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Chiesa cattolica ucraina a Lourdes - foto tratta da commons.wikimedia.org


Dio non è cattolico

di Dario Culot

Per secoli e secoli, qui in occidente, si è pensato di sì. E per secoli e secoli tutta la gente doveva credere necessariamente di aver avuto la sfortuna sfacciata di essere nata nell’unico posto del mondo dove Dio, con la sua rivelazione, aveva fatto cadere dall’alto tutta la Verità[1]. Ancora molti sono i cattolici a pensarla così, e disprezzano chi non è in linea con l’unica Verità che la Chiesa insegna e considera assoluta e indiscutibile: la sua. Perciò potete ben immaginare cosa questi integralisti pensano di papa Francesco, che – come aveva già sostenuto in passato il cardinal Martini[2]- ha detto nel 2018 in un’intervista a Scalfari, che “Io credo in Dio. Non in un Dio cattolico, non esiste un Dio cattolico, esiste Dio”[3]. Dicendo invece che l’unico Dio vero è quello fatto vedere dalla Chiesa Cattolica Romana, noi lo stiamo limitando e imprigioniamo anche lo Spirito santo, che invece soffia dove vuole (Gv 3, 8) e non può rimanere agli arresti domiciliari presso la religione cattolica e il Vaticano, come ho già detto più volte. Di più: i vangeli insegnano che la conoscenza della fede progredisce e non è sempre la stessa: nel vangelo di Giovanni Maria Maddalena pensa che il risorto sia il giardiniere, poi lei stessa smentisce questa credenza (Gv 20, 15s.). Lo stesso avviene con i due di Emmaus (Lc 24,13ss.) che accedono a una conoscenza nuova. Anche in ognuno di noi l’idea che ci facciamo di Dio, in base alla nostra esperienza, deve cambiare col tempo: tante idee che circolano su Dio non sono degne dell’età adulta. E allora, se si dà per scontato che deve esserci una progressione, non può esserci dogmatismo. E visto che gli errori fanno parte della natura umana, anche la correzione di rotta è inevitabile, sempre.

Davanti al cosiddetto dialogo interreligioso, appena abbozzato nell’ultimo Concilio, la maggioranza dei cattolici ha fatto orecchi da mercante e ha a lungo parteggiato sempre per l’esclusiva definitività del proprio Credo, o al massimo per la tesi secondo cui da questo dialogo la Chiesa – che già possiede tutta la verità - non può acquisire assolutamente nulla di nuovo[4]. Vedendo sé stessi come assoluto, si ritiene che non ci sia bisogno degli altri e non si riesce ad accettare il pluralismo;[5] al più si guarda agli altri con tollerante sufficienza. All’inizio, dunque, era piuttosto sparuta la schiera dei pluralisti, i quali pensano che il dialogo sia invece necessario per completare ciò che il cristianesimo non è riuscito a far fiorire, sì che costoro non si stupivano del vicolo cieco, della stasi, in cui si è presto cacciato sempre il cosiddetto dialogo interreligioso,[6] perché vedevano che più uno è un fervente ortodosso, più resta chiuso nel suo bozzolo. Infatti, più uno è convinto di avere già tutto quello che gli serve, meno è disposto a guardare verso gli altri[7]. Lo stesso avviene ovviamente con gli integralisti musulmani: che bisogno c’è di dialogo quando sanno di avere l’ultima e definitiva rivelazione? Non si rendono conto che solo Dio non ha bisogno di niente, mentre tutti noi abbiamo bisogno degli altri.

Quando questa situazione di chiusura si verifica nel mondo esterno sul piano della psiche, si parla in psichiatria di paranoia[8]. Il paranoico è colui che non riesce a comunicare con la realtà e la respinge con scatti isterici[9]. I vangeli non parlano di paranoia perché allora non esisteva la psichiatria, parlano però dello spirito immondo, che si contrappone allo spirito santo: un impulso interiore fatto di ostilità e intransigenza, pronto a scattare come una molla, che non ammette dialogo, che si esprime in giudizi estremi, in reazioni violente, in desideri di castigo, in rifiuto di ogni comprensione, in imposizione[10]. Il cattolico integralista intransigente, non appena sente qualcuno che si discosta dall’ufficialità si affligge, si adombra, si ritrae inorridito, taccia l’altro di miscredente, si inalbera davanti alla prima obiezione e si rifiuta anche solo di immaginare che Dio abbia potuto illuminare chi non è un pio credente come lui, chi non è obbediente al papa (ma non a questo anti-papa, ai veri papi precedenti). Così dimentica non solo che lo Spirito santo soffia dove vuole (Gv 3, 8); dimentica che Gesù si trovava assai bene col centurione romano pagano, con l’impura emorroissa, con l’adultera samaritana; dimentica che in nessun vangelo sta detto che solo obbedendo al proprio vescovo si coglie necessariamente la volontà di Dio;[11] inoltre dimentica che ogni buon cattolico deve sempre cercar di comunicare con ogni creatura, perché Dio lo troviamo nella concretezza di tutte le creature esistenti[12]. Non riconoscendo che esistono anche altre verità, altre realtà, che Dio si manifesta nella vita in modo sempre nuovo e imprevedibile, e non solo attraverso la dottrina cattolica, queste persone, che si reputano le uniche vere credenti, si comportano - secondo i manuali di psichiatria - da paranoici isterici. Rendere semplice la realtà, semplificandola, è tipico degli individui psichicamente fragili, i quali non accettano che il mondo sia complesso. La complessità disturba per cui sono proprio i più fragili ad aderire più facilmente degli altri alle ideologie estremiste che appaiono più rassicuranti, perché garantiscono loro che il mondo è semplice: o bianco o nero. Così sono convinti che basta eliminare la zizzania, i cattivi neri, gli impuri, e il bene bianco trionferà automaticamente.

