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Miriamcamerinimania pro veritate adversa diligit



di Stefano Sodaro



Proviamo a meglio dettagliare e circostanziare le “avversità”, le “adversa” alla latina, che ci angosciano. Ma con un occhio ed un orecchio privilegiati verso ciò che resta nascosto.

Che ne è delle Chiese Ortodosse dell’Ucraina? Di quella che era in comunione con il Patriarca di Mosca (https://church.ua/), il quale – Kirill - compie proprio oggi 76 anni, e di quella autocefala (https://www.cerkva.info/). Che ne è?

E di quella bizantina cattolica (https://ugcc.ua/), che ha persino un suo Esarcato in Italia (https://www.esarcato-apostolico-ucraino.it/it/), che ne sappiamo?

Proseguiamo: del vescovo cattolico eritreo di Segheneity, Fikremariam Hagos Tsalim, detenuto in carcere da circa un mese assieme ad altri due preti eritrei della medesima eparchia (https://angelusnews.com/local/la-catholics/la-eritrean-catholics-solidarity/), quali notizie si hanno? Quali sono i motivi della sua detenzione e quale il procedimento penale che lo coinvolge? La loro storia ci interessa?

La scorsa settimana Rai 1 ha trasmesso “Effetto notte”, di Marco Bellocchio, film sul rapimento, la prigionia e l’assassinio di Aldo Moro. Ai funerali della moglie Eleonora, nel luglio 2010, non partecipò alcun rappresentante del mondo politico. Nessuno di nessuno e nessuna di nessuna: https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/07/20/muore-la-vedova-moro-al-funerale-nessun.html. Lo abbiamo dimenticato? Ci ha mai fatto impressione simile notizia? Ci siamo mai chiesti, e chieste, come mai?

Come usciamo dalla necrofilia dei nostri tempi? Dove andiamo ad alimentare speranza? Quale terapia d’urto ci permette di reggere il peso di tragedie e sofferenze infinite?

Nell’Ottocento, secolo “lungo” di numerose guerre, la fama di Franz Liszt si accompagnava ad un effetto catartico e quasi dopante che la sua musica produceva in chi l’ascoltava; ne abbiamo già scritto (https://sites.google.com/view/rodafa/home-n-611/stefano-sodaro-lisztomania). Una specie di farmaco, di elisir. Tanto che fu coniato il termine di “lisztomania”. Neologismo che individuava le conseguenze eccitatorie proprie dell’arte musicale del supremo pianista e compositore, talmente intense da destare preoccupazioni, financo di natura legale.

Alla fine sempre dell’Ottocento, pare nove anni dopo la morte di Liszt – dunque nel 1895 -, nacque, non si sa bene dove, il sommo maestro di Elie Wiesel e Emmanuel Lévinas, il rabbino enigmaticamente noto come “Monsieur Chouchani”. Un genio assoluto dell’umanità, in grado di discettare approfonditamente di qualunque materia su cui venisse interrogato o chiesto di intervenire.

Abbiamo ricordato qualche settimana fa la morte di Giorgio La Pira avvenuta il 5 novembre 1977. Son trascorsi quarantacinque anni (https://sites.google.com/view/rodafa/home-n-686-6-novembre-2022/stefano-sodaro-the-rabbi-is-in-arizona). Scrisse il latinista partigiano Ezio Franceschini, che ebbe la responsabilità generale dell’Istituto Secolare di vita consacrata cui appartenne “il sindaco santo”: «… si può essere dell’Istituto fino a essere l’Istituto. Ad essere da soli tutto l’Istituto. Ebbene La Pira era l’Istituto… dovunque andasse, qualunque cosa dicesse, venisse o no ai ritiri e agli esercizi, era l’uomo consacrato a Dio per l’apostolato nel mondo. I suoi compagni erano sottintesi in lui. Gli erano – invisibili ma reali – accanto.» (cfr. E. Franceschini, Un po’ di esperienza e molto affetto. Orientamenti di vita spirituale 1965-1979, Roma 2003, 740 [pro manuscripto], citato in M. Badalamenti, Giorgio La Pira francescano. Fare della fede la vita, Pazzini Editore, 2006, p. 71).

La deformazione professionale ci pressa subito verso il codice di diritto canonico, il cui can. 725 dispone: “L’istituto può associare a sé, con qualche vincolo determinato dalle costituzioni, altri fedeli che si impegnino a tendere alla perfezione evangelica secondo lo spirito dell’istituto e a partecipare della sua stessa missione.”.

Proviamo a “deconfessionalizzare” la norma canonica: immaginiamo, ad esempio, la figura di un monaco buddista. Anzi anzi, già che ci siamo, di un rabbino o, meglio ancora, di una rabbina.

Passiamo ad applicare le considerazioni sopra riportate a proposito di La Pira alla testimonianza di vita, ad esempio, della nostra Rabbi-who-is-in. “Shakeriamo” bene. Ne viene fuori una deliziosa bevanda “associativa”, per così dire. Cioè, fuor di metafora: Miriam ha la capacità di rendere presente quell’Oltre che ci accomuna tutte e tutti, anche nella più convinta e vissuta laicità. È davvero la nostra rabbi, per così dire e per dire molto “alla cattolica” – non ce ne vorrà –, un “Istituto secolare unipersonale”, naturalmente del tutto diverso, completamente diverso, dalla configurazione tipica della vita consacrata secondo la dottrina cattolica, ma assai prossimo a quella nozione di “vita religiosa” che, ad esempio, la teologa Antonietta Potente di continuo ripropone e focalizza. E non vi è dubbio che molte e molti desidererebbero “associarsi a lei” per dissetarsi, lungo i sentieri della propria esistenza, con il ristoro di un sorso d’acqua pura, di sapienza, grazia ed intelligenza.

Dunque, così come si andava ai concerti di Liszt per lasciarsi finalmente inebriare dalla bellezza della musica, e così come si ascoltavano per notti intere le lezioni sul Talmud di Chouchani, davanti al buio della vita avvertiamo che andiamo da Miriam Camerini perché our rabbi is in light.

Miriamcamerinimania”? Sì. Perché no? Altrimenti questa invocata “nuova spiritualità” non inizia mai.

E noi vorremmo, invece, farla iniziare subito.

Di tutto riparleremo, certo, ma intanto usciamo allo scoperto, dichiariamoci e inebriamoci di quelle essenze miracolose e profumatissime che ridanno sapore ai nostri giorni.

Era motto gesuita, ci pare: pro veritate adversa diligere.

Buona domenica. Buona settimana.


Foto di Gianni Passante

Numero 688 - 20 novembre 2022