Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano

Paolo e gli apostoli


di Dario Culot


Mailapora o Mylapora (India). Cartello di spiegazioni sul luogo del presunto martirio dell’apostolo Tommaso  (foto di Dario Culot)


In effetti è stato sostenuto che, senza l’allargamento paolino ai pagani, il cristianesimo, mera scissione dell’ebraismo, rimanendo in quell’ambiente ristretto si sarebbe esaurito, come si sono esauriti i farisei, gli esseni e gli ebioniti [1]. Va subito detto che Paolo si distingue per due caratteristiche peculiari:

- ha predicato il suo Vangelo per circa 16-17 anni senza aver mai incontrato Gesù,[2] senza aver mai incontrato ufficialmente alcun apostolo[3] (Gal 1, 18 e 2, 1), senza aver neanche interpellato alcun apostolo, ma soprattutto senza opposizione da parte di alcun apostolo (Gal 1, 17). Va anche riconosciuto che, quando sosteneva di trasmettere l’insegnamento che lui stesso aveva ricevuto (1Cor 15, 3), non dagli uomini (Gal 1, 11) ma direttamente da Dio[4] che gli aveva affidato l’incarico di annunciare la Parola di Cristo ai non ebrei (Gal 2, 7), egli ha avuto un’intuizione geniale: è riuscito infatti a dare una griglia sistematica al cristianesimo, subito, sul suo nascere, quando di solito questo si riesce a fare solo in retrospettiva, a distanza di tempo, dopo aver a lungo masticato e ben digerito la materia. Inoltre è difficile pensare che questa intuizione l’abbia avuta a Gerusalemme dopo l’incontro informale con Pietro e Giacomo (Gal 1, 18) o a Damasco (At 9, 1-20; 22, 6-16; 26, 12-18; Gal 1,17), dove esistevano gruppi giudeo-cristiani,[5] giacché se anche lì l’insegnamento era di tipo giudeo-cristiano, non poteva aver ricevuto in quella sede l’input ad estendere l’insegnamento ai pagani.

- Paolo è stato poi il primo a lasciare qualcosa di scritto sul cristianesimo, mentre quasi nessun apostolo ha lasciato scritti capaci di farci capire qual era il suo reale pensiero sul cristianesimo. Eppure molti degli apostoli sono andati in terre lontane ad evangelizzare. Che sappiamo, ad esempio, di Taddeo che è andato fino in Armenia, la quale – è bene ricordare -  è stata il primo Stato cristiano nel mondo? Sappiamo che san Tommaso è arrivato fino al sud dell’India, tanto che ancora oggi la maggior parte dei cattolici indiani arriva dallo Stato del Kerala,[6] e si professano cristiani da duemila anni, al pari di noi. Ma è altamente probabile che, in mancanza di contatti, né Taddeo né Tommaso potessero sapere se qualcuno dei loro insegnamenti si poneva in contrasto con quello che sostenevano altri apostoli; del resto, anche se avessero avuto sentore di qualche contrasto, non avrebbero saputo dove trovare Pietro (che al pari degli altri apostoli era diventato un apostolo itinerante[7]), né avrebbe saputo come contattarlo (non esistevano né i telefonini, né internet). Comunque da nessun atto conosciuto risulta che gli apostoli s’incontrassero, almeno di quando in quando, per stabilire regole di evangelizzazione comuni. In realtà mancano documenti scritti precisi su questi altri apostoli, per cui essi sono passati in secondo piano, e abbiamo finito per attribuire principalmente a Paolo (che si è limitato ad operare nell’area mediterranea, ma che per noi occidentali è stato sempre l’ombelico del mondo) l’evangelizzazione dei pagani, mentre è chiaro che anche gli armeni e gli indiani erano pagani e sicuramente sono stati evangelizzati da altri. A dire il vero, non sappiamo nulla del perché Taddeo e Tommaso hanno scelto di evangelizzare i pagani in terre così lontane. Molte cose, invece, possiamo dire di Paolo:

1. Dopo l’illuminazione/conversione sulla via di Damasco, Paolo crede che Gesù sia il Messia tanto atteso dagli ebrei.

Circa trent’anni anni dopo la morte di Gesù il movimento cristiano predicato da Paolo era come un seme gettato nei dintorni delle sinagoghe (perché Paolo iniziava le sue prediche sempre da lì, dove spesso veniva anche preso a bastonate), e fruttificava tra i giudei non proprio ortodossi che voltavano le spalle alle sinagoghe, nonché fra gli ellenisti giudaizzanti che urgevano alle porte delle sinagoghe[8]. Erano questi i pagani simpatizzanti dell’ebraismo, detti proseliti. Geograficamente il proselitismo di Paolo si diffuse con una certa rapidità marciando proprio sulle strade già preparate dalle colonie giudee; e non è un caso se le prime persecuzioni vennero istigate proprio dai giudei, che ritenevano pericolose le tesi sostenute dai cugini cristiani[9].

