Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano

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Mabel Allington Royds (1874-1941) - immagine tratta da commons.wikimedia.org










15. Domande e risposte su Chi è Gesù?


di Dario Culot



29. Mi scusi, ma con i suoi ragionamenti Lei sta sovvertendo l’intero impianto su cui è stata costruita l’istituzione Chiesa, che si regge da secoli sulla successione apostolica: Gesù – apostoli – vescovi. La predicazione apostolica, conservata con una successione ininterrotta fino ai nostri giorni dai vescovi loro successori, così come voluto da Gesù, permette di conservare una fede trasmessa una volta per sempre. È grazie a questa successione che la Chiesa ha individuato le eresie e mantenuto l’unità.

Il nostro magistero si ritiene giustamente successore degli apostoli. Infatti gli apostoli, affinché l'Evangelo si conservasse sempre integro e vivo nella Chiesa, lasciarono come loro successori i vescovi, ad essi «affidando il loro proprio posto di maestri» (Costituzione dogmatica sulla divina Rivelazione del 18.11.1965 - Dei Verbum §7s.. E anche la Lumen Gentium III, 18 dice che Gesù ha voluto che i successori degli apostoli, cioè i vescovi, fossero nella sua Chiesa pastori fino alla fine dei secoli).

Invece Lei cerca di smontare tutta l’impianto voluto da Gesù, seguendo sue idee personali. Non si può disobbedire alla Chiesa perché se si disobbedisce si rompe l’unità. E allora, vedendo quello che Lei scrive mi vien da richiamare quanto Gesù ha detto a proposito di chi crea scandalo nella comunità: è meglio tagliarsi la mano e togliersi l’occhio (Mt 18, 7ss.) che creare scandalo: ci pensi.

Sono contento per Lei se non ha dubbi. Eppure qualche dubbio, su quello che Lei dice circa questo collegamento semplice e rettilineo Gesù-apostoli-vescovi, forse dovrebbe averlo anche Lei.

Cominciamo col dire che la distinzione fra vescovi (o episcopi), presbiteri e diaconi non c’è nel Nuovo Testamento, ma appare appena con Ignazio di Antiochia[1]. È stato sant’Ignazio a dire che senza diaconi, presbiteri e vescovi non c’è Chiesa (Ignatius, Epistola ai Tralliani, III, 1[2]), e che senza il vescovo, al quale spetta il massimo onore, non c'è eucaristia (Ignatius, Lettera ai cristiani di Smirne, VIII, 1- IX, 1); siccome la Chiesa vive dell’eucarestia,[3] questa idea di supremazia del vescovo diventerà poi la parola d’ordine di tutta la Chiesa posteriore[4]. Inoltre va anche sottolineato che Ignazio, pur avendo sostenuto tranquillamente il primato di ogni vescovo,[5] non aveva mai sostenuto quello del vescovo di Roma rispetto agli altri vescovi. Quindi andiamo piano col dire che è stato lo stesso Gesù a volere questa impostazione che oggi si trova nella Chiesa cattolica.

E poi, Lei ha avuto occasione di seguire quanto sta avvenendo in Germania col sinodo dei vescovi? Lei dice: “Non si può disobbedire perché se si disobbedisce si rompe l’unità”.

Ma, secondo Lei, tutti i vescovi tedeschi dovrebbero obbedire al responso dato da altri vescovi di Roma sulla non possibilità di benedire le coppie omosessuali? Allora, per incominciare, Lei stesso mi presenta una piramide gerarchica ben più articolata di quanto delinea nella domanda, nel senso che pur essendo tutti i vescovi successori degli apostoli, sembra ci siano vescovi che devono obbedire ad altri vescovi, come se degli apostoli dovessero obbedire ad altri apostoli. Lei mi dirà che undici apostoli hanno sempre obbedito a Pietro. Non è vero, perché in realtà non sappiamo cosa aveva predicato la maggior parte degli apostoli: cosa ha detto Taddeo? Cosa ha predicato Bartolomeo? Sappiamo solo che hanno convertito molte persone, ad esempio in Armenia, poi il primo Stato a diventare cristiano. Tommaso si è spinto fino in Kerala (India): ma ha insegnato quello che insegnava Pietro, o qualcosa di diverso? Non lo sappiamo. Con quelle distanze e senza possibilità di comunicazione, è arduo affermare che gli undici abbiano seguito e obbedito alle direttive di Pietro. Fra l’altro neanche Paolo ha mai obbedito a Pietro, pur essendo molto più vicino, ed è andato dritto per la sua strada. Tanto è vero che a un certo punto Paolo parla di un vero e proprio scontro avuto con Pietro: “quando Cefa venne ad Antiochia, mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto” (Gal 2, 11). Paolo, che non obbedisce a Pietro, non è stato neanche nominato da nessuno dei dodici apostoli, ma ha a sua volta costituito comunità cristiane ponendo a capo di esse episcopoi (vescovi) nominati da lui. Paolo ha sempre ritenuto di non aver bisogno di appoggiarsi all’autorità di altre persone, perché il vangelo gli è stato trasmesso direttamente da Cristo (Gal 1, 11-12), e Dio gli ha affidato l’incarico di annunziarlo (Gal 1, 15-16; 2, 7). Per questo molti ritengono che Paolo, con quella sua iniziativa totalmente autonoma, sia stato il vero fondatore del cristianesimo,[6] avendolo diffuso fra i pagani.

E poi, a queste proclamazioni della successione apostolica, mi sembra si possa subito obiettare che anche le Chiese Ortodosse vantano un’altrettanta ininterrotta successione apostolica, come del resto riconosce la stessa Chiesa romana (n.1399 Catechismo). E allora, se per garantire la “fedele trasmissione della fede” bastasse la successione apostolica (nn. 815, ult. co., 833, 1209, 1576 Catechismo), sa spiegarmi come mai essa non ha evitato nei secoli opinioni teologiche talmente diverse da impedire una completa comunione fra cattolici e ortodossi? Per fare solo qualche esempio, si pensi al primato papale di Roma, al Filioque del Credo, alla possibilità per i divorziati di risposarsi, al Purgatorio, ecc. Come vede, la Sua idea di una linea facile da intendere Gesù-apostoli-vescovi appare un po’ semplicistica.

Poi mi sembra che Lei confonda l’obbedienza all’istituzione gerarchica con la fede. Fede è non allontanarsi dal Vangelo, e non dobbiamo allontanarci dal Vangelo neanche per cercar di salvare l’istituzione. Ricordiamoci che l’uomo viene prima del sabato (Mc 2, 27), e invece noi abbiamo messo tante volte il sabato, con le sue rigide regole, prima dell’uomo[7]. È chiaro che quando la religione s’impone, le serve usare tutto il suo potere, e il Vangelo è allergico al potere. Come poi ho già detto nella risposta sub 2, Gesù non ha speso una sola parola né sul sesso, né sugli omosessuali. Mai. Ciò significa che Gesù non ha mai visto alcun pericolo in base alla condizione sessuale delle persone. Con Gesù abbiamo l’annuncio dell’amore gratuito e incondizionato di Dio, nonché la proclamazione dell’avvento di un mondo nuovo, il Regno di Dio. Poco altro ci ha detto Gesù della Trascendenza. E come ho ricordato rispondendo alle domande sub 12 e 25, il messaggio evangelico – che è molto concreto e mai astratto - affronta tre problemi di questa vita terrena: il problema della salute, il problema della relazione con gli altri e il problema del mangiare (problemi tutti immanenti e attuali anche oggi)[8]. La Chiesa si è occupata soprattutto di altro. Ora, il Regno di Dio – che funziona quando si risolvono quei tre problemi - non lo dobbiamo produrre noi, c’è già; però noi dobbiamo renderlo visibile agli altri, collaborando tutti con Dio, camminando fianco a fianco delle persone, sostenendole, accogliendole.

E da dove si ricava l’idea che Dio vuole dei collaboratori e non ha delegato tutto ai vescovi? Partiamo dalla Genesi. In Gn 1, 26 Dio dice: “facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza”. A chi parla? Parla agli angeli? No, parla già all’uomo: cioè ‘facciamo’ l’uomo insieme. Dio dà il materiale di partenza, poi è compito nostro andare avanti. La mamma imbocca il bambino piccolo, ma poi gli lascia spazio, deve cominciare a mangiare da solo, deve andare avanti da solo; quindi la somiglianza, dipende dall’uomo. E l’umano è ancora in gran parte da realizzare, con fatica. Il naturale, da solo, non porta l’uomo alla perfezione, occorre che l’uomo si dia da fare, che lotti, anche contro il proprio sentire naturale. La salvezza di ciascuno non è legata all’appartenenza di un popolo eletto, a una religione, a una Chiesa, a un culto celebrato, all’obbedienza a una Legge o a un sacramento ricevuto, e neanche a una direttiva dei vescovi, ma dipende per ciascuno dal suo stile di vita[9]. O meglio, il cristianesimo non è solo stile di vita, essendo anche esperienza salvifica. Ma ci si salva portando alle estreme conseguenze la nostra umanità. E questo non si riesce a farlo da soli, perché occorre collaborare, accogliere e far agire quell’energia divina che già c’è in noi[10].

