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Potesse il Parroco predicare a Natale una nuova morale sessuale



di Stefano Sodaro




La vicenda del gesuita p. Marko Rupnik invade ogni cronaca dell’attualità ecclesiale, con effetti moltiplicativi esponenziali di una marea montante di commentatori, asseriti/e esperti/e di diritto canonico, asseriti/e ecclesiologi/ghe. Sembra che non si debba parlare d’altro che degli intrighi sessuali del clero maschile cattolico.

Alcune annotazioni previe ad ogni ulteriore considerazione: non si è ben capito se sia stata presentata qualche denuncia ad una Procura della Repubblica dello Stato italiano e se sia stato avviato il relativo procedimento penale. Sì o no? E se no, perché no? E come mai ci si è rivolti soltanto – sempre se non sia stata presentata alcuna denuncia alla giustizia statale – al foro canonico?

Il “crimen” – da quanto è dato da capire – non sta certo (almeno speriamo) nella creatività erotica del rapporto a tre, ma nell’assoluta assenza di consenso al riguardo. Corretto? O si è compreso male anche sotto tale profilo?

Ma su tutto incombe, in ogni caso, il cielo plumbeo della nozione di “abuso”. Il diritto penale italiano contempla la nozione di “violenza sessuale”, non di “abuso”, benché la violenza sessuale possa essere costituita da abusi. Qual è la fonte che lo definisce? È tremendamente necessario saperlo.

Art. 609 bis del codice penale italiano: “Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da sei a dodici anni.

Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali:

1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;

2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.

Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi.”

“Minore gravità”? Quale “minore gravità”? Non esiste “minore gravità”! A leggere il pullulare incessante di condanne verso le condotte abusanti del clero cattolico, sembra quasi che l’unica punizione adeguata possa essere una condanna alla pena di morte, o – in subordine – alla castrazione chimica.

Per la cronaca, Pier Paolo Pasolini subì un processo per atti osceni e corruzione di minorenni, dichiarando ai Carabinieri di Casarsa il 17 ottobre 1949 alle ore 18 e 05: «Non posso e non voglio negare che le dichiarazioni fatte dai suddetti ragazzi rispondono in parte almeno esteriormente a verità. Del resto certi particolari mi sfuggono perché essendo sera di sagra e trovandomi in compagnia di amici avevo un po’ ecceduto nel bere: è appunto da imputarmi all’euforia del vino e della festa l’aver voluta tentare questa esperienza erotica di carattere e di origine letteraria accentuata dalla recente lettura di un romanzo di argomento omosessuale di Gide. Del resto sulle ragioni letterarie e psicologiche che mi hanno spinto a questo e almeno in parte lo giustificano potrò più esaurientemente spiegarmi con coloro che eventualmente mi dovranno giudicare. Non ho altro da dire.». Condannato in primo grado, a Pasolini fu tolto l’insegnamento a scuola, venne assolto in appello solo perché il prato dove si erano svolti i fatti era una proprietà privata e non un luogo pubblico o aperto al pubblico.

Il fanatismo clericale, apparentemente sessuofobo, omofobo, islamofobo e spesso pure antisemita, gongola davanti al cosiddetto “caso Rupnik”.

Fermiamoci qui. Stop.

Torniamo, invece, a parlare del consenso nell’espressione della sessualità.

La dottrina cattolica dovrebbe serenamente prendere atto – non, di certo, condividere a livello ideale – che esiste il sesso a prescindere dall’amore. E che non per questo è fenomeno mostruoso, perché appartiene all’antropologia umana, come il cibo per sfamarsi e l’acqua per dissetarsi.

Epperò vi è una condizione per un sesso lecito, così come per un pasto lecito ed un abbeverarsi lecito: non devo impossessarmi del pasto e della bevanda altrui. Non posso rendere l’altro mio pasto e mia bevanda quando non lo voglia affatto. E qui il potere sacro – proprio quello adorato da clericali d’ogni foggia e misura, d’ogni provenienza e scuola – traluce di fuochi fatui mortiferi ed essi sì davvero spaventosi.

Vi è un comune pensiero – che il sottoscritto non condivide – quanto all’assenza di una “questione sessuale” intorno agli abusi ecclesiastici, trattandosi piuttosto, si obietta, di mera questione di potere.

Maria, sposa di Giuseppe, era incinta, riporta il Vangelo di Luca. E ovviamente l’autore sacro disegna ogni pienezza di consenso verso tale gravidanza da parte della donna. Ci mancherebbe altro. Una gravidanza poi – ci si affretta a precisare con estremo scrupolo al di là del tenore letterale dei testi – priva di qualunque premessa piacevole nel corpo. Anche se andrebbe ringraziata la teologa Simona Segoloni per avere dato una versione convincente di un attraversamento nel corpo di Maria della gioia - e dunque del piacere - di Dio nel bellissimo volume Carne di donna. Raccontando Maria di Nàzaret (https://www.itl-libri.com/prodotto/carne-di-donna). Ed il “piacere di Dio” è, per definizione, esatto contrario di qualunque egoismo, fosse pure – appunto – divino.

E Rodafà che farà?

Rodafà Vi invita, tutte e tutti, semplicemente, il prossimo mercoledì, alle ore 18, sulla piattaforma Zoom, a discutere proprio di parroci e ministri di culto. A partire dal romanzo di Gianni Di Santo Finalmente è cambiato il parroco (https://www.store.rubbettinoeditore.it/catalogo/finalmente-e-cambiato-il-parroco/), intorno al quale si confronteranno – assieme all’autore – don Paolo Iannaccone e la studiosa di ebraismo, candidata al rabbinato nell’Ebraismo ortodosso, Miriam Camerini, curatrice della rubrica “The Rabbi is in” presente sul nostro settimanale.

Vi aspettiamo lì, mercoledì prossimo, in piena Ottava di Natale, per vedere se parole nuove, diverse dal preconfezionamento omiletico e catechistico in cui presumibilmente ci infileremo nelle chiese (cattoliche) in questi giorni, siano udibili e pronunciabili. Anche parlando del sesso dei preti. Quello non criminale, ma celebrativo – come ogni espressione sessuale – della bellezza delle relazioni umane.

Un Dio fatto carne umana, altrimenti, che ci sta a fare?

Buon Natale a tutte le lettrici ed a tutti i lettori del nostro giornale.