È tipico del ferreo credente cattolico sentirsi continuamente sotto assedio delle forze maligne esterne, chiudersi all’interno del suo gruppo[13], rompere ogni rapporto con i “cattivi”: in tal modo, però, questa totale avversione per ogni genere di critica, vista sempre e comunque come un’aggressione immotivata, finisce col portare a rinchiudersi a riccio nel bozzolo della propria religione, rimuginando sui complotti del mondo contro la sua Chiesa, e non sull’eventuale fondatezza delle contestazioni. “Perché ce l’hanno con noi?” si chiedono. E se la risposta fosse: perché la Chiesa ha perso il contatto con la realtà? E come ha fatto a perderlo? Semplice. Col suo ordine gerarchico e con la sua dottrina dogmatica imposta a tutto il gregge ha indebolito la capacità di pensare criticamente, sì che molti fedeli hanno evitato di porsi e porre domande; non sentendosi in discussione i gerarchi si sono isolati pericolosamente dalla realtà, e ora vedono ogni contestazione come un attacco al castello creato da loro stessi[14]. Si può anche ignorare la realtà che dà fastidio; ma la realtà non ignora mai chi la ignora. Insistere col proprio dogmatismo a cercar di imporre all’esterno la propria verità, senza capire che quanto si considera vero può essere offerto, mai imposto,[15] oggi è certamente una conseguenza della perdita di contatto con la realtà. Sicuramente l’arcigna antipatia che il cattolico integralista nutre per tutti i peccatori e per la cattiva stampa – visti tutti come potenziali minacce alla sua integrità spirituale perché osano mettere in dubbio che: “è così, e così è!” - gli darà anche grande sicurezza, ma gli toglie indubitabilmente ampi e vitali spazi di libertà. Il prezzo da pagare per annegare nella sicurezza del proprio catino è restare limitati perché si ignora che fuori del catino c’è un oceano; ci si autolimita delegando a un superiore ogni onere di conoscere a fondo i problemi ed agire per risolverli[16].

C’è da chiedersi perché tante persone religiose preferiscono la sicurezza delle acque tranquille del proprio catino, piuttosto del rischio di navigare in mare aperto. O perché la Chiesa si fa prendere dal panico, quand’anche fosse sotto effettivo attacco, visto che Gesù ha detto: «beati quando vi insultano e vi perseguitano» (Mt 5, 11). La persecuzione è segno che il lavoro è stato fruttuoso, e che la società ingiusta se ne è accorta. Nel piattume in cui tutti tacciono ed obbediscono, auspicato dalla gerarchia più ortodossa, non si potrà intravedere traccia di persecuzione, il che però esclude ogni incisività dell’azione della Chiesa.

Però, se si guarda agli inizi del cristianesimo, la prima cosa curiosa da notare è che a imporre l’unicità della dottrina che ha spiegato la struttura interna di Dio, sono stati all’inizio gli imperatori romani (a cominciare da Costantino, ancora non battezzato cristiano). Ci si può allora chiedere perché furono proprio gli imperatori maggiormente interessati rispetto ai vescovi ad avere una dottrina unica in tutto l’impero. Se nessun vescovo aveva, fino a quel momento, sentito la necessità di far riunire un concilio per unificare la dottrina, vuol dire che nella maggioranza della gente prevaleva ancora un’idea molto più aperta e liberale, più simile a quella che il pagano Quinto Aurelio Simmaco ben aveva espresso nella sua orazione a difesa della pluralità delle religioni,[17] in aperta polemica col più rigido vescovo Ambrogio (futuro santo) di Milano: [18] in quello scontro dialettico il vescovo milanese si era opposto duramente alla ricollocazione nella Curia del Senato di Roma dell'ara della dea Vittoria, la quale si trovava lì fin dai tempi di Ottaviano Augusto ed era stata rimossa dall’imperatore Graziano, sostenendo che bene aveva fatto l’imperatore perché quel simbolo pagano offendeva i cristiani,[19] i quali ormai avevano ricevuto da Dio stesso la Verità[20]. Simmaco aveva invece sostenuto che “Tutti contemplano le stesse cose, un solo cielo ci è comune, un solo universo ci circonda. Che importa se ognuno cerca la verità a modo suo? Non si può seguire una sola strada per raggiungere un mistero così grande”.