E non è neanche vero che non merita darsi da fare perché, dopo tutti questi secoli, il mondo è rimasto sempre cattivo. Il mondo è sempre stato a macchia di leopardo. Quando gruppi di persone si sono date da fare, in quel luogo, in quel periodo, almeno per quel posto, il mondo è stato sicuramente migliore, perché per quel tempo e in quel luogo il mondo è stato un’isola di amore e di generosità[11].

Quando Lei incrocia gli occhi di un uomo o una donna allo sbando, è facile voltarsi dall’altra parte. Ma se lo fa, per propria comodità, è una scelta di cui dovrà rispondere al Padreterno, il quale non le chiederà (almeno se crediamo a quanto dice Mt 25, 31ss.) se ha creduto al dogma di Calcedonia, se ha ricevuto la comunione in bocca anziché nella mano, o se ha disobbedito ai vescovi rompendo l’unità della Chiesa.

Se questa è la cornice entro cui dovremmo muoverci noi cristiani, il messaggio di Gesù già diverge da quello degli apostoli quanto meno su un punto importante. Gesù insegna che Dio ama, accoglie, salva, conforta senza condizioni. L’essere umano, che si rivolge a Lui, ha un accesso diretto al Padre celeste, senza necessità di mediatori, senza passare attraverso sacrifici, riti e dogmi. Per Gesù non servono rosari e litanie in riparazione delle offese fatte a Dio[12]. Non l’ha mai chiesto. Non ci si deve più sottomettere a tutte le regole religiose che pretendono di organizzare e codificare il rapporto delle creature col loro Creatore. Invece gli apostoli già tendono a fare di Gesù la condizione di accesso a Dio. Cominciano a costruire un sistema in cui le dottrine, il battesimo e la cena del Signore sostituiscono pratiche e credenze giudaiche. Ancor di più con Paolo[13] verrà rapidamente ricostruita una struttura ecclesiale paragonabile a quella della religione ebraica che Gesù aveva appena cancellato: gli apostoli credono e insegnano che questa mediazione è necessaria per entrare in contatto con Dio e ricevere i suoi doni. L’esclusivismo cristiano nasce dunque dalla predicazione degli apostoli, non certo da Gesù[14]. E resta fissato in particolare con Paolo, quando la comunità Chiesa viene alla luce nella casa romana (dove comandava il pater familias), e questo tipo di Chiesa è nato ben prima che venissero scritti i vangeli[15]. In particolare Paolo, soffermandosi sul Gesù risorto e glorioso, finisce per imprimere una prevalenza alla crocifissione-risurrezione per la nostra salvezza,[16] rispetto all’imminente arrivo del regno di Dio che il Gesù terreno predicava. La Chiesa ha presto introitato e fatta propria questa linea (Rm 4, 25 e 1Cor 15,3: Gesù è morto per i nostri peccati).

Mi sembra allora che non possiamo eludere una domanda e chiederci se già l’originale messaggio apostolico non contraddice ciò che rappresentava il cuore del messaggio del Gesù storico: l’accesso diretto a immediato di qualsiasi essere umano a Dio, l’amore incondizionato di Dio per tutti,[17] e poco altro.

Teniamo presente che il Gesù terreno era stato considerato un pericolo dall’istituzione ecclesiastica di Gerusalemme che si rendeva perfettamente conto che se la gente l’avesse seguito, il magistero avrebbe perso la posizione di unico mediatore tra l’uomo e Dio, e non le avrebbe più obbedito. Se l’uomo può contattare direttamente Dio, l’istituzione religiosa perde tutta la sua autorità e tutto il suo potere[18]. Se la gente crede davvero a Gesù e al suo messaggio, il clero non ha più niente da fare, va in cassa integrazione, e si possono anche chiudere le porte del Tempio. Invece, fin tanto che il magistero riesce a convincere le persone:

- che tra gli uomini e Dio c’è un’enorme distanza,

- che loro non possono rivolgersi a Dio ma devono passare attraverso il clero,

- che non possono incontrare Dio in piazza, o in cima a un monte, o in un luogo profano qualunque, ma devono andare in un posto preciso e sacro, com’è il Tempio,

- che lì devono fare le loro offerte, seguire dei rituali, eccetera,

la distanza fra Dio e gli uomini resta abissale, e in questo solco può tranquillamente inserirsi come mediatrice l’istituzione. L’istituzione (anche la Chiesa istituzione) viveva e vive della lontananza tra Dio e gli uomini. E non mi verrà a dire che la nostra Chiesa ha invece seguito fedelmente Gesù e non si è mai inserita come mediatrice fra Dio e gli uomini in questi secoli: pensiamo al potere che si è presa con la confessione e con l’eucaristia (attraverso le quali può sistematicamente discriminare le persone, in nome di Gesù sia ben chiaro, che invece non ha mai escluso nessuno). E anche in punto ricchezza[19] e potere,[20] mi sembra che il Vangelo di Gesù sia stato piuttosto emarginato.

Quanto alla ricchezza, ad esempio, Gesù aveva proibito espressamente di portare con sé denaro per annunciare il Regno di Dio (Mt 10, 9; cfr. anche At 8, 20); ciò vuol dire che - secondo Gesù - il denaro è un intralcio all'evangelizzazione. Quasi tutti i vescovi, nel corso dei secoli, hanno sempre ritenuto che per evangelizzare ci sia invece bisogno di denaro, di molto denaro, tanta mammona da far confluire nello Ior e nel Banco di Santo spirito. Avendo noi occidentali assunto il denaro a idolo, sicuramente ci siamo scristianizzati, senza comunque aver risolto nel mondo i problemi della salute, del cibo e della relazione con gli altri, i veri problemi che interessavano al Gesù terreno.

Quanto al potere, anche nella nostra Chiesa la religione è potere, mentre il Vangelo richiama solo al servizio. Il potere resta in mano al forte, ed è impensabile che il forte si metta al servizio del debole rinunciando spontaneamente al suo potere[21]. Dobbiamo perciò riconoscere che il Vangelo non coincide con la Religione[22]. E se ci atteniamo a ciò che dicono i Vangeli, è la religione che ha ucciso Gesù, perché la religione dei sacerdoti e del Tempio, fondata sul potere e la ricchezza, si è resa conto di essere incompatibile con Gesù (Gv 11, 47-53).

Inoltre, nella Chiesa, tutto il potere è stato riservato all’ambiente sacro senza condividerlo con quello laico. Oggi siamo davanti a un sistema ormai irrigidito, che fa fatica a cambiare perché da secoli si è sempre fatto così[23]. La gerarchia ecclesiastica è contenta se la gente esce dalla messa con la coscienza tranquilla per aver fatto il proprio dovere domenicale, e non le importa se questa gente, quando esce, pensa esattamente come pensava prima di entrare in chiesa (quindi senza conversione, senza aver cambiato modo di pensare)[24]. Le persone religiose, abituate solo al rito, scambiano spesso per fede il loro bisogno di sicurezza, e vedono ogni novità come un attentato alla loro sicurezza. E di certo il rito liturgico dà sicurezza perché non dobbiamo inventare niente. Sappiamo quello che si deve fare, quello che si deve dire, dove e come muoversi. Il rito diventa così facilmente il linguaggio della comunità perché viene inteso allo stesso modo da tutti. Ma nonostante Gesù abbia sconvolto questo sistema di riti e liturgie, da sempre nella comunità cristiana si tenta di inserire la novità di Gesù nei vecchi otri dell’istituzione religiosa. Questo tentativo è sempre stato presente nella storia del cristianesimo tanto che gli stessi apostoli l’hanno fatto, ad es. tornando subito a pregare nell’edificio sacro dopo la morte del Maestro (Lc 24, 53), quando Gesù non aveva mai pregato né nella sinagoga, né nel Tempio.

Quanto all’infallibilità e al possesso esclusivo della Verità, c’è stato perfino un tempo in cui la Chiesa ha osato presentarsi come l’unica società veramente perfetta, identificandosi così col Regno di Dio sulla terra[25]. È agevole osservare che, quand’anche Dio avesse rivelato tutta la Verità, è l’uomo ad essere limitato, per cui non è in grado di percepire e accogliere tutta questa verità, ma solo frammenti di essa. In effetti, se la verità assoluta è infinita come è infinito Dio, e l’infinito non può essere posseduto dal finito, quella che si trova presente nella Chiesa cattolica resta pur sempre una verità parziale, un insieme di frammenti di verità, un accenno di verità come aveva riconosciuto perfino papa Benedetto XVI;[26] e una verità parziale non può mai trasformarsi in verità infinita e assoluta neanche col supporto dello Spirito Santo, ma resta sempre monca e quindi fallace.

