione, caratteristica del cristianesimo che guarda nell’intimità dell’uomo, è irrilevante per la tecnica. Ad esempio chi lavora in una fabbrica di armi non si pone il problema del fine: dove e per quale scopo verranno usate. Il vescovo di Iglesias ha ricordato che non è cristiano costruire in loco le bombe per venderle poi all’Arabia saudita per la guerra in Yemen. Ha anche aggiunto che si deve studiare la possibilità di un diverso lavoro dignitoso per gli operai attualmente impegnati in tale attività, ma purtroppo sappiamo benissimo che se questi decidessero di non lavorare più nella fabbrica d’armi, per motivi di coscienza, uscirebbero dal ciclo produttivo, essendo difficilissimo in quella zona trovare un altro lavoro. E allora, l’operaio è colpevole dell’uso di quelle armi che ha costruito? Se si licenzia, come sopravvive?

E del resto, oggi, in vari Paesi occidentali (compresi gli Stati Uniti o Cipro) uno straniero può ottenere in brevissimo tempo la cittadinanza se porta con sé un bel po’ di denaro, non perché è un uomo. In altre parole, l’immigrato senza un soldo viene cacciato; l’immigrato carico di soldi viene accolto a braccia aperte. Ma allora non è morto solo Dio; è morto anche l’uomo, perché l’uomo non è più un valore in sé. Come ha scritto papa Francesco: le persone non sono più sentite come un valore primario da rispettare e tutelare, specie se povere o disabili, se “non servono ancora” – come i nascituri –, o “non servono più” – come gli anziani[9].  L’uomo è diventato un mezzo in vista della produzione[10] che non si può fermare. Dovremmo per lo meno meditare e renderci conto che, alla domanda su “chi è l’uomo?” ci sono due tipi di risposte.

La prima è detta funzionalista, e per questa visione l’uomo è tale solo quando possiede certe determinate caratteristiche. Se non le ha (come chi è nato disabile) o le ha perse (come l’anziano ammalato), la sua vita non è più degna di essere chiamata tale, e l’individuo non ha diritto di vivere perché non ha un livello minimo di qualità di vita[11]. Seguendo questa visuale si è arrivati al nazismo, e sembra che simile visuale stia prendendo nuovamente piede oggi nel mondo occidentale.

La seconda risposta è detta essenzialista. La dignità appartiene nello stesso modo a ogni essere umano, perché ogni essere umano ha lo stesso valore, sia sano o handicappato, sia nero o bianco. Sicuramente questa visuale è propria del cristianesimo.

Se questi sono i presupposti, passiamo allora alla maternità surrogata. È chiaro che anche qui cercherò solo di dare spunti su cui riflettere, senza permettermi di dare soluzioni definitive e trancianti, perché il problema è estremamente complesso e tante sono le sfaccettature.

1. Cominciamo col dire che mi ha convinto che sostiene che il termine maternità surrogata deve essere sostituito con gestazione per conto di altri (GPA)[12].

Infatti parlare di maternità surrogata o utero in affitto dà subito una valutazione sminuente, pur senza dirlo espressamente: è sottinteso che chi usa questi termini si aspetta che gravidanza e maternità siano inscindibili, e ogni diversa soluzione è da disprezzare. Ma qui è la donna gravida che non vuole essere madre. E non vuole esserlo dall’inizio, avendo già deciso in tal senso prima di diventare gravida. Può valere per lei il principio di autodeterminazione?[13]

Inoltre non esiste solo l’utero in affitto, dove vi è una controprestazione in denaro. La GPA può essere anche meramente donativa, cioè gratuita e disinteressata.

Poi non siamo davanti a una novità, perché con la procedura tecnica di procreazione medicalmente assistita era già saltato da tempo il legame genetico gestante=madre[14].