Coloro che, come Paolo, credono a questo arrivo del Messia e diranno di ‘sì’ a Gesù saranno presto chiamati cristiani. Rifiutando invece la maggioranza degli ebrei l’identificazione messianica di Gesù, il cristianesimo è stato sostanzialmente respinto dalle grandi masse di giudei, e i tantissimi che non hanno creduto che fosse arrivato il Messia e han detto di ‘no’ a Gesù sono rimasti ebrei e ancora oggi continuano ad aspettare la venuta del Messia.

Va però opportunamente aggiunto che, a differenza del cristianesimo sempre pronto a sanzionare chi non accetta i suoi dogmi, la diversità di pensiero dottrinale non è mai stata un problema per l’ebraismo, che anzi gode delle discussioni più accanite. In Israele non esiste l’eresia[10]. Quindi Paolo non era visto come un eretico dai suoi correligionari; semplicemente non gli si dava credito (altro che ‘Parola di Dio’ come si dice da noi a messa dopo la lettura delle sue lettere).

2. Paolo aveva una grande cultura, a differenza del pescatore Pietro e degli altri apostoli; infatti era fariseo. (At 22, 3: “io sono un giudeo… formato alla scuola di Gamaliele nell’osservanza scrupolosa della Legge dei padri, pieno di zelo per Dio”; cfr. anche 23, 6; 26, 5; Fil 3, 5).

Ora, già nella Bibbia si afferma che Israele sarà “luce per le nazioni” (Is 42, 6), che tutte le genti affluiranno al Tempio (Is 2, 2) e riconosceranno come loro Dio l’unico Dio d’Israele (Is 2, 3s.; Mic 4, 1ss.). Dunque Paolo ha trovato proprio nella Bibbia questa vocazione universale d’Israele, sì che egli non ha realmente inventato una teologia completamente nuova, ma si è appoggiato, con una sua interpretazione, a ciò che già diceva la Bibbia. Riconoscendo in più che il Messia era ormai arrivato, ha cercato di dare una risposta che nella Bibbia non si trovava: cosa sarebbe successo agli uomini di quelle nazioni che, pur riconoscendo come proprio il Dio unico d’Israele, non sarebbero diventati ebrei? Ha cercato di mettere insieme il disegno di Dio che prevedeva Israele come popolo eletto, con gli appartenenti alle altre nazioni che ormai si sarebbero assoggettate al Dio d’Israele. Ha così pensato, da un lato, che se non diventavano ebrei, non c’era neanche bisogno della circoncisione; dall’altro lato che, se Gesù era il Messia si era giunti alla fine dei tempi,[11] e non c’era più nulla da cambiare ma solo da aspettare il ritorno di Gesù[12] restando solo il momento di unire il popolo eletto con l’universalità dei gentili (i pagani). Paolo, dopo Damasco, si è sentito quindi prescelto da Dio per andare verso le altre genti, i pagani, che avrebbero dovuto sottomettersi al Dio di Abramo, unico vero Dio.

3. È poi sempre Paolo ad aver organizzato e fatto funzionare le prime comunità fuori della Palestina,[13] nel mondo pagano, dando alla Chiesa quella struttura verticistica che esiste ancora oggi. Infatti, oggi, non si è veri credenti cattolici se non si riconosce il principio di autorità della Chiesa cattolica, che vuol dire: obbligo di aderire a una dottrina da essa insegnata o obbedire a una norma da lei emanata sulla sola base di motivi legati all’identità di chi la propone, e non per motivi intrinseci alla cosa stessa[14]. Ancora oggi il magistero sostiene che, essendo il cattolicesimo qualcosa che si riceve e non s’inventa, l’autorità gli è assolutamente essenziale. Inizialmente i cristiani non avevano templi o chiese, e si adunavano in case private e, nella società greco-romana, il capo della casa era sempre l’uomo, il pater familias. Siccome dovevano adunarsi in gruppi di molte persone, dovevano essere per forza case grandi, quindi case di persone ricche, persone importanti: i poveri non avevano uno spazio per accogliere i confratelli perché la situazione edilizio-abitativa in quella società era così. Dunque, nelle prime chiese fondate da Paolo già esisteva una autorità, esistevano i responsabili della comunità localmente stabiliti: fin dall’inizio, fuori di Gerusalemme, c’era stato questo Paolo che dirigeva, proibiva, e organizzava le varie comunità da lui fondate, e partendo lasciava in loco dei dirigenti: sempre dei patres familias.