Oggi, per fortuna, nessuno si sogna più di sostenere che lo Stato pontificio fu una società perfetta, e che la Chiesa ha sempre e solo insegnato la Verità pura e assoluta. Oggi tutti riconoscono che il Regno di Dio (su cui si è concentrata la predicazione di Gesù) è sempre qualcosa di più, di più grande, che si trova sempre oltre,[27] e sentiamo la Chiesa al più come una facilitatrice al servizio del Regno[28]. La Chiesa non s’identifica più col Regno, ma viene intesa come un germe posto al suo servizio,[29] che germinando si spera produca buoni frutti. Tutto allora nella Chiesa dovrebbe essere semplicemente al servizio del Regno, mirare a questo assoluto: solo il Regno è l’assoluto, tutto il resto è relativo, anche la Chiesa con i suoi vescovi. Oggi, perfino una nutrita parte di cattolici ammette con autocritica che, purtroppo, è successo più volte che la Chiesa sia stata molto lontana dall’essere la società perfetta, tanto da essersi piuttosto interessata ai suoi problemi in vista di sé stessa; da essersi comportata più a suo proprio vantaggio al pari di qualsiasi altro ente secolare, giungendo più di qualche volta ad occuparsi con dedizione totale ai problemi attinenti alla giustizia e alla libertà solo quando si riferivano a sé stessa, alle sue strutture o al suo apparato gerarchico[30].

E che dire dell’insegnamento del magistero? Ci è stato detto che bisogna obbedire ai legittimi pastori della Chiesa,[31] e il magistero, per l’autorità esercitata nel nome di Cristo, è il solo interprete autentico della Parola di Dio, scritta o trasmessa:[32] nessun altro può calcare questo terreno di esclusiva competenza del magistero. La conseguenza è che è vietato ai laici pensare in proprio e diversamente da quello che viene loro insegnato, anche se contraddittoriamente ci viene raccontato che Gesù ci vuole liberi. Ma come si fa a negare che la Chiesa è già nata nell’eresia e non nella Verità perché, pur interpretando da sempre le Scritture in regime di assoluto monopolio, aveva accettato la schiavitù, la supremazia del maschio (il pater familias), l’obbedienza all’autorità sempre maschile, la tortura degli eretici, tutte cose che oggi contrastano con quella che sappiamo essere la Verità?

E visto che proprio Gesù ci ha liberato, invitandoci a valutare in proprio (Lc 12, 57: «Perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto?»[33]), a me sembra che l’istituzione-Chiesa debba ormai accettare che le sue indicazioni siano messe in discussione, anche dai laici, e magari anche accantonate se riconosciute sbagliate. Una Chiesa che vuole solo imporre crea in realtà non ponti di accoglienza, ma recinti, e una Chiesa come realtà chiusa[34] oggi serve a poco. A mio parere, un vescovo deve oggi essere assolutamente una persona capace di sintesi (sim-bolico) non di divisione (dia-bolico), e soprattutto deve vivere personalmente come poi predica che debbano vivere gli appartenenti al suo gregge. Come può un vescovo parlare della povertà e arrivare alla conferenza su una grossa Mercedes con autista?

Sinceramente non capisco perché tanti credenti si preoccupino così tanto di fronte alla pretesa delle persone di essere libere (se queste devono amare, non devono essere libere?), e preferiscono vedere tutti avviluppati in una stretta rete di leggi e prescrizioni ecclesiastiche,[35] per mantenere una unità. Può allora essere ricordato che anche san Paolo predicava: «È la mia coscienza, che ben distingue il bene dal male, a legarmi; e la mia libertà non va sottoposta al giudizio di coscienza di un altro» (1Cor. 8, 7-12; 10, 25-30). E il nocciolo della libertà – che libera anche dalla legge – resta sempre l’amore per il bene degli altri, che non può mai essere espresso attraverso ferree leggi. L’amore, poi, si può trasmettere soltanto attraverso opere o gesti che lo comunicano. Ecco perché Gesù nel suo insegnamento non si rifà alla legge, neanche alla legge di Dio, perché nessuna legge potrà mai esprimere l’amore di Dio.

E poi, quando mai Gesù ha invitato la gente ad andare al tempio per assistere alle funzioni religiose (il che tradotto oggi, sarebbe andare a messa per pregare), a obbedire ai sacerdoti, ad avere timore e rispetto per le cose sacre? Quando mai ha organizzato la Chiesa con i suoi apostoli (oggi, per successione apostolica,[36] i suoi vescovi), e altre cose del genere? Ripeto che Paolo, diventato la colonna portante della struttura ecclesiale, non ha ricevuto l'investitura da nessuno dei dodici apostoli; come mai nessuno sostiene che i vescovi da lui nominati, non derivando il loro carisma direttamente da uno dei 12 apostoli, non rientrano perciò nella successione apostolica, dovendoli equiparare invece ai vescovi protestanti che – come sappiamo,- non sono riconosciuti dalla Chiesa cattolica?[37] Allora la stessa Chiesa cattolica si smentisce da sola quando pretende la successione storica soltanto dai dodici apostoli, perché poi ammette delle eccezioni al suo interno[38].

Mi dica poi in quale passo dei vangeli Gesù istituisce chiaramente il magistero che abbiamo. Il papa emerito dice che l’ultima cena è l’atto di fondazione della Chiesa perché lì Gesù dà agli apostoli il compito di celebrare il suo memoriale, e poi il Risorto conferisce sempre agli apostoli il potere di rimettere i peccati[39]. Il papa precisa espressamente che “In un certo senso possiamo dire che proprio l’Ultima Cena è l’atto di fondazione della Chiesa. Perciò è del tutto inconciliabile con l’intenzione di Gesù uno slogan di moda alcuni anni fa «Gesù sì. Chiesa no»”[40].

Temo di dover dissentire. Quanto al memoriale, cioè alla celebrazione eucaristica nell’ultima cena, richiamo la citazione di Paolo Curtaz: “l’attuale modello di Chiesa, tutto imperniato solo sulla conservazione dell’esistente, non può reggere, perché una parrocchia che ha come unica proposta per i fedeli la celebrazione dell’eucarestia è come la vetta di un monte… senza niente sotto: crolla su sé stessa …”[41]. Gesù, il medico dei malati, invita tutti alla sua mensa, mentre il magistero invita alla mensa del Signore solo i suoi, dopo averli visitati e considerati sani perché obbedienti. È anche importante sottolineare come, secondo Gesù, nella vita della comunità, ci debbano essere più voci o diversi strumenti che suonano assieme, ciascuno dando il meglio di sé. Non ci deve essere quella uniformità di voci e di suoni, quel grigio piattume che deriva dall’obbedienza cieca e assoluta a un capo, ma una ricca varietà nell’unico spartito che è quello dell’amore. Quindi l’amore è vissuto in varie forme, in varie modalità. Da notare in proposito l’uso del verbo ‘si accordano’ (Mt 18, 19) in greco è symfonésosin, da cui la nostra parola “sinfonia”. La religione dell’obbedienza e della sottomissione, monolitica e spietata che dà una parvenza esterna di unità, è invece propria dei dittatori, dei potenti, di quelli che stanno dalla parte giusta (che sovente sono anche inquisitori e cacciatori di streghe). In conclusione, anche rompere l’unità (meglio sarebbe dire la piatta uniformità), alla quale Lei tiene tanto, non vuol dire rompere la comunione, così come non viene rotta dagli orchestrali che suonano strumenti e note diverse.