2. Sicuramente la valutazione etica è diversa se la GPA è commerciale o donativa[15].

Si può normalmente concordare sul fatto che nella GPA remunerativa la gestante non è normalmente libera, tant’è che di solito si tratta di donne di non elevato ceto sociale e in difficoltà economiche: mai si è sentito di una donna miliardaria che ha accettato di portare a termine una gestazione per altri. C’è rischio medico per gestante? Sì, è sempre la gestante che mette a disposizione le sue risorse di salute. Del resto non esiste gravidanza a rischio zero.

Ma perché vietare la scelta donativa?

Il divieto assoluto, trasformando per principio ogni GPA in ‘reato universale’[16] come ha fatto l’ultimo governo, parte dal presupposto (non dichiarato) che la procreazione sia sacra e non manipolabile dall’uomo. Questo che qui si vorrebbe considerare ‘reato universale’ è però perfettamente lecito in molti Paesi (ad es. Russia e California permettono perfino il pagamento), quindi il reato non è affatto universale. Inoltre, per arrivare ad una condanna dell’italiano che si è recato all’estero ed è rientrato con un figlio nato da GPA, la magistratura italiana dovrebbe di norma chiedere la collaborazione dello Stato in cui è avvenuto il fatto; ma se in quello Stato la GPA è lecita, mai quello Stato collaborerà con la magistratura italiana, e mai risponderà alle richieste rogatorie. Quindi mancherà sempre la prova certa.

Il rischio, poi, è che a pagare colpe non sue sia in particolare il bambino che viene portato in Italia dai genitori intenzionali. Se togliamo il bambino alla coppia di genitori intenzionali questo bambino andrà a un’altra coppia adottante dove avrà tutela e affetto: ma com’è noto la cosa non si risolve in poche e veloci battute; magari passano anni prima di arrivare a una sentenza definitiva, con tutto lo stress conseguente che il bambino dovrà sopportare non sapendo di chi alla fine sarà figlio. Qui c’è un vero rischio di danno psicologico per il bambino, che non c’entra nulla ma il cui benessere e tranquillità vengono messi in crisi dalla coppia di genitori intenzionali. Chiaro dunque che se i genitori intenzionali e la madre gestante possono anche scegliere, il neonato può solo subire. Ovviamente molto dipenderà dall’accertamento sui gameti. Se almeno uno dei genitori intenzionali è anche il genitore genetico, di sicuro il bambino non gli potrà essere sottratto. Ma nel caso di zigote di terzi, come si arriverà all’accertamento se i genitori intenzionali si rifiutano di sottoporsi al test del Dna? Sicuramente il test del Dna non può essere imposto con la forza, per cui saremmo semplicemente davanti a una prova indiziaria, a una supposizione.  Basterà questo per togliere il bambino? Non è poi vero che ogni bambino si affeziona a chi si occupa amorevolmente di lui, a prescindere da ogni legame genetico? Non credo che, al momento, ci siano studi per dimostrare quanti di questi casi sono andati a buon fine senza problemi, e quanti sono stati i casi di danno conclamato per i minori contesi[17].

Il consenso informato nell’attività medica è un aspetto dell’autonomia decisionale di ogni individuo (cd. autodeterminazione), che deve prima autorizzare l’atto medico su di sé[18]. Se si porta all’estremo questo principio dell’autonomia si tende a riconoscere come lecita anche la GPA commerciale, non solo perché oggi tutto è commerciale, tutto viene regolato dal denaro, ma perché proibire a una donna di guadagnare dalla gravidanza andrebbe contro questo principio e la donna potrebbe dichiarare che solo lei può decidere cosa contrasta con la sua dignità[19]. In realtà ogni tipo di lavoro viene prestato in cambio di una controprestazione in denaro, e spesso accade che questo lavoro faccia perdere la salute a chi lo presta (pensiamo all’annoso problema dell’ex Ilva di Taranto, ora Arcelor-Mittal; oppure al lavoro nelle miniere). In tanti hanno accettato questi lavori perché, pur prevedendo di ricevere un danno nel tempo, col denaro che ricavavano hanno pensato di poter migliorare la propria situazione, o quanto meno di poter offrire un’opportunità di riscatto e miglioramento per i propri figli (anche se questi ultimi sono rimasti coinvolti, ad esempio a Taranto, con rischi alla propria salute). Anche queste persone hanno scelto in base al principio di autodeterminazione. Allora c’è da chiedersi se questo valore della dignità personale sia uguale per tutti, sia un valore apicale o debba essere subordinato ad altri valori.