Ma va anche ricordato che ci troviamo subito con questo problema non dappoco: le ecclesie di Paolo sono nate senza conoscere i vangeli che non erano ancora stati scritti.

4. A un certo punto Paolo e Barnaba sono stati convocati a Gerusalemme non dagli ebrei ma dai neo-cristiani perché stavano convertendo i gentili senza pretendere la loro circoncisione (At 15, 1-35). I giudei neo-cristiani, come gli ebioniti, asserivano che per un cristiano di origine non israelita non era sufficiente il solo credere in Cristo, dovendo ricevere anche la figliolanza di Abramo attraverso la circoncisione e impegnarsi a osservare le norme della Legge,[15] comprese quella di purità che impedivano a un ebreo la comunione di mensa con dei non ebrei[16]. Anche il libro dei Giubilei, canonico per i copti, apocrifo per i cattolici, prevedeva fra i peccati mortali la mancata circoncisione e la violazione del sabato[17].

Fin dall’inizio, dunque, ci sono stati gli ortodossi tutti d’un pezzo, i quali ritenevano che tutti dovessero adeguarsi alla loro ortodossia. Inutile aggiungere da chi ha preso la nostra Chiesa nel prosieguo: è stato Paolo a spuntarla su quella che all’epoca era la vera ortodossia, e su questi punti la Chiesa l’ha seguito con ardore. In particolare, la Chiesa ha seguito Paolo anche su un punto per lui centrale nella sua teologia: la fede lotta e vince contro il peccato che offende Dio; invece, stando ai vangeli, il punto centrale nella teologia di Gesù è che la fede lotta e vince contro la sofferenza che fa male all’essere umano. Per questo, la teologia di Paolo cerca e assicura la vita in cielo, mentre la teologia di Gesù cerca e assicura la vita in terra: Paolo parla del futuro, Gesù del presente. Ecco perché ciò che caratterizza la teologia di Paolo è la religione (sottomissione al sacro), mentre ciò che caratterizza la teologia di Gesù è il Vangelo (libertà nell’ambito del profano) [18]. Ma è altrettanto evidente che se la Buona Novella di Gesù è rivolta al presente[19] (la terra) e non al futuro (il cielo) il Dio di Gesù ha ben poco a vedere col Dio di Paolo.

Invece Paolo ha avuto gioco abbastanza facile nel difendersi sulla circoncisione perché proprio nella Bibbia non c’è alcun passo che affermi che gli altri popoli saranno circoncisi (diventando così ebrei), anche se si dice che tutte le altre genti riconosceranno e serviranno il Dio d’Israele.

In conclusione, mentre il filone giudaico finì col perdersi, il filone paolino si consolidò in seno alla società ellenistico-romana. Ma non avendo conosciuto il Gesù umano, il filone paolino è da subito radicato molto più nel potere che nel servizio, e questa impostazione ha prevalso anche nell’istituzione vaticana, dove il potere ha lentamente assorbito tutte le cose, e la struttura del potere ha finito per sostituire la povertà e lo spirito di servizio del vangelo. Poi il difetto principale dell’ellenizzazione fu principalmente quello di portarci ad essere più figli della filosofia greca che della Parola di Dio, perché la dottrina della Chiesa è tuttora basata più sulle categorie filosofico greche che sui vangeli. Infine è indubbio che, calcando la mano sulla morte e resurrezione, da sole capaci per Paolo di rimetterci nella giusta relazione con Dio (Rm 5, 8-10), tutto l’insegnamento di Gesù nel corso della sua vita terrena ha finito per passare in secondo piano.

5. Per riassumere: a un certo punto, Paolo è un ebreo che ha creduto che l’atteso Messia fosse ormai arrivato, ma è rimasto con la sua teologia all’interno dell’ebraismo, perché biblicamente credeva alla vocazione universale d’Israele, che apre le porte alle altre nazioni, pur senza che queste altre genti assumessero lo status di ebrei.

