Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano





Tutte le foto di questa pagina sono del direttore


Il concistoro rabbinico teatrale del vaticanista bancario


di Stefano Sodaro


Piano a scandalizzarsi nel sentire, il sottoscritto qui presente, affermare – come subito farà - che il presbiterio di qualunque chiesa cattolica è come il palcoscenico di qualunque teatro.

Sì, lo dico e solennemente lo ribadisco. Il presbiterio è come un palcoscenico di teatro. Grazie a Dio, è proprio il caso di aggiungere.

Pensiamo così male del teatro e della sua arte?

Conosciamo, ad esempio, l’interpretazione di Mina del “Veni Creator”?

Ieri a Roma, in Piazza San Pietro, l’inviluppamento tra etica ed estetica, in forza di un rito chiamato “Concistoro” - nel quale il Papa “crea” i nuovi Cardinali -, era potente e quasi impossibile da districare. Del resto, ne erano ben consapevoli gli stessi nuovi 21 neo-porporati.

Ma gli eventi della vita non fioriscono nel deserto riarso.

E mercoledì e giovedì scorsi una singolare “Mina” dei nostri giorni, con alcune assolute peculiarità tutte sue peraltro, si è – diciamo così – introdotta in ben due chiese cattoliche: di Milano (San Fedele) e di Bergamo (Loreto) a parlare, anzi a tenere una lezione. Su che?

Sarebbe meglio chiedere su chi? e non svenire tuttavia per la risposta immediata ed espirata di getto: su Dio.

Miriam Camerini, futura rabbina ortodossa (nel 2025 è stata rivelata/annunciata pubblicamente a Bergamo la sua ordinazione, la sua semikhah…), ha parlato di Dio, proprio così. E tuttavia dentro – non fuori, in un qualche auditorium, oratorio parrocchiale o luogo simile –, dentro ben due chiese cattoliche. Benché nella seconda - ho guardato con attenzione - fosse stato asportato il Santissimo dal Tabernacolo.

Ma che c’entra Miriam Camerini, e prima di lei la leggendaria Mina, con i Cardinali di un Concistoro?

C’entra per il colore rosso degli abiti dei Principi della Chiesa (suvvia, a proposito di ecclesiastici considerati dal Trattato Lateranense, art. 21 – non del Concordato, occhio – degni d’essere trattati in Italia con gli “onori dei Principi del sangue”, un sorriso fa benissimo ed è proprio terapeutico…), a proposito del quale, del colore rosso, il nuovo Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, neo cardinale Victor Manuel Fernández, appunto, così scrive sulla sua pagina Facebook: Amiche e amici, siccome molti me l’avevano chiesto, qui vi mando questa foto. So che questi vestiti possono sembrare una cosa di un’altra epoca. Ma c’è una cosa importante: il colore. Forse lo dico perché mi piacerebbe indossare una camicia rossa, ma non posso farlo. In realtà quello che importa è che simboleggia il sangue. Perciò, se il Papa ti dà questo colore è perché tu sia disposto a dare tutto: per Cristo, per gli altri, per il Vangelo. Questo è ciò che mi stimola, sentire l’appello affinché in questa nuova fase della mia vita non ci sia un compromesso a metà, che al di là delle mie debolezze il desiderio ritorni alto e gli orizzonti siano ampi, fino a dare tutto. Grazie per aver pregato per questo povero ragazzo che ha ricevuto tanto dall'amore di Dio.

Che vestisse di rosso pure Miriam Camerini mercoledì e giovedì? No, non ci pare. Ma c’è un’intensità nell’interloquire della futura rabbina che ha di suo, tramette proprio, una colorazione rosso porpora quasi abbacinante.

Però proviamo ad indossare ben altri abiti, per nulla sgargianti, i nostri, quelli che ci son più abituali, di canonista – e peraltro (non si è ancora capito se sia aggravante o attenuante) - bancario. 

A pag. 4 dell’elegante libretto  per seguire il Concistoro Ordinario Pubblico del 30 settembre 2023, se si presta attenzione (verrebbe da sottolineare: la dovuta attenzione – la stessa usata per constatare a Bergamo l’asportazione della custodia eucaristica dal tabernacolo di cui sopra -), ci si imbatte nel nome, al n. 17, di “S.E.R. Mons. Américo Manuel Alves Aguiar, Vescovo eletto di Sétubal (Portogallo)”.

Si potrebbe reagire: embè?

In realtà, il canonista rimane folgorato da quell’aggettivo, “eletto”, riferito ad un vescovo, che dunque, benché sacramentalmente ordinato, non ha ancora preso possesso della sua diocesi. Ne è solo stato eletto alla guida, in attesa - appunto - di poterla effettivamente guidare

Se l’aggettivo “eletto” viene poi associato alle solenni parole (le sole) pronunciate ieri dal Papa nei confronti di ogni singolo cardinale: Accipe anulum de manu Petri et noveris dilectione Principis Apostolorum dilectionem tuam erga Ecclesiam roborari – a pag. 19 del citato libretto -, gli effetti sono dirompenti, decisamente assai teatrali.