Certamente nel caso di GPA a pagamento pesa un elemento negativo in più: si può vendere una vita?[20] Simile vendita può diventare un mestiere?

Sinceramente mi è difficile rispondere razionalmente e non emotivamente. È chiaro che razionalmente siamo di fronte a valori contraddittori.

3. In ogni caso, in una società pluralista e diversificata come la nostra, non tutti sono d’accordo sulla necessità che vi sia un legame genetico-biologico fra genitori e figlio, e la donna in particolare ha oggi – grazie alla tecnica - una possibilità di scelta inimmaginabile fino a poco tempo fa: quella di essere gestante ma non madre. Quindi è cambiata la situazione di fatto che in passato ci faceva prendere per scontata e obbligatoria una certa strada.

Penso che, se la maggior parte degli Stati hanno ormai legiferato in materia, anche noi dovremmo farlo, con grande attenzione all’interesse preminente del minore, e – visto che siamo in uno Stato laico - senza dover affermare che ambito religioso e ambito normativo debbano combaciare. Anzi, il peccato non deve mai essere automaticamente reato, e il reato non deve mai essere automaticamente peccato. Mi spiego con un esempio: Abramo, avendo sentito l’ordine di Dio, sta per sacrificare il proprio figlio Isacco. Noi restiamo oggi sbigottiti di fronte a una simile richiesta, dove tutto si fonda sull’assoluta e indiscussa obbedienza dell’inferiore di fronte all’assoluta e indiscutibile volontà di Dio. Per la religione, nessun sacrificio è troppo duro quando il Signore lo vuole. Per qualcuno questa è addirittura vera fede, ma “se c’è questa obbedienza totale, anche i crimini più orrendi compiuti per obbedire a un superiore risultano atti eroici (nel linguaggio della fede: sacrifici) e chi è disposto a compierli diviene il modello umano della fede più pura”[21]. Per noi, oggi, l’azione di Abramo non sarebbe solo immorale[22] ma costituirebbe il reato di omicidio. Quindi, oggi, Abramo non potrebbe sicuramente difendersi in un’aula di tribunale dicendo di aver sentito la voce di Dio alla quale lui ha obbedito essendo un vero credente. Forse non bisogna sempre obbedire ciecamente a quello che proclama la religione[23].

4. Anche una GPA oblativa e gratuita comporta non solo un dono, ma anche una previa progettualità e comunque tanta responsabilità[24]. Perciò non credo si possa parlare di un diritto a diventare a tutti i costi genitore,[25] perché questo mette comunque a rischio i diritti del bambino, e soprattutto perché il bambino verrebbe ridotto, con la tecnica riproduttiva, a oggetto di diritto degli adulti. C’è anche da chiedersi se chi cerca ossessivamente di avere un figlio sarà in grado di tutelare adeguatamente l’interesse del nascituro che potrebbe essere in contrasto col suo. È stato fatto – mi sembra giustamente - notare che “la maternità surrogata degrada un bambino a un acquisto, o a un diritto che in realtà non esiste, solo per chi ha mezzi finanziari per procurarselo. Come avvocata dei diritti umani penso che i bambini abbiano loro il diritto a una storia genetica e a genitori biologici, a meno che questo non sia reso impossibile da circostanze eccezionali. Trasferire le funzioni genitoriali a un acquirente nega al bambino qualsiasi diritto nei confronti dei suoi genitori biologici. Inoltre se le circostanze degli aspiranti genitori cambiano durante la gravidanza, o se i bambini nascono con problemi di salute, questi si trovano esposti al rischio di essere privati del tutto di un genitore”[26]. E questo non è solo un rischio astratto per il minore, essendosi simile danno già verificato in pratica: nell’ormai lontano 1997 la Corte Suprema della California[27] (Stato che ammette la GPA a pagamento) aveva dovuto affrontare il seguente caso: due sposi che speravano di cementare il loro matrimonio traballante con un figlio[28] si erano rivolti a una banca del seme (lo zigote era di due terzi estranei) e l’ovulo fecondato era stato impiantato, a pagamento, nell’utero di una terza donna. Al momento del parto i genitori intenzionali erano ormai divorziati e non volevano più il figlio, il quale pur avendo ben tre madri (genetica, surrogata e intenzionale) e due padri (genetico e intenzionale) non trovava nessun genitore disposto ad assumersi le sue responsabilità, che in realtà neanche la Suprema Corte americana ha riconosciuto. Chi ne ha fatto le spese è stato il nuovo entrato nel mondo, che non aveva certamente scelto di nascere. Forse i suoi diritti si sarebbero dovuti tutelare di più di quelli attribuiti con leggerezza a genitori dimostratisi irresponsabili.

