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La grandezza di Maria 


di Dario Culot


Maria Advocata - Monte Mario, Roma - immagine tratta da commons.wikimedia.org 


Dal lontano Brasile – dopo aver visto la registrazione dell’incontro “Quale Gesù?”, di qualche anno fa, organizzato dall’associazione Liberare l’uomo di Treviso - mi è stata fatta questa domanda con riferimento a Maria: come dobbiamo porci dinanzi al racconto dell’annuncio dell’angelo? Quale ne é il significato? E perché in quell’incontro ho detto che la fede di Maria era incredibilmente grande?

Rispondo.

Per tutte le storie raccontate dagli evangelisti (come, ad esempio, quella dell’annunciazione angelica), dobbiamo partire da due punti fermi:

a) Anche papa Benedetto XVI aveva alla fine ammesso che “Nessuno osa più dire ‘Possediamo la verità’, cosicché anche noi teologi abbiamo tralasciato sempre più il concetto di verità”[1]. Dunque anche questo papa conservatore alla fine ha ammesso che la Chiesa non possiede la Verità Assoluta, sì che quanto insegnatoci dalla Chiesa è insegnamento di uomini che in seguito si deve poter sempre ripensare, perché il pensiero di altri può sempre essere ripensato. Chi accoglie questo appello, si mette in un atteggiamento di ricerca continua, ovviamente senza alcuna pretesa di fornire a sua volta una verità assoluta, ma solo spunti su cui meditare.

Per lunghissimo tempo l’insegnamento della Chiesa si è basato sulla tradizione, ma il problema è che la tradizione è sempre quella, perché viene dal passato, mentre la parola di Dio è sempre nuova e deve essere ascoltata e chiede man mano scelte inedite, anche mai prima compiute. Teniamo allora presente che l’insegnamento su Maria che sentiamo oggi non corrisponde all’insegnamento che si sentiva alle origini del cristianesimo (a conferma che l’insegnamento è frutto di meditazione di uomini come noi, modificato nel corso dei secoli).

San Paolo (Gal 4, 4s.), il primo scrittore cristiano, una ventina d’anni dopo la morte di Gesù, aveva tranquillamente affermato che Gesù era nato da una donna, cioè come tutti noi, e non era affatto interessato o preoccupato circa una nascita particolare. Di più: nella stessa lettera Paolo parla di Giacomo, fratello di Gesù (Gal 1, 19), e neanche il fatto che Gesù avesse un fratello aveva causato alcuna preoccupazione in questo autore. Anche nella lettera ai Romani (Rm 1, 3s.) non si fa alcun riferimento a una nascita insolita, visto che Gesù è nato secondo la carne nella linea di discendenza di David: quindi, siccome solo Giuseppe e non Maria era discendente di Davide, Gesù è nato come tutti da un normale rapporto umano. Per essere dichiarato Figlio di Dio non serviva una nascita soprannaturale (Rm 1, 3s.). La prima generazione di cristiani era rimasta colpita e si era interessata principalmente dello scandalo della croce.

Non parlano di nascita verginale neanche il primo e neanche l’ultimo dei vangeli (Marco e Giovanni). Del resto questo è perfettamente in linea con la logica: è difficile pensare che Dio abbia sperma e che fecondi le donne. Invece tante nascite di uomini illustri sono viste nelle Scritture come un grande dono di Dio al suo popolo: Isacco (Gn 18,9-14), Sansone (Gdc 13,1-7), Samuele (1 Samuele 1,1-18). E nel Nuovo Testamento, Giovanni Battista (Lc 1,5-25). E comunque, in un lontano passato per dare lustro a uomini famosi era comune l’uso di affermare che erano nati da donne fecondate da dèi[2]. Così era più facile poi divinizzarli.

I vangeli dell’infanzia di Matteo e Luca, che parlano di verginità, sono stati gli ultimi a venire alla luce[3]. Siamo ormai almeno alla terza generazione di cristiani.