Personalmente mi sembra che Gesù non abbia fatto nulla di quanto ci hanno insegnato: non era sacerdote e non ha istituito alcun ordine,[42] mai si è messo al servizio del tempio o della religione[43], non ha neanche organizzato una sola funzione religiosa (cioè una messa), non si è mai riunito con i suoi seguaci in un luogo sacro, né ha mai amministrato sacramenti o cose simili,[44] e non si è nemmeno mai sognato di ordinare sacerdoti i suoi dodici apostoli; men che meno Paolo che non ha conosciuto. Non ha neanche battezzato nessuno dei 12 apostoli, e oggi ci dicono che il battesimo è l’unica porta d’ingresso della nostra Chiesa[45]. Nell’ultima cena non ha detto espressamente di voler istituire una sua nuova Chiesa, e siccome per tutta la vita ha invece insegnato che il suo seguace deve in primo luogo servire,[46] mi sembra assolutamente pregnante l’obiezione fatta da Pagola José Antonio: anche se si dicesse che in fin dei conti, all’ultima cena, le donne che seguivano in buon numero Gesù (Mc, 16, 41; Lc 8, 3) erano solo delle figure minori, anonime, che hanno servito a tavola i 12 maschi, perché questo era il compito tradizionalmente riservato in quella cultura alle femmine (cfr. Gn 18, 9; Rt 2, 14), ricordiamo che Gesù ha detto: "Io sono in mezzo a voi come colui che serve" (Lc 22, 2.7): quindi, stando proprio all’insegnamento di Gesù, chi è più grande, colui che sta a tavola e si fa servire o colui che serve? E se chi serve è più importante, siamo così sicuri che proprio Dio abbia voluto nella Chiesa un clero declinato solo al maschile, come c’insegna invece il nostro magistero che pretende obbedienza? Inoltre, Gesù non si è mai dichiarato infallibile e non ha munito nessuno dell'infallibilità con la scusa che era un uomo sacro[47]. Infatti, per come s’intende e si vive ancora oggi il sacro, si tratta di una categoria che crea separazione, differenza e distanza, nel senso che il sacro si considera dotato di una dignità e di una condizione eccelsa che non si trova nel profano, cioè in quello che è comune alla maggior parte dei mortali. Per questo la laicità, come sistema organizzativo di società e di convivenza fra i cittadini, è di solito rifiutata da ogni tipo di clero. Infatti le persone sacre e consacrate pretendendo di meritare un rispetto al quale i laici non hanno diritto. La condizione laica pone invece tutti sullo stesso piano di obbligazioni e doveri, in uguaglianza di diritti e privilegi. Forse per questo Gesù Cristo è venuto ad abolire il sacro (basta pensare a quale risposta dà alla samaritana al pozzo che gli chiedeva dove si doveva adorare Dio – Gv 4, 23), perché Dio non va più adorato in uno spazio sacro. Gesù ha invece recuperato Osea (Mt 9, 13; cfr. Mt 12, 7, dove si richiama Osea 6, 6: “misericordia voglio, non sacrifici”). Proprio a causa della contestazione del sacro Tempio, dei suoi sacerdoti e dei suoi sacri riti, le persone pie e religiose lo hanno ammazzato. Per questo i privilegiati di sempre, gli amici di dignità, titoli, orpelli, posto d’onore, tutti costoro non vogliono neanche oggi sentir parlare di società laica,[48] anche se Gesù aveva ben visto che la pretesa dignità del Tempio e le sue cerimonie erano l'origine della pericolosa tranquillità di coscienza che giunge fino alla superba presunzione di soddisfazione e pace interiore che, tante volte, sperimenta la gente più fedele alla religione, specialmente i «professionisti» del culto sacro[49]. Essi sono in pace con sé stessi nella convinzione di possedere già la Verità, e questo per loro è sufficiente.

Insomma, proprio dai vangeli risulta evidente che il progetto di Gesù da una parte, e il progetto della religione dall’altra, erano due progetti che non potevano conciliarsi né armonizzarsi. Erano cioè incompatibili. E sono tuttora incompatibili perché nel progetto della religione il centro determinante di tutto sta nel sacro, con la sua dignità, il suo potere, le sue norme, le sue proibizioni; invece nel progetto di Gesù il centro di tutto sta nell’umano, nel rispetto verso tutti, siano o non siano religiosi, abbiano o non abbiano credenze, siano persone buone o cattive, siano ortodossi o eterodossi. Ed è anche un progetto che ha il suo centro nella dignità e felicità delle persone, nella gioia di vivere, nel piacere e nel godere di tutto il bello e il buono che Dio ha fatto e messo nella vita[50]. Gesù si è reso conto che è nella felicità o nella sofferenza che gli uomini mettono in gioco il proprio incontro o allontanamento da Dio. È chiaro che la Chiesa, disattendendo spesso quanto si poteva ricavare dai racconti evangelici, ha creato voragini di disuguaglianza fra uomo e donna, fra presbiteri e laici.

Dunque mi sembra che ci è stato insegnato spesso il contrario di quello che si dovrebbe trarre dai vangeli, e che si può invece sostenere che Gesù ha tolto la religione dalle mani dei sacerdoti, “perché sulla croce non è morto Dio, come tante volte si è detto, bensì è morta quella religione che rinchiude Dio nel Tempio e lo mette nelle mani dei sacerdoti, che si presentano al popolo con la pretesa di essere essi, e solo essi, la voce di Dio e gli amministratori sacri del suo potere. Quando muore la religione del sacro, sorge la religione vissuta e insegnata da Gesù[51]. La religione dove l’essere umano, dal più profondo dell’umano, incontra questa realtà ultima che desideriamo e che, finora almeno, abbiamo invocato come Dio”[52].

Gesù ha trascinato la religione fuori dall'ambito del sacro, per porla piuttosto nella vita, visto che i vangeli sono innanzitutto vita[53]. Insomma, con Gesù, Dio è vicino, dissimulato nel profano,[54] e non sta lontano, lassù nell’alto dei cieli. La Chiesa-istituzione ha fondato il cristianesimo sul peccato,[55] il concilio Vaticano II l’ha riportato sulla vita di Gesù (Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione – Dei Verbum - §2, del 18.11.1965), perché questo indicano i vangeli. Papa Francesco va in questa direzione, ma siccome il peccato è una colonna del repertorio tradizionalista[56] – o integralista, – ecco che i difensori delle certezze di un tempo vogliono tornare alla restaurazione, e si oppongono in tutti i modi a questo papa, non rendendosi conto che così si stanno opponendo non solo al concilio,[57] ma soprattutto al Vangelo. Ma avete notato che i veri ‘soldati di Cristo’ non parlano mai del Vangelo?[58] Li sentiamo parlare di rosari, di immutabile Parola di Dio, di valori religiosi, di tradizione, di principi non negoziabili, ma non citano mai i vangeli (cosa che invece fa in continuazione papa Francesco, e per questo disturba tanti pii credenti).

Io temo che quando il Credo cristiano viene separato dal Vangelo e insegna esclusione e divisione, anziché inclusione come fanno i vangeli, viene in realtà ridotto a mera ideologia; e conferma testuale di quanto sto dicendo si ha al termine del vangelo di Luca, dove si racconta succintamente l’ascensione di Gesù al cielo. Dalle parole Gesù passa ai fatti: “li condusse fuori” (Lc 24, 50), cioè “fuori” di Gerusalemme, come in un tempo lontano Dio “aveva fatto uscire” il popolo di Israele fuori della terra d’Egitto (la stessa espressione nella versione greca dei Settanta (LXX) in Es 12, 42.51; 13,3; ecc.); in altre parole, “li condusse fuori” dell’istituzione religiosa giudaica, che era diventata terra di oppressione al pari dell’Egitto, affinché non vi tornassero più[59]. E questo funzione liberatoria è l’unico punto di contatto che c’è fra il Dio biblico di Paolo (“Io sono quello che vi libera dalla schiavitù egiziana) e il Dio di Gesù (che libera dall’istituzione ecclesiastica). E se qualcuno dubita che questa sia una corretta interpretazione da dare alla frase "li condusse fuori", ricordo che Gesù invita a predicare «a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati cominciando da…» (Lc 24, 47): qual è il primo posto che occorrerà convertire? Forse Sodoma, forse Gomorra? Forse occorre cominciare dalle popolazioni pagane, idolatre, immorali, dedite alla violazione dei principi non negoziabili, al libertinaggio, all’aborto,[60] all’omosessualità?[61] No: si comincia da Gerusalemme, la città santa per antonomasia, il luogo dove Dio stesso aveva la dimora in terra, il centro della vera religiosità. Sarebbe come dire oggi: dal Vaticano.

Dobbiamo anche tornare a dire che Gesù, al contrario del fariseo Paolo che riteneva l’autorità di derivazione divina,[62] aveva soppresso il rapporto “governante-governato” mentre noi abbiamo ricreato nella Chiesa il rapporto che esisteva nella religione ebraica fra il clero che detiene il potere e il popolo laico che deve obbedire sottomesso[63]. Non ricordo quale teologo ha giustamente detto che nella Chiesa l’obbedienza ha soppiantato la sequela: noi cristiani obbediamo ai preti,[64] ma non seguiamo Gesù. Obbedire è “sottomettersi a” un altro. Seguire è “vivere con e come” un altro, dare adesione fondendo la propria vita con quella dell’altro. Gesù stesso ha descritto ciò che significa essere suo seguace. I suoi seguaci si distinguono perché danno la loro adesione, non verbale né di principio, ma di condotta e di vita, impegnandosi con lui e come lui a dedicarsi senza riserva al bene dell’uomo (Lc 6, 47). E se nessuno fra gli apostoli aveva capito che il traditore era Giuda, vuol dire che Gesù aveva continuato a trattare tutti, fino all’ultimo, sempre con lo stesso rispetto e lo stesso modo affabile[65]. Perciò se feriamo l’uomo offendiamo Dio e pecchiamo[66].

Siamo ben lontani dai simboli della cristianità che vengono branditi come una clava, come un’arma identitaria, contraddicendo ciò che dovrebbero simboleggiare: dialogo,[67] apertura all’altro, compassione. Separatezza e discriminazione (tipiche dell’insegnamento di un magistero conservatore), contrapposte a misericordia, solidarietà e accoglienza (tipiche del Vangelo di Gesù) portano chiaramente a due immagini contrapposte e inconciliabili di Dio.