Io penso anche che, nel matrimonio o nell’unione civile, frutto della coppia non debba necessariamente essere un figlio, perché già costituisce frutto tutto ciò che i due coniugi da soli non avrebbero potuto fare e riescono a fare solo come coppia. Il biblico siate fecondi e moltiplicatevi non significa solo fare figli: siate fecondi significa innanzitutto avere un fruttuoso rapporto di coppia, che fa bene non solo alla coppia ma anche alla comunità in cui sono inseriti. Ma questo richiede più doveri che diritti. Torno quindi a pensare che una genitorialità responsabile non implichi un diritto ad avere figli.

 


NOTE

[1] Riporto la sintesi di due importanti sentenze sul punto. Cass. Sez. U., 8.5.2019, n. 12193: Il riconoscimento dell’efficacia di un provvedimento giurisdizionale straniero, con il quale sia stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero mediante il ricorso alla maternità surrogata  e il genitore d'intenzione munito della cittadinanza italiana, trova ostacolo nel divieto di surrogazione  di maternità, previsto dall’art. 12, comma 6, della l. n. 40 del 2004, qualificabile come principio di ordine pubblico, in quanto posto a tutela di valori fondamentali, quali la dignità della gestante e l'istituto dell'adozione; la tutela di tali valori, non irragionevolmente ritenuti prevalenti sull'interesse del minore, nell'ambito di un bilanciamento effettuato direttamente dal legislatore, al quale il giudice non può sostituire la propria valutazione, non esclude peraltro la possibilità di conferire comunque rilievo al rapporto genitoriale, mediante il ricorso ad altri strumenti giuridici, quali l'adozione in casi particolari, prevista dall'art. 44, comma 1, lett. d), della l. n. 184 del 1983.

Cass. Sez. Un., 30.12.2022, n. 38162: Il ricorso ad operazioni di maternità surrogata , quali che siano le modalità della condotta e gli scopi perseguiti, offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane; non è, pertanto, automaticamente trascrivibile in Italia il provvedimento giurisdizionale straniero, e di conseguenza l’originario atto di nascita, che indichino il genitore d’intenzione quale genitore del bambino, insieme al padre biologico che ne ha voluto la nascita ricorrendo alla surrogazione nel Paese estero, sia pure in conformità della “lex loci”.

[2] Come dice spesso il prof. Galimberti, i greci avevano incatenato Prometeo il dio della Tecnica, mentre noi l’abbiamo scatenato, non riconoscendo più alcun limite. La tecnica non è più un mezzo, ma è un mondo a sé.

