Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano

Luna, Trieste, estate 2022 - foto di Sara Sodaro

Amatevi a Vicenza


di Stefano Sodaro


Un vescovo raccontava per davvero che, durante la solenne proclamazione delle letture liturgiche in chiesa, a qualcuno sfuggì, un giorno di riti importanti, un “amatevi a Vicenza” invece che “a vicenda”.

Per chi sta a Trieste Vicenza non è proprio dietro l’angolo. E chi qui scrive ricorda bellissime serate vicentine in ristorante con un’amica canonista a parlare della sessione di studi sul diaconato che si sarebbe tenuta il giorno dopo (e, guarda un po’, di sabato… quasi anticipo del festoso “Shabat di tutti” che il sottoscritto scoprì tempo dopo).

La città dove fu massimamente attivo Andrea Palladio - mi confida questo pomeriggio qualcuno di assai importante (sicuramente per me) - “molto sensuale, ha quella cattolicità che la rende più morbida” del capoluogo giuliano.

In effetti Trieste trattiene quasi sottoterra la gioia della fisicità, dei corpi, dei sorrisi, dei gesti, degli abbracci, che il Veneto sa celebrare senza falsi pudori e senza cervellotiche inibizioni, unendo mare a sole, terra a festa, canto a bacio.

Amarsi a Vicenza potrebbe dunque essere proprio il luogo adatto.

Perché sembra quasi che il contegno mitteleuropeo esiga, imponga, una migrazione oltre l’Isonzo, verso Occidente, per ritrovare le ragioni di un filosofico et et che beneficamente soppianti la rigidezza – financo etica, sicuramente logica – dell’aut aut.

Prendiamo dunque il lapsus tra “vicenda” e “Vicenza” come traiettoria interpretativa di un modo d’amare che osi sfidare le consuete regole sociali, che proponga elezione amorosa e non virtuosa esclusione d’amori altri, laddove i non amati e le non amate sono, riconosciamolo, folla che non può essere culturalmente liquidata imputando ogni infelicità all’avversa fortuna. No, non si ama “per fortuna” e non si ignora l’amore concreto “per sfortuna”.

Esiste – cioè – un, come dire?, “innamoramento intelligente”, che, mentre riconosce la sua riconduzione agli ultramillenari canoni amorosi d’ogni dove, avverte che nessuna parola ultimativa sull’amore è stata pronunciata, anzi ci attende.

In questo senso è da raccomandarsi la visione del video, e la lettura della sua trascrizione, in cui Marinella Perroni affronta, a pieno viso, il suo personale posizionamento rispetto alle attese sociali verso la donna che dovrebbe essere necessariamente madre: https://www.lunadigas.com/archivio/non-mi-sento-madre-sento-di-aver-stabilito-relazioni-di-molti-altri-tipi-ma-non-quella-della-maternita/.

L’innamoramento intelligente non scantina le responsabilità, tutte quante, ma le inserisce dentro un contesto ed una visione non riducibili al già noto.

Così, “andare a Vicenza” per amarsi può essere la metafora di un amore vicendevole (non obbligatoriamente vicentino, certo…) che scriva pagine del tutto nuove rispetto ai codici già emanati, promulgati e sanciti per i secoli dei secoli. Che assuma, ad esempio, tutte le appartenenze e identità, senza chiedere abbandoni e/o opzioni avvertite come imposizioni.

“Non vedo perché l’identità mi dev’essere data dal matrimonio, dalla maternità, più che dall’essere professore, dall’aver fatto altre cose nella vita”, afferma Perroni.

“Perché una donna sola non ha identità?”, chiede Marinella Perroni, appunto.

Ma la stessa, medesima, uguale, domanda può essere posta ad un uomo sposato, la cui singolarità non annega dentro un assorbimento di coppia che litri e litri di familismo cattolico hanno costretto ad ingurgitare anche a costo della sparizione della propria soggettività.

L’innamoramento intelligente è per tutti e per tutte.

L’amore è un sapere molto diverso dall’apprendimento scolastico. Eppure, benché accessibile a chiunque, il suo apprendimento incute timore, quando non spaventa.

Questo nostro settimanale compare citato su “Il venerdì” di Repubblica dell’altro ieri, grazie a Miriam Camerini ed al servizio giornalistico a lei meritatamente dedicato: si veda al link https://www.repubblica.it/venerdi/2022/07/08/news/miriam_camerini_saro_una_rabbina-356832491/.

Miriam Camerini tiene, come si sa, la rubrica “The Rabbi is in” all’interno de “Il giornale di Rodafà”.

Nel servizio de “Il venerdì” si racconta dei viaggi, “rivelativi”, che Miriam ha fatto per il mondo, Trieste compresa. E del suo viaggio, affascinante, verso il Rabbinato dentro l’Ebraismo Ortodosso.

Ecco, “amatevi a Vicenza” è un po’ invito ad evadere da noi stessi, dall’intorpidimento dell’abitudinario, per aprirci ad una novità assoluta, che, in quanto tale, nessuno – e nessuna – può definire ed instradare a priori.

Ma se si ama, cos’altro conta?

Buona domenica sera.

Buona settimana.

E con chi vuole, e può, ci diamo appuntamento giovedì prossimo presso l’ex Lavatoio di San Giacomo, a Trieste, alle 18:30, per parlare del nuovo libro del nostro grande Ugo Pierri!

A presto.

Numero 669 - 10 luglio 2022