Il gran merito di Paolo è stato certamente quello di aver saputo diffondere il cristianesimo nella cultura dell’Impero[20]. Come però ha ben sottolineato il prof. Castillo, per far accettare la sua tesi fra i pagani, cioè nella società romana, Paolo ha dovuto inserire dei punti che Gesù non aveva affatto sostenuto,[21] quali:

a. la subordinazione della donna: ad esempio, le donne tacciano in assemblea (1Cor 14, 34);

b. l'accettazione della schiavitù: ad esempio, gli schiavi siano rispettosi dei loro padroni (1Tm 6,1; lettera a Filemone);

c. la condanna del sesso: ad esempio, Paolo afferma che l’uomo peccatore (Rm 7, 14 ss.) si vedrà precluso l’ingresso nel Regno dell’aldilà se avrà commesso anche uno solo dei peccati riportati nell'apposito elenco: «Non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: né immorali,[22] né adùlteri, né depravati, né sodomiti, erediteranno il regno di Dio…è meglio per l’uomo non sposarsi» (1Cor 6, 9s.-7.1s.);

d. l’obbedienza all’autorità (a cominciare da quella imperiale), che viene – a suo dire - direttamente da Dio (Rm 13, 1): del resto il pater familias latino che dirigeva la comunità, analogamente al “padre” del giudaismo e di tutte le culture antiche, era l’emblema dell’autorità.

Ed è un dato di fatto che tutti questi punti sono rimasti stabili nella dottrina della Chiesa fino ai giorni nostri (esclusa la schiavitù, caduta però solo alla fine dell’Ottocento[23]).

Pertanto, comunque la si pensi, è indubbio che l’apporto di Paolo al cristianesimo è stato certamente fondamentale[24]. E si spiega anche perché, in prospettiva storica, molti ritengono che Paolo, con quella sua iniziativa autonoma, sia stato il vero fondatore del cristianesimo (che abbiamo ancora oggi), perché forse il cristianesimo di Gesù si sarebbe seccato se Paolo non avesse pensato a diffonderlo – con modalità da lui autonomamente decise - nell’area mediterranea al di fuori della Palestina, fra i gentili[25]. Comunque va riconosciuto che Paolo ha nascosto il Gesù storico, e, insistendo sulla morte e risurrezione, ha introdotto il cristianesimo nella metafisica dell’ellenismo.

A questa idea di Paolo, come vero fondatore del cristianesimo, si può però obiettare che anche altri apostoli, come visto sopra, si sono dedicati ai pagani, seppur in terre più lontane; e che lo stesso Paolo, nella lettera ai Corinti, ha scritto che Gesù è il “fondamento” della nuova fede. (1Cor 3, 11): quindi lui non si considerava il fondatore del cristianesimo.

 

NOTE

[1] Come sono spariti gli ebioniti, che non accettavano né Paolo (Ireneo, Contro gli eretici, I, 26, 2), né Giovanni, e vedevano Gesù come un messia giudaico, cioè un riformatore del giudaismo e un messia riservato esclusivamente al giudaismo.

Krosney H., Il Vangelo perduto, National Geographic-White Star Spa, Vercelli, 2006, 179: gli ebioniti erano un gruppo di cristiani, quasi una setta rimasta in Palestina dopo la distruzione di Gerusalemme, che traevano origine dal cristianesimo predicato da Giacomo, il fratello di Gesù. Scomparvero dopo poco tempo e vennero così chiamati, secondo Eusebio Historia ecclesiae, III, 26, perché avevano dei pensieri poveri e umili su Cristo: ebionita significa infatti “povero” (Théron M., Piccola enciclopedia delle eresie, ed. il melangolo, Genova, 2006, 107). Essi ritenevano che Gesù fosse un semplice uomo mortale, seppur il più grande profeta di tutti i tempi (Bulgakov S.N., L'agnello di Dio, ed. Città Nuova, Roma,1990, 42), e quindi negavano che Gesù fosse Dio (AA.VV., Il cristianesimo questo sconosciuto, ed. Didaskaleion, Torino, 1993, 468); seguendo poi il cristianesimo di Gerusalemme ritenevano che non bastasse la sola fede in questo uomo giusto, occorrendo anche l’osservanza della Legge mosaica (Gentile P., Storia del Cristianesimo dalle origini a Teodosio, ed. Rizzoli, Milano, 1969, 181).