Maria è stata definita sempre vergine appena da papa Martino I nel Concilio lateranense del 649: erano quindi passati più di 600 anni dalla morte di Gesù.

b) In secondo luogo, si deve tener presente che i vangeli non sono semplicemente libri che narrano una storia effettivamente accaduta, bensì sono racconti che trasmettono un messaggio religioso. E qual è il messaggio religioso che l’evangelista vuole trasmetterci con l’annunciazione?

Il racconto evangelico ci sta dicendo che Maria è il segno tangibile di quello che Dio può realizzare con ogni creatura che non metta ostacoli alla potenza del suo amore e si lasci colmare dal suo Spirito. Il Dio che Gesù ci ha fatto conoscere non è lontano, non si deve andarlo a trovare in luoghi sacri, ma è un Dio innamorato degli uomini che bussa alla porta di tutti (perché è Lui che prende l’iniziativa) e chiede solo di essere accolto nella nostra esistenza per unirsi a noi e dilatare la nostra capacità d’amore. Dio è già dentro di noi.

Non dobbiamo invece credere necessariamente che un giorno di duemila anni fa un angelo visibile sia concretamente entrato nella casa di Maria, e che l’annunciazione sia avvenuta esattamente con le parole riportate nel vangelo. Parlare dell’intervento di un angelo significa che Dio, in qualche modo, fa pervenire un messaggio agli uomini. Ad esempio, è l’angelo del Signore che annuncia la nascita del bambino ai pastori, ma essi riconoscono nell’angelo il Signore in persona, come si vede in Lc 2, 15: «Andiamo fino a Betlemme a vedere quello che il Signore ci ha fatto sapere»,[4] non quello che l’angelo ci ha detto.

Tenendo presenti questi due punti, arriviamo dunque al punto: cosa vuol dirci il vangelo con l’episodio dell’Annunciazione?[5]

Il vangelo di Luca inizia nel Tempio col sacerdote Zaccaria, immerso nel sacro rito e nella preghiera, che si spaventa all’annuncio della buona novella da parte dell’angelo (Lc 1, 12): «lo vide Zaccaria si turbò e fu preso da timore». Che si turbi va bene: anche Maria si turba quando riceve l’annunciazione (Lc 1, 29); anche noi ci saremmo turbati. Tuttavia, perché mai, uno si chiede, questo sacerdote deve anche esser preso dalla paura visto che viene presentato come persona giusta (che significa fedele osservante dei precetti religiosi) e devoto credente? Ma per il semplice fatto che questa è la reazione normale della religione. La religione non si basa sull’amore, ma si fonda sulla paura;[6] la religione deve terrorizzare i suoi aderenti[7] e proprio la religione gli aveva insegnato che non era possibile avere una esperienza di Dio e rimanere in vita:[8] ecco spiegato il motivo della paura di Zaccaria. Ora, dice il biblista Alberto Maggi, se c’era un luogo dove le apparizioni degli angeli avrebbero dovuto essere consuete, doveva essere il Tempio, l’unica casa di Dio in terra e luogo sacro e santo per antonomasia. E se c’era un uomo che avrebbe dovuto essere pronto a credere alla visione e all’annuncio dell’angelo - il quale viene sempre a nome di un altro - questi doveva essere il sacerdote, visto che era puro, pio e giusto. Ma il sacerdote non crede; è la persona più religiosa di questo mondo, è fedele osservante di tutti i precetti, conosce l'importanza della dottrina, ma è un uomo vecchio aggrappato al culto fine a sé stesso che gli dà sicurezza, e attaccato com'è alla tradizione neanche lo sfiora l’idea che qualcosa di nuovo possa irrompere nella sua esistenza. Ecco il rischio costante di richiamarsi sempre alla tradizione. Zaccaria, nel luogo più sacro, nel momento più sacro corrispondente al massimo della sua purificazione, perché si trova nel santissimo e quindi nel massimo della vicinanza a Dio, resta incredulo e non accoglie la parola nuova di Dio. Proprio perché chiuso al nuovo, non ha più niente da dire al popolo e resterà muto[9].