A leggere questo pensiero resto ancora stupito dalla libertà intellettiva di quel pagano, e noto quale distanza abissale c’è da quellimpostazione cattolica che poi ha preso presto il sopravvento, secondo cui basta avere un dubbio sulla dottrina e già si compie peccato grave! Nessuno deve discostarsi minimamente dalla dottrina salvatrice dell’autorità senza provare una colpevole angoscia[21]. Ci sarà ben un motivo se molti si trovano a disagio dentro alla camicia di forza teologica che il cristianesimo sembra così desideroso d’imporre alla gente di ogni generazione e in ogni parte del mondo.

Se non vi siete neanche mai chiesti cosa gli imperatori hanno ottenuto in cambio dai concili, è agevole rispondere che, secondo l’intenzione degli imperatori, i concili avevano lo scopo di regolamentare i rapporti dello Stato con i reggitori delle comunità cristiane sparse nell’impero. Di certo agli imperatori non interessavano gran che le verità oggettive sulla struttura di Dio e sulla natura di Gesù, e neanche aspiravano a vivere da cristiani esemplari: basti ricordare che Costantino, dopo Nicea, aveva ancora fatto in tempo a far uccidere la prima moglie Fausta, il primogenito Crispo e altri rivali, per cui è piuttosto inverosimile l’ipotesi di una sua piena e vera conversione. Egli, con lungimiranza politica, aveva semplicemente visto che il cristianesimo, ormai molto espanso, poteva assolvere il ruolo che aveva avuto la religione classica nel cementare l’impero[22].

La necessità di arrivare a un’unica dottrina dimostra però che le chiese erano divise fin dall’inizio, perché pur essendo uguale il messaggio evangelico, il substrato culturale al quale si rivolgeva era diverso. Forse è questo che intendeva dire l’evangelista degli Atti (Ap 2,6), quando i vari popoli sentivano parlare i vari discepoli nelle proprie lingue. È inoltre indubbio che ogni chiesa, separandosi, lo faceva nella convinzione di essere solo lei la più fedele al messaggio di Gesù Cristo. Se non avesse pensato così non si sarebbe separata.

Il grande mistico musulmano IbnʹArabi,[23] a cavallo fra il 1100 e il 1200, da strenuo propugnatore del dialogo interreligioso ben 800 anni prima che papa Giovanni Paolo II lo ricominciasse ad Assisi, partendo dall’idea che l’Essere Supremo è uno e le varie religioni monoteiste sono tutte valide perché convergono verso quell’unico punto centrale, anche se le vie per raggiungerlo sono diverse (in altre parole, il principio è unico, anche se poi ogni religione segue modalità diverse), aveva fatto questo ragionamento che cerco di semplificare (con tutte le conseguenti imprecisioni, essendo il suo ragionamento molto più profondo): la conoscenza umana passa attraverso le facoltà dei sensi, dell’immaginazione, della ragione. Tutto viene trasmesso all’intelletto il quale è neutro, ma come una spugna assorbe tutto. La ragione, che serve a sistematizzare le informazioni ricevute dalle nostre facoltà, non serve però per conoscere Dio, per il semplice fatto che si aspetta di trovare delle forme, come nel mondo esterno che conosciamo, mentre Dio appartiene al mondo ultra formale. Occorre pertanto rivolgersi al cuore, che non guarda al mondo esterno sensoriale, ma è fonte di conoscenza principale. L’intelletto, per conoscere Dio, deve quindi rivolgersi a uno strumento interiore direttamente donataci da Dio, e non a facoltà esteriori, altrimenti la porta della conoscenza su Dio non si aprirà mai. È come se avessimo uno specchio e stando alla finestra lo rivolgessimo all’esterno: rifletterà sempre e solo le cose che stanno fuori della finestra. Per riflettere chi tiene in mano lo specchio, occorre girarlo all’interno. Questo capovolgimento non si ottiene appunto con la ragione, ma, ad esempio, seguendo la via del sufismo che permette all’intelletto di rivolgersi al cuore,[24] e non più alle facoltà che guardano verso il mondo esterno. La conoscenza della ragione sarà a quel punto sostituita da flash di comprensione. E se l’uomo chiede fermamente di comprendere, Dio gli risponderà.

Nel 1800 e ancor di più agli inizi del 1900 anche le Chiese protestanti hanno sentito il bisogno di dialogare e di cercare maggiore unità. Oggi, il concilio ecumenico della Chiese (che ospita quasi tutte le Chiese del mondo), non annovera ancora fra i propri partecipanti la Chiesa Cattolica, che si avvale solo di tavoli bi-multilaterali. Prevale ancora la ferma decisione dei papi del XIX secolo i quali sostenevano che, se si vuol arrivare all’unità, sono gli altri a dover ritornare alla Chiesa di Roma.