E ricordiamoci infine della domanda di Gesù:[68] il Figlio dell’Uomo, quando verrà, troverà la fede? (Lc 18, 8). Egli non si è chiesto se troverà una Chiesa grande, potente, ben strutturata piramidalmente e con tanti seguaci che obbediscono lietamente ai legittimi pastori della Chiesa[69]. Troppi uomini di Chiesa non sono riusciti a far fiorire l’umano, ed è soprattutto per questo – io credo - che spesso avviene ciò che lo stesso papa emerito ha lamentato:[70] non avendo visto dischiudersi alcun nuovo cielo e alcuna nuova terra, trovano l’insegnamento della Chiesa deludente, e siccome lo trovano deludente,[71] sbattono la porta di casa in faccia al clero e denunciano la Chiesa come ingannatrice. Forse qualche ragion ce l’hanno. Ed è proprio in quest’ottica che non posso interpretare le parole di Gesù sul tagliarsi la mano e togliersi l’occhio come fa Lei. A me sembra che Gesù raccomandi ai suoi discepoli che, se nei loro comportamenti vedono un chiaro motivo di caduta dovuto ad ambizione o al desiderio di prevalere sugli altri esercitando il potere, occorre intervenire rapidamente e drasticamente, amputando (metaforicamente) con decisione l’arto che li porta sulla via sbagliata. In caso contrario, se questo tipo di comportamento s’incancrenisce, si arriva senza scampo alla rovina totale[72]. Gesù indica che questi tre organi, mano, piede ed occhio possono diventare causa di scandalo, facendo allontanare i piccoli, facendo cadere le persone più vulnerabili. In che modo? Perché la mano è collegata con l’attività, con il modo di agire e rapportarsi con gli altri; il piede ha a che fare con il cammino, con la posizione che uno raggiunge nel corso della sua vita e in questo senso anche il piede riguarda il modo di rapportarsi con gli altri; l’occhio ha a che fare con il desiderio o il disprezzo. L’invito, dunque, è quello di eliminare questi comportamenti,[73] non gli organi. Cioè se con la propria azione negativa si diventa una persona che crea scandalo perché invece di farsi servo di chi è già piccolo, lo si sfrutta, lo si umilia, allora occorre eliminare drasticamente questo modo di comportarsi, di vedere, di desiderare, di guardare il mondo. Se non ci si corregge prontamente si vivrà anche da ricchi capi (magari anche da vescovi), ma si è uomini fatalmente destinati alla rovina totale; si vivrà una vita del tutto inutile perché si finirà nella Geenna, immondizia per l’inceneritore di Gerusalemme: in altri termini si vivrà una vita che non sviluppandosi e non arricchendo gli altri non avrà alcuna possibilità di futuro. Come in tutti i campi (al di fuori della religione, si pensi del vizio del fumo, o a una relazione amorosa) è più facile evitare di entrare in una situazione pericolosa, piuttosto che uscirne dopo esservi entrati ed aver lasciato incancrenire la situazione. Non ritengo, invece, che l’ammonimento si riferisca a chi pensa con la propria testa, perché proprio Gesù rimproverava la gente che non voleva ragionare con la propria testa: «perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?» (Lc 12, 57). Da voi stessi, non in base a ciò che dice e insegna il sacro magistero della Chiesa.

Con questa sua domanda sulla fede Gesù mette in guardia da un’autogaranzia. Se mai Gesù avesse fondato la Chiesa che abbiamo, questa sua domanda ci fa capire che neanche alla Chiesa è garantita il successo nella sua storia. La Chiesa non è autogarantita perché una realtà ecclesiale può anche non essere fedele a Cristo. Questa domanda allora interpella noi tutti: forse anche la nostra fede non è adesione a Gesù; forse non abbiamo mantenuto sufficienti legami col Vangelo, e – lo ripeto,- non confondiamo la fede con l’obbedienza.

Lei parla poi di successione apostolica, e correttamente richiama la costituzione Dei Verbum § 7, la quale dichiara che gli apostoli, affinché l'Evangelo si conservasse sempre integro e vivo nella Chiesa, lasciarono come loro successori i vescovi, ad essi «affidando il loro proprio posto di maestri».

Anche su questo punto va però ricordato che è stato Ireneo (nel secondo secolo) a sviluppare il tema della successione apostolica (Adv HerLibro III, Cap.3, 3[74]) e a sostenere che la retta dottrina degli apostoli viene solo attraverso la successione dei vescovi (Adv Her IV, 33, 8), i quali avevano ricevuto il carisma della verità (Adv Her IV, 26, 2), nel senso che lo Spirito Santo ebbe ad assisterli con charisma veritatis certum (carisma sicuro della verità). Dunque la dottrina della successione apostolica per cui occorre obbedire ai presbiteri che partecipano alla successione apostolica e insieme alla successione dei vescovi hanno ricevuto il dono della verità, è un’elaborazione del II secolo. Anche qui, Gesù non c’entra per niente. Come fa a dire che la successione è voluta da Gesù?

E poi di quanti vescovi, quando muoiono, si può dire che hanno lasciato una viva memoria propria di Gesù e del Vangelo?[75] Non basta certamente la successione storica, perché – ben più arduo – è succedere nella vita apostolica, la quale è parte integrante della successione apostolica. Nessun apostolo viveva in palazzi e in superattici come fanno moltissimi vescovi di oggi;[76] nessun apostolo aveva al suo seguito segretari, camerieri, cuochi, ecc. In altre parole, una successione apostolica non accompagnata da una vita veramente apostolica, cioè vivere come gli apostoli, non può essere vera successione apostolica[77]. Esattamente come sostengono da sempre i protestanti. Quando poi l’apostolato episcopale degenera, e al posto dell’esemplarità di vita si trasforma in dignità di cariche e proprietà di beni, la gente vede in questo un’interpretazione degenerata del vangelo, il che fa allontanare sempre più dalla Chiesa[78]. Questo è ciò oggi crea scandalo.

Come vede c’è molto da lavorare nella nostra Chiesa per riportarla al Vangelo, ed è certo che se domani si accettasse in blocco la tradizione evangelica escludendo quella paolina (base della struttura della Chiesa che ancora oggi abbiamo), cioè se si adottasse la cristologia narrativa a scapito di quella dogmatica (cfr. la risposta alla domanda sub 12), la struttura della Chiesa riceverebbe uno scossone terribile: il teologo professor Castillo parla di uno tsunami teologico[79]. Se solo si desse attuazione alla Lumen gentium[80] verrebbe rovesciata la piramide tradizionale del potere[81] (il sommo pontefice vicario[82] rappresentante di Dio in terra, i vescovi-pastori, i fedeli-pecore che obbediscono al vescovo ripetendo ciò che il vescovo vuol sentirsi dire), perché questa costituzione conciliare pone al primo posto non il vicario di Dio in terra, ma Dio stesso col suo progetto di salvezza (cap. I) e subito dopo, ma allo stesso livello (cap. II), tutto il “popolo” che viene definito come “suo” (di Dio); e sempre Dio se ne prende carico. Non si parla più di successione apostoli-vescovi, né di piramide Dio-papa-vescovi-presbiteri-gregge.

E allora concludo girandole queste domande: se il Suo concetto di Chiesa non tocca in qualche modo concretamente questo mondo e il nostro modo di rapportarci con gli altri, a cosa serve? Credere fortemente all’insegnamento del magistero, le è servito forse per dare il suo contributo concreto per cambiare qualcosa di questo mondo in meglio, almeno in minima parte? Se la mappa fornitaci dal magistero non ci aiuta nell’orientamento per collaborare in questo miglioramento, se complica la fede anziché aiutarla, se impedisce il dialogo e l’incontro, dovremmo chiederci se è ancora Gesù ad animare e ispirare la nostra vita. Cristo, come si è detto nella relazione, non si può ridurre a formula e, sempre come già detto, Gesù è venuto per l’UOMO, non per la CHIESA.

NOTE


[1] Con Ignazio di Antiochia (seconda metà del II secolo d.C.) emerge la gerarchia vescovile rispetto alla comunità dei credenti: la comunità non può far nulla senza il vescovo, i presbiteri ed i diaconi (lettera ai Magnesii 7, 1), non c’è eucarestia senza vescovo (lettera ai Filadelfiesi 4) (Haag H., Da Gesù al sacerdozio, Claudiana, Torino, 2001, 114).

[2] In tutte le lettere di Sant’Ignazio, leggibili in I Padri apostolici-collana di testi patristici, ed. Città Nuova, Roma, 1991, 93ss., oltre che in www.documentacatholica.eu, si delinea il rapporto comunità-vescovo, al quale non bisogna nascondere nulla e al quale bisogna essere sottomessi.

[3] Benedetto XVI, La gioia della fede, ed. San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2012, 101. Pèrez Márquez R., L’Antico Testamento nell’Apocalisse, ed. Cittadella, Assisi, 2010, 328, con riferimento all’Apocalisse: l’autore sottolinea come nel testo non c’è richiamo alcuno ad un’organizzazione ecclesiastica nelle sette Chiese. Da richiamare anche quanto detto a proposito di Paolo, che presiedeva all’eucarestia

[4] Vedasi, da ultimo, Papa Giovanni Paolo II, Enciclica 17.4.2003, Ecclesia de eucharistia, Cap.IV, 39, in www.vatican.va.

[5] Ignazio di Antiochia, Lettera agli Smirnesi, VIII, 1-2, in Simonetti M., Letteratura cristiana antica, ed. Piemme, Casale Monferrato (AL) 1996, vol.I, 87.