A questo punto dobbiamo collegare il racconto che l'evangelista fa dell’annunciazione a Zaccaria con quello dell’annunciazione a Maria, ed emerge evidente il forte contrasto fra i due racconti, che dovrebbero essere letti sempre di seguito, insieme.

Questa parola tolta al fedele sacerdote che celebra nel luogo sacro per eccellenza, viene portata dall’angelo (cioè sempre da Dio, perché l’angelo rappresenta Dio[10]) in una piccola e insignificante casa profana, che non ha nulla di sacro, dove inaspettatamente (dal punto di vista degli uomini che vedono il sacro sempre superiore al profano) si crea il ponte fra l’Invisibile ed il visibile, fra Dio e l’uomo, al di fuori di ogni apparato liturgico[11]. L’evangelista ci fa capire che focalizzarsi sulla sacralità liturgica rende facilmente atei, perché più una persona è immersa nei riti, e più diventa refrattaria all’azione di Dio,[12] perché si concentra sull’esatta osservanza della liturgia per rendere perfetto il culto. Naturalmente per la religione ufficiale di allora è Maria ad essere idolatra ed atea per aver accettato la sacrilega ed eretica proposta dell’angelo (cioè di Dio). Ma per scoprire chi è veramente ateo, basta vedere come l’istituzione religiosa si accontenti solo dei rituali formalmente eseguiti in maniera perfetta; infatti non si scompone minimamente davanti al suo sacerdote che è diventato improvvisamente muto mentre stava venerando Dio. Dice infatti Luca (Lc 1, 23): «Passati i giorni del suo servizio al Tempio, Zaccaria tornò a casa». La frase indica che Zaccaria proseguì tranquillamente a officiare il suo culto senza Dio, senza più poter parlare e senza che l’istituzione religiosa si ponesse la minima domanda su quanto era accaduto.

E dove Zaccaria riacquista la parola? A casa, lontano dalle funzioni sacre e dal luogo sacro, quando si allontanerà dalla religione e – in un luogo profano - si dimostrerà finalmente capace di seguire strade nuove che mai aveva pensato di percorrere finché era vissuto nella stretta osservanza dell’ortodossia; a casa accetterà di rompere la tradizione secondo cui i figli dovevano avere il nome del padre, e confermerà la scelta della moglie che voleva chiamare il figlio Giovanni (Battista) (Lc 1, 64)[13].

Da notare, invece, che Maria non è in preghiera, il che vuol dire che era affaccendata in un'attività quotidiana profana; non viene avvicinata in un luogo sacro, ma in una povera casa profana; non viene neanche definita giusta. Il sacerdote, tutto preso dal rito liturgico, fedelissimo al Dio che era, non lascia spazio al Dio che viene; la ragazza, tiepida nei confronti della religione, certamente non in stato di purità come Zaccaria nel santissimo, lascia spazio a Dio che la chiama.

Se si legge solo l’annunciazione a Maria, difficilmente ci si rende conto del messaggio assai forte che ci comunica il Vangelo: ripeto che occorre leggere assieme le due chiamate (visite) del Signore.

Ma accogliere simile chiamata non è semplice neanche per Maria: occorre veramente una fiducia incredibile in Dio, una fiducia senza riserve. Ecco perché ho detto che, accettando la chiamata, Maria dimostra una fede incredibile.

Ovviamente per fede non intendo un’accettazione di teorie concernenti cose di cui non si conosce nulla, ma uno stile di vita che ci cambia radicalmente, una “svolta” di tutto l’uomo che da quel momento in poi struttura stabilmente la sua esistenza in maniera diversa rispetto a prima[14]. Ovvio che simile chiamata ha stravolto la vita di Maria, che però ha accettato, senza chiudersi alla richiesta.