Il cristianesimo ha insegnato per secoli che Gesù è l'unico garante dell'unica fede salvifica, per cui l’uomo che non crede in Cristo rimane e muore nel peccato[25]. Rimane nel peccato anche chi non osserva la legge divina insegnata dal magistero, e in questi casi l’inosservante resta escluso dal piano salvifico di Dio; infatti il peccato è dotato di una forza risolutiva da intendersi come separazione nel rapporto con Dio. Si aggiunge che non ci sarà mai più un’altra Rivelazione (n.66 Catechismo): tutto ciò che c’era da dire Dio l’ha già detto; che Gesù si conosce attraverso la Sacra Tradizione e la Sacra Scrittura, e ovviamente solo il magistero della Chiesa Cattolica è legittimato ad interpretarle (nn.97-100 Catechismo). Insomma, non solo nel corpo di Cristo abita la pienezza delle divinità e non c’è spazio per nessun altro, ma anche la Chiesa, che si pone come il prolungamento di quel corpo, non dà il minimo spazio a nessun altro. È agevole constatare che le persone di ogni religione, più sono religiosamente ortodosse, più preferiscono accentuare le differenze e più vedono nel dialogo interreligioso un pericolo di contaminazione piuttosto che una possibilità di arricchimento.

Siamo davanti a una delle affermazione non negoziabili per ogni buon tradizionalista cattolico[26]. Eppure, qui, si dovrebbe subito essere messi in difficoltà dall’osservazione fatta dal teologo protestante Gounelle, il quale rileva che siamo davanti a una tesi che accontenta e lusinga troppo i cristiani per non essere sospetta[27]. Osserva giustamente questo stesso teologo che fra gli ebrei e i musulmani che aveva frequentato, alcuni lo avevano fortemente impressionato per la loro fede e la loro saldissima convinzione della presenza di Dio. Si può sostenere con certezza che si è davanti ad una loro pia illusione e che essi ignorano tutto, ma proprio tutto, di Dio?[28] È anche ovvio che affermare che Cristo è l’unico salvatore di tutti gli uomini pone immediatamente seri problemi al dialogo interreligioso, anzi questo è probabilmente uno dei motivi principali per cui il dialogo inter-religioso è rimasto a lungo sostanzialmente fermo,[29] girando a vuoto.

Teniamo cioè presente che etichettare ogni diversità come relativismo significa chiudersi al dialogo, rifiutare il pluralismo, il che va non solo contro le affermazioni del concilio Vaticano II,[30] ma anche contro il comune modo di sentire: secondo voi, infatti, è più bello un giardino con tanti tipi di fiori e piante diverse, oppure una monocoltura? E come non ricordare che, se libertà e dignità sono certamente anche valori cristiani, solo la tolleranza riesce a completare questa libertà; e la tolleranza in Europa è emersa piuttosto tardi, come salutare reazione alle guerre di religione imposte da implacabili credenti integralisti che si vedevano come gli unici veri cristiani, e che una volta preso possesso delle istituzioni negavano ogni spazio alla critica: finalmente quando la povera gente, stufa di ammazzarsi in nome dello stesso Dio, ha accettato di relativizzare le rispettive verità, rifiutando la Verità Assoluta e Unica, si è cominciato finalmente a vivere meglio[31]. Invece chi si rifà a un dio che sta dalla sua parte, e che gli ha conferito l’autorità per imporre la vera Verità, è portato istintivamente a dividere le persone in buone e cattive, e a sostenere che i cattivi bisogna combatterli[32].

Aveva ben detto frate Vannucci – e non mi sembra gli si possa dar torto – che quando chiudiamo il nostro rapporto di comunione con un qualsiasi settore dell’esistenza, automaticamente c’impoveriamo, siamo meno liberi, siamo più condizionati, e ci rinchiudiamo nelle valve primitive della nostra morale come molluschi. Ogni persona che non riconosce la dignità di fedele nel credente di un’altra religione, si priva della possibilità di conoscere più a fondo la realtà divina. Ogni esclusione, infatti, è una perdita di possibilità di conoscere meglio il principio divino, al quale potremo avvicinarci sempre un po’ di più, senza mai poter conoscere veramente ciò che fa parte del trascendente. Ecco il vero rischio per il cattolico perfettamente osservante della sua religione: vivere in un catino di acqua calma dove tutti osservano le sue stesse regole, quando la realtà del mondo è il mare, anche se a volte burrascoso. Se Dio è in comunione con tutti gli esseri, senza distinzione alcuna; se noi dovremmo imparare a comunicare con tutti gli esseri e ad avere verso tutti un’attenzione religiosa sapendo che ogni essere (e non solo il cattolico doc) viene da Dio, vuol dire che c’è un settore che non va bene nel loro essere, un settore che è debole, un settore che resta chiuso dall’egoismo, un settore che non vuol conoscere per paura, un settore che si chiude ad altri rapporti umani e quindi si rifiuta di amare tutti, per cui il loro strombazzato e grande “amore” cattolico (cattolico vuol dire universale) ha in realtà dei grossi, grossissimi limiti: è un amore astratto, che resta là in alto, non si sa dove. Il loro essere ne esce impoverito, perché spesso s’impara di più dialogando e scambiando opinioni con persone che l’autorità sconsiglia caldamente di frequentare.