[3] Se è per questo, anche gli stereotipi sono fondamentali per consolidare l’identità di una comunità: si prendono in giro gli altri per convincersi di essere migliori di loro. Per noi i tedeschi sono inquadrati e privi di fantasia, ma appena andiamo in Germania anche noi ci adattiamo alle loro regole (ad es., viaggiamo a 50 km dove sta scritto 50). Per i tedeschi noi siamo indisciplinati e inaffidabili perché non rispettiamo le regole, ma non appena arrivano in Italia anche loro si sentono in diritto di trasgredire le regole (e viaggiano a 80 dove sta scritto 50).

[4] Mentre i desideri della nostra corporeità hanno dei limiti fisiologici, perché a un certo punto non ce la facciamo più, potere e denaro si possono accumulare senza esserne mai esausti: per chi ne viene catturato interiormente non saranno mai abbastanza e diventeranno una fonte temibile di schiavitù o, in termini più moderni, di dipendenza (Grandi G., Scusi per la pianta, DeA Planeta, Milano, 2021, 20s.). L’Islam attribuisce a Gesù questo detto: “Chi si sforza di diventare ricco è simile a chi beve l’acqua del mare: quanto più beve, tanto più cresce in lui la sete e non cesserà di bere finché non perisce” (riportato in Florenskij P.A., La colonna e il fondamento della verità, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2010, 235).

[5] Non parlo del mondo musulmano che non conosco a sufficienza. So, però, che parte della cultura islamica vuole la nostra tecnologia, ma non i nostri valori. Essa ci vede come ricchi, democratici, tecnicizzati, istruiti, ma anche come atei, aridi, cinici, vuoti dentro, senza ideali, senza regole di morale. Ritiene dunque di avere come missione da compiere venire in Occidente per dare un’anima alla nostra civiltà, convertendoci all’islam (Gheddo P., La sfida dell’Islam all’Occidente, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2007,142s.).

[6] Nietzsche F., La gaia scienza, libro terzo, passi 108 e 125; libro quinto, passo 343. A dire il vero, a tutt’oggi Dio non è morto, ma probabilmente il cristianesimo dovrà seguire l’intuizione del pastore luterano Dietrich Bonhoeffer, il quale – affermando che dovremmo vivere etsi Deus non daretur (cioè come se Dio non esistesse) - negava che si dovesse cercare Dio scrutando le siderali altezze del cielo. Egli scriveva che occorre gestire la propria vita senza Dio, al pari del mondo esterno che vive ormai senza Dio, ma che al tempo stesso è più vicino a Dio di quanto lo era nel passato, perché si vive davanti a Dio e con Dio. Spiega il gesuita Lenaers (nell’articolo El no teismo come ultimo paso, che non ho trovato in italiano) che Bonhoeffer ha qui utilizzato la parola ‘Dio’ in due significati. Vivere senza Dio significa vivere senza quella rappresentazione pre-moderna ed eteronoma di Dio che ci ha accompagnato per secoli, in cui Dio dominava il nostro mondo e decideva tutto dall’alto del suo mondo parallelo. Vivere davanti a Dio e con Dio significa riconoscere che c’è un Mistero trascendente, esattamente come sostenevano gli atei-credenti Einstein (“Sentire che dietro tutto ciò che si sperimenta si nasconde qualcosa che il nostro intelletto non può capire, qualcosa di cui la bellezza e l’elevatezza pervengono soltanto indirettamente e come un delicato riverbero fino a noi, sentire questo è la vera religiosità. In questo senso sono un ateo profondamente credente”, riportato da Lenaers R., La fede è conciliabile con la modernità?, relazione tenuta a Bergamo il 26-27.1.2014, in http://www.ildialogo.org/LeInC.php?f=21&s=parola) o Bobbio (“Come uomo di ragione non di fede, so di essere immerso nel mistero che la ragione non riesce a penetrare fino in fondo, e le varie religioni interpretano in vari modi”, in Né ateo, né agnostico, 2004, in: www.repubblica.it/2004/spettacoli_e_cultura/Bobbio).

[7] Bruni L., La diversa economia, “Famiglia cristiana”, n. 13/2021, 97.