Teniamo presente che a quei tempi in Palestina la donna valeva meno della bestia: infatti nel bottino di guerra la donna veniva conteggiata dopo gli asini (Nm 31, 34s.). La donna perbene era sempre sottoposta alla tutela di un maschio (il padre, il marito o il fratello maggiore). Quindi non poteva gestire un patrimonio in proprio, non poteva andare a vivere da sola, non poteva prendere alcuna decisione da sola: immaginarsi se poteva decidere da sola di farsi mettere incinta. La donna non poteva neanche testimoniare in tribunale[15]. Maria si dimostra tosta, disobbediente alla sua cultura perché sfrontatamente (per la cultura dell’epoca) decide da sola senza chiedere permesso ad alcun maschio di casa. Si comporta autonomamente come potranno fare le donne in occidente duemila anni più tardi. Per questo è incredibilmente grande.

Subito dopo compie un’altra grave violazione della tradizione culturale dell’epoca: infatti quando entra in casa di Zaccaria, Maria lo ignora e saluta Elisabetta (Lc 1, 40). Teologicamente l’evangelista sta, però, ribadendo che in quel momento Maria è portatrice dello Spirito, mentre questo Spirito non può essere comunicato al giusto sacerdote Zaccaria, rimasto ancora sordo alla voce del Signore. Finché Zaccaria rimane chiuso alla novità, al Dio che viene, restano in campo solo le donne, la vergine e la ex-sterile, quelle che contro ogni immaginazione e speranza sono state capaci di aprirsi alla vita[16]. L’evangelista ci fa allora capire che, col suo comportamento, Zaccaria frena la vita; Maria la fa fiorire.

Da questi brevi flash risulta che Maria non è stata affatto quella donna obbediente e docile all’autorità costituita, come la Chiesa ci ha insegnato e come vorrebbe accadesse per noi tutti. Se solo ci fermiamo a pensare su quanto è stato scritto, appare evidente che proprio Maria, violando l’insegnamento ufficiale e la tradizione secolare, è andata oltre e contro lo schema maschilista e patriarcale che vigeva in Israele. Alla proposta dell’angelo ha preteso risposte, ha ragionato con la sua testa, senza accettare risposte solo perché venivano dall’alto di un’autorità a lei superiore (“Come può avvenire questo se non conosco uomo?” - Lc 1, 34); e proprio essendo capace di liberarsi dai pensieri religiosi tradizionali, a differenza dell’ossequiente sacerdote Zaccaria sopravvisto, è stata poi capace di amore oblativo (offerta gratuita senza contropartite), perché amare significa disponibilità a trasformare un sentimento in un progetto di vita, che deve essere sempre personale e non pilotato da altri. La nostra oblatività quotidiana è l’unico vero culto che Dio vuole. Ognuno di noi, cioè, avendo ricevuto vita da altri, deve cercare di restituirne per quanto possibile a coloro che incrocia nella propria vita.

Però, quando si pensa alla grandezza di Maria, dovremmo anche ricordarci dell’angoscia di questa giovane ragazzina: rimanere incinta senza essere ancora sposata, e per di più non del proprio promesso sposo (Lc 1, 27-38). Maria era consapevole del fatto che Giuseppe (anche lui definito giusto, cioè sempre rigido osservante della legge, al pari di Zaccaria) avrebbe potuto e dovuto farla lapidare, se solo anche quella volta avesse obbedito alla legge insegnata dal sacro magistero, che sa sempre tutto, anche cosa vuole Dio. Ecco perché si deve dire che questa giovane ragazza ha avuto una fede, cioè una fiducia enorme in Dio, ma nel Dio vero non in quello raccontato dalla religione. Sicuramente avrà messo sulla bilancia – nell’atto di decidere - il rischio che correva andando contro la legge che i sacerdoti dicevano essere venuta direttamente da Dio. Maria è andata consapevolmente contro la religione che le era stata insegnata[17].