Se dalla nostra spiritualità fioriscono qualità umane, è un bene per tutti, giacché poi tutti possono assumere questa nostra scoperta, e possono acquisirla come propria. Il compito della Chiesa Cattolica, allora, dovrebbe essere quello di diffondere le sue qualità, i suoi talenti, in favore di tutti, ben sapendo che Dio non ha consegnato solo a lei tutti i talenti. Per fare un esempio pratico si pensi alla creazione degli ospedali per i poveri nei secoli passati. Il luogo genetico è stato sicuramente il cristianesimo, ma oggi tutti possono approfittarne. Allo stesso modo, però, noi dovremmo poter acquisire i caratteri di spiritualità del buddhismo o di altre religioni. Da qui nasce la necessità del dialogo affinché, attraverso il dono reciproco, alcune caratteristiche positive si possano espandere fra tutti i popoli. Ci sono luoghi sorgivi nella storia, ma poi non bisogna vantare alcun copyright, ma lasciare che tutti utilizzino quello che di positivo siamo stati all’inizio gli unici a creare[33]. Per riuscire in questo si richiede un grande spirito di riconciliazione. Oggi anche noi cristiani siamo in grado di accogliere elementi di vita che ieri non potevamo accogliere, perché non eravamo maturi, perché è impossibile accogliere tutto nell’attimo presente. Nessuno più invocherebbe oggi una crociata, anche se gli integralisti islamici continuano a vedere tutti i cristiani come crociati.

Finalmente, seppur assai lentamente come sempre, anche nella Chiesa Cattolica qualcosa ha cominciato a muoversi dopo il concilio: dapprima i passi sono stati assai titubanti,[34] poi via via sempre più decisi, tant’è che oggi sempre più credenti hanno cominciato a pensare che nel dialogo fra cristiani e fra cristiani e altre religioni non si nascondeva il temuto diavolo.

Il 14 maggio 1971, papa Paolo VI scriveva al n. 50 dell’Enciclica Octogesima adveniens, che “bisogna riconoscere una legittima varietà di opzioni possibili, sì che una medesima fede cristiana può condurre a impegni diversi”. Quindi dovrebbe esserci un equilibrio sostanziale nella pluralità. Da cinquant’anni non dovrebbe perciò più esistere una religiosità escludente. Papa Giovanni Paolo II aveva aggiunto che si deve respirare con due polmoni, per cui aveva sostenuto la necessità di riunirsi col polmone della chiesa ortodossa orientale, e aveva riconosciuto che il dialogo interreligioso faceva parte della missione della Chiesa,[35] accettando come segno di questa apertura che un simbolo buddhista fosse posto sull’altare durante la messa (ovviamente con grande scandalo dei cattolici integralisti).

Papa Francesco ha imposto un’accelerazione ulteriore e fin dall’inizio del suo pontificato ha cominciato a parlare di poliedro: lo Spirito santo, che soffia dove vuole, parla a tutte le facce del poliedro, per cui non solo possiamo, ma dobbiamo anche noi cattolici scambiarci frammenti di verità che a tutti sono stati donati dallo Sparito. Noi umani siamo infatti capaci solo di ricevere frammenti. Più recentemente, nella sua Enciclica ha detto che la fede non può essere intransigente, ma cresce nella convivenza che rispetta l’altro. Il credente non è arrogante; al contrario, la verità lo fa umile, sapendo che, più che possederla noi, è essa che ci abbraccia e ci possiede. Lungi dall’irrigidirci, la sicurezza della fede ci mette in cammino, e rende possibile la testimonianza e il dialogo con tutti[36].

Riallacciandosi alla Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo – Gaudium et Spes del 29.6.1966, n.5, dove si dice che ormai si sta formando un’unica storia umana, e proclamando una visione ecumenica del tutto nuova, il documento di Abu Dhabi sulla “Fratellanza umana. Per la pace mondiale e la convivenza comune”, firmato il 4 febbraio 2019 da papa Francesco e da Ahmad Al-Tayyeb grande imam di Al-Azhar, afferma che “La fede porta il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare” e che il pluralismo e le diversità di religione sono dovuti alla sapienza di Dio (“Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani”[37]). Infine, sempre papa Francesco, nel suo discorso fatto in Irak nel 2021, ha fatto qualche passo ulteriore parlando delle chiese come dei fili colorati che creano alla fine un unico tappeto. E a ben pensarci, non poteva essere altrimenti, perché fin dall’inizio in Oriente le chiese cristiane sono state tante, e sono arrivate fino a noi (pensiamo ai copti d’Egitto, agli armeni, ecc.). Ciliegina sulla torta: è sempre Dio che crea e cura con pazienza questo tappeto, sì che si deve escludere che la molteplicità delle chiese sia un incidente di percorso e che un giorno tutti torneranno all’ovile romano. Rigettare la polifonia – che è arricchimento musicale,- significa essere più poveri.

Ma allora, se la pluralità delle religioni è voluta da Dio, si deve arrivare a queste conclusioni:

- non è vero che solo nella religione cattolica c’è la Verità assoluta;

- non è fondato neanche il mezzo passo indietro, dopo il passo innovativo in cui si era azzardata l’affermazione che la Chiesa di Cristo non coincide con la Chiesa Cattolica Romana (infatti subito dopo la stessa Lumen Gentium riduceva la portata dell’azzardata affermazione, sostenendo la validità delle altre chiese solo in quanto tendono alla verità già presente nella Chiesa di Roma) perché Cristo è presente anche in altre Chiese e perfino in altre religioni;

- non è più vero neanche il dogma che fuori della Chiesa Cattolica non c’è salvezza.

