Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano





Dall’odium figulinum al gioco al massacro


di Stefano Sodaro

Funerale delle vittime del Massacro di Hebron del 1929 - foto tratta da commons.wikimedia.org

Il Prof. Pier Aldo Rovatti, già docente di Filosofia contemporanea all’Università di Trieste ed insigne – ormai unico (dopo la scomparsa di Gianni Vattimo) – esponente del cosiddetto “pensiero debole”, in una lezione di straordinaria intensità tenuta al Festival della Filosofia del 2016 e presente su Youtube, esponendo i termini in cui Nietzsche affronta la descrizione di Esiodo quanto allo spirito di competizione degli antichi Greci, spiega che, oltre ad un odio antagonistico deleterio – di reciproca voluta distruzione tra i partecipanti all’agone -, esiste un cosiddetto “odium figulinum”, che sarebbe invece l’emulazione concorrenziale tra vasai, in quell’antica cultura ellenica, per appunto.

Se si ricerca un attimo su vari dizionari, si ritrova che l’espressione – “odium figulinum”, transitata anche in Schopenhauer – è stata effettivamente adottata da specialisti ed eruditi per riferirsi al dinamismo dell’intraprendenza, diciamo, “positiva”, che consente di superare stasi ed immobilismo paralizzanti al fine di raggiungere obiettivi (non necessariamente postulati dal nostro contesto culturale iper-performativo), che pur anche da soli ci si può essere dati.

È mai scattato simile “odium figulinum” nelle vicende mediorientali ed, in primis, tra Israele e Palestina?

Oppure fin dall’inizio non era affatto “figulinum” l’odio evidente di questi giorni, di queste ore, di questi minuti, innescato – nella nostra visione di necessità a corto raggio – sabato scorso con l’immane tragedia delle stragi per mano di Hamas?

La domanda non è retorica e neppure, per capirci, “evasiva” o “sentimentale”.

Rinvia piuttosto ad un’altra dimensione, del tutto negletta nella nostra cultura critica ed autocritica quotidiana – ammesso e non concesso che ne esista ancora una -, una dimensione che sembrerebbe del tutto innocente ed aliena rispetto alle tragedie in atto ed invece vi si trova profondamente implicata: quella di “gioco”.

Continua ad illustrare perfettamente Rovatti come il gioco sia tutt’altro di una semplice ed esclusiva occupazione infantile: «Se tu ti metti in gioco, non è semplicemente il “se tu ti dai da fare”, è invece, più significativamente, se tu sei disponibile a mettere in una situazione di dubbio te stesso», dice testualmente nella lezione di cui sopra, lo si può guardare ed ascoltare su Youtube.

La pratica psicanalitica freudiana è di diretta derivazione ebraica – lo sapeva benissimo anche il nostro Aron Hector Schmitz, alias Italo Svevo -: eppure le parti “in gioco” in questo momento nel contesto israeliano sono disponibili a mettere in una situazione di dubbio se stesse? La morte atroce – davvero il più grave massacro antisemita dopo la Shoah – di migliaia di persone domenica scorsa induce Hamas a dubitare delle proprie presunte, e per ogni consesso civile, inammissibili ragioni? Non pare proprio.

E l’oggettiva “pulizia etnica”, condannata dall’ONU, che prevede l’emigrazione forzata di milioni di persone a sud di Gaza, dopo una campagna di bombardamenti che ha fatto un numero di morti addirittura superiore a quello di domenica scorsa, fa dubitare delle proprie strategie di legittima difesa che rischia così di divenire rappresaglia?

La situazione non pare dissimile dal bombardamento a tappeto della Germania nazista, che – certo – pose con ciò fine alla Seconda Guerra Mondiale. 

Ci furono – scrivono gli storici – 370.000 morti civili in Germania. Una morte giustificata perché tutti nazisti e corresponsabili? Neppure pare siano consentite simili scorciatoie di pensiero.

Ma dunque che si fa? Quale pensiero si può articolare in simili condizioni, quando bambini sono stati rapiti per diventare ostaggi e bambini muoiono sotto le bombe?

Alzabandiera a Umm Rashrash (Eilat), 10 marzo 1949 - foto tratta da commons.wikimedia.org

“Il gioco è un entrare in oscillazione”, spiega ancora Rovatti.

Eppure ci fa orrore – ammettiamolo – pensare che ci si trovi di fronte ad una specie di “gioco per adulti” diventato da decenni osceno senza nessuna luce rossa che si sia accesa sulla porta di sala.

Ce la facciamo ad “entrare in oscillazione” adesso? È troppo tardi? È il momento invece giusto, anzi necessitante un andare e venire del pensiero, che faccia baluginare un futuro diverso attualmente invisibile?

C’è un’ideologia genocidaria che anima Hamas: la soppressione degli Ebrei è una sorta di loro dogma blasfemo

Una storia orrenda, mostruosa, orrorifica, che sappiamo a cosa ha portato, ma che non è nata in ambito musulmano – la Shoah, cioè -. No, è nata nel cuore stesso della civilissima Europa. L’Europa ha generato Hitler ed il nazionalsocialismo, non il Corano mal interpretato.

Quando si sente dire che la civiltà occidentale non ha mai praticato il rapimento omicida di bambini, si dice un’emerita stupidaggine, dal momento che gli europei, civilizzati, eleganti, filosofeggianti, super-borghesi, nazisti esattamente questo hanno (anche) praticato. Con il consenso, presunto o no, di milioni di simpatizzanti, loro elettori, magari pure assai meno borghesi degli eletti.

Cosa resta allora?

Se rispondessimo con una frase atta a chiudere ad effetto quest’editoriale, ne tradiremmo il senso. Non sappiamo cosa resta. Potrebbe anche darsi che ormai non resti più niente. Che sia tutto finito.

Resta però – questo sì – la nostra possibile capacità di prenderci meno sul serio, di scivolare con consapevolezza verso un indebolimento salutare delle nostre presunte ragioni, quali che siano, per chiederci, semplicemente, se esse facciano vivere o morire. 

Gli altri, le altre, prima ancora che noi.

Operazione Piombo Fuso, dal 27 dicembre 2008 al 18 gennaio 2009 - foto tratta da commons.wikimedia.org