[8] La tecnologia è stata definita uno strumento di politica distruttiva perché cerca di far produrre non solo merci, ma individui perfettamente adatti a produrre e poi consumare quelle stesse merci; anzi, sempre più merci, altrimenti il PIL non cresce e questo è una tragedia. Non ricordo quale filosofo moderno (forse Herbert Marcuse) parlava dell’uomo a una dimensione, privo di forza critica, incapace di sottrarsi al dominio delle istituzioni, incapace di ribellarsi al totalitarismo narcotico dei media.

Su questi temi particolarmente delicati (fecondazione assistita, eutanasia, suicidio assistito, ecc.), c’è un evidente pericolo per le categorie più fragili e vulnerabili di subire interferenze da chi vuol far pesare la propria idea. Ad esempio, è più facile convincere una persona sola e ammalata che per lei sarebbe meglio togliersi di mezzi, essendo ormai un peso per la società, rispetto a una persona sana ed efficiente.

[9] §11 della recente Enciclica Fratelli tutti, del 3.10.2020.

[10] Si chiede giustamente uno storico della nostra epoca: quando l’uomo ha cominciato l’allevamento intensivo (ammassando migliaia di animali) si saranno certamente sollevate critiche a questo genere di pratiche. In seguito non ce ne siamo più interessati, evidentemente considerando irrilevante il destino di forme di vita cosiddette inferiori. Ma forse anche noi siamo sul punto di diventarlo: se e quando i software acquisteranno un’intelligenza oltreumana e un potere sconfinato, li considereremo più degli umani? Sarebbe normale per un’intelligenza artificiale sfruttare gli umani e perfino ucciderli per promuovere i propri bisogni e desideri? (Harari Y.N., Homo Deus, Bompiani, Milano, 2017, 157).

Mi sovviene un vecchio racconto di fantascienza, dove gli “ingegneri” costruiscono un computer che più computer non si può. Dopo anni di lavoro, finalmente lo accendono e cominciano a fargli delle domande. Alla domanda “Dio esiste?”, dopo un momento di esitazione il computer risponde “Ora sì”. L’ingegnere capo capisce cosa sta succedendo e si precipita sull’interruttore generale, ma viene fulminato da una scarica elettrica prima che riesca a staccarlo.

[11] Ma nessuno è in grado di definire oggettivamente cosa è la qualità della vita; e inoltre, chi è legittimato a prendere questa decisione?

[12] È una tecnica di procreazione medicalmente assistita in casi particolari: la donna porta avanti una gravidanza per altri, e non per sé.

[13] Il principio di autodeterminazione trova il suo fondamento giuridico nella legge 22 dicembre 2017, n.  219, “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”.

[14] E già qui le tecniche erano molteplici perché si poteva semplicemente inserire il gamete maschile (spermatozoo) nell’utero della donna (che poteva essere la propria moglie o una terza persona); con la Fivet i gameti maschile e femminile venivano uniti in vitro, e lo zigote veniva inserito nell’utero di una donna: Ma lo zigote poteva essere di marito e moglie, nel qual caso, se l’utero era della moglie non c’era alcun dubbio che il nuovo nato fosse figlio della coppia; oppure i gameti potevano essere di terzi, e lo stesso utero poteva essere di una terza donna, complicando così le cose.

[15] Pensiamo ad esempio al caso in cui una sorella della donna che non riesce a portare avanti una gravidanza si offre lei gratuitamente di farlo per la sorella. E magari si fa inseminare con lo zigote in cui i gameti appartengono alla sorella e al marito di lei.

[16] In base al principio di territorialità, il diritto penale italiano è applicabile solo entro i limiti dei confini dello Stato (art. 6, c. 1, c.p.). Il principio può essere derogato in una serie di casi particolari e il reato universale è uno dei casi particolari. Il reato universale è dunque un reato che è perseguibile in Italia anche se commesso all’estero (pensiamo, ad esempio, ai crimini di guerra).