Conclusione: dobbiamo arrivare fra tutte le religioni a una reale comunione, in cui chiunque s’incontra può godere di un fruttuoso scambio di fraternità. La Chiesa Cattolica Romana non è più il centro della religione, neanche del cristianesimo, e soprattutto non può pretendere di essere autosufficiente. Come, già aveva già detto nel lontano ‘500 il teologo anglicano Richard Hooker, quando noi col Concilio di Trento alzavamo muri a difesa della dottrina cattolica, “in realtà c’è una sola Chiesa di Cristo visibile in terra; siamo già un’unica Chiesa. Come un oceano ha tanti mari fra di loro collegati, così è la Chiesa universale. Pertanto ogni Chiesa è in comunione con le altre, come ogni mare è in collegamento con gli altri. Se gli altri (e ovviamente si riferiva alla Chiesa di Roma) non la pensano così, è un problema loro”.

Qualcosa di analogo aveva detto all’ultimo concilio il patriarca siriano dei Melchiti[38] Maximos IV Saigh sulla liturgia della messa: “Il valore assoluto attribuito al latino nella Chiesa è problema della Chiesa d’Occidente, non di quella d’Oriente. Gesù parlava la lingua dei suoi contemporanei... Tutte le lingue sono liturgiche, come dice il salmista: “Lodate il Signore, popoli tutti” La lingua latina è morta, ma la Chiesa vive, e anche la sua lingua deve essere viva perché destinata agli esseri umano e non agli angeli.”

Alla fine il 4.12.1963 il Concilio approvò il testo Sacrosanctum concilium con 2143 voti a favore e 4 contrari[39]. Così le messe sono state celebrate nelle rispettive lingue nazionali, abbandonando la messa in latino; ma a dimostrazione di quanto sia difficile nella nostra Chiesa fare un cambiamento, pensiamo alle lotte ancora attuali per cercar di ripristinare la messa in latino, lingua che Gesù probabilmente neanche comprendeva.

NOTE

[1] È improbabile che fra tutti i popoli della terra e in tutta la lunga storia dell'umanità, proprio noi abbiamo avuto la fortuna di essere nati, già da piccoli, nell'unica religione vera (Drewermann E., Funzionari di Dio, ed. Raetia, Bolzano, 1995, 115). Siamo un po’ come chi era convinto che Dio abitasse solo nel Tempio di Gerusalemme, unica dimora di Dio in terra.

[2] «Non puoi rendere Dio cattolico. Dio è al di là dei limiti e delle definizioni che noi stabiliamo» Cardinale Carlo Maria Martini, Conversazioni notturne a Gerusalemme. Sul rischio della fede, a cura di Georg Sporschill, Mondadori 2008, 66s.).

[3] A dire il vero le teorie sono multiple: il cristocentrismo inclusivista afferma che tutti si possono salvare in Gesù Cristo, unico Salvatore del mondo e degli uomini, anche di quelli che vivono inconsapevolmente in altri riti religiosi e non hanno mai sentito parlare di Gesù Cristo. Il cristocentrismo esclusivista afferma che ci si salva se e soltanto se si viene battezzati in Gesù Cristo. Infine, vi è l’ecclesiocentrismo, secondo cui ci si salva soltanto se si fa parte ex-professo della Chiesa Cattolica, che ha imposto il dogma “extra ecclesiam nulla salus” (al di fuori della Chiesa Cattolica non c’è salvezza). Questa univoca imposizione, giunta fino a noi, viene dal concilio di Firenze che, nel 1442, aveva affermato che se uno è fuori della Chiesa Cattolica è destinato all’inferno. I vescovi di allora, cioè, certi di essere assistiti dallo Spirito santo, avevano affermato di “fermamente credere, professare e insegnare che nessuno di quelli che si trovano fuori della Chiesa Cattolica, non solo i pagani ma anche gli ebrei, gli eretici e gli scismatici, potrà aver parte alla vita eterna. Andranno nel fuoco eterno che è stato preparato per il diavolo e i suoi angeli, a meno che prima del termine della loro vita vengano incorporati alla Chiesa… Nessuno, per grandi che siano le loro elemosine, o quand’anche versi il suo sangue per Cristo, potrà salvarsi se non rimane nel seno e nell’unità della Chiesa cattolica”.

Papa Pio XII, nella Lettera al Sant’Officio 8.8.1949 (in Enchiridion Symbolorum, Dehoniana, Bologna, 1995, n.3866) ha specificato che questo è un insegnamento infallibile: quindi è un dogma.

[4] Con ciò opponendosi frontalmente al Concilio, il quale ha ricordato che la Chiesa non ha solo qualcosa da insegnare, ma anche da ricevere dal mondo, dai credenti e dai non credenti (Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo - § 44 Gaudium et spes - del 7.12.1965.

