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Il Cristo donna


di Stefano Sodaro


Gesù Cristo era una donna - opera di Greta Broglio, in arte Haregrungy, di proprietà del direttore

Nella fede cristiana, e nella sua elaborazione teologica, la fondatezza storica inoppugnabile della presenza di Gesù di Nazaret in un preciso contesto temporale e geografico, ad un certo punto, è come se cedesse il posto alla cristologia. Come se la concretezza storicamente determinata di una singola persona fosse postulato di una comune umanità incarnata da Dio stesso, che dunque abbraccia, potenzialmente, ogni altra storia personale, ogni volto, ogni nome e cognome.

Ma solo se fa comodo e, soprattutto, se non crea problemi di genere.

Si legge al cap. 22 della Costituzione Pastorale Gaudium et Spes del Vaticano II: Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo. Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo.

Il celebre passo dal Vangelo di Matteo (25, 31-46), che si proclama nelle chiese cattoliche durante l’odierna liturgia secondo il rito romano, riporta infatti l’identificazione personale di Gesù di Nazaret con persone del tutto sconosciute: ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi.

L’affermazione è sconcertante e desta sorpresa: quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?

Una domanda che sembra quasi far trasparire anche un certo fastidio, od imbarazzo: a noi non importa molto di averti incontrato, noi non avevamo alcun secondo fine, nessuna preoccupazione di adempimento di una qualche pratica devota per acquistarci meriti religiosi; abbiamo amato e basta. Anzi: abbiamo “fatto” e basta.

La spiegazione continua a scombussolare: il re risponderà loro:In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.

I/le domandanti sono lieti/e di questa spiegazione? Non si sa, non c’è scritto. Presumibilmente sì, ma non sembra essere questo importante.

“Ricevere in eredità il regno preparato per noi fin dalla fondazione del mondo” e andarcene “alla vita eterna” appaiono come sinonimi di senso nel passo di Matteo. Ma non capiamo proprio di cosa si tratti. Dev’essere qualcosa di bello, sì, del tutto verosimilmente, ma ci importa qualcosa dopo che abbiamo sfamato, dissetato, accolto, vestito, visitato qualcuno e qualcuna?

Fermiamoci un attimo su questa “qualcuna”. Gesù di Nazaret si identifica nelle donne, già. Proprio nei loro corpi, nelle loro storie, nei loro visi, nei loro entusiasmi e nelle loro paurose sofferenze che un’intera cultura ha decretato come una specie di sanzione necessaria per il loro sesso.

Il Cristo donna non diventa più maschio, non torna indietro. Finalmente.

Mentre la Chiesa Cattolica dimostra una durezza inscalfibile nel non voler riconoscere il Cristo, e non già Sua madre, nei volti delle donne, come esempio di riferimento per loro, per il loro genere. Lui/Lei, non la Madre.

Si è fatta di Maria di Nazaret una specie di surrogato cristologico ad usum foeminarum, quasi divinizzandola, salvo poi ben sottolineare questo “quasi”, che garantisce il primato simbolico maschile del Figlio.

Immaginiamoci per un momento solo – con un volo di fantasia, sì – che le impegnative, solenni, parole di Matteo siano pronunciate da una donna: ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniera e mi avete accolto, nuda e mi avete vestito, malata e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi.

Quale trasalimento pudibondo! Scandalo: anche la donna nuda chiede, esige, di essere vestita e, straniera, di essere accolta.

La congestione impressionante, insostenibile da reggere, di notizie che riferiscono di violenze, una dopo laltra, sulle donne è – se letto in chiave teologica - il concentrato di una vera e propria eresia dottrinale, che nega, sopprime, lo statuto cristologico delle donne.

Possano arrivare presto i tempi del Cristo donna.

Sarà comunque tardi, ma meglio tardi che mai.

Buona domenica.