I farisei erano un gruppo religioso di laici, di buona classe sociale. Sostenevano che l'osservazione ferrea delle leggi di Mosè, di tutti i precetti estrapolati dalla Bibbia e della tradizione ebraica avrebbe fatto arrivare il Messia. Si vedevano come gli unici giusti ed erano conseguentemente intolleranti verso chi era ritenuto da loro impuro ritualmente (cioè la maggior parte della gente).

Gli esseni adoravano Dio senza sacrificare animali, con la devozione del cuore e con una virtuosa ascetica morale; non avevano nemmeno schiavi, e vivevano in comunità dei beni da realizzarsi in vari modi. Si ritiene cioè che ci siano state diverse ramificazioni della grande comunità essenica, così come, presso di noi, un solo ideale monastico si è concretizzato in ordini diversi. A Qumram viveva una comunità di esseni (Drane J., La Nuova Enciclopedia illustrata della Bibbia, ed. Elledici-Velar 2006, Torino-Gorle (BG),169). Vivevano separati dal resto della comunità perché ritenevano che la società tutta fosse corrotta e impura.

[2] Siccome Paolo non conosceva il Gesù umano, il punto di partenza del suo cristianesimo e delle chiese da lui organizzate non poteva essere il Gesù del Vangelo (i vangeli ancora non esistevano) e il suo messaggio.

[3] L’incontro con Pietro e Giacomo (Gal 1, 18) non è ufficiale; solo quello del cd. Concilio di Gerusalemme (Gal 2, 1) è il primo incontro ufficiale.

[4] Paolo, che si è autoqualificato apostolo, è l’anello di congiunzione fra i fedeli e Cristo (2Cor 5, 18-20), ed è l’unico in grado di trasmettere il messaggio perché l’ha avuto direttamente da Cristo (2Cor 5, 20; Gal 1, 11); i fedeli non possono quindi fare a meno dell’apostolo per essere riconciliati per mezzo di Cristo a Dio (2Cor 5 18). Ora, mettete la Chiesa al posto dell’apostolo Paolo, ed ecco pronto e confezionato il principio di autorità.

[5] AA.VV., Il cristianesimo questo sconosciuto, ed. Didaskaleion, Torino, 1993, 158. Paolo ben sapeva che annunciare Gesù come il Messia promesso dalle Scritture non sarebbe stato accettabile per i giudei, se avessero saputo a priori che i seguaci di Gesù abbandonavano la legge di Mosè; in tal caso Gesù sarebbe stato respinto a priori, senza ulteriori verifiche (Castillo J.M., Simboli di libertà, ed. Cittadella, Assisi, 1983, 323).

[6] Quando alla fine del 1400 i portoghesi, con Vasco de Gama, arrivarono in Kerala, trovarono circa un milione di cristiani. Naturalmente, non avendo avuto nessun contatto con Roma, il loro cristianesimo era in parte diverso da quello elaborato nel corso di oltre un millennio dalla Chiesa d’Occidente.

[7] Solo Giacomo a Gerusalemme è un apostolo con residenza stabile (Schindler P., Petrus, ed. Sat, Vicenza, 1951, 578.

[8] Gentile P., Storia del Cristianesimo dalle origini a Teodosio, ed. Rizzoli, Milano, 1969, 161. Corso audio, lezione n.4, a cura di don Piero Ottaviano, reperibile in www.didaskaleion.murialdo.org.

[9] Pérez Márquez R., L’Apocalisse della Chiesa, ed. Cittadella, Assisi, 2011, 130.

[10] Ricordo quanto aveva detto Paolo de Benedetti, profondo conoscitore dell’ebraismo: “L’ebraismo mi ha insegnato a diffidare estremamente di tutti coloro che dicono ‘questa è la verità’: dal papa a chiunque altro. Ma soprattutto direi che ci sono quattro ‘stelle polari’, le regole ermeneutiche che definiscono l’essenza dell’ebraismo. La prima: vi è sempre un’altra interpretazione possibile, diversa dalla tua. La seconda: aggiungere sempre alle proprie affermazioni un “se così si può dire”, per attenuarne il valore. La terza: mettere un tempo di sospensione tra la domanda e la risposta. Non dobbiamo avere la pretesa di risolvere tutte le difficoltà. La quarta: insegna alla tua lingua a dire: “non so”, per non essere preso in seguito per mentitore. Queste regole valgono per l’ebraismo, ma anche per il cristianesimo. Ho notato che proprio il pluralismo ermeneutico ha salvato l’ebraismo dagli scismi e dalle eresie. E dal dogma.” (in https://www.doppiozero.com/materiali/intervista-paolo-de-benedetti).