Proviamo a spiegare. 

Chi non è ancora “sposato episcopalmente”, per così dire, con la propria Chiesa - giacché è stato solo “eletto” alla sua guida, è opportuno ribadirlo -, riceve tuttavia comunque dal Papa l’anello cardinalizio. Non sappiamo se sia la prima volta che questo accade, ma – come che sia – il simbolismo è davvero impressionante. 

Un anello nuziale a chi non è sposato.

Nuziale? Anche di più in effetti. Più-che-nuziale.

La traduzione in italiano riporta: Ricevi l’anello dalla mano di Pietro e sappi che con l’amore del Principe degli Apostoli si rafforza il tuo amore verso la Chiesa.

Cioè, di nuovo, fateci capire: quell’anello è segno di un legame d’amore tra Pietro e gli altri Apostoli, ma un legame ricolmo d’amore a tal punto, così innamorato, talmente esagerato, che trabocca verso la Chiesa intera?

Con una battuta, sperabilmente non irrispettosa, men che mai – almeno nelle intenzioni - irriverente o addirittura blasfema: assistiamo così, forse, ad un matrimonio simbolicamente poligamico e omo-affettivo tra il Papa ed i suoi cardinali, sancito niente poco di meno che dalla consegna di un anello? Caspita!

Ma in punto di diritto (canonico) altre sono le annotazioni possibili.

Il Concistoro non è in sé un atto liturgico, bensì giuridico, appunto. E “peggio mi sento”.

Perché anche i rabbini – e dunque le rabbine – non sono prima di tutto liturghi (e, in un futuro pare assai prossimo, liturghe), ma giudici e maestri. Ricevono forse qualche anello? Quanti? Chissà. Vestono di rosso? Confessiamo di non saperlo. Tuttavia abbiamo forse individuato un raccordo oggettivo tra cardinalato e rabbinato?

Proviamo a chiudere il cerchio se ci riusciamo.

Mina canta il “Veni Creator”.

La sua succeditrice (o, più modernamente – dovendo però ancora chiederne il permesso alla Crusca - “successora”) Miriam Camerini, futura rabbina ebrea ortodossa, insegna in due chiese cattoliche.

Un Vescovo solo eletto riceve comunque l’anello del vincolo di unione con “Pietro”, l’anello cardinalizio.

E tutto all’insegna di uno sfolgorante rosso porpora.

Come si fa a sostenere, dunque, che non vi sia un’enorme, evidente, stupefacente ma oltremodo sacra e santa, teatralità in tutto questo?

Una teatralità benedetta e rigenerante.

L’ecclesiologia postconciliare ci suggerisce – come scrive appunto su Facebook il neo-cardinale Fernández – che meglio sarebbe girare in camicia piuttosto che in mozzetta. 

Ma l’estetica reagisce.

Così come reagisce, reagirebbe, – ci scusi Miriam – davanti ad un’estromissione, per propria o altrui determinazione, da una chiesa cattolica di una bellissima e bravissima futura rabbina. Perché dovremmo farcela mancare ed impoverirci con la sua assenza? In nome di quale mostruosa etica divoratrice d’ogni estetica?

Oggi è domenica 1 ottobre 2023.

Giorni pieni, carichi di potenza simbolica ancora tutta da decodificare, dipanare, rischiarare, questi trascorsi tra Milano, Bergamo, Roma. 

Con una chiosa civettuola: si sarà poi accorta la futura Rabbina, così come non potevano accorgersi i nuovi cardinali, che un povero, disgraziato, canonista bancaria “sta alla porta e bussa”, per ricorrere al testo dell’Apocalisse?

Forse no. 

Ma va bene così: perché quella parole apocalittiche stanno in bocca a qualcun altro, di ben diverso. 

Chi bussa per cenare insieme a chi gli apre, nel testo dell’Apocalisse è di tutt’altra pasta rispetto al rasoterra del nostro improbabile canonista bancario (che si è messo a fare pure il vaticanista). Si fosse lasciato almeno avvolgere di rosso pure lui, si parva licet componere magnis, proprio come il Cristo risorto che – a detta del mio bisnonno paterno – era comunista perché al momento della risurrezione rivestiva, guarda tu, un panno rosso.

Piuttosto – seriamente – da mercoledì davvero (almeno per chi ci crede) il Rabbi di Nazaret starà alla porta e busserà per poter cenare assieme ai Padri ed alle Madri Sinodali, di nuovo in San Pietro.

Gli apriranno?

Vedremo.

Buona domenica.

E sorridiamo, ne abbiamo estremo, vitale, urgentissimo bisogno.