[5] D: Qual è il vero avversario della fede? R: L’idolatria, che comporta l’assolutizzazione di ciò che è relativo (Intervista a monsignor Tomáš Halík, “Avvenire” 27.12.2021).

[6] Di recente papa Francesco ha detto che è impossibile dialogare se non si riconosce che lo Spirito ha seminato anche negli altri un dono di cui anche noi possiamo godere (Spadaro A., Intervista a Papa Francesco, “La Civiltà Cattolica” n. 3918/2013, 466).

[7] Ci sono tanti tipi di atei, così come ci sono tanti tipi di credenti. Esiste un ateismo non meno stupidamente dogmatico del suo fratello gemello, che è il fondamentalismo religioso (Intervista a monsignor Tomáš Halík, “Avvenire” 27.12.2021).

[8] Per un interessante parallelismo fra nevrosi ossessiva freudiana e pratiche religiose di non pochi assidui frequentatori delle chiese si rinvia a Castillo J.M., Simboli di libertà, ed. Cittadella, Assisi, 1983, 21ss.

[9] Vannucci G., Esercizi spirituali, ed. Comunità di Romena, Pratovecchio (AR), 2005, 74.

[10] Mateos J. e Camacho F., Il Figlio dell’Uomo, ed. Cittadella, Assisi, 2003, 304.

[11] In questo senso, invece, vedi ad es. il Movimento cattolico per la famiglia e la vita, lettera aperta, su “Il Piccolo” del 3.8.2010.

[12] Vannucci G., Esercizi spirituali, ed. Comunità di Romena, Pratovecchio (AR), 2005, 90.

[13] Naturalmente i credenti sono invece convinti di non chiudersi in sé per contrastare i nemici, ma di uscire da sé per comunicare a tutti la verità (Negri L. e Cascioli R., Perché la Chiesa ha ragione, ed. Lindau, Torino, 2010, 13).

[14]Pensiamo a come è stato difficile per la Chiesa Cattolica accettare che in un Paese, che in maggioranza si professava cattolico, potessero esserci leggi opposte a quello che Lei insegnava (si pensi al divorzio, appena nel 1970). Pensiamo ai DAT (Dichiarazioni anticipate di trattamento) indicate dal magistero come il cavallo di Troia per introdurre in Italia l’eutanasia.

A parte il fatto che il magistero avrebbe dovuto affermare che i vescovi tedeschi sono pro eutanasia in quanto hanno colà tranquillamente ammesso il testamento biologico), nessuno – neanche il magistero – mette in dubbio che ciascun cittadino italiano debba poter dare il suo consenso prima di essere sottoposto a un qualsivoglia trattamento medico: il cittadino che non condivide l’idea di trattamento suggerita dal medico può semplicemente alzarsi e andar via. Se ovviamente questo cittadino non è più in grado di alzarsi e andar via (perché immobilizzato o perché incosciente), per quale motivo non dovrebbe poter manifestare in anticipo come la pensa? Ricordiamo che il caso Eluana Englaro è sorto perché non si sapeva come Eluana la pensava (nonostante il padre tutore avesse da sempre affermato che non voleva essere mantenuta in vita artificiale), e si è dovuto istruire un processo per sentire in proposito testimoni.

Pensiamo alla lotta contro il DDL Zan, e al progetto di legge sul fine vita.

[15] Mateos J. e Camacho F., Il Figlio dell’Uomo, ed. Cittadella, Assisi, 2003, 301.

[16] Provate a chiedere a un prete cattolico perché la Chiesa greco ortodossa ammette il divorzio usando gli stessi vangeli che usa la Chiesa Cattolica. Il 99% dei preti non saprà rispondervi, perché ha sentito sempre una sola campana: quella dell’ortodossia cattolica, e non conoscendo le argomentazioni di coloro che la pensano in modo diverso, non è neanche in grado di esporle, magari al solo scopo poi di confutarle razionalmente.

[17] Siamo subito dopo il 380 d.C., quando il cristianesimo venne dichiarato unica religione dell’impero romano.

[18] Da ricordare che Ambrogio, funzionario statale, venne designato vescovo a furor di popolo, prima ancora di essere stato battezzato, quando perciò non era ancora cristiano.

[19] Vi suona nuovo? Mai sentito parlare delle offese che il presepio o le canzoncine di Natale arrecano ai musulmani?

[20] Ovviamente tutto dipende da cosa s’intende per verità. Se per verità s’intende un dato, è evidente che un dato si può conoscere e possedere. Ma già Gesù aveva escluso, davanti a Pilato, che la verità fosse un dato possedibile (Gv 18, 37s.). Se i credenti di oggi pensano che la verità sia la persona di Gesù Cristo, ci si trova davanti a una storia infinita, nel senso che ancora oggi si continua a costruirla, e se la verità si fa nella storia, è chiaro che occorre sempre dialogare perché è ben più complessa di un dato di cui uno pensa di essersi definitivamente impossessato.