[11] Rm 13,11: “è ormai tempo di svegliarvi dal sonno”. I tempi cioè sono maturi.

[12] Ritenuto imminente (1Ts 4, 15-17; 1Cor 7, 29), ed essere circoncisi o incirconcisi a quel punto non aveva più alcuna importanza  1Cor 7, 19).

[13] Come detto, non abbiamo prova di come abbiano agito Tommaso o Taddeo.

[14] McInerny R., Vaticano II, che cosa è andato storto?, ed Fede&Cultura, 2009, 25 ss., 43 s., 52. Mancuso V., Io e Dio, ed. Garzanti, Milano, 2011, 194 s.

[15] I pagani erano lontani egualmente da Israele (che possedeva l’alleanza) e da Dio. Ma la legge di Mosè costituiva un vero e proprio muro di separazione, una barriera divisoria fra ebrei e pagani, provocando l’inimicizia tra gli uni e gli altri: i pagani non potevano far parte del popolo di Dio; gli ebrei non potevano confondersi e mischiarsi coi pagani. Per ottenere l’avvicinamento di tutti a Dio, Cristo ha dovuto annullare la legge. Se non l’avesse soppressa, i non credenti avrebbero persistito nella loro inimicizia con i credenti, risultando impossibile la riconciliazione di tutti con Dio. In breve: dove c’è religione, c’è divisione, e dove c’è divisione è impossibile accostarsi a Dio. Se Gesù è morto per liberare gli uomini dalla legge e dall’inimicizia tra di loro, le guerre di religione provano in maniera evidente che la legge religiosa è effettivamente una fonte inesauribile di divisioni e di conflitti tra gli uomini (Castillo J.M., Simboli di libertà, ed. Cittadella, Assisi, 1983, 325ss.).

[16] Gentile P., Storia del Cristianesimo dalle origini a Teodosio, ed. Rizzoli, Milano, 1969, 159 s.: lo spirito giudeo in quella comunità era così ostinato che stentava ad accettare il pasto comune (= la comunione) con i pagani neo convertiti, sì che molti fratelli (anche allora esistevano i cristiani tutti di un pezzo) cercavano di celebrare il pasto prima che giungessero i gentili (cioè i non ebrei), con i quali non volevano proprio mischiarsi.

Alla fine del II secolo, i cristiani giudaizzanti furono posti nell’elenco degli eretici, con una completa inversione di posizioni, poiché adesso i cristiani gentili qualificavano come eretici coloro che erano stati i loro giudici (Gentile P., Storia del Cristianesimo dalle origini a Teodosio, ed. Rizzoli, Milano, 1969, 161). Si era ormai verificata la netta separazione fra giudaismo e cristianesimo, che la prima chiesa giudeo-cristiana non aveva operato (Penna R., Gesù di Nazaret nelle culture del suo tempo, ed. EDB, Bologna, 2012, 55).

[17] Vouga F., Il cristianesimo delle origini, ed. Claudiana, Torino, 2001,143.

[18] Castiillo J.M., El evangelio marginado, Desclèe De Brouwer, Bilbao, 2018, 26.

[19] Pensiamo solo alle Beatitudini (cap.5 di Matteo): si è beati, non si sarà beati.

[20] Castillo J.M., El evangelio marginado, Desclèe De Brouwer, Bilbao, 2018, 30.

[21] Idem, 37ss.

[22] Vedasi quanto ha influito anche l’ellenismo e l’ebraismo soprattutto sotto il profilo sessuale, perché evitare del tutto il sesso, e quindi la donna, era religiosamente la cosa migliore da fare. Delumeau J., Il peccato e la paura, ed. Il Mulino, Bologna, 1987, 391s. richiama vari autori neopitagorici secondo i quali gli organi sessuali sono dati all'uomo solo per la conservazione della specie.

[23] Rifiutata dalla Chiesa appena nell’Ottocento: cfr. l’articolo Chiesa e schiavitù al n.711/2023 di questo giornale (https://sites.google.com/view/rodafa/home-n-711-30-aprile-2023/dario-culot-chiesa-e-schiavit%C3%B9).

[24] Castillo J.M., Perché il Concilio non ha dato i frutti attesi, conferenza tenuta a Montefano il 1.6.2013.

[25] Guerriero A., Quaesivi et non inveni, ed. Mondadori, Milano, 1973, 121 ss.