[6] Guerriero A., Quaesivi et non inveni, ed. Mondadori, Milano, 1973, 121 ss.

[7] Ad es., anche recentemente, la Congregazione per la dottrina della fede ha vietato la benedizione non ai carri armati o alle bestie, ma alle copie omosessuali.

[8] Non è quindi condivisibile l’idea espressa da Vittorio Messori su il Corriere del 3.3.2012, secondo cui la Chiesa deve occuparsi solo della vita eterna, e Gesù sarebbe venuto a schiuderci le porte del paradiso senza occuparsi di politica. Al contrario, Gesù ci ha fatto capire che Dio opera nella storia e mira alla promozione dell’umanità affinché l’uomo diventi sempre più umano perdendo la disumanità, senza aspettare il paradiso.

[9] Scquizzato P., Dalla cenere la vita, Paoline, Milano 2019, 55.

[10] Scquizzato P., Ripensare la risurrezione, Zoom 31.3.2021 www.unachiesaapiùvoci.it

[11] Tor C., C’è vita e vita, Emi, Bologna, 2000, 41.

[12] Come invece si è letto ad es. su ‘Il Piccolo’ del 16.6.2019, da parte di pii cristiani.

[13] San Paolo insegnava (2Cor 5, 16) che non aveva conosciuto il Gesù terreno e carnale e la cosa nemmeno lo interessava. Paolo seguiva il Dio biblico dei suoi padri, e non il Dio umanizzato di Gesù. Paolo conosceva solo il Cristo glorioso trascendente, non il Gesù immanente. Oggi è fondamentale per la sequela vedere e capire cosa ha fatto Gesù nella sua vita terrena.

[14] Gounelle A., Parlare di Cristo, Claudiana, Torino, 2008, 143.

Riflettiamo solo su come, da una parte, Gesù non abbia mai escluso nessuno, e, dall’altra, la Chiesa – in nome di Gesù, - continui ancora oggi a escludere, seppur in forme più morbide, chi da sempre è più svantaggiato (donne, divorziati, omosessuali, ecc.).

[15] A grandi linee, per tener a mente il periodo, possiamo dire che Paolo scrive negli anni 50, Marco negli anni 60, Matteo negli anni 70, Luca negli anni 90, Giovanni negli anni 100.

[16] In realtà non è che la morte di Gesù è come un atto (magico) in grado di redimerci. Gesù ci salva perché ci ha ricordato che figli non si diventa per singolare privilegio magari attraverso il battesimo, ma solo attraverso l’imitazione del Padre (Scquizzato P., Dalla cenere la vita, Paoline, Milano 2019, 51s.). E a questo punto l’autore richiama Carlo Molari: «Gesù è il salvatore dell’uomo non perché abbia eliminato il male del mondo … ma perché lo ha portato e ha insegnato ad annullarne le dinamiche in noi e negli altri, per crescere fino alla statura di figli di Dio».

[17] Il protestantesimo è nato puntando sulla Parola, e non sulla rivelazione mediata dalla Chiesa. Per il cattolicesimo, Gesù stesso, inculcando espressamente la necessità della fede e del battesimo, ha nello stesso tempo confermato la necessità della Chiesa, nella quale gli uomini entrano per il battesimo come per una porta. Per il protestantesimo la Chiesa non è affatto un ordine creato da Dio, perché l’uomo entra direttamente in contatto con Dio senza bisogno di un mediatore. Con quest’ottica, la Chiesa protestante è ovviamente più caotica di quella cattolica, completamente gerarchizzata, ma in cambio sembra più vicina ai principi evangelici.

[18] Richiamandosi al potere, Paolo (Rm 13, 1) richiama anche tutti alla sottomissione all'autorità, perché l'autorità viene da Dio (naturalmente parlava come Cicero pro domo sua, visto che sosteneva di essere stato investito d'autorità direttamente da Dio, per cui gli si doveva obbedire). Per l’Apocalisse, invece, ogni potere è satanico, ma nella Chiesa ha prevalso Paolo.

[19]All’inizio era tranquillamente ammessa. Alla fine del VI secolo e VII secolo, era cambiata la società, e per generare ricchezza serviva il lavoro agricolo fondato su un controllo stretto della manodopera. I tanti liberti, con la sicurezza di non ridiventare schiavi, erano però obbligati a servire la Chiesa, quindi erano sorvegliati in condizione di semi-servitù (Brown P.), i futuri schiavi della gleba.

[20] Il magistero preferisce che la gente non pensi con la propria testa. Questo torpore dell’intelligenza è dovuto alla religione che si è data una propria struttura. I pilastri di ogni struttura sociale sono: avere, sapere, potere. Pochi stanno al di sopra; la massa addomesticata sta di sotto. La massa addomesticata è tanta, pochi, che al di sopra l’addomesticano. Così al di sopra della massa s’insedia un potere immenso che s’incarica di vegliare sulla sorte della massa. Questo potere enorme cerca di presentarsi come previdente e mite. Assomiglierebbe all’amore paterno se, come questo, avesse per fine di preparare gli uomini all’età matura; ma al contrario, cerca solo di fissarli irrevocabilmente nell’infanzia. L’infante deve accettare che i grandi decidano cosa è meglio per lui, e il dovere di accettazione da parte degli adulti rimasti infanti vale ancora oggi per ogni religione.

[21] Castillo J.M., Il Vangelo è la soluzione del 7.1.2021 nel Blog dell’Autore in www.religiondigital.com.

[22] Non è ovviamente di quest’idea il magistero della Chiesa: “L’unica vera religione è quella che Gesù Cristo stesso ha fondato ed affidato alla sua Chiesa perché la difendesse e la propagasse” (Papa Leone XIII, Enciclica Immortale Dei, 1.11.1885).

[23] Pensiamo a come il 30 gennaio 2021 il papa ha richiamato la Cei a incominciare finalmente un processo di Sinodo nazionale, perché finora i vescovi avevano fatto orecchie da mercante.

Restare immobili è facilitato dal fatto che la nostra vita è sostenuta dalle abitudini, e senza abitudini dovremmo ricominciare ogni giorno tutto da capo. Faticosissimo e a volte palesemente inutile. Questo modo altamente economico e funzionale di stare al mondo ci rende però molto più conservatori che progressisti (Grandi G., Scusi per la pianta, DeA Planeta Libri, Milano, 2021, 29).

[24] Di domenica, l’importante è andare a messa, poi si fa quello che si vuole. Invece originariamente il sabato era per ricordare che viviamo perché siamo amati da Dio e quel tempo, quel giorno, è un tempo gratuito che ci viene donato. Ritroviamo il senso di lavorare per sei giorni con un momento, con un settimo giorno, di non fare. Molto più che andare a messa e dirci solo per questo cristiani.

[25] P. Casaldàliga e José M. Vigil, La spiritualità della liberazione, Cittadella, Assisi, 1995, 319. Per rendersi conto, invece, di come anche lo Stato pontificio fu uno dei tanti Stati, in nulla diverso nel male che accomuna tutti quanti gli Stati secolari, vedasi Rendina C., La santa casta della Chiesa, Newton Compton, Roma, 2009. Del resto il regno di Dio veniva in allora inteso come una comunità unita nell’obbedienza alla volontà di Dio così come manifestata dalla Chiesa.

[26] Come detto a §6 della relazione su “Chi era Gesù”, in https://sites.google.com/site/ilgiornaledirodafa20203/numero-578---11-ottobre-2020/chi-era-gesu-di-nazaret---vi.

[27] L’universo divino, dopo il Concilio, viene presentato come una costante pressione verso l’oltre, come la pressione potente del mistero in noi profondo che chiede di compiere il suo esodo. Oltre, sempre oltre è il tuo cammino, o Pellegrino, senza luogo ove posare il capo (Vannucci G., Il richiamo dell’infinito, ed. Fraternità di Romena, Pratovecchio (AR), 2006, 12).

[28] Gesù - come dice Pietro (At 10, 38) - è passato risanando e beneficando tutti. Ciò vuol dire che Dio si occupa del nostro star bene. Questo è il Regno di Dio. Ma tutti devono star bene, non solo pochi a scapito di altri.

[29] P. Casaldàliga e José M. Vigil, La spiritualità della liberazione, Cittadella, Assisi, 1995, 318.

[30] Idem, 320. Per fare un esempio si pensi alla polemica sul mancato intervento della Chiesa a favore degli ebrei dopo la promulgazione in Italia delle leggi razziali del 10.11.1938. C’è chi sostiene che Pio XI fece il massimo (Sale G., In atto una riabilitazione strisciante del fascismo, “Famiglia Cristiana,” n.52/2008, 31), ma c’è chi ricorda che la violenta reazione verbale di Pio XI non venne ripresa neanche dall’”Osservatore romano”, e che la diplomazia vaticana diretta allora dal cardinal Pacelli (futuro Pio XII) ritenne di manifestare l’opportunità che la stampa cattolica, i predicatori e i conferenzieri si astenessero dal trattare in pubblico questo argomento, sì che, alla fine, l’enciclica Humani Generis Unitas, preparata sempre da Pio XI, non venne mai alla luce, anche perché Pio XI morì di lì a poco, e il suo successore Pio XII ritenne il rigore di quel documento troppo dannoso, alla vigilia di un conflitto ormai certo, facendolo archiviare (Moro R., La Chiesa e lo sterminio degli ebrei, ed. Il Mulino, 2002).