[21] Non è vero che andando contro l’insegnamento non infallibile si mette in atto un dissenso responsabile che dovrebbe essere sempre permesso. Occorre invece sempre obbedire all’insegnamento, anche se non infallibile, del magistero”. Sono parole di papa Benedetto XVI riportate da Sandri L., Il papa gaucho e i divorziati, Gioacchino Onorati ed. Canterano (RM), 2018, 69s.

[22] Cfr. l’articolo I concili imperiali, al n.448 del 15.4.2018 di questo giornale.

[23] Kakaie G., Interreligious dialogue, in www.ibnarabisociety.org.

[24] Non è un caso se i musulmani integralisti perseguitano i musulmani sufisti perché esprimono troppa libertà.

[25]Theological Dictionary of the New Testament, a cura di Kittel G. e Friedrich G., ed. Edrdmans Publishing Company, Grand Rapids (USA), 1993, vol.1., 307. Mi risulta che il dizionario sia stato tradotto anche in italiano dalla casa editrice Paideia.

[26] Il cristiano sa che solo Cristo è Via, Verità e Vita (Mondin B., La Trinità: mistero d’amore, ed. ESD, Bologna, 1993, 40).

[27] Gounelle A., Parlare di Dio, ed. Claudiana, Torino, 2006, 51 e 49.

[28] Idem, 50 s.

[29] Come riconosce il cardinale Etchegaray, ex presidente della Pontificia commissione justitia et pax, nell’intervista rilasciata a “Famiglia Cristiana”, n.44/2011, 37. Vedasi ancora segnali in tal senso dalla Commissione Pontificia Internazionale del 2014, la quale continua a sostenere, al Cap. 1.4 § 16, che solo in Gesù Cristo si trova la verità (“la purezza della religione e della giustizia viene da Gesù Cristo”; ergo all’infuori ci sarebbe solo impurità e ingiustizia, https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_cti_20140117_monoteismo-cristiano_it.html).

[30]Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo – Gaudium et spes § 92 – del 7.12.1965. Eppure, ancora nel 2014 la Pontificia Commissione Internazionale (https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_cti_20140117_monoteismo-cristiano_it.html) ritiene che l’intolleranza arrivi, fra gli altri, dal relativismo e non dal monoteismo assolutista.

[31]Romano S., Radici cristiane dell’Europa, Erasmo e la Chiesa romana, “Corriere della sera”, 19.6.2013, 41. Vedasi nota precedente per quanto sostiene la PCI.

[32] Maggi A. e Thellung A., La conversione dei buoni, ed. Cittadella, Assisi, 2005, 39.

[33]Molari C., Nuovi linguaggi della fede, relazione tenuta al Centro Veritas di Trieste, il17.3.2012.

[34] Anche queste Chiese e comunità separate, quantunque crediamo abbiano delle carenze, nel mistero della salvezza non son affatto spoglie di significato e di valore… (però) solo per mezzo della cattolica Chiesa di Cristo, che è il mezzo generale della salvezza, si può ottenere tutta la pienezza dei mezzi di salvezza. (Decreto sull’ecumenismo, Unitatis redintegratio del 21.11.64, §3).

[35] Enciclica Redemptoris missio, n.55, del 7.12.1990, in www.watican.va. Il principio è stato di recente ribadito da Jozef De Kesel, cardinale arcivescovo di Malines-Bruxelles e primate del Belgio: “Il rispetto dell’altro, della sua fede e delle sue convinzioni, e il dialogo interreligioso sono diventati per la Chiesa dei valori fondamentali.”.

[36]Enciclica Lumen Fidei, § 34 di Papa Francesco, in www.vatican.va.

[37] E si dice anche che “Dichiariamo – fermamente – che le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue. Queste sciagure sono frutto della deviazione dagli insegnamenti religiosi ... La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani ... Il terrorismo esecrabile che minaccia la sicurezza delle persone, sia in Oriente che in Occidente, sia a Nord che a Sud, spargendo panico, terrore e pessimismo non è dovuto alla religione – anche se i terroristi la strumentalizzano – ma è dovuto alle accumulate interpretazioni errate dei testi religiosi, alle politiche di fame, di povertà, di ingiustizia, di oppressione, di arroganza”.

[38] In medio oriente i Melchiti (dall’aramaico malik, che vuol dire re) sono quei Cristiani di rito bizantino rimasti nell’ambito della Chiesa Cattolica. È il nome con cui venivano indicati dai monofisiti di Antiochia ed Egitto i seguaci dell’imperatore di Costantinopoli, il quale aveva imposto per legge di accettare i decreti del Concilio di Calcedonia del 451 sulla doppia natura di Cristo. Ancora oggi si distinguono dai cattolici di Roma per il diverso rito liturgico che risale a San Giovanni Crisostomo, e anche perché i loro preti possono tranquillamente essere sposati. I monofisiti invece, i quali sono rimasti dell’idea che la natura umana di Cristo è stata assorbita dalla natura divina enormemente più grande, non avendo accettato i dogmi del Concilio di Calcedonia sono stati considerati erettici, e sono stati chiamati giacobiti.

[39] O'Malley J.W., Che cosa è successo nel Vaticano II, ed. Vita e Pensiero, Milano, 2010, 138-140.