[17] Sia ben chiaro: lo stesso avviene quando un bimbo viene dato in adozione e i genitori naturali presentano tutte le opposizioni e i ricorsi giudiziari possibili per opporsi a questa adozione. Passano anni, e se la cosa è stressante per gli adulti lo è ancor di più per il bambino conteso.

[18] Vedi nota 13. In base a questo principio ogni persona può rifiutare ogni tipo di terapia, anche se il medico sa che essa è utile. Di più: ogni medico ha l’obbligo di interrompere eventuali terapie o l’utilizzo di altri mezzi di sostegno (cioè altri mezzi non curativi, ma necessari al mantenimento in vita: ad es. il respiratore, o anche la nutrizione per via enterale) se l’interessato lo richiede.

[19] Esattamente così funziona nel caso di prostituzione, dove viene punito lo sfruttamento o il favoreggiamento da parte di terzi, ma non la scelta della donna che liberamente decide di prostituirsi.

[20] La Corte di giustizia UE, in dadta 18.11.2011., nella causa C-34/2012 ha sostenuto che non sono brevettabili le scoperte su embrioni se il loro utilizzo ne comporta la distruzione.

[21] Mancuso V., Io e Dio, ed. Garzanti, Milano, 2011,177.

[22] Meno male che il buon samaritano non aveva letto questo insegnamento dottrinale e che, infischiandosene della legge divina e degli insegnamenti del magistero, ha seguito la sua coscienza.

Kierkegaard (richiamato da Buber M., L'eclissi di Dio, ed. Passigli, Firenze-Antella, 2001,107ss.) aveva acutamente osservato che, se Dio domanda ad Abramo di uccidere Isacco, significa che la validità dell’obbligo morale “non uccidere” può essere sospesa da qualcuno superiore, dall’Essere Supremo, secondo le sue insindacabili intenzioni: per la durata di tale azione è cioè sospesa l’immoralità dell’azione immorale; anzi, ciò che è di per sé malvagio diventa improvvisamente buono perché è gradito a Dio. Il dovere nel campo dell’etica perde conseguentemente l’assolutezza se viene messo a confronto col dovere assoluto verso Dio. Ma allora, il dovere è l'espressione della volontà di Dio, ed è sempre Dio a stabilire l’ordine del bene e del male, per di più da persona a persona (perché la sospensione vale solo per Abramo, ma non per gli altri padri contemporanei di Abramo). Poi Kierkegaard si pone un’ulteriore domanda: “Ma chi è colui di cui Abramo ode la voce?”. Teniamo presente che nella Bibbia un’azione proibita vien attribuita una volta a Dio (2Sam 24, 1), ma un'altra volta a Satana (1 Cr 21, 1). Perciò, la parola che viene rivolta ad Abramo viene veramente dall’Assoluto, oppure da uno dei suoi imitatori?

[23] Curioso comunque come nella storia di Abramo ci sia l’intuizione di problemi che oggi si pongono concretamente alla ribalta: non solo quello se la coscienza debba prevalere su un ordine asseritamente divino; nella Bibbia è presente in embrione anche il problema della gravidanza per conto altrui: Abramo, la moglie Sara sterile, e la schiava Agar che partorisce Ismaele per Abramo. All’epoca non c’era la tecnica odierna, e solo un’altra donna poteva ovviare alla sterilità (almeno apparente) della moglie.

[24] Ricordo che l’art.1, 1°, della legge 22.5.1978 n.194 richiama a una genitorialità responsabile.

[25] Così, ad esempio Baldini G. e Cassano G., Persona, biotecnologie e procreazione, Ipsoa, Assago (MI), 2002, 15ss. E 24ss. Con vari richiami.

[26] Così Sloan K., in Serra F., Le donne aprono il cielo, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2017, 99s.

[27] La sentenza americana del 27.8.1997 si trova nella rivista Famiglia e Diritto, 1997, 405s.

[28] E questo sarebbe dovuto già essere un buon motivo per impedire di fare un figlio, che non cementa un matrimonio che si sta sfaldando.