Dire perciò che i popoli che hanno accolto la Chiesa si sono distinti per l’umanità, per l’equità, per le imprese gloriose (Papa Leone XIII, Enciclica Immortale Dei, 1.11.1885), appare un po’ troppo ottimistico.

[31] Cfr. l’art.3 del Catechismo di Pio X, mai formalmente revocato.

[32] Costituzione dogmatica sulla divina rivelazione del 18.11.1965 – Dei Verbum - § 10.

[33] In quest’ottica, nel 1993, tre vescovi tedeschi (Lehmann, Kasper e Sauere) si dissero favorevoli alla possibilità di ammettere anche i divorziati all’eucarestia, se essi, dopo un incontro con un prete, avessero ritenuto in coscienza di esservi autorizzati. Ovviamente il Vaticano criticò duramente questa posizione. Si è dovuto aspettare papa Francesco (con la nota 351 dell’Esortazione apostolica Amoris Laetitia del 19.3.2016), per aprire un varco per i divorziati.

[34] La Chiesa si dona spezzando il pane, la Chiesa si dona a tutti, senza esclusione. Un'assemblea ecclesiale è segno di questo: una Chiesa senza esclusioni. Così vede oggi papa Francesco come dovrebbe essere la Chiesa (Messaggio di Francesco al CELAM per l'inizio dell'Assemblea ecclesiale: https://youtu.be/YCY_v5mIQys - 24 gennaio 2021).

[35] Drewermann E., Funzionari di Dio, ed. Raetia, Bolzano, 1995, 269.

[36] Papa Benedetto XVI afferma che la successione apostolica si ricava da 1Pt 5,1, dove egli si dichiara co-presbitero: lo stesso ministero che egli aveva ricevuto dal Signore ora continua nella Chiesa grazie all’ordinazione sacerdotale (Benedetto XVI, La gioia della fede, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2012, 98.). Sembra agevole replicare che il prefisso co, che riprende il cum latino, dovrebbe restare con o com davanti a consonante (confratello, comproprietario) e co solo davanti a vocale (coabitazione) (Gabrielli A., Si dice o non si dice?, Mondadori, Milano, 1969, 417s.). Quindi co(m)presbitero indica proprio il contrario di quanto sostiene il papa emerito, perché indica parità e non già superiorità, esattamente come confratello non è superiore agli altri fratelli.

[37] Richiamo quanto detto dal teologo anglicano Hooker (risposta alla domanda sub 3).

[38] Altra eccezione si ha con l’istituzione della diocesi di Alessandria. Qui la diocesi venne imposta dall’imperatore Teodosio, stante l’importanza della città, e il vescovo inviato non era successore storico degli apostoli (cfr. nota 13 alla domanda n.5 sui concili).

[39] Benedetto XVI, La gioia della fede, ed. San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2012, 93.

[40] Ibidem.

[41] Cfr. l’articolo Ma Gesù ha fondato questa Chiesa? al n. 504 di questo giornale, https://sites.google.com/site/liturgiadelquotidiano/numero-504---12-maggio-2019/ma-gesu-ha-fondato-questa-chiesa, e l’articolo Gesù non ha fondato questa Chiesa, al n.564 di questo giornale, in https://sites.google.com/site/ilgiornaledirodafa20202/numero-564---5-luglio-2020.

[42] Perciò è stata l’istituzione Chiesa a sovraesaltare il ministero ordinato (vescovi, preti, diaconi) e, in questa cultura sacrale e patriarcale, non riconosce i laici come Chiesa: il laico profano deve infatti essere sottomesso all'uomo sacro. È ormai tempo che il ministero ordinato venga desacralizzato, che la Chiesa-istituzione cominci a riplasmarsi perché il popolo di Dio (che forma la Chiesa) è fatto da uomini e donne tutti uguali nel battesimo. Questo si può richiedere a gran voce perché la Chiesa-istituzione deve rendersi ormai conto che la grande rivoluzione religiosa compiuta da Gesù è quella di aver aperto un’altra via di accesso a Dio, diversa da quella del sacro: l’aiuto al fratello bisognoso. E l’unico vero peccato è l’oppressione del proprio fratello/sorella.

[43] Castillo J.M., Teología Popular (II), ed. Desclée De Brouwer, Bilbao (E), 2013, 46.

[44] E stando a Giovanni, nemmeno l’“ultima cena” è stata una “cena pasquale” (che si celebrava seguendo un preciso rituale religioso), ma al contrario Gesù ha anticipato quella cena alla vigilia, al giorno prima (Gv 13, 1; 18, 28; 19, 31).

[45] Decreto per gli armeni del concilio di Firenze (Denz.1314).

[46] Gesù lo dimostra concretamente con la lavanda dei piedi. A quel punto dice ai suoi: “Vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi “(Gv 13, 12ss.). In questo senso l’uomo Gesù incarna Dio, e per questo può dire: “Chi vede me, vede colui che mi ha mandato” (Gv 12, 45). Quindi solo nella umanità più completa si fa esperienza della divinità (Scquizzato P., Dalla cenere la vita, Paoline, Milano 2019, 57ss).

[47] Non condivido pertanto quanto papa Francesco, che pur apprezzo tantissimo, ha detto a proposito delle donne ordinate presbitere dai protestanti (https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2021-01/papa-francesco-udienza-ufficio-catechistico-cei-concilio-chiesa.htm): dal suo punto di vista non è accettabile questa scelta, paragonando questo errore dei protestanti all’errore di rifiutare le conclusioni del concilio Vaticano I.

[48] Castillo J.M., L’umanizzazione di Dio, EDB, Bologna, 2019, 296.

[49] Idem, 124.

[50] Idem, 118s.

[51] E una volta cacciati dal Tempio coloro che lì si erano impiantati con i loro traffici, si avvicinarono tutti gli esclusi, quelli che non avevano diritto di accesso al Tempio (Mt 21, 14).

[52] Castillo J.M., L’umanizzazione di Dio, EDB, Bologna, 2019, 343.

[53] Che il cristianesimo non sia un sistema di nozioni, bensì una via, è stato riconosciuto anche da papa Benedetto XVI, Introduzione al Cristianesimo, Queriniana, Brescia, 2000, 91.

[54] Moingt J., Dio che viene all'uomo, 1. Dal lutto allo svelamento di Dio, Queriniana, Brescia, 2005, 309.

Quindi infondata è la lamentela di un lettore dell’Avvenire, del 20.1.2021, secondo cui chi solo pensa di utilizzare gli spazi di grandi chiese per vaccinazioni di massa anti-Covid vede erroneamente la chiesa come ospedale da campo (nda: una frecciatina a papa Francesco), perché la vede con gli occhi appannati del materialismo e non con gli occhi di Cristo. Proprio Cristo vedeva il mondo con gli occhi del laico; proprio Cristo non vedeva la superiorità del sacro rispetto al profano; proprio Cristo si è occupato della salute dei corpi e non solo delle anime.

[55] Ponendo fra sé e gli uomini un muro invisibile fatto di doveri, e questo muro lo chiama Dio (Drewermann E., Funzionari di Dio, ed. Raetia, Bolzano, 1995, 419). Per la Chiesa, il peccato è il criterio della propria relazione con Dio. Se obbedisco e adempio ciò che mi è stato comandato sono in grazia; se trasgredisco lo offendo, devo chiedere scusa, riparare al male fatto ed espiare la colpa commessa (Scquizzato P., Dalla cenere la vita, Paoline, Milano 2019, 21s.).

[56] Cfr. la risposta alla domanda n. 14.

[57] “Spero di morire prima della fine del Concilio, così morirò da cattolico”, diceva di frequente e a voce alta l’allora capo del Sant’Uffizio, il cardinale Alfredo Ottaviani, stordito dalle novità conciliari (Grana F.A., Papa Francesco ha troppi nemici?, in

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09/20/papa-francesco-ha-troppi-nemici-i-veri-problemi-sono-sulla-scrivania/3865827/

[58] Non so se avete fatto caso, ma neanche l’ultimo responso della Congregazione per la dottrina della fede richiama un qualche passo delle Scritture per negare la benedizione alle coppie omosessuali.

[59] Come invita il paralitico portato dai quattro a tornare a casa sua, senza mischiarsi nella chiesa d’Israele (cfr. risposta alla domanda sub 3). Come invita il cieco guarito a non tornare nel Tempio (cfr. risposta alla domanda n. 21).