Ma vediamo anche come dal vangelo emerge la figura di Giuseppe: quest’uomo giusto deve, a sua volta, scegliere fra l’osservanza della legge di Dio (che prevedeva la lapidazione di Maria – Dt 22, 23) e il bene dell’uomo. Le persone religiose, come si vede fanno anche il sacerdote e il levita nella parabola del buon samaritano (Lc 10, 29-37), scelgono sempre la prima, perché credono che solo così si onora Dio; la scelta evangelica è invece sempre e solo la via dell’amore, e non appena si incrina anche di poco il muro dell’osservanza della Legge spacciata come divina, si permette allo Spirito di irrompere[18]. È il passaggio dalla religione alla fede: due termini da non sovrapporre. Dio ha bisogno di uomini e donne così. Di credenti così[19].

E come dice poi san Paolo (Ef 1, 4) la stessa possibilità che ha avuto Maria l’abbiamo noi tutti, perché tutti possiamo essere “santi e immacolati di fronte a Lui nella carità”. Dipende da come ci apriamo alla sua offerta: se l’accogliamo e poi anche noi riversiamo l’energia del nostro amore sugli altri che il caso ha messo sulla nostra strada, anche noi siamo ‘immacolati,’ come Maria. Ma noi avremmo veramente il coraggio di affidarci ciecamente alla chiamata di Dio così come ha fatto Maria?

Eppure quale sconvolgente novità già si verificherebbe davanti agli occhi di tutto il mondo se coloro che si professano credenti cristiani semplicemente mostrassero fiducia, contagiassero gli altri con la loro fiducia, fossero testimoni concreti di fiducia in Dio, soprattutto in questi tempi bui di pandemia e di guerre?

 

NOTE

 [1] Ultime conversazioni a cura di Seewald P., Corriere della sera, Milano, 2016, 225.

[2] Ad es., si dice che Maya (la madre di Buddha) l'avesse concepito senza l'intervento del marito; in sogno avrebbe visto un elefante bianco che l'avrebbe messa incinta (Kautsky K., L'origine del cristianesimo, ed. Samonà e Savelli, Roma, 1970, 174). Stessa nascita miracolosa per Zoroastro.

[3] Da Spinetoli O., Il Vangelo di Natale, ed. Borla, Roma, 1996, 66.

[4] Maggi A., Versetti pericolosi, ed. Fazi, Roma, 2011, 16.

[5] Per approfondire posso consigliare i libri di fra Alberto Maggi, scorrevoli ma profondi:

- Maggi A., Nostra signora degli eretici, ed. Cittadella, Assisi, 2003;

- Maggi A., Non ancora Madonna, ed. Cittadella, Assisi, 2008.

[6] Ne era convinto nell’antichità anche il poeta latino Lucrezio (De rerum natura, libro I, vv.62ss.), il quale affermava che la religione è un fardello che sottomette l’uomo per legarlo alla divinità per mezzo della paura.

Ne era convinto in tempi recenti anche il filosofo britannico Russel B., Perché non sono cristiano, Longanesi, Milano, 1972, 16.  Evidentemente parlava del modo in cui gli era stata insegnata la religione cristiana.

[7] Pensiamo solo alle paure delle malattie, del dolore e della morte, intese tutte come punizioni divine.

[8] Non si può vedere il volto di Dio e restare vivi (Es 33, 20); non si può udire la parola di Dio e restare vivi (Dt 5, 26).  L’idea era sorta dalla stessa immagine che si aveva del sovrano sulla terra. Cosa aveva detto il faraone a Mosè? “Va via da me, stai attento a non vedere il mio volto perché il giorno in cui vedrai il mio volto, morirai” (Es 10, 28). Non si poteva guardare il volto del sovrano terreno, non si poteva guardare il volto del Sovrano celeste. Quando il faraone passava in mezzo alla gente, la gente doveva prostrarsi senza guardalo, sotto pena di morte. Allora su Dio la religione ha proiettato una realtà propria dei sovrani terreni.

