Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano

La bisbetica domata  - Charles Robert Leslie (1794-1859) - immagine tratta da commons.wikimedia.org

Ma tu guarda: la fiducia!



di Stefano Sodaro

 


Il passo della Seconda Lettera ai Corinzi che oggi si legge nella chiese secondo il rito romano riporta la meraviglia, ma anche l’entusiasmo, di Paolo: “le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove.”. Vetera transierunt, ecce, facta sunt nova.

In greco: “τ ρχαα παρλθεν, δο γγονεν καιν·”, la cui pronuncia corrisponde più o meno a “tà archàia parèlthen, idoù ghègonen kainà”.

Di fronte alle “cose nuove”, soprattutto se non hanno ancora un nome, una denominazione, se non sono ancora identificate con precisione, monta il sospetto e la paura che l’Antico sia tradito, sopraffatto, accantonato, liquidato.

Ci siamo spesso chiesti se vi sia spazio, oggi, adesso, per una diversa configurazione dei rapporti tra le persone. Soprattutto dei rapporti che trasmettono, esplicitano, dimensioni affettive intense, colorazioni amicali e/o amorose vive e policromatiche. Ed in tale interrogazione, magari un po’ scomposta o alquanto affannosa, c’è il rischio di vedere l’Istituzione come il nemico da sconfiggere, equivocando il senso della salutare “deistituzionalizzazione”, che vuole piuttosto destrutturare le istituzioni, frammentandole, parcellizzandole, facendole corrispondere alle singole – o plurime – soggettività.

Facciamo un esempio.

Forse non sarà così noto che il diritto assume un concetto di “fiducia” molto diverso da quello etico o spirituale. Il “negozio fiduciario”, come si dice tecnicamente, consiste in un trasferimento di proprietà funzionale ad un altro, successivo, trasferimento a favore di un beneficiario ultimo, oppure funzionale ad uno scopo, diverso dalla mera alienazione del bene. Nella pratica legale e commerciale corrente è diffuso l’utilizzo del “trust”, quale istituto di derivazione inglese, che corrisponde per appunto a tale struttura, anche se con accentuazioni e finalità (ad esempio di protezione) particolari.

Immaginiamo, per un momento, che la “fiducia” comunemente intesa s’intersechi con la “fiducia” di significato e rilevanza sotto il profilo giuridico. Effettivamente si tratterebbe di una “cosa” ben “nuova”, rispetto alla quale sembra pressoché del tutto assente non certo la riflessione giuridica – anzi, ci mancherebbe, è sviluppatissima e raffinata – quanto un pensiero filosofico, di inquadramento teorico extra-legale e che abbia piuttosto a che fare con gli aspetti meno esposti, e più profondi, delle nostre vite personali. Giacché la difficoltà di “affidarsi”, l’esitazione a nutrire fiducia, per appunto, sembra il tratto tipico dei nostri giorni.

Ma si può anche procedere un po’ oltre: esistono beni materiali, ma esistono anche beni immateriali. E se fossero conferiti in “fiducia” questi ultimi? Le prospettive sono suggestive, le pratiche da studiare ed anche – perché no? – sperimentare.

La dottrina giuridica ritiene che nella stessa strutturazione del negozio fiduciario sia presente un motivo attinente alle ragioni dell’amicizia, del rapporto amicale, che peraltro resta necessariamente estraneo al divisamento dell’atto giuridico. Senza dubbio tale “fiducia” richiede d’essere ben compresa, altrimenti potendo comparire elementi patologici del rapporto giuridico potenzialmente piuttosto gravi. Perché, lo sappiamo dal dato di esperienza, con la fiducia, mettendola di mezzo, evocandola, citandola, può accadere di tutto…

Mi permetto di richiamare i pensieri espressi nel numero 609 del nostro giornale, nello strano pezzo intitolato “Il matrimonio del cavalier servente” (https://sites.google.com/view/rodafa/home-n-609/stefano-sodaro-il-matrimonio-del-cavalier-servente). A mio avviso, la dinamica cicisbeale del Settecento manifestava caratteristiche fiduciarie piuttosto impressionanti. Nel contesto della casa nobiliare non si notavano atti giuridici di trasferimenti proprietari a terzi, ma con l’ammissione, da parte della dama, di altre figure maschili – e per di più con il consenso del marito – all’interno della sua stessa intimità domestica e personale è come se fosse trasferito al cavalier servente l’intero mondo simbolico e relazionale della Signora, onde riceverne il beneficio del consolidamento della propria autonomia, oggi si direbbe: della propria autostima. Il cavalier servente, il cicisbeo, riconsegnava la dama a se stessa attraversando l’intrico dei mondi in cui la Signora viveva. Un fenomeno che ancora oggi sconcerta e probabilmente scandalizza.

La scure del moralismo romantico si abbatté furiosa sul fenomeno del cicisbeismo, ritenuto depravazione di mera leggerezza annoiata e noiosa, quando non vero e proprio attentato alle ragioni dell’amor sublime e di certo non condivisibile al di fuori della coppia.

C’è da chiedersi, tuttavia, se oggi vi sia questa felicità diffusa, pura, disinteressata, autentica, che Rococò e Neoclassicismo avrebbero  -legittimamente o illegittimamente, dipende dai punti di vista - represso e impedito.

Il dolore staziona permanentemente nelle nostre vite. Davvero siamo in grado, in queste nostre settimane, nelle nostre giornate, di nutrire e coltivare fiducia verso qualcuno/a che possa riconsegnare noi a noi stessi senza dover uscire dal cerchio dei nostri affetti consolidati e pure, se si può osare, codificati?

Il nuovo che nasce non ha ancora suoi codici e sue norme, ma le leggi di ieri sono passate e “cose nuove” si affacciano alla nostra vita senza attendere la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

Ed è un bene che sia così. Ed è la vita ad essere così.

Buona domenica.