[60] Curioso notare come lo zoccolo duro degli integralisti cattolici americani non abbia accettato la vittoria di Biden negli USA perché, pur dichiarandosi cattolico, sarebbe a favore dell’aborto, e il “pro life” è il principale cavallo di battaglia che salda repubblicani duri e puri e integralisti cattolici. Se poi Trump (ma da noi valeva per Berlusconi), presidente pluridivorziato, vien fatto passare per difensore della famiglia tradizionale, se questo presidente se ne fa un baffo del problema ambientale nel mondo, se definisce ‘stupratori’ i messicani che cercano di entrare illegalmente negli Stati Uniti, se un attimo prima di lasciare la sua carica fa eseguire la condanna a morte di Montgomery Lisa eliminando la moratoria sulle esecuzioni in vigore da anni, tutto questo non scalfisce il mondo cattolico conservatore, che vede solo nell’aborto l’unico vero peccato mortale. Anche l’assalto di squadristi suprematisti bianchi, alcuni dei quali armati, al Campidoglio, con cinque morti resta evidentemente un piccolo peccato veniale, e se proprio deve essere peccato mortale è stato realizzato da provocatori infiltrati degli Antifa.

[61] Interessante, in proposito, è leggere il libro del giornalista francese Fréderic Martel, Sodoma, Feltrinelli, Milano, 2019, sull’omosessualità nella Chiesa.

[62] Cfr. l’articolo sull’Obbedienza, al n. 545 di questo giornale, in https://sites.google.com/site/ilgiornaledirodafa20201/numero-545---23-febbraio-2020.

[63] Ecco perché si cerca anche di convincere la gente che spregiare il potere legittimo, in qualsiasi persona esso s’incarni, non è lecito più di quello che sia l’opporsi alla volontà divina: chi si oppone a questa, precipita in volontaria rovina. "Chi resiste all’autorità, resiste all’ordinamento divino; coloro che resisteranno si attireranno addosso la condanna" (Rm 5,2). Pertanto, rifiutare l’obbedienza, e con la violenza popolare provocare sedizioni, è crimine di lesa maestà non solo umana ma anche divina (Papa Leone XIII, Enciclica Immortale Dei, 1.11.1885).

[64] Nell’attuale Catechismo si afferma ancora che la fede consiste nell’ascoltare la parola della predicazione e (serve) per condurre all’obbedienza (Fisichella R., La risposta dell’uomo a Dio, in Catechismo della Chiesa Cattolica, ed. Piemme, Casale Monferrato (AL), 1993, 628). Cfr. quanto detto a proposito di Obbedienza nell’articolo al n.545 di questo giornale, in

https://sites.google.com/site/ilgiornaledirodafa20201/numero-545---23-febbraio-2020.

[65] Quanto siamo lontani dalle convinzioni del domenicano Cavalcoli, secondo il quale “Possiamo avvicinare i peccatori a patto che non rechino danno alla nostra anima, che si mostrino pentiti dei loro peccati, e che con essi possiamo accordarci nel conseguimento di qualche obiettivo giusto e onesto” (Cavalcoli G., L’inferno esiste, ed. Fede&Cultura, Verona, 2010, 35). Se Gesù si fosse comportato così, Giuda non avrebbe potuto seguirlo, sarebbe stato cacciato e non avrebbe potuto tradirlo. E poi, non veniva contestato in continuazione a Gesù di mischiarsi con i peccatori?

[66] Scquizzato P., Dalla cenere la vita, Paoline, Milano 2019, 41.

[67] Una riflessione aperta e non ideologica si svolgerà in modo simile a un dialogo di Platone: si cerca, si esamina si chiarisce progressivamente l'oggetto dell'indagine e, alla fine, si giunge a volte a una convinzione autentica, forse a una verità. L'ideologia invece accetta una data tesi come verità sicura, e le resta solo il compito di cercare delle ragioni per cui tale tesi non può che essere vera (Drewermann E., Funzionari di Dio, Raetia, Bolzano, 1995, 95).

[68] Martini C.M. e Sporschill G., Conversazioni notturne a Gerusalemme, ed. Mondadori, Milano, 2008, 109.

[69] Quando il «Figlio dell’uomo tornerà» non andrà nei templi e nelle chiese per vedere se «la fede è ancora sulla terra» (Lc 12,7-8). Guarderà ai nostri rapporti sociali: guarderà a come ci vorremo bene o male, guarderà le nostre banche, la nostra evasione fiscale, i nostri ospedali, gli stipendi ai braccianti e quelli ai manager (Bruni L., “Avvenire”, 20.5.2020).

[70] Ratzinger J., Introduzione al Cristianesimo, ed. Queriniana, Brescia, 2000, 331.

[71] Del resto, quando a Gesù si sono avvicinati i primi discepoli, egli ha chiesto “Cosa cercate?” E poi ha aggiunto “Venite a vedere come vivo e poi deciderete” (Gv 1, 38s.). Mica ha cominciato col dare lezioni di catechismo.

[72] Maggi A., Parabole come pietre, ed. Cittadella, Assisi, 2007, 98s.

[73]Mateos J. e Camacho F., Vangelo: figure e simboli, ed. Cittadella, Assisi, 1997, 25ss.

[74] Ireneus, Adversus Haereses, in www.documentacatholicaomnia.eu(testo in inglese).

[75] “Fate attenzione, guardatevi dai farisei” (Ma 8, 14). Eppure i farisei erano persone piissime, che cercavano di rispettare tutte le prescrizioni della legge divina. Ma pensate se oggi si leggesse così: “Guardatevi dai vescovi…” piissimi.

E proprio per l’idea che ormai ci siamo fatta dei vescovi, ci suonano strane le parole dette quest’anno dal nuovo vescovo di Coira (CH), Joseph M. Bonnemain, nel suo discorso d’insediamento: “La gente fuori vuole sentire da noi e vedere in noi che Dio ama ogni persona – sempre – che vuole la nostra felicità, che ha preparato per noi una casa per l’eternità. Le istituzioni e le strutture non le interessano”.

[76] Cfr. la nota 36 dell’articolo su Gesù, al n.574 di questo giornale, dove il giornalista Nuzzi elenca le metrature degli appartamenti occupati a Roma dagli alti prelati.

[77]Che nella successione apostolica non basti l’apostolicità del ministero, ma occorra anche quello della vita lo ha sostenuto da tempo anche Castillo J.M., I poveri e la teologia, ed. Cittadella, Assisi, 2002, 340. Lo stesso papa emerito ha riconosciuto fondata questa idea, evidenziando come l'apostolicità significa che la Chiesa confessa la fede degli apostoli e cerca di viverla (Benedetto XVI, La gioia della fede, ed. San Paolo Cinisello Balsamo (MI), 2012, 98). Logica conseguenza allora vorrebbe che la vera chiesa di Cristo funzionasse in modo tale che le persone, vedendo la Chiesa, vedano Gesù. Invece va notato che i teologi cattolici hanno per secoli insistito sull’apostolicità del magistero, poco sull’apostolicità della vita; ma siccome il vangelo non è semplice teoria dottrinale, è essenziale che la vita della Chiesa rispecchi la dottrina che si vuol insegnare, cioè la fedeltà alla vita vissuta di Gesù (Castillo J.M., I poveri e la teologia, ed. Cittadella, Assisi, 2002, 70s.).

[78] Vedi quanto detto sopra a proposito dei vescovi che dividono anziché unire, o vivono con benefici che la gente normale non ha.

[79] Castillo J.M., Vittime del peccato, , in www.studibiblici.it/ Multimedia/audio conferenze/tre giorni biblica 2012.

[80] Costituzione dogmatica sulla Chiesa – Lumen gentium – del 21.11.1964.

[81] Tanto apprezzata da Pio X, secondo il quale: “la chiesa è una società formata da due categorie: i pastori e il gregge…e solo nel corpo pastorale risiedono il diritto e l’autorità necessari per indirizzare correttamente tutti i membri… la moltitudine non ha altro dovere che lasciarsi guidare e seguire docilmente le direttive dei pastori” (in http://www.vatican.va/content/pius-x/it/encyclicals/documents/hf_p-x_enc_11021906_vehementer-nos.html, 11.2.1906). È evidente qui l'esaltazione del modello conciliare tridentino: una piramide dove il potere si muove in maniera unidirezionale discendente. Ci sono voluti cinquecento anni perché il concilio Vaticano II (Costituzione dogmatica sulla Chiesa – Lumen gentium §12 – del 21.11.1964) invitasse tutti ad essere ascoltatori e annunciatori del Vangelo, principio iniziale e finale del cristianesimo, perché al centro della vita cristiana non ci devono essere né la dottrina né i dogmi, ma la vita di Gesù; e si è dovuto aspettare papa Francesco perché la pluridirezionalità sostenuta dal Concilio riprendesse vigore contro la centralità vaticana, di nuovo consolidatasi dopo il Concilio (relazione di Serena Noceti del 17.12.2016 a Trieste, in https://sites.google.com/site/liturgiadelquotidiano/numero-400---1-gennaio-2017-1/numero-400---1-gennaio-2017/serena-noceti---chiesa-in-riforma-francesco-e-il-sogno-del-concilio).

[82] Vedasi nota 25 alla domanda sub 2.