[9] Anche qui non dobbiamo credere che Dio punisce il sacerdote rendendolo muto, perché il Dio di Gesù non castiga nessuno. Il racconto significa che la parola, prima conservata nel Tempio, vien tolta al sacerdote e – attraverso il sacerdote – a tutta l’istituzione ecclesiastica del Tempio, che ormai non ha più niente da insegnare ai fedeli. Il puro formalismo della legge insegnato dal clero (cioè un amore totale per Dio e sostanziale disinteresse per gli altri), disonora l’uomo, ed è lontanissimo dall’insegnamento di Gesù.

[10]  L’angelo del Signore s’identifica spesso in Dio stesso: diventa angelo soprattutto quando entra in relazione con l’uomo. Ad esempio, Gn 21, 17: Dio sente il pianto di Agar, l’angelo la chiama, Dio le apre gli occhi (Theological Dictionary of the New Testament, edito da Kittel G., a cura di Bromiley G.W., ed. Eerdmans Printing Company, Grand Rapids (Michigan, USA, I, 77). Da Spinetoli O., Il Vangelo di Natale, ed. Borla, Roma, 1996, 111s., 144 nota 53, con i vari richiami biblici. Quando Dio viene concepito in maniera più trascendente, non lo si vede più apparire in prima persona come all’inizio: ad es. in Es 3, 2 a Mosè apparve l’angelo del Signore; ma poi non si parla più di quest’angelo, ma solo di Dio, per cui siamo evidentemente davanti a un’aggiunta perché, appunto, Dio è ormai trascendente, sta in alto, e non può abbassarsi a scendere in prima persona: sono gli angeli a scendere, e solo con essi si può entrare in relazione.

[11] Vannucci G., Esercizi spirituali, ed. Fraternità di Romena, Pratovecchio (AR), 2005, 21 s.

[12] Pensiamo oggi alle tante cerimonie con i canti sacri, con l’incenso, con i ricchi paramenti: molti pensano che un rito del genere ci avvicini di più a Dio, ma forse non è così. E ancora oggi, in quante parrocchie, conventi, in quanti luoghi di culto, si mette più impegno nell'ordine e decorazione delle tovaglie, degli altari, delle candele, che nell'attenzione verso gli esseri umani?

[13] Maggi A., in www.studibiblici.it/ Multimedia/Interviste e video vari/ Cefalù novembre 2013.

[14] La fede è una conversione, un cambiamento dell’essere (Ratzinger J. Introduzione al Cristianesimo, Queriniana, Brescia, 2000, 80).

[15] Ravasi G., I teli e il sudario tra i segni della resurrezione, “Famiglia Cristiana”, n.2/2014, 102. Lohfink G., Gesù di Nazaret, ed. Queriniana, Brescia, 2014, 367.

[16] Maggi A., Non ancora madonna, ed. Cittadella, Assisi,2004, 50 s.

[17] La dimensione della religione sta nel legame che si instaura tra una persona e una legge da osservare scrupolosamente perché espressione diretta della volontà divina, per cui la legge è il pilastro fondamentale di ogni religione. Emerge chiara allora la differenza fondamentale con la fede: quest’ultima è ancorata alla coscienza, mentre la religione è vincolata da una legge divina fissata in Testi Sacri, «Parola di Dio» interpretata infallibilmente dalla gerarchia ecclesiastica.

[18] Maggi A., Non ancora madonna, ed. Cittadella, Assisi, 2004, 33.

[19] Curtaz P., Commento al Vangelo di Matteo, 22.12.2013, in: www.paolocurtaz.it.


Numero 756 